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RIVOLUZIONE DELLE SCIENZE E DELLE TECNICHE

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RIVOLUZIONE DELLE SCIENZE E DELLE TECNICHE

In questa fine del XX secolo, l'innovazione tecnologica è sul punto di far entrare l'umanità in una nuova era. Mai nella storia le scoperte scientifiche hanno dato luogo ad applicazioni tecniche così rapide. Tutti i campi ne sono investiti: la biologia con lo sviluppo delle biotecnologie e delle manipolazioni genetiche, le tecniche mediche, la chimica con la produzione di nuove sostanze di sintesi, il nucleare, l'esplorazione dello spazio

L'esplosione informatica applica­ta nell'industria conduce a una robotizzazione crescente delle operazioni, e nei servizi alla «bu­rotica». I microprocessori, i satelliti, l'utilizzazione del­la televisione via cavo, le fibre ot­tiche sviluppano all'infinito l'e­missione e la trasmissione dei messaggi.

L'associazione delle tecnologie in­formatiche e delle tecnologie di comunicazione dà origine alla te­lematica che permette di trattare e trasmettere l'informazione istantaneamente. Essa è davvero il nuovo «sistema nervoso delle società contemporanee».



Le conseguenze sono incalcolabili e forse ardue da prevedere: si co­struiscono attualmente macchine la cui capacità di risolvere i pro­blemi è tale che si parla a loro proposito di «intelligenza arti­ficiale».

Esse si traducono in particolare nell'incremento della produttivi­tà, la diversificazione della produ­zione, il miglioramento della qua­lità, la miglior utilizzazione delle risorse, il perfezionamento dei metodi di gestione; ma anche in minacce crescenti sull'occu­pazione

Forse la rivoluzione informatica sta creando un altro tipo di società?

Il paradosso della tecnica si rivela in tutta la sua gravità quando si pensa che la macchina, destinata a liberare la società dal lavoro schiavistico, minaccia di rendere schiava tutta l'umanità.

(Cultura e sviluppo) È in realtà un problema di inne­sto che si pone: innesto su un fon­do dato, poiché esiste una dialet­tica stretta fra cultura e tecnolog­ia. Si mostra qui la dimensione fondamentale della cultura nel processo globale di sviluppo. Per averla ignorata, molti progetti di sviluppo sono falliti. Si tratta di preservare una identità culturale tanto più minacciata per il fatto che l'80% delle notizie diffuse nel mondo provengono dai paesi in­dustrializzati che rimandano ai paesi in via di sviluppo una imma­gine di sé spesso mutilata, defor­mata, non esente da stereotipi e da etnocentrismi. Il rischio principale risiede in un fenomeno di acculturazione pro­vocato non solo dall'irruzione delle tecniche ma ancor più da un massiccio esodo rurale e un divor­zio profondo fra una cultura ru­rale tradizionale ed elementi cul­turali importati.

Come sottolineava il rapporto della conferenza sulle politiche culturali in Asia (1973), «la tra­dizione non va confusa con il rifi­uto del progresso scientifico e della tecnica. L'accesso alla modernità non deve compiersi nella forma dell'alienazione e dell'im­perialismo economico. L'espe­rienza tecnologica e scientifica de­ve essere controllata dai paesi utenti e sviluppata in forme adat­tate alle caratteristiche sociali e culturali appropriate ai bisogni reali delle popolazioni».

Le stesse parole, ma cariche di speranza, ritornano sotto la pen­na del romanziere keniano Ngagi wa Thiong'o: «La Scienza e la Tecnologia moderne, degnamen­te organizzate, padroneggiate e controllate, rendono oggi possibi­le una trasformazione economica totale del mondo rurale e permet­tono così di edificare una cultura popolare su una base di prosperi­tà e non di ritardo».

(Scienze, tecniche e sviluppo: le tecniche nei paesi in via di sviluppo) Il 98% della produzione mondia­le di tecniche avanzate spettano a un piccolo numero di paesi industrializzati. La ricerca per lo svi­luppo per abitante nel Terzo Mondo equivale a un centesimo di quella dei paesi industrializzati. Su 3 500 000 brevetti depositati, solo il 6% proviene dai paesi in via di sviluppo. Da qui il fonda­mentale problema del trasferi­mento di tecnologie al Terzo mondo. Ma quali tecnologie e per che farne? Il dibattito oppone due concezioni: una auspica l'adozio­ne da parte dei paesi in via di svi­luppo delle tecniche avanzate dei paesi industriali; l'altra conside­ra più realista il semplice perfezio­namento delle tecniche locali, ritenute «appropriate». Gli addebiti rivolti più frequentemente ai trasferimenti di tecnologia compiuti soprattutto dalle società multinazionali sono i seguenti: queste tecnologie fanno troppo appello all'automazione e al capitale; esigono una manodopera molto qualificata; costano molto care; utilizzano prodotti sintetici mentre il Terzo mondo è ricco di materie prime; creano una dipendenza nei confronti dei fornitori; trasmettono anche un modello di società e di organizzazione economica; non corrispondono spesso a un progetto globale di sviluppo.













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