Il
Tempietto di San Pietro in Montorio sorge accanto all'omonima chiesa, sul
Granicolo.
La
tradizione ci tramanda che Costantino aveva eretto a Pietro martire un sacello
circolare proprio su quel colle, mentre è documentato che una chiesa,
d'epoca precedente il IX secolo, era stata edificata in questo luogo dove
tradizionalmente, ma erroneamente, si riteneva fosse stato crocefisso il Santo.
Nel
1481, per volontà di Ferdinando IV di Sna si era proceduto alla
riedificazione del tempio su disegno di Baccio Pontelli: un edificio a navata
unica, terminante in un'abside poligonale, con cinque cappelle per lato.
Nel
cortile, che si apre nel lato destro dell'edificio, sorge il tempietto
circolare, capolavoro del Bramante, che risale al 1502 ed è quindi di
poco successivo all'arrivo dell'architetto a Roma.
Con
la costruzione del tempietto nel luogo del martirio del Santo fondatore della
Chiesa si voleva celebrare in S. Pietro il "pontefice romano", continuatore,
nella cristianità, delle tradizioni di Roma imperiale.
Conosciamo
il progetto originario del Bramante perché riportato nel Trattato dei Cinque
Ordini di Architettura (1566) di Sebastiano Serio.
Tale
riproduzione, oltre ad essere estremamente importante per la ricostruzione dell'iniziale
idea bramantesca, ci fa comprendere in quale misura l'opera dell'architetto
fosse stata riconosciuta, anche dai più immediati contemporanei, come la
realizzazione completa degli ideali del Rinascimento e per questo venisse
quindi illustrata nei trattati quale esempio e modello, accanto e alla pari con
i più celebri monumenti antichi.
Nel
progetto il tempio avrebbe dovuto costituire il centro di un peristilio anulare
che, però, non venne mai realizzato.
S.
Pietro in Montorio si presenta oggi come un sacello cilindrico, circondato da
un portico di sedici colonne doriche in granito raccordate da un'alta
trabeazione coronata da una balaustra: corpo inferiore e tamburo sono animate
da nicchie alternate a finestre, in basso, e da nicchie alternativamente
rettangolari e a "conchiglia" in alto.
La
scelta della pianta circolare è da intendere come richiamo agli antichi martyria
cristiani, piccole costruzioni commemorative, quasi sempre a pianta
centrale, legate al culto dei martiri.
Questo
preciso riferimento si integra con le più generiche suggestioni di altri
edifici a pianta centrale dell'antica Roma, primi fra tutti il Tempio di Vesta
o il Tempio della Sibilla a Tivoli, monumenti che Bramante ben conosceva
avendone a lungo studiato i resti e indagato le tecniche costruttive.
Gli
elementi derivanti dall'antichità vengono, infatti, rivisitati e
interpretati alla luce dei tempi, così, ad esempio, le metope di
ascendenza classica, sulla trabeazione del colonnato dell'anello inferiore,
sono totalmente rinnovate, accogliendo rafurazioni di oggetti liturgici
cristiani chiaramente riferiti al potere de pontefice.
Il
limitato spazio disponibile per la costruzione del tempietto evidenzia i limiti
dello schema tecnico e "universale" tramandato da Vitruvio, le cui leggi
astratte di strutturazione e di dimensionamento vengono adeguate da Bramante
alle situazioni contingenti.
L'interno
del tempietto non poté, infatti, ospitare le sedici paraste previste, il
progetto fu allora modificato, le paraste ridotte a otto e la struttura interna
venne svincolata da quella esterna.
Per
le condizionanti precedenti, le dimensioni vengono ridotte al minimo: la cella,
di 4.5 m di diametro, offre solo lo spazio per l'officiante e gli assistenti.
La
comunità può assistere alla funzione liturgica dalle porte aperte
del sacello: lo spazio libero attorno al tempietto viene così ad
assumere la precisa funzione di luogo di raccolta dei fedeli.
Anche
l'esterno pose all'architetto non pochi problemi, soprattutto nell'elaborare la
concessione tra il corpo inferiore e quello superiore.
Non
potendo alzare eccessivamente il tamburo, e quindi inserire un secondo ordine
coerente con quello sottostante, egli trasformò nel corpo superiore le
paraste in risalti della parete, privi di capitello, e lo concluse con una
trabeazione a fasce.
Le
due parti vennero poi collegate "visivamente" tra loro per mezzo di una
balaustrata, un anello continuo di balaustri a traforo che sottolineano ed
accentuano la "rotazione" dell'edificio sull'asse della cupola.
Questa
naturalezza compositiva pone il tempietto sullo stesso piano degli antichi
monumenti, in quanto originale e compiuta espressione della classicità
del Rinascimento, ricca di spunti per l'evoluzione futura dell'architettura,
con semplicità di mezzi l'architetto riesce a conferire grandiosa
monumentalità a un'opera di piccole dimensioni.