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La scienza ausiliaria della storia che studia i diversi sistemi adottati nelle varie epoche per determinare la successione dei tempi e che permette di stabilire le date degli avvenimenti secondo l'attuale metodo di computo viene chiamata cronologia. Le fonti narrative o diplomatiche forniscono date non sempre precise e spesso discordanti; gli elementi offerti sembrano (o sono) talvolta in contraddizione e richiedono un minuzioso lavoro di confronti e controlli. I sistemi di computo variano, e molto più variavano nel passato, da un periodo all'altro e da un paese all'altro. Le stesse suddivisioni del giorno in ore, del mese in giorni, dell'anno in mesi differiscono sensibilmente.
Il punto iniziale fisso in una determinata cronologia determina le ere: ad esempio quelle delle olimpiadi per i Greci, della fondazione di Roma per i Romani, della creazione del mondo, della nascita di Cristo, e così via. Gli anni del regno, del pontificato, ecc. sono altri elementi che intervengono nelle datazioni e servono per il calcolo del tempo. La cronologia del medioevo è complicata dalla diversità delle date allora scelte come inizio dell'anno anche quando lo si computava in 365 o 366 giorni: ad esempio in Inghilterra si adottò dapprima il Natale (25 dicembre) e più tardi l'Annunciazione (25 marzo); in Francia venne scelta la Pasqua (festa mobile che può cadere fra il 22 marzo e il 25 aprile) cosicché uno stesso anno poteva contenere due volte giorni che si indicano con lo stesso nome (poiché la Pasqua cadde il 27 marzo 1345 e il 16 aprile 1346, si ebbe due volte, per es., il 6 aprile nel medesimo anno). La data del 1° gennaio, punto iniziale dell'anno civile per i Romani dopo Giulio Cesare, è stata accettata in Francia solo dal 1564, a seguito di un editto di Carlo IX. Per facilitare i compiti dello storico, sono state compiute ricerche di cronologia notevolissime e pubblicate opere importanti, soprattutto dai benedettini.
Nella storia orientale antica nessuna data precedente il IX sec. a.C. può essere considerata assolutamente certa. I calcoli di Beroso (III sec. a.C.) e Manetone (I sec. a.C.) sono stati per lungo tempo ritenuti i più validi per la cronologia di Babilonia. Poi, alcune osservazioni di Venere, effettuate mentre viveva il decimo re della 1ª dinastia babilonese, permisero agli astronomi un calcolo più preciso delle date e la loro interpretazione condusse a risultati discordanti e a tre cronologie (lunga, corta e cortissima) che fissavano l'inizio della 1ª dinastia rispettivamente nel 2225, 2105, 2049 a.C. Infine, gli scavi di Mpiattoari, permettendo di datare il regno di Hammurabi fra il 1792 e il 1750 a.C. circa, hanno infirmato i risultati precedenti e consentito di fissare verso il 1900 a.C. l'inizio della 1ª dinastia di Babilonia. Di conseguenza, la 1ª dinastia d'Ur, che si faceva risalire al IVmillennio, viene a trovarsi spostata verso la metà del III millennio a.C.
Per evidenziare i diversi modi di raggruppare il tempo, useremo prevalentemente i metodi della cronologia e del calendario.
I problemi di cronologia su lunghi periodi, che in molti casi (e non solo per lo studio di fenomeni astronomici per i quali esistono documenti di osservazioni nell'antichità) richiedono soluzioni precise, sono complicati dalla non uniformità d'inserimento degli anni bisestili nel calendario gregoriano e dalle due discontinuità di computo prodotte dalla riforma giuliana e da quella gregoriana. In tutte le formule astronomiche nelle quali il tempo interviene sotto forma di una variabile (t), la variabile viene espressa in secoli giuliani di 36.525 giorni. Per l'utilizzazione delle formule e per la soluzione di ogni problema relativo alla cronologia antica, è stata creata un'era fittizia, risalente molto lontano nel passato, nella quale i giorni vengono numerati successivamente in un unico sistema, partendo da un'origine fissata per convenzione. In tutte le effemeridi astronomiche esistono tavole che danno, nel sistema suddetto che si indica col nome di era giuliana, il numero corrispondente al primo giorno di ogni anno passato o futuro, dal quale risulta poi facile ottenere il numero del giorno particolare considerato; inoltre, le effemeridi contengono il numero di ciascun anno nell'era giuliana. In queste tavole, l'anno precedente il 1º dell'era cristiana è numerato zero, mentre il 2º a.C. porta il numero 1; si segue insomma rigidamente il sistema di numerazione consueto dell'algebra e naturalmente si tiene conto sia dei giorni bisestili sia delle discontinuità introdotte negli anni 1582 e 45. Per convenzione è stato adottato il periodo giuliano di Scaligero, immaginato nel XVI sec., che abbraccia 7.980 anni giuliani, dall'inizio del 4712 alla fine dell'anno 3267. Il numero 7.980 risulta dal prodotto di 28 per 19 per 15 e questi numeri corrispondono a tre periodi (rispettivamente al ciclo dominicale, al ciclo di Metone e all'indizione romana) che intervenivano o intervengono nel computo ecclesiastico; dividendo il numero d'ordine di un dato anno per 28, o per 19, o per 15, il resto della divisione rappresenta l'elemento necessario al computo.
Come misurare il tempo?
I primi rudimentali tentativi di misurare il tempo si basarono sull'alternanza tra periodi di luce e di buio. Non è possibile stabilire con precisione quando l'uomo abbia cominciato a suddividere i due periodi in intervalli di tempo ben definiti, ma sicuramente le prime suddivisioni riguardano il periodo diurno. Il primo misuratore del tempo giornaliero fu probabilmente la meridiana egizia del 1450 a.C., che assunse poi, nel corso dei secoli, svariatissime forme. Dai tempi remoti
le meridiane furono dotate di diverse scale da usarsi nei diversi periodi dell'anno. L'orologio ad acqua, o clessidra, è della stessa epoca: con esso lo scorrere del tempo è misurato dal passaggio dell'acqua attraverso un foro da un recipiente ad un altro ad esso collegato. Analoga e contemporanea alla clessidra ad acqua è quella a sabbia, tuttora in uso. Questi tre strumenti rimasero per migliaia di anni gli unici misuratori del tempo giornaliero.
Gli orologi meccanici apparvero per la prima volta nel tredicesimo secolo d.C., ed erano azionati da pesi. La scoperta da parte di Galileo della legge sul moto del pendolo, che pare egli facesse osservando l'oscillazione d'una lampada nella cattedrale di Pisa, apri nel 1581 un'era di maggior precisione per la misurazione del tempo.
L'accurata misurazione meccanica del tempo deve basarsi su qualche movimento a ripetizione assolutamente regolare. Il primo meccanismo fu l'asse del bilanciere, in cui un paio di palette attaccate a un braccio oscillante ingranano alternativamente con i denti d'una ruota a denti frontali mossa da un peso in discesa. La regolarità nel movimento dell'asse del bilanciere dipendeva dall'attrito e, benché fosse soddisfacente in un'epoca in cui la precisione non aveva grande importanza, questo non era un buono strumento per misurare il tempo. Il più antico orologio esistente di questo tipo risale al 1386 e si trova nella cattedrale di Salisbury; un orologio molto simile a questo esiste a Wells (fu trasformato poi in pendolo) e un altro a Rouen. L'orologio di Wells dimostra quanta passione ci fosse allora per i meccanismi complessi, oltre che per la vera e propria misurazione del tempo. Il battere delle ore è effettuato da ure mobili, quattro cavalieri a cavallo, e l'orologio mostra pure la data e la fase della Luna. L'orologio astronomico di Giovanni De Dondi, costruito nel periodo che va dal 1348 al 1362 e del quale ci rimangono descrizioni dettagliate, non solo indicava i movimenti del Sole, della Luna e dei pianeti, ma conteneva anche un calendario perpetuo delle feste mobili della Chiesa.
Cronologie dei popoli allo stato di natura
Queste cronologie si basano sul ripetersi di particolari fenomeni naturali quali il periodo delle piogge, la maturazione di particolari frutti, ecc. Si tratta perciò essenzialmente di una cronologia basata su un anno, molto approssimativamente, solare. Il concetto di mese inteso come intervallo tra una luna nuova e la seguente è posteriore, e anche in tal caso difficilmente il mese ha un numero fisso di giorni (o piuttosto di notti, giacché in generale si calcola quante volte si è dormito).
Cronologia peruviana
L'anno era legato soprattutto all'avvicendarsi delle stagioni, era cioè un anno solare basato sull'osservazione degli equinozi e dei solstizi e sembra fosse diviso in 12 mesi di 30 giorni a cui si aggiungevano alla fine dell'anno 5 giorni supplementari.
Cronologia cinese
L'interesse dei Cinesi per le scienze astronomiche sembra risalga al III sec. a.C. Da tale epoca i Cinesi cominciarono ad assumere un anno completo composto di 365 giorni e un quarto: la cronologia venne spesso riformata nel corso dei secoli fino a quando nel 1600, convinti dal gesuita Matteo Ricci, i Cinesi adottarono il calendario compilato dai gesuiti che restò in vigore fino al 1911, quando venne sostituito dal calendario gregoriano. La cronologia giapponese seguì approssimativamente le vicende di quella cinese fino al 1873, anno in cui entrò in vigore il calendario gregoriano.
Cronologia indiana
L'anno è diviso in 12 mesi divisi a loro volta in due quindicine: periodo di luna crescente e periodo di luna calante. Caratteristica della cronologia indiana è l'uso di grandi ere, la più breve delle quali comprende 432.000 anni, che ammettono a loro volta dei multipli crescenti fino al cosiddetto "kalpa" formato da 1.000 "grandi yuga". Oggi in India vengono usate l'era di Vikrama che risale al 58 a.C. ed è soprattutto diffusa nella parte settentrionale del paese e l'era Salivahana usata nella parte meridionale e che risale al 78 d.C.
Cronologia iranica
La cronologia degli Achemenidi, a parte il nome dei mesi, concordava con quella babilonese. La cronologia avestica, di carattere religioso, era composta da 365 giorni divisi in 12 mesi di 30 giorni ciascuno più 5 giorni supplementari e iniziava il 21 marzo, equinozio di primavera. Teneva conto del quarto di giorno perduto inserendo un mese ogni 120 anni.
Cronologia persiana
L'anno era composto di 12 mesi, divisi in 30 giorni. Nell'era di Yazdgard che comincia il 16 giugno 632 d.C., anno in cui sale al trono Yazdgard III, l'anno è costituito da 12 mesi di 30 giorni e i 5 giorni rimanenti venivano dapprima inseriti dopo l'ottavo mese e successivamente alla fine dell'ultimo mese.
I calendari di vario genere usati dai popoli antichi e moderni sono in stretta connessione con il particolare fenomeno astronomico che viene assunto come base di riferimento.
I calendari solari si fondano sulla durata della rivoluzione apparente del Sole intorno alla Terra, cioè sulla durata dell' anno tropico che è di circa 365,2422 giorni o 365d h min s, 0 (valore lievemente variabile col tempo): le difficoltà principali per stabilire correttamente un calendario solare nascono dal valore dato alle cifre decimali.
I calendari lunisolari assumono la medesima durata dei precedenti per l'anno, ma nei limiti del possibile si fa in modo che i mesi coincidano con le Iunazioni. È necessario aggiungere ogni tanto un tredicesimo mese affinché l'anno inizi sempre nella medesima stagione: non appena viene completato un ciclo particolare, l'anno incomincia in circostanze fisiche esattamente identiche a quelle esistenti all'inizio del ciclo stesso. Calendari di questo tipo, usati dagli Ebrei, dai Greci antichi, dai Cinesi, Indiani, ecc., servono ancor oggi alla Chiesa per stabilire le grandi solennità e in particolare la data della Pasqua.
I calendari lunari si riferiscono unicamente al moto della Luna. L'anno comprende dodici mesi o lunazioni, alternativamente di 30 o 29 giorni, e cioè in totale 354 giorni; lo scarto di oltre 11 giorni rispetto all'anno solare fa slittare rapidamente i mesi dall'una all'altra stagione. Il calendario musulmano appartiene a questo tipo.
Nei calendari vaghi si ha un numero fisso di giorni (anno vago e ci si ritrova al punto di partenza rispetto alla posizione degli astri) soltanto dopo un lunghissimo periodo. L'antico calendario egizio, per esempio, comportava 12 mesi di 30 giorni, più 5 giorni supplementari detti eomeni; occorrono 1.507 di questi anni vaghi, corrispondenti a 1.506 anni tropici, per ristabilire l'accordo fra le stagioni e le date del calendario. L'anno vago era impiegato anche dai Persiani e dagli antichi Armeni.
Calendario giuliano
Calendario di Augusto in dodici tavole
Il calendario giuliano (così detto da Giulio Cesare) comportava già i bisestili (uno ogni quattro anni, senza eccezioni), ma la giornata intercalare "raddoppiava" il 24 febbraio, non il 28, come attualmente, e portava il nome di bis sextus dies ante calendas Martias: per questo l'anno che la comprendeva era detto bissextilis. La riforma era stata introdotta da Giulio Cesare nel 46 a.C. (anno 708 dalla fondazione di Roma), in base ai consigli dell'astronomo greco Sosigene, vivente ad Alessandria, e successivamente ritoccata da Augusto. Cesare aveva considerato indispensabile la riforma per ovviare allo sfasamento prodottosi tra l'anno tropico solare (di circa 365 giorni e 1/4) e quello civile (di 355 giorni e di origine lunare) e causato dal fatto che a Roma l'aggiunta del mese intercalare (di 22 o 23 giorni, che veniva introdotto subito dopo il 23 febbraio) era decisa dai pontefici in base a calcoli approssimativi.
Calendario gregoriano
Il calendario gregoriano, attualmente adottato dalla maggior parte delle nazioni, è fondato su un valore approssimato dell'anno tropico: 365,2425 giorni, con una differenza di 3/10.000 rispetto al valore citato in precedenza (e che presenta comunque lievi variazioni); occorreranno quindi 10.000 anni perché si determini una differenza di 3 giorni rispetto all'attuale inizio delle stagioni. Nel calendario gregoriano gli anni sono di 365 giorni, ma ogni quattro anni normalmente si aggiunge un giorno supplementare (il 29 febbraio) al computo delle date, e si ha il cosiddetto anno bisestile. In un periodo di quattro anni si contano in tal modo 1.461 giorni e ciò equivale a considerare come media la durata dell'anno tropico pari a 365,25 giorni: la differenza rispetto al valore reale comporta un errore di circa 8 giorni in 1.000 anni; per raggiungere una più stretta coincidenza vengono soppressi tre anni secolari bisestili su quattro: restano bisestili soltanto gli anni secolari 1600, 2000, 2400 e in generale quelli multipli di 400. Quest'ultima rettifica al computo per gli usi civili rappresenta la parte essenziale della riforma gregoriana del calendario, ordinata nel 1582 dal papa Gregorio XIII, rispetto al preesistente calendario giuliano; con la medesima riforma le stagioni vennero riportate, nei confronti del ciclo solare, alle stesse condizioni dei tempi del concilio di Nicea (325), nel corso del quale erano state fissate le regole principali del computo ecclesiastico. Poiché in 1.257 anni (dal 325 al 1582) lo slittamento del calendario rispetto al moto solare era stato di circa 10 giorni, venne deciso che al giovedì 4 ottobre 1582 seguisse immediatamente il venerdì 15 ottobre, senza alterare la successione dei giorni della settimana. Il calendario gregoriano venne adottato anche in Francia nello stesso anno: al 9 dicembre 1582 seguì immediatamente il 20 dicembre. Accettato dapprima soltanto dalle nazioni o dalle regioni cattoliche, il calendario gregoriano (scientificamente più esatto degli altri in uso) si affermò col passare del tempo su tutti gli altri: in Gran Bretagna un atto del parlamento stabilì che al 2 settembre 1752 seguisse il 14 settembre: il calendario giuliano aveva perso un altro giorno dal tempo della riforma gregoriana, perché il 1700 era stato considerato bisestile dagli Inglesi, e pertanto la variazione fu di 11 anziché di 10 giorni. Per gli Inglesi, inoltre, l'anno cominciava il 25 marzo, anziché il 1º gennaio; al 31 dicembre 1690, per esempio, seguiva il 1º gennaio 1690 e al 24 marzo 1690 il 25 marzo 1691; con lo stesso atto parlamentare del 1752 la data d'inizio dell'anno venne riportata al 1º gennaio, eliminando gli inconvenienti della doppia datazione, che il commercio con altri popoli aveva ormai reso consueta (dopo il 31 dicembre 1690, veniva il 1º gennaio 1690/1 e dopo il 24 marzo 1690/1 veniva il 25 marzo 1691). I cristiani ortodossi furono fra gli ultimi ad accogliere la riforma: la Russia l'accettò solo dal 1º febbraio 1918 e la Grecia dal 1923. (Pertanto nelle date che riguardano avvenimenti storici della Russia si scrive talvolta v.s. [vecchio stile] se le date stesse sono computate col calendario in uso anteriormente al 1918, e n.s. [nuovo stile] se le date sono state riportate al calendario gregoriano, con una differenza di 12 o 13 giorni. Così, per il 1917, si parla di Rivoluzione d'ottobre, anche se questa avvenne ai primi di novembre, secondo il calendario gregoriano.) L'anno gregoriano si suddivide nei seguenti 12 mesi:
La suddivisione in 52 settimane corrisponde approssimativamente al numero di quarti di lunazione compresi nell'anno. Il 1º gennaio come data d'inizio dell'anno venne fissato dai Romani, per i quali tuttavia anticamente l'anno iniziava il 1º marzo, come dimostra il nome degli ultimi quattro mesi del nostro anno.
Calendario ecclesiastico o liturgico
Il calendario ecclesiastico o liturgico, usato nel medioevo contemporaneamente al calendario giuliano, richiede l'elaborazione di calcoli complessi, ai quali si dà generalmente il nome di computo ecclesiastico. Lo scopo principale dei calcoli consiste nel fissare, con grande anticipo, il giorno della Pasqua, che la Chiesa ha ritenuto di dover continuare a considerare, finora, come una festa mobile e la cui data viene fissata con riferimento al primo plenilunio di primavera; si procede in modo identico a quello che si seguiva per fissare la Pasqua ebraica, la cui celebrazione (che durava diversi giorni) coincise con gli ultimi momenti della Passione. Dopo aver lungamente discusso ed esitato, nel 325 il concilio di Nicea stabilì la regola ancora seguita: Pasqua è la domenica seguente il quattordicesimo giorno della Luna che abbia raggiunto tale età il 21 marzo o successivamente. Dietro questa regola, in apparenza semplice, si nascondono notevoli complicazioni di varia natura:
- la Chiesa ha sempre voluto stabilire con grande anticipo gli elementi necessari per fissare la data della Pasqua, cioè, in pratica, la data del primo plenilunio di primavera. Già nei primi secoli dell'era cristiana vennero formulate alcune regole, migliorate poi da Gregorio XIII in occasione della riforma del calendario; ma anche queste ultime regole, tuttora in vigore, contengono sensibili imperfezioni;
- una di tali imperfezioni, e non la minore, dipende dalla natura del moto lunare, che presenta numerose irregolarità; una singola lunazione può durare da 29 giorni e 6 ore a 29 giorni e 20 ore; pertanto una previsione delle fasi basata (come avviene in pratica) sul valore medio della lunazione non può che essere approssimata;
- lo scarto di un giorno, o anche di qualche ora soltanto, nel caso in cui il plenilunio si verifichi intorno al 21 marzo, potrebbe spostare la data della Pasqua, anticipandola o ritardandola di una settimana e talvolta perfino di un mese. In conclusione, per fissare con anticipo la Pasqua si finisce col determinarla rispetto al moto di una Luna fittizia, che può scostarsi dalla Luna vera di uno o anche di due giorni.
Le regole di calcolo del computo ecclesiastico, stabilite nel concilio di Nicea, si fondano sul ciclo di Metone e sul numero d'oro. A Metone si attribuisce la scoperta (432 a.C.) di un'identità quasi perfetta fra 19 anni e 235 lunazioni medie: la discordanza non supera un'ora e mezzo, ma lo scarto va accumulandosi nel corso dei secoli. Il numero d'ordine di un dato anno nel ciclo di Metone è detto numero d'oro, e al primo anno della nostra era venne attribuito il numero d'oro "2". All'interno di un ciclo di 19 anni, tutti di 365 giorni, i mesi vengono ripartiti in maniera convenzionale (115 mesi di 29 giorni e 120 mesi di 30 giorni), e le lunazioni sono ridotte al loro valore medio; queste ipotesi semplificatrici provocano discordanze più sensibili all'interno del ciclo, ma alla fine del diciannovesimo anno la differenza non supera, come è stato detto, un'ora e mezzo. Con la riforma gregoriana del computo ecclesiastico il numero d'oro venne sostituito dall'epatta, che non risulta rigidamente legata al numero d'oro, come avveniva nel calendario giuliano, ma è suscettibile di correzioni secolari d'aggiustamento; l'epatta è l'età della Luna al 1º gennaio di ciascun anno, e per convenzione si indica con zero tale età il giorno del novilunio.
Per determinare la Pasqua si introduce ancora la lettera dominicale: si indicano con A, B, C, D, E, F, G, iniziando dal 1º gennaio, i giorni successivi della settimana e si ripete la medesima serie di sette lettere per tutti i giorni dell'anno; in tal modo ai giorni con lo stesso nome viene attribuita la stessa lettera e quella che designa le domeniche sarà la lettera dominicale. È facile stabilire con grande anticipo tutte le lettere dominicali; a causa degli anni bisestili esse si ripetono ciclicamente ogni 28 anni, e non ogni 7, ma il ciclo si interrompe nel calendario gregoriano negli anni secolari non bisestili. Questo ciclo di 28 anni è detto solare o, meglio, dominicale.
Noti il valore dell'epatta gregoriana (dalla quale si deduce la data del plenilunio che si verifica il 21 marzo o dopo) e la lettera dominicale (che fornisce la data della domenica successiva), diventa semplice stabilire il giorno della Pasqua. Un tempo veniva impiegato anche un ciclo di 15 anni giuliani per fissare le date, noto col nome di "indizione romana", che non ha un rapporto diretto con il calendario e serviva forse a scopi fiscali (revisione delle imposte ogni tre lustri); solo per questo motivo il ciclo dell'indizione rientra fra quelli considerati da Scaligero per stabilire il numero 7.980.
Calendario fiorentino
Il calendario fiorentino secondo lo stile dell'Incarnazione o dell'Annunciazione, in uso nel medioevo a Firenze e altrove, iniziava l'anno dal 25 marzo, festa dell'Annunciazione.
Calendari antichi
Esistono anche dei calendari storici, sempre molto complessi e talvolta bizzarri. Fra gli antichi si ricordano il caldeo, l'ebraico, l'egizio, il greco, il romano, il copto, il cinese; fra quelli relativamente più recenti, oltre all'azteco e al maya, sono il musulmano, l'indù, il malgascio, il cambogiano e altri dell'Estremo Oriente, che tuttavia perdono continuamente d'importanza nell'impiego corrente, ovunque sostituiti dal calendario gregoriano; servono praticamente per fissare la data di alcune feste tradizionali
Calendario ebraico
Il calendario ebraico è di tipo lunisolare, con i mesi di 29 o 30 giorni e l'anno di 12 o 13 mesi; serve per stabilire alcune feste e cerimonie religiose come la Pasqua ebraica(che si celebra, come ai tempi di Cristo, il 15 del mese di nisan), il kippur (espiazione, il 10 del mese di tishri), ecc. Alcuni annuari precisano, anno per anno, la corrispondenza fra le singole date e il calendario gregoriano. Se l'anno ebraico comprende 12 mesi è detto comune e avrà 353, 354 o 355 giorni; se comprende 13 mesi vien detto embolismico e conterà 383, 384 o 385 giorni. Gli anni possono essere definiti ancora, rispetto al numero di giorni, difettivi, regolari o abbondanti e si succedono secondo regole determinate, in modo tale che dopo un periodo di 19 anni (ciclo di Metone) l'inizio dell'anno ebraico si verifica a una medesima epoca dell'anno solare.
Calendario romano
Il calendario romano era a base lunare: il primo giorno del mese si chiamava le calende e corrispondeva alla nuova Luna; il 5º o il 7º seguenti alla nuova Luna, le none; il 13º o il 15º, in cui si riteneva che cadesse la Luna piena, le idi (e precisamente il 7 e il 15 in marzo, maggio, luglio e ottobre, il 5 e il 13 negli altri mesi). I giorni si denominavano dal numero d'ordine antecedente al giorno cardine immediatamente successivo, cioè dopo le calende riferendosi alle none, dopo le none alle idi, dopo le idi alle calende del mese seguente, con un computo che comprendeva sempre oltre al giorno di partenza quello di riferimento. Così il 16 di marzo, mese di 31 giorni in cui le idi cadevano il 15, era il diciassettesimo prima delle calende d'aprile (a.d. XVII cal. Apriles). I mesi, che nel cosiddetto "calendario di Romolo" erano dieci, furono portati a dodici da Numa o da Tarquinio Prisco: essi erano, nell'ordine, marzo, aprile, maggio, giugno, quintile poi luglio (iulius, in onore di Giulio Cesare), sestile poi agosto (augustus, in onore di Augusto), settembre, ottobre, novembre, dicembre, gennaio e febbraio. A partire dal 153 a.C. l'anno iniziò da gennaio anziché da marzo.
Calendario musulmano
Il calendario musulmano è puramente lunare, con i mesi di 29 o 30 giorni e gli anni sempre di 12 mesi, per un totale di 354 o 355 giorni. Da un anno all'altro si manifesta perciò un anticipo di almeno 10 o al massimo 12 giorni, rispetto al nostro, per il capodanno musulmano, che corrisponde al 1º giorno del 1º mese; la fuga del Profeta a Medina, l'egira, viene celebrata il 1º giorno del 3º mese. Il 9º mese, detto del ramadan, è caratterizzato per tutta la sua durata dall'assoluto digiuno tra il sorgere e il calar del Sole; questo periodo, che riveste una grande importanza nella vita dei popoli musulmani, si colloca a date diverse del calendario gregoriano, da un anno all'altro, e cade ora in estate, ora in inverno.
Nel calendario azteco (Tonalpohualli) l'anno era diviso in 18 mesi di 20 giorni l'uno, contati da un'alba all'altra, con l'aggiunta di 5 giorni. I giorni (divisi in quattro parti) erano distinti con simboli di vegetali, animali, divinità, nomi di costellazioni. Il mese era rafurato come una ruota sulla quale erano riportate le immagini dei giorni. I nomi dei mesi erano tratti da feste civili e religiose, simboli agricoli, ecc. L'anno era anch'esso rafurato circolare, con le ure dei mesi. Il secolo era di 52 anni. Il più celebre dei calendari aztechi, un disco di porfido di oltre 3 m di diametro e del peso di 24 t ("pietra del Sole"), venne trovato nel 1790 negli scavi a Città del Messico.
Calendario repubblicano
Il calendario repubblicano francese venne istituito dalla Convenzione nazionale il 24 novembre 1793. L'anno incominciava all'equinozio di autunno (22 settembre) e il primo dell'era repubblicana iniziò il 22 settembre 1792, giorno dell'istituzione della Repubblica (1º vendemmiaio). L'anno era diviso in 12 mesi tutti di 30 giorni, più 5 giorni complementari che dovevano essere consacrati alla celebrazione di feste repubblicane. Fabre d'Eglantine attribuì ai mesi i nomi seguenti: per l'autunno vendemmiaio, brumaio, frimaio (del gelo); per l'inverno nevoso, piovoso, ventoso; per la primavera germile (o germinale), fiorile (o floreale), pratile; per l'estate messidoro, termidoro(del caldo e dei bagni), fruttidoro. Ogni mese era suddiviso in tre decadi e i nomi dei giorni venivano tratti dall'ordine naturale della numerazione (primidi, duodi, tridi, quartidi, quintidi, sextidi, septidi, octidi, nonidi, decadi) con la semplice aggiunta del suffisso di, che si pronuncia accentato. Il calendario repubblicano, impiegato per tredici anni, venne nuovamente sostituito dal calendario gregoriano dal 1º gennaio 1806.
Calendario fascista
In Italia, il regime fascista introdusse un calendario concorrente con quello gregoriano: l'anno iniziava il 28 ottobre e la numerazione degli anni, scritta normalmente in cifre romane, partiva dal 28 ottobre 1922, anno I dell'era fascista (E.F.). L'uso di questa datazione, che restò sempre complementare della gregoriana, cadde insieme al regime.
Calendario perpetuo
Si definisce calendario perpetuo una tabella che consenta di stabilire, per un qualsiasi anno passato o futuro, le date e i giorni della settimana corrispondenti. Esistono calendari perpetui di vario genere e in grado di risolvere il suddetto problema per periodi più o meno lunghi.
La riforma del calendario gregoriano è in discussione da oltre un secolo. La durata variabile dei mesi e l'irregolare distribuzione dei giorni della settimana da un anno all'altro determinano indiscutibili inconvenienti nell'organizzazione della vita contemporanea; la data della Pasqua, che può oscillare fra il 22 marzo e il 25 aprile, introduce un'ulteriore causa di turbamento nella ripetizione ciclica annuale di atti amministrativi. In linea di massima la Chiesa non si opporrebbe a stabilire una data fissa per la Pasqua (per es. fra il 5 e il 9 aprile, in corrispondenza con il probabile anniversario della resurrezione di Cristo, secondo i migliori cronologisti), ma vorrebbe che la sua decisione incontrasse un consenso pressoché universale e coincidesse preferibilmente con una riforma d'insieme del calendario gregoriano. Nel 1927 la Società delle Nazioni condusse un'inchiesta sull'argomento, accogliendo due progetti di riforma:
1. un calendario fisso, costituito da 13 mesi di quattro settimane (28 giorni); ogni mese inizierebbe con la domenica; il capodanno verrebbe festeggiato il 29 dicembre e non farebbe parte del ciclo settimanale; analogamente, il giorno bisestile verrebbe introdotto ogni 4 anni come 29 giugno senza farlo appartenere ad alcuna settimana. A questo progetto si rimprovera di essere troppo radicale nella riforma, di turbare profondamente abitudini secolari (per esempio quella dei compleanni o quella del ciclo mensile) e di comportare un numero di mesi che sopprimerebbe le nozioni di semestre e di trimestre, oggi largamente impiegate;
2. un calendario detto universale, costituito da 4 trimestri identici, di 91 giorni; il primo mese comincerebbe di domenica e comprenderebbe 31 giorni, mentre gli altri due sarebbero di 30 giorni e inizierebbero rispettivamente con un mercoledi e un venerdì. Il capodanno e il giorno bisestile (entrambi festivi ed esclusi dal computo settimanale) verrebbero intercalati, come nel calendario fisso, alla fine di dicembre e alla fine di giugno. La riforma potrebbe essere introdotta in un anno che inizi con la domenica nel calendario gregoriano, cosicché la transizione passerebbe quasi inavvertita.
Il concilio Vaticano II ha dichiarato di non opporsi alle iniziative che tendono a introdurre nella società civile un calendario perpetuo, a condizione che in esso si conservi e tuteli la settimana di sette giorni con la domenica; parimenti ha dichiarato di non aver nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinata domenica, la stessa in ogni anno.
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