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Petrolio
Liquido infiammabile di colore scuro, con odore caratteristico più o meno pronunciato, di densità variabile fra 0,8 e 0,95, composto in prevalenza di idrocarburi.
Storia
Già dalla remota antichità si conosceva il petrolio, utilizzato come medicamento, combustibile, olio da ingrassaggio. Nella Bibbia sono citati il calafataggio dell'arca di Noè, l'uso del bitume come cementante nella costruzione della torre di Babele; al tempo di Settimio Severo nelle terme di Costantinopoli si usava il petrolio per riscaldare l'acqua. I Cinesi sono da considerarsi i precursori nell'utilizzazione del gas naturale ottenuto mediante perforazione e convogliato tramite metanodotti realizzati con canne di bambù. Fino al secolo scorso, il petrolio era venduto come medicamento per ogni sorta di mali e ancor oggi lo si ritrova nei prodotti anticalvizie. All'inizio del XIX sec. in Russia e in Romania si cominciò a raffinare il grezzo per ricavarne il petrolio lampante usato per illuminazione; man mano che cresceva la richiesta di petrolio da ardere nelle lampade, si faceva più assillante il problema del ritrovamento del grezzo. Soltanto nel 1859 a Titusville, in Pennsylvania, Drake riuscì a perforare, con il sistema a percussione, il primo vero pozzo petrolifero, impiegando un anno di lavoro per raggiungere la profondità di 23 m. Le grandi tappe della storia del petrolio furono le seguenti: 1860-l885, periodo del petrolio lampante (tutti gli altri prodotti di distillazione rimanevano inutilizzati); 1885-l900, utilizzazione dei prodotti petroliferi come lubrificanti in sostituzione degli oli vegetali; 1900-l914, inizio dell'utilizzazione della benzina come carburante nel motore a scoppio e intensificazione nella ricerca di giacimenti; 1914- 1930, messa a punto della distillazione in continuo, del cracking termico, del recupero dei residui di distillazione e nascita del nuovo sistema di perforazione, il rotary; 1930- 1940, utilizzazione del reforming termico, del trattamento ai solventi per migliorare le caratteristiche dei prodotti; dopo il 1940, nascita del reforming e del cracking catalitici.
Origine del petrolio
Le prime ipotesi sulle origini del petrolio risalgono al 1700: Alessandro Volta espresse l'opinione che il «gas delle paludi» o metano, fosse prodotto dalla decomposizione di sostanze animali. In questi ultimi anni sono state formulate varie teorie. Secondo Fischer e Tropsch, il petrolio si sarebbe formato da reazioni chimiche tra sostanze inorganiche; secondo un'altra teoria la radioattività terrestre avrebbe liberato idrogeno dall'acqua, con successive reazioni di addizione al carbonio. La più accreditata è, però, la teoria dell'origine organica del petrolio, secondo la quale per primi si sarebbero formati gli idrocarburi superiori; questi sarebbero stati poi elaborati da batteri aerobi e anaerobi. A convalida di questa teoria si è riusciti a dimostrare, con analisi di laboratorio, la presenza nel petrolio grezzo di sostanze organiche di struttura simile al colesterolo, di sostanze otticamente attive e di pigmenti del gruppo delle porfirine. I materiali organici da cui si è formato il petrolio sono costituiti da resti di organismi vegetali e animali (alghe, coralli, lamellibranchi, ecc.), che vivevano nel mare, allo sbocco dei fiumi o in prossimità della costa. Questo materiale sedimentava sul fondo e veniva ricoperto dai detriti portati dai fiumi: si formarono, così, rocce argillose, rese compatte dal peso degli strati che man mano andavano accumulandosi. Queste rocce sedimentarie sono state battezzate «rocce madri» in quanto in esse si svolse il lento processo di trasformazione che ha dato origine al petrolio. In epoca successiva alla formazione del petrolio avvenne il fenomeno della «migrazione»: le rocce madri, pressate dagli strati superiori, si comportarono come una spugna schiacciata, facendo sprizzar fuori il petrolio che andò a impregnare sabbie e rocce più porose, quindi più permeabili come argille sabbiose e calcari, ma non sottoposte a elevate forze di schiacciamento. Le cause esatte della migrazione non sono però ancora ben chiare; si suppone che al meccanismo di schiacciamento si sia accomnata un'azione chimico-fisica, dovuta alla solubilità degli idrocarburi in certe soluzioni colloidali di elettroliti. Le rocce nelle quali si accumula il petrolio sono dette «rocce magazzino» o «rocce serbatoio» e rappresentano gli attuali giacimenti. Questi giacimenti, prettamente sottomarini, si ritrovano oggi in molte zone continentali: la loro attuale dislocazione è dovuta agli imponenti fenomeni che hanno modificato e modificano la struttura e la morfologia della crosta terrestre, trasportando ovunque le rocce magazzino e le rocce madri. Il petrolio si ritrova, però, solo nelle rocce magazzino che non sono affiorate; dalle altre, affiorate nelle epoche passate, il petrolio si è disperso in superficie e le rocce stesse si sono trasformate dando origine a tipiche rocce asfaltiche; in rari casi, si è verificata la formazione di veri e propri laghi d'asfalto come quello, ancora esistente, di Trinidad.
Giacimenti di petrolio e gas naturale
I terreni nei quali si riscontrano più frequentemente giacimenti di petrolio e di gas naturale datano dall'inizio dell'era primaria (cambriano) fino all'era terziaria (miocene): gli enormi giacimenti del Sahara appartengono al devoniano (Zarzaïtine), al carbonifero (Edjeleh) o al triassico (Hassi-Messaoud, Hassi-R'Mel). In un giacimento il petrolio è accomnato da acqua salmastra e gas: al fondo si trova l'acqua, poi il petrolio e il gas. Questi fluidi impregnano gli interstizi e i pori delle argille sabbiose e dei calcari, sotto una pressione che può arrivare fino a 900 atmosfere e a temperature dell'ordine di 150 ºC. Il giacimento è sempre localizzato in strutture geologiche (dette trappole petrolifere) nella cui successione di strati si riscontra una copertura impermeabile (marna o argilla) che impedisce una ulteriore migrazione del petrolio e dei gas. Le strutture più frequenti sono: l'anticlinale, nella quale il giacimento occupa la sommità ed è chiuso, al di sopra, da roccia impermeabile; la piega ad angolo, in cui il giacimento si trova racchiuso tra strati di roccia compatta; la faglia, in cui il giacimento si trova in una monoclinale chiusa da una frattura; la piega diapira, in cui il giacimento si trova in una monoclinale chiusa da una massa di sale a forma di cupola (domo). Quando la migrazione del petrolio non è stata arrestata da una particolare conformazione strutturale del terreno si verificano fenomeni di dispersione e di spontanea fuoruscita di petrolio. Visto in pianta, un campo petrolifero ha generalmente una forma ovale la cui lunghezza, che può arrivare a decine di chilometri nel Sahara e nel Medio Oriente, prevale nettamente sulla larghezza. Secondo i geologi, i giacimenti petroliferi si spingono fino a profondità di 15.000 m nel calcare e di 20.000 m nelle rocce sedimentarie; maggiore è la profondità del giacimento e più alto è il contenuto di benzina nel grezzo. L'importanza di un campo petrolifero si esprime in «riserva provata», cioè in quantità di grezzo che è possibile estrarre con costi di perforazione ed estrazione inferiori ai ricavi. Contemporaneamente al pozzo di scoperta vengono trivellati nella zona altri pozzi, per localizzare l'estensione del giacimento; dalla conoscenza dello spessore dello strato, si risale al volume di roccia impregnata di petrolio e, presupponendo in media il rapporto di un metro cubo di grezzo per metro cubo di roccia ospitante, si ottiene la quantità di petrolio del giacimento. Questi calcoli vengono sempre eseguiti con l'approssimazione per difetto perché una valutazione per eccesso porterebbe a spese eccessive in proporzione al basso ricavo.
Perforazione, controllo e messa in servizio dei pozzi petroliferi
La perforazione, un tempo eseguita con il sistema a percussione (periodica caduta di un utensile pesante), è attualmente praticata con il sistema rotary (rotazione di uno scalpello avvitato all'estremità di una serie di aste), e anche con il sistema della turboperforazione (rotazione di uno scalpello azionato da una turbina). Dopo la seconda guerra mondiale si è iniziato lo sfruttamento dei giacimenti sottomarini.
Quando il sistema di perforazione era a percussione, la sonda, giunta allo strato fertile, permetteva al gas e al petrolio di liberarsi e di ascendere violentemente in superficie, per l'elevata pressione. In questo modo, violenti getti di petrolio, gas, acqua e sabbia si innalzavano nel cielo con enormi perdite e notevole variazione del gradiente di pressione del pozzo. Si estraeva petrolio finché le forze naturali di spinta erano sufficienti, poi si ricorreva a pompe aspiranti (recupero primario); in seguito si abbandonava il pozzo lasciando nel giacimento la maggior parte di grezzo. Con i sistemi rotary e a turboperforazione, la coltivazione di un pozzo ha raggiunto alte rese. Innanzi tutto si procede a una stima preventiva della capacità del serbatoio per valutare se il pozzo è economico o meno; un pozzo va infatti corredato di impianti di debenzinaggio dei gas, serbatoi, oleodotto, strade, spese che devono essere ammortizzate; poi occorre determinare le forze di spinta del pozzo. A tale scopo si introduce il fango nel pozzo petrolifero per contrastare la salita del grezzo; variando opportunamente la sua densità si giunge a uno stato di equilibrio che consente di calcolare la pressione del giacimento. Il fango ha anche la funzione di portare in superficie i detriti della perforazione che servono allo studio dell'età e dell'ambiente di deposizione degli strati attraversati.
La trasformazione di un pozzo di perforazione in uno estrattivo avviene con l'installazione del cosiddetto albero di natale. Nel frattempo la colonna di trivellazione viene sostituita dal tubing, particolare tipo di sifone munito di rete per impedire il passaggio di sabbia. Un solo pozzo estrattivo non può evidentemente prosciugare in un tempo ragionevole il petrolio del giacimento; in un campo petrolifero vengono quindi perforati diversi pozzi la cui distribuzione areale è studiata in modo da consentire il massimo drenaggio con il minimo numero di fori. Il grezzo in uscita dall'albero di natale è separato dall'acqua salata e dal gas e inviato nel serbatoio centrale di raccolta da dove per oleodotto raggiungerà la raffineria o il porto d'imbarco. Il gas in uscita, subito il debenzinaggio, un tempo era in parte bruciato in fiaccole e in parte usato per l'estrazione di nuovo petrolio, mentre oggigiorno è integralmente sfruttato.
Le forze di spinta che contribuiscono alla salita del grezzo sono dovute a gas in soluzione nel petrolio, al gas di cappa, all'acqua fluidizzata dal gas. Quando un'estrazione è fatta in modo da non disturbare il gradiente di pressione generato dai gas e dall'acqua, si può estrarre per spinta naturale fino al 50% del grezzo contenuto nel serbatoio. Può accadere comunque che queste forze si attenuino prima del previsto; si ricorre allora al sistema di estrazione, detto gas lift; l'estrazione prosegue finché il giacimento diviene improduttivo per l'ostruzione dei pori delle rocce da parte di sabbia, o per altri inconvenienti. Si deve ricorrere quindi a metodi di stimolazione particolari, utilizzati anche per recuperare il grezzo da vecchi pozzi, abbandonati quando ancora contenevano la quasi totalità del petrolio (recupero secondario). Le tecniche di stimolazione sono essenzialmente le seguenti: incendio controllato sul fondo del giacimento del 10-l5% di grezzo, per riscaldare il rimanente, diminuendone la viscosità e facilitandone la salita; esplosione di cariche sul fondo per sbloccare l'ostruzione di sabbia; scariche elettriche con conseguente fenomeno simile al cracking, con ottenimento di idrocarburi a minor peso molecolare. Per le perforazioni che avvengono su piattaforme off-shore si utilizzano perforatrici installate su piattaforme provviste di gambe allungabili poggianti sul fondo, per profondità attorno ai 100 m. Per fondali oltre i 200 m occorre un impianto semisommerso, non appoggiato sul fondo, che viene mantenuto in posizione per mezzo di un sistema di ancoraggio. Per acque profonde (oltre i 1.000 m) è necessario ricorrere a navi appositamente attrezzate, ancorate e tenute in posizione da un sistema di motori con eliche orientate, che correggono di continuo la posizione del natante rispetto al pozzo.
Trasporto del petrolio grezzo e dei gas naturali
I campi petroliferi si trovano di solito in regioni interne e quasi sempre al di fuori delle normali vie di comunicazione. Il trasporto terrestre del grezzo avviene mediante oleodotto e ha come meta la raffineria o il più vicino porto; il trasporto via mare è effettuato per mezzo di petroliere. Frutto degli ultimi studi sul trasporto sono i cosiddetti «draghi», involucri di materia plastica che, riempiti di grezzo, vengono trascinati dalle petroliere. I porti di arrivo e partenza sono corredati di serbatoi di stoccaggio di ampia capacità, per far fronte a eventuali irregolarità di carico e scarico. Il più grande serbatoio del mondo, nel Kuwait, ha una capacità di 100.000 m³.
Nel Mar Rosso sono stati utilizzati alcuni serbatoi in materia plastica, galleggianti sul mare; il loro pregio sta nel minor costo e nella minor spesa di installazione. I gas naturali un tempo erano trasportati soltanto per gasdotto, mentre oggi, con la messa a punto di speciali navi cisterna (metaniere), se ne effettua il trasporto via mare sotto forma di gas liquefatto. Questa tecnica permette l'inoltro del gas naturale nei paesi che non possono essere raggiunti da gasdotti, la cui installazione è d'altra parte molto costosa.
Raffinazione
Il petrolio estratto dai giacimenti terrestri o sottomarini, sottoposto a frazionamento e raffinazione, dà un grandissimo numero di prodotti finiti: gas (gas di raffineria, butano, propano), carburanti (benzina normale, benzina super, gasolio, cherosene), combustibili (nafta, olio combustibile), oli lubrificanti, solventi, bitumi, paraffina, vaselina, ecc.
Per ottenere dal grezzo prodotti di determinate caratteristiche e per utilizzare con la resa più alta le diverse frazioni si ricorre al complesso di operazioni di trattamento e trasformazione che vengono raggruppate sotto il nome di raffinazione. Un'analisi di laboratorio informa innanzi tutto sulla quantità e qualità dei prodotti finiti che potranno essere ricavati dal petrolio grezzo; un'alta tensione di vapore rivela la presenza di gas, così come una densità e viscosità elevate indicano una bassa percentuale di benzina e un alto tenore di paraffina e bitume. Contemporaneamente saggi di distillazione permettono di ottenere e analizzare le diverse frazioni; il loro studio completo è fatto in «unità pilota», dove sono riprodotte in piccola scala tutte le operazioni di raffinazione: separazione di miscele complesse di idrocarburi, eliminazione dei composti indesiderabili (es. zolfo), sintesi di sostanze non contenute nel grezzo. La composizione chimica di un petrolio è in effetti molto variabile: non soltanto la percentuale dei quattro tipi fondamentali di idrocarburi (paraffine, nafteni, olefine, idrocarburi aromatici) differisce da giacimento a giacimento, ma anche le percentuali dei vari composti che, in un modo più o meno completo, devono essere eliminati: gas, zolfo, che con i suoi composti (idrogeno solforato e mercaptani) raggiunge anche il 3%, acqua salata, composti ossigenati azotati, tracce di metalli, ecc. I differenti trattamenti, i catalizzatori usati, le temperature, le pressioni, le percentuali delle miscele e altre variabili operative distinguono due tipi principali di raffinerie: quelle che fabbricano prodotti di grande consumo (carburanti e combustibili) e quelle che elaborano anche oli lubrificanti, paraffine, bitumi, composti speciali. L'operazione fondamentale della raffinazione è la distillazione primaria, preceduta dalla desalificazione e dalla decantazione, per separare dal grezzo sali, acqua e solidi in sospensione. Il petrolio, preriscaldato a 360 ºC, è immesso in una o più colonne a piatti in parallelo, dove viene frazionato in prodotti leggeri, estratti dalla testa della colonna, prodotti intermedi, spillati lateralmente, e un residuo, estratto dal fondo. Questa prima distillazione fornisce prodotti che devono subire una serie di distillazioni e trattamenti particolari, prima di essere immessi sul mercato. La benzina leggera, dopo la stabilizzazione, cioè l'eliminazione del butano e del propano, utilizzabili come gas liquefatti, viene desolforata. La benzina pesante deve essere sottoposta a reforming per poterla usare nei motori a scoppio. Questa operazione è realizzata sotto pressione e ad alta temperatura in presenza di catalizzatori, solitamente platino; durante il reforming gli idrocarburi naftenici e aromatici non desiderati sono trasformati in olefine, con produzione di idrogeno. La reazione è accomnata da una desolforazione e il prodotto ottenuto è una benzina ad alto numero di ottano, detta benzina super. La benzina avio è ottenuta per sintesi di idrocarburi gassosi; l'operazione, nota sotto il nome di alchilazione, utilizza come catalizzatori acido solforico o acido fluoridrico. Il numero di ottano è poi aumentato con l'aggiunta di piombotetraetile o altri additivi. Solo le grandi raffinerie producono questo tipo di benzina. Il petrolio lampante o cherosene, un tempo utilizzato solo per illuminazione, in lampade a stoppino, è oggi usato come combustibile e come carburante. Il cherosene grezzo contiene idrocarburi aromatici che lo rendono fuligginoso durante la combustione; con un processo di raffinazione all'acido solforico o all'anidride solforosa, si ottiene il cherosene commerciale usato come carburante per motori a turbina per aviazione. Il gasolio, carburante per motori diesel veloci, è usato tal quale, se è ottenuto dalla prima distillazione, mentre, se ha subito un processo di cracking per ottenere benzine a buon numero di ottano, deve essere raffinato. I residui pesanti di distillazione o del cracking costituiscono gli oli combustibili, utilizzati per riscaldamento domestico e come combustibili industriali. I prodotti pesanti (oli, paraffine, bitumi) provengono dalla distillazione sotto vuoto del residuo della distillazione primaria. Questi prodotti devono essere trattati con solventi per estrarre i composti instabili e gli idrocarburi aromatici, poi subiscono la deparaffinazione. I bitumi, usati per rivestimenti impermeabilizzanti e asfaltatura delle sedi stradali, sono ottenuti dal residuo della distillazione sotto vuoto con aggiunta di asfalto ricavato dall'estrazione con propano degli oli lubrificanti. Alcune raffinerie spingono la raffinazione dei prodotti pesanti fino al coke di petrolio, usato nella preparazione di inchiostri, elettrodi, ecc.
https://digilander.iol.it/flyzmarco/guadagna.htm
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