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Il viaggio nella "giungla del malaffare" è piuttosto lungo: abusi edilizi, appalti truccati, bustarelle, politici corrotti, funzionari e imprenditori corruttori. In questi anni i giudici hanno fatto luce su un intreccio perverso che investiva ospizi, opere pubbliche, servizi, metropolitane, aeroporti e ospedali. E Milano da "capitale morale" d'Italia, si è ritrovata capitale delle bustarelle, dove vigeva la regola del 5 e del 10 % e le bustarelle scorrevano a fiume; dove servizi, opere pubbliche, ospedali, ospizi erano pozzi senza fondo da cui attingevano industriali corruttori e politici corrotti; dove la mafia ha reinvestito le sue "narcolire" in immobili e centri direzionali ultramoderni.
L'onda dello scandalo - tangenti ha travolto altre città d'Italia, dove gli arresti si sono susseguiti a gettito continuo, per non parlare delle deposizioni spontanee.
Ogni giorno si aggiungevano e continuano ad aggiungersi, come tessere di un puzzle, indizi e riscontri inquietanti.
La gente non ne può più di amministratori insieme incapaci e disonesti.
La riforma della pubblica amministrazione, studiata accuratamente e ripetutamente non è mai stata adeguatamente svolta per incapacità dei governi e dei partiti a vincere resistenze di parte, di categoria, di clientela, di interessi. La semplificazione delle leggi e dei passaggi burocratici, che ostacolano terribilmente l'amministrazione e la rendono contemporaneamente costosa, non si è fatta per cattiva volontà o per debolezza, cosicché tanti piccoli poteri di interdizione e di agevolazione hanno danneggiato i cittadini e favorito la corruzione in una miriade di sedi.
Oggi, tuttavia, ci troviamo a un punto di svolta e di cambiamento.
Il lungo, e certo incompiuto, disegno di riportare la legalità nella vita civile, la scomposizione del sistema di potere che ne è seguita, il mutato sistema elettorale e la diversa conurazione degli schieramenti politici hanno trovato un parziale sbocco nel voto e nell'avvio di un governo potenzialmente duraturo. Ma il fermento rimane vivo: ancora si parla di "seconda Repubblica" in termini spesso vaghi, mentre già si avanzano proposte che mettono in discussione l'unità nazionale e sembrano spezzare la continuità storica e istituzionale del nostro Paese.
Il cinquantennio della Repubblica, la cui vittoria sulla monarchia risale al 2 giugno 1946, costituisce una buona occasione per pensare alla Costituzione come ossatura della Repubblica, senza preurare svolte sconvolgenti ed invocare una rottura dell'unità nazionale. È necessario, infatti, che la Costituzione continui a garantirci i diritti fondamentali ed un equilibrato rapporto tra i poteri, che abbia al centro il Parlamento, un governo efficiente, una magistratura indipendente. Essa, infatti, va modificata solo in vista di alcuni risultati, in particolare l'ampiezza delle autonomie e l'incisività dei governi. Tali riforme, però, vanno fatte solo tenendo presente che la tensione morale e l'onestà sono insostituibile lievito ed accomnamento di ogni istituzione e di ogni azione politica. Onestà e volontà di agire per il bene comune sono, dunque, i requisiti fondamentali che la classe al potere deve possedere per migliorare radicalmente la situazione politica, economica e sociale dell'Italia.
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