Il libro doveva uscire per la
rivista "900" nel 1928, ma uscì per la casa editrice "Alpes" dopo che lo
stesso Moravia dovette farsi carico delle spese di editoria, 5.000 lire fattesi
prestare dal padre. Ebbe subito un enorme successo, vendendo più di
6.000 copie nel giro di cinque anni. Le critiche di allora furono piuttosto
favorevoli, ed in effetti questo è un libro interessante: ambientato nell'Italia
del fascismo, libro che si può definire in un certo senso
esistenzialista, offre al lettore spunti morali, che non fanno parte
però di un libro moralista, bensì di un libro realista. Realista
perché la descrizione degli ambienti e l'analisi psicologica dei personaggi
mira a creare un mondo a parte, non è assolutamente artificiosa, in ogni
pensiero vi è del vero; dunque un libro che offre uno spaccato sociale
veramente reale, senza intenti critici, ma semplice e coerente. Lo stesso autore
confessa che, nello scrivere il libro, ciò a cui stava attento era la
combinazione tra tecnica del teatro e tecnica del romanzo, una questione dunque
letteraria. Che poi nel leggere si possano ravvisare degli intenti critici e
moralisti, è conseguenza della "sincerità" che fa parte del
libro. Certo la relativa inesperienza dello scrittore al momento della stesura
crea situazioni alquanto non equilibrate all'interno dell'intreccio: non piace
l'eccessiva ripetitività di Michele, che è da considerarsi un
personaggio noioso, e forse non funzionale quanto Carla, che, seppur meno
coerente, risulta quantomeno mobile e attiva, rassegnatamente viva. La
riflessione psicologica, costantemente proposta ad interrompere la narrazione,
crea situazioni in cui l' "actio" viene ad essere forse eccessivamente
trascurata, dando vita ad una situazione amplificatamene solitaria dei
caratteri. Tutto ciò porta, come è ampiamente verificabile, ad un
ritmo narrativo lentissimo, a volte esasperatamente lento, e ad un'effettiva azione,
o storia, oggettivamente ridotta. Può forse risultare noioso, ma non
credo che lo sia, anche se a volte i limiti sono evidenti. E comunque la
sincerità che è alla base del racconto, e la estrema
verosimiglianza teorica che ne consegue, lo rende affatto brutto, direi
interessante. Anche se, dunque, non si può affermare che sia un
capolavoro della letteratura, in tutta sincerità credo che la sua
lettura non possa affatto essere dannosa, al contrario interessante e a volte
piuttosto piacevole.