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Sardegna

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Sardegna Regione amministrativa dell'Italia meridionale, che corrisponde all'isola omonima; si affaccia sul mar Tirreno a est e a sud, sul Mare di Sardegna a ovest, mentre a nord uno stretto braccio di mare, chiamato Bocche di Bonifacio, la separa dalla Corsica. In realtà la Sardegna non solo non ha mai avuto particolari rapporti, e nemmeno ne ha tuttora, con il Mezzogiorno d'Italia, bensì gravita piuttosto verso l'Italia centrale (Lazio e Toscana), mentre prima dell'unità d'Italia faceva parte del Regno del Piemonte. Nel contesto d'Italia, la regione costituisce veramente un'area a sé: persino il suo dialetto, il sardo, è considerato un idioma distinto dall'italiano. Amministrativamente costituisce, così come la Sicilia, la Valle d'Aosta, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, una regione a statuto speciale, dotata di larga autonomia. È ripartita nelle province di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari; capoluogo regionale è Cagliari.



L'origine del nome dell'isola (che già i romani chiamavano Sardinia) è incerta. I greci, per la sua forma simile all'orma di un piede, la denominavano invece Ichnusa (cioè 'orma'); tra le più accreditate ipotesi del termine Sardinia si ricordano la derivazione da Sardo, un mitico condottiero - o addirittura un lio di Ercole - che l'avrebbe conquistata capeggiando un gruppo di libici. Nemmeno l'origine e la provenienza (o le provenienze) dei primi abitatori dell'isola sono state definitivamente chiarite.

La regione si estende per 24.090 km2 (l'isola per poco meno, 23.813 km2, ed è la seconda del mar Mediterraneo per superficie, dopo la Sicilia) ed è la terza regione d'Italia, dopo Sicilia e Piemonte; tra le isole minori, si ricordano la Maddalena (20,1 km2) e Caprera (15,8 km2) a nord-est, l'Asinara (50,9 km2) a nord-ovest, Sant'Antioco (108,9 km2), che è in effetti unita alla terraferma da un istmo di 5 km, e San Pietro (51,3 km2) a sud-ovest. La Sardegna è tra le regioni italiane meno popolate, sia in valori assoluti (con 1.659.300 abitanti) sia quanto a densità (69 abitanti per km2, quasi un terzo della media nazionale, che è di 190).

Territorio

L'isola ha grosso modo la forma di un quadrilatero, con una lunghezza da nord a sud di circa 260 km e una larghezza da ovest a est di 120 km; i quattro punti estremi sono capo Falcone a nord, capo Teulada a sud, capo Comino a est, capo dell'Argentiera a ovest. Essa presenta una certa simmetria tra i versanti opposti, con quattro maggiori insenature, una su ciascun lato: il golfo dell'Asinara a nord, il golfo di Cagliari a sud, il golfo di Orosei a est, il golfo di Oristano a ovest.

Lo sviluppo costiero è notevole, circa 1400 km; rari sono i buoni porti naturali: le coste sono per tre quarti alte e rocciose, per lunghi tratti rettilinee. Queste morfologie predominano lungo i litorali settentrionali e orientali, mentre in quelli meridionali e occidentali sono più frequenti le orlature sabbiose, a volte chiuse da cordoni di dune. L'altezza delle ripe varia anche notevolmente, ed è comunque in rapporto con l'entità del rilievo retrostante: nel golfo di Orosei vi sono scogliere a strapiombo di oltre 400 m, e una ripa presso il capo di Monte Santo tocca persino i 757 m. Celebri le rosse scogliere di porfido del golfo di Arbatax, subito a sud del golfo di Orosei.

Altri due aspetti interessanti delle coste sarde sono la ricchezza di grotte, assai numerose là dove ci sono formazioni calcaree soggette al carsismo, e le insenature profonde, a imbuto, simili a fiordi (le cosiddette 'coste a rías', antiche valli fluviali poi sommerse e quindi occupate dal mare), numerose nella regione nordorientale dell'isola, la Gallura.

Il rilievo della Sardegna è totalmente estraneo a quello di qualsiasi altra parte d'Italia. Le rocce cristalline su cui poggia l'isola (che in un remotissimo passato era unita alla Corsica) erano già emerse quando non vi erano ancora né le Alpi né gli Appennini. Tuttavia i grandiosi movimenti della crosta terrestre, da cui nell'era terziaria o cenozoica tali sistemi montuosi trassero origine, ebbero ripercussioni anche in Sardegna, determinando la formazione di massicci isolati derivati dalle fratturazioni dei preesistenti rilievi.

A causa dell'attività erosiva durata decine e decine di milioni di anni l'isola manca di erte catene montuose, di vette elevate, di scarpate profonde, di valli incassate; è un paesaggio 'appiattito' (l'altitudine media non supera i 500 m), ma non per questo meno imponente. Predominano quindi nettamente le distese collinari (67,9% del territorio); il 18,5% è formato da pianure, sicché le aree montane corrispondono ad appena il 13,6% della superficie insulare. Inutile dunque cercare nell'isola un andamento unitario nel rilievo. Il massiccio più poderoso è il Gennargentu, situato nella sezione centrorientale, che tocca nella punta La Marmora (1834 m) la massima elevazione della Sardegna. Più a nord una serie di rilievi forma una specie di allineamento trasversale, da sud-ovest a nord-est, che la valle del fiume Tirso separa dal massiccio centrale, e che può considerarsi costituito dalla catena del Marghine-Goceano e dai monti di Alà; le quote massime si aggirano sui 1200 m. Più a nord e più isolato, si eleva il massiccio granitico del Limbara (1362 m).

Nella parte meridionale della Sardegna i gruppi montuosi di maggior entità, separati dall'ampia pianura del Campidano, sono a ovest i rilievi dell'Iglesiente, paragonabili a una serie di piccoli massicci che culminano nei 1236 m del monte Linas, e a est un vasto tavolato che tocca i 1069 m nella punta Serpeddi. Antico braccio di mare poi colmato, il Campidano forma una pianura di notevole estensione (circa 2000 km2) e rappresenta un elemento morfologico nettamente contrapposto a quello dominante della Sardegna. Il Campidano attraversa infatti da nord-ovest a sud-est (cioè con andamento opposto a quello del Marghine-Goceano-monti di Alà) l'intera Sardegna centromeridionale, creando una specie di corridoio tra il golfo di Oristano e il golfo di Cagliari. Assai meno estesa ma di analoga origine è la pianura della Nurra, nell'estremo nord-ovest dell'isola, tra il golfo dell'Asinara e quello di Alghero. Le altre pianure, sia costiere sia interne, sono di esigue dimensioni.

La distribuzione irregolare del rilievo è all'origine di una idrografia frammentata, povera di fiumi importanti; inoltre la natura dei suoli, che per metà è impermeabile e quindi impedisce la formazione di ricche sorgenti sotterranee, aggiunta alla concentrazione delle piogge in un solo periodo dell'anno, rendono il regime dei corsi d'acqua fortemente variabile. Tutti i fiumi sardi hanno, quindi, carattere torrentizio, con piene primaverili, alle quali si contrappongono magre estive anche assolute. Durante le piene le acque erodono facilmente i suoli, spesso impoveriti di copertura vegetale, e trascinano una cospicua massa di detriti, che si depositano nelle zone pianeggianti, costiere e interne; si formano così con facilità e frequenza aree paludose, oggi tuttavia in larga misura prosciugate.

La Sardegna è la regione italiana nella quale sono state realizzate, mediante dighe e bacini artificiali, le più imponenti opere di regolamentazione dei corsi d'acqua; mediante uno sbarramento sul Tirso è stato creato, nel 1923, il lago Omodeo, con una superficie di 22 km2, che è il più vasto lago artificiale d'Italia.

L'isola ha tre soli fiumi di un certo sviluppo e ampiezza di bacino: il citato Tirso (150 km di lunghezza e 3100 km2 di bacino idrografico), il Flumendosa e il Coghinas. Il Flumendosa nasce dal Gennargentu, volge per 127 km con direzione prevalente verso sud, dopo essere stato sbarrato da dighe in più punti, e sfocia nella costa sudorientale dell'isola. Il Coghinas (123 km di lunghezza) ha origine invece dai monti di Alà, si dirige verso nord-ovest, forma quindi il lago artificiale omonimo (17 km2) e sbocca infine nel golfo dell'Asinara.

Clima e ambiente

La Sardegna ha un clima essenzialmente mediterraneo; gli influssi del mare si avvertono pressoché ovunque nell'isola, anche se, come è naturale, si indeboliscono col procedere verso l'interno. La regione è sottoposta all'influsso di due determinanti correnti d'aria: alla fine dell'autunno prevalgono i venti temperati e umidi provenienti dall'Atlantico, cioè da nord-ovest, all'inizio della primavera quelli caldi e asciutti provenienti dall'Africa, cioè da sud. Ne deriva che le aree che ricevono maggiori precipitazioni sono quelle nordoccidentali, mentre le regioni più aride sono quelle meridionali.

Mitigate dal mare, le temperature hanno medie abbastanza contenute, sia estive sia invernali; la media annua si aggira in quasi tutta la regione tra i 14 °C e i 18 °C . Le temperature estive più elevate (medie sui 30 °C) si registrano in alcune conche interne (con massimi anche superiori ai 40 °C), mentre nelle fasce costiere si aggirano sui 24 °C; le medie invernali sono di 9-l0 °C sulle coste, ma scendono fino a 0 °C sulle sommità del Gennargentu.

Le piogge si concentrano tra novembre e dicembre, mentre sono pressoché assenti in luglio e agosto; nel resto dell'anno l'andamento è molto irregolare. Le precipitazioni complessivamente non sono scarsissime: passano dai 500-600 mm annui nelle aree pianeggianti, ai 700-800 mm sui primi rialzi collinari dell'entroterra; al di sopra dei 900 m di quota si superano in genere i 1000 mm di precipitazioni, che alle alte quote assumono anche forma nevosa. Nel piano superiore del Gennargentu, cioè al di sopra dei 1500 m d'altezza, il manto nevoso dura alcuni mesi.

Tra gli elementi climatici di rilievo va aggiunta la ventosità; con maggior frequenza in inverno, ma saltuariamente anche nelle altre stagioni, soffia con molta violenza il maestrale, un vento freddo che proviene da nord-ovest.

La Sardegna, anche a causa del suo scarso popolamento, ha conservato intatti fino a oggi numerosi suoi aspetti naturali originari, molti dei quali del tutto particolari, salvaguardati dalla stessa insularità, dal distacco dell'isola nei confronti sia dell'Africa che dell'Europa. Spesso il paesaggio appare selvaggio, severo e senza presenza umana; in taluni punti esso risulta di una bellezza e di una suggestione rara nell'area mediterranea. Di recente però diverse zone, soprattutto costiere, come la cosiddetta Costa Smeralda, hanno subito aggressioni devastanti da parte di imprese esterne che hanno riempito i tratti litoranei più belli con un numero eccessivo di insediamenti e costruzioni (alberghi, seconde case, villaggi turistici ecc.).

La storia geologica dell'isola, con la sua antichità e il protratto isolamento dalle masse continentali, sia d'Europa sia d'Africa, ha determinato assolute particolarità per quanto riguarda la flora e la fauna, che andrebbero protette con molta attenzione. Comunque, e pur se con un certo ritardo rispetto ad altre regioni d'Italia, alcuni degli ambienti naturali più significativi e rari sono stati salvaguardati o stanno per essere sottoposti a tutela. Si ricordano, tra le principali aree protette, il parco nazionale del Gennargentu, la riserva naturale dell'isola di Caprera, la riserva naturale di Capo Caccia, il parco naturale della penisola del Sinis (sulla costa occidentale) e la riserva naturale dello Stagno di Molentargius, in prossimità di Cagliari, in cui vivono grandi colonie di uccelli acquatici.

Flora e fauna


Il carattere fondamentale della flora sarda è quello di avere conservato in gran parte intatte alcune specie vegetali molto antiche, che altrove hanno subito invece delle trasformazioni o si sono estinte. Ma si verifica anche l'opposto: mancano in Sardegna diverse specie vegetali presenti nell'Italia continentale e nella stessa Sicilia, come il faggio e le conifere: le pinete costiere (pino d'Aleppo, pino domestico) sono tutte d'impianto recente.

La maggior parte della superficie dell'isola, dove la pastorizia brada, itinerante, è sempre stata tradizionalmente l'attività dominante, è occupata dal pascolo, rappresentato sia dalla steppa a graminacee sia dalle formazioni arbustive. Entrambe sono il risultato di un degrado del bosco dovuto all'uomo, e in particolare ai pastori, che impoveriscono la vegetazione con il sovrapascolamento o bruciandola per rinnovare il pascolo. Oltre la metà della superficie boschiva distrutta ogni anno in Italia da incendi appiccati volontariamente è situata in Sardegna, benché leggi anche severe siano state emanate in merito.

I boschi veri e propri occupano un'area molto ristretta del territorio regionale; essa corrisponde essenzialmente alle zone più interne e impervie, soprattutto nelle valli più incassate, meno accessibili all'uomo e al bestiame, e non alle sommità montane; le piante prevalenti sono le querce (tra cui molto diffuse sono le querce da sughero), i lecci e i castagni.

La formazione vegetale più ricca, estesa e vigorosa è nettamente la macchia mediterranea, che caratterizza il paesaggio della Sardegna sin verso gli 800 m di quota, talvolta formando pittoreschi boschetti isolati sui nudi strapiombi costieri; la macchia non rappresenta però una formazione originaria, ma deriva dal bosco degradato. È comunque la tipica associazione sempreverde che include arbusti anche alti - si ha in tal caso la cosiddetta 'macchia alta', dove gli arbusti raggiungono anche i 4-5 m di altezza, quando trovano suoli più profondi e maggiore umidità - tra cui principalmente oleastri, cioè olivi selvatici, lentischi, carrubi, mirti, allori, ginepri, cisti; lungo i greti dei torrenti sono spesso fitti gli oleandri. Si ha poi una macchia impoverita, con arbusti sui 50 cm d'altezza, comunemente chiamata garriga, che comprende salvia, rosmarino, erica, timo, ginestra ecc.; interessanti sono le formazioni di palme nane.

Le praterie a graminacee infine prevalgono in prossimità dei litorali, in particolare nelle più calde e aride coste meridionali e orientali; dove si stendono le zone paludose litoranee, non infrequenti in Sardegna per il difficile e irregolare deflusso delle acque, crescono canneti e diverse erbe palustri.

Molto interessante e particolare è la fauna. Mancano infatti nell'isola molte specie comuni nelle terre circostanti (ad esempio marmotte, lontre, talpe, orsi, tassi, scoiattoli, lupi, le vipere e qualsiasi altro serpente velenoso e comunque la maggior parte dei rettili, le rane, e persino il passero comune, il Passer domesticus Italiae). Per contro la Sardegna ospita molte specie endemiche, inesistenti altrove. Caratteristica comunque a tutti gli animali presenti (asini, suini, cinghiali, lepri, cavalli ecc.) è la taglia, generalmente più piccola di quella delle stesse specie continentali. Il più noto degli animali della Sardegna è il muflone, splendida pecora selvaggia con grandi corna ritorte (nei maschi); tra i rettili presenti solo nell'isola vi è la tartaruga marginata (Testudo marginata), che può raggiungere una lunghezza di 40 cm. Si ricorda poi, tra gli uccelli, in genere assai numerosi, l'ampia diffusione dei rapaci: il grifone, l'avvoltoio nero, l'avvoltoio barbuto, l'aquila reale, l'aquila del Bonelli e il magnifico falco della regina o falco di Eleonora (Falco eleonorae). Ridotto a pochissimi esemplari rintanati in alcune grotte delle coste orientali è infine un mammifero marino, la cosiddetta foca monaca (Monachus monachus).

Economia

Il reddito per abitante della regione, molto modesto (20 milioni di lire annue), è leggermente superiore alla media del Mezzogiorno d'Italia. L'economia sarda soffre il peso di una tradizione legata a una società pastorale, poco o nulla rivolta all'agricoltura, priva di iniziative industriali, chiusa e lontana, frenata nello sviluppo da una organizzazione del territorio basata sui centri isolati dell'interno, poveri di comunicazioni, tradizionalmente poco rivolti verso l'esterno. Gli sviluppi in senso moderno sono stati avviati solo in anni recenti, dovuti perlopiù a iniziative esterne, che hanno valorizzato le risorse naturali principali: i giacimenti minerari e la bellezza delle coste.

L'isola è, insieme alla Toscana, l'unica regione italiana dotata di minerali metallici, soprattutto di zinco e piombo (nell'Iglesiente), ma anche di minerali energetici (antracite e carbon fossile nel Sulcis, una regione nel sud-ovest dell'isola); tuttavia l'attività estrattiva, che in passato ebbe una certa rilevanza, è oggi in pratica sospesa per i suoi costi eccessivi, non competitivi con quelli dei minerali d'importazione.

La Sardegna fa parte di quelle aree del Sud per le quali, negli anni Sessanta, una politica economica basata su ingentissimi investimenti pubblici individuò dei 'poli di sviluppo' che avrebbero dovuto incentivare l'economia locale; in particolare a Porto Torres fu costruito un poderoso complesso petrolchimico, mentre un'altra raffineria fu realizzata a Cagliari e uno stabilimento metallurgico (lavorazione di bauxite e piombo-zinco) a Porto Vesme presso Carbonia, nel Sulcis. I piani di sviluppo diedero risultati assolutamente inferiori alle aspettative. Oggi questi impianti funzionano ad attività ridotta, se non sono stati smantellati o non sono in via di riconversione.

Per contro l'agricoltura, già trascurata tradizionalmente dai sardi, ha visto un abbandono che in valori percentuali non ha confronti in tutta Italia, registrando un calo della superficie agraria di circa il 20%. Il turismo è l'unico settore in crescita, una crescita anche sostenuta; tuttavia nemmeno questa attività si è tradotta in una sensibile offerta di lavoro, cosicché la Sardegna è tra le regioni d'Italia più drammaticamente colpite dalla disoccupazione.

Agricoltura e allevamento


Eccettuate aree molto limitate nelle quali è stata introdotta una orticoltura intensiva (ad esempio le coltivazioni di carciofi), l'agricoltura sarda è estensiva e destinata ai cereali: poco spazio vi hanno anche quelle colture legnose (come vite e olivo) che sono tipiche dell'area mediterranea. La viticoltura fornisce tuttavia vini di qualità.

I lavori dei campi (così come la pesca, che è assai meno sviluppata di quanto consentirebbero lo sviluppo costiero e la pescosità di alcune aree marine) non fanno parte del patrimonio culturale dell'isola, che è invece tradizionale terra di pastori; da questo punto di vista, le differenze con le regioni del Mezzogiorno, come la Sicilia e la Puglia, sono fortissime. Non mancano tuttavia zone dove l'agricoltura moderna, commerciale, è ben sviluppata, come il Campidano, zona irrigua, che utilizza le acque del Tirso, valorizzata in seguito a recenti bonifiche, o come il Sassarese. Al di fuori di queste zone l'agricoltura è povera, frammentaria, soverchiata dalla pastorizia.

La Sardegna è l'unica regione d'Italia nella quale il reddito derivante dall'allevamento supera quello prodotto dall'agricoltura. Prati e pascoli permanenti occupano ben due terzi della superficie utile; la Sardegna ha il più consistente patrimonio bovino e caprino e ancor più ovino - più di 4 milioni di pecore - d'Italia, che consente una considerevole e spesso pregiata produzione di formaggi, ma anche di carni, pelli, lane. È in atto oggi un processo di riconversione pastorale che tende a sostituire l'allevamento in stalla di bovini a quello tradizionale, itinerante, avventuroso, dei pastori di pecore.

Industria

Considerato il sostanziale fallimento (almeno in termini occupazionali, ma non solo) dei complessi dell'industria di base, si può dire che il settore secondario è, se non proprio assente, di scarso rilievo. D'altra parte i complessi petrolchimici funzionanti assorbono un numero limitato di addetti. Attualmente la percentuale di attivi impegnati nell'industria è persino inferiore alla media del Mezzogiorno.

Per il consumo quasi unicamente interno funzionano alcuni stabilimenti alimentari, tessili, del legno e del sughero; molto vario e interessante è invece l'artigianato, che ha antiche tradizioni, è sostenuto anche da apposite scuole ed è oggi al servizio del turismo (tappeti, arazzi, pizzi, ceramiche, gioielli, ferri battuti ecc.).

Attività terziarie


Mentre si registra l'eccessivo spazio occupato dal pubblico impiego, in dipendenza anche dal fatto che la Sardegna costituisce una regione ad amministrazione autonoma, l'unico settore fiorente tra le attività terziarie è quello del turismo. Si tratta però di un settore ancora gestito in modo disorganico, che, ad esempio, non ha saputo valorizzare né il patrimonio artistico e culturale di un folclore ancora ricchissimo e nemmeno quello naturalistico delle aree interne, mentre con interventi di tipo speculativo ha potenziato oltre misura le località balneari e di villeggiatura di alcune zone costiere (area attorno ad Alghero, Costa Smeralda, Gallura, e poche altre), con effetti anche negativi sul paesaggio.

Quanto alle vie di comunicazione, si può dire che abbiano subito un processo di modernizzazione quelle volte al collegamento della Sardegna con l'esterno più che quelle interne all'isola. Quasi nulle e lente le ferrovie, poche e in genere disagevoli le strade; non esiste alcuna autostrada ma solo una 'superstrada' che attraversa da nord a sud l'isola (Sassari-Oristano-Cagliari), con alcuni tronchi laterali. I servizi marittimi di navi-traghetto fanno capo soprattutto a Olbia - il principale porto per movimenti passeggeri -, a Porto Torres (entrambi in provincia di Sassari) e a Cagliari; tra i maggiori scali italiani per tonnellaggio di merci veicolate è invece Porto Foxi, presso Cagliari, ma è adibito quasi esclusivamente al traffico petrolifero. Intenso è il movimento aereo al servizio dei collegamenti nazionali, i cui principali aeroporti sono Cagliari-Elmas, Olbia-Costa Smeralda e Alghero-Fertilia.

Popolazione e città





Per la bassa densità del suo popolamento, che è pari a circa un terzo rispetto alla media nazionale, la Sardegna si differenzia nettamente dalla maggior parte delle regioni italiane; se si considera la cosiddetta 'camna profonda', cioè le zone agrarie più arretrate, i valori scendono addirittura a 30 abitanti per km2. La popolazione, caratterizzata da una omogeneità etnica rara in Italia (anche se non sono mancate in Sardegna immigrazioni, come quelle degli snoli ad Alghero e dei napoletani a Cagliari), vive tradizionalmente nelle zone interne, in villaggi di case aggregate sui dossi dei monti, che formano microcosmi chiusi, dominati da una società patriarcale, sino a pochi anni fa arcaica e poco aperta alla modernizzazione. Questa è arrivata soprattutto attraverso le attività nuove (turismo, industrie ecc.), dislocate lungo le coste. Ciò ha provocato una vera e propria riorganizzazione territoriale che è ancora in atto, caratteristica questa anche di gran parte del Meridione d'Italia.

Se già dopo l'unità avevano assunto un ruolo dominante nella geografia insulare i centri costieri, in primo luogo Cagliari - che un tempo divideva con Sassari, situata nel nord dell'isola, a poca distanza dal mare, il ruolo di centro principale - più di recente altri centri costieri sono stati valorizzati, come Olbia, Porto Torres, Alghero. Un centro nuovo è anche Orosei, oggi capoluogo provinciale, la cui importanza è legata allo sviluppo della principale zona agricola dell'isola, il Campidano. Nuoro è invece una città interna, specchio delle tradizioni pastorali della Sardegna. Oggi un quarto dell'intera popolazione vive nel capoluogo regionale o negli immediati dintorni: Cagliari (175.200 abitanti) è una delle pochissime città italiane ad avere registrato nell'ultimo ventennio un forte incremento demografico. Supera i 100.000 abitanti anche Sassari; gli altri due capoluoghi non raggiungono i 40.000, ma ben 65.000 abitanti ha Quartu Sant'Elena, una città-satellite di Cagliari.

Storia





Come spazio insulare la Sardegna fu interessata da vicende storiche dotate di forte peculiarità, poco corrispondenti con le coeve esperienze che si svolgevano sulla penisola italiana. La manifestazione più cospicua della diversità sarda in epoca protostorica è rappresentata dalla civiltà nuragica, identificata dalle tipiche torri a forma di tronco di cono, costruite con massi sovrapposti e in certi luoghi inserite in un sistema edilizio fatto di mura, bastioni, cortili, torri basse. Oggi la Sardegna conserva circa 7000 nuraghi, che formano il principale giacimento archeologico, insieme con un migliaio di domus de janas (termine sardo che significa 'case delle fate'), ossia tombe in miniatura scavate nelle rocce con una struttura labirintica aperta in molteplici vani, e con oltre trecento 'tombe di giganti', necropoli composte da esedre di pietra con al centro una stele alta diversi metri. La civiltà dei nuraghi, che si sviluppò a partire dal 1500 fino al 500 ca. a.C., ha lasciato la sua traccia più imponente nel castello di Su Nuraxi a Barùmini, in provincia di Cagliari, e a nord nella cosiddetta 'reggia' di Torralba. L'asprezza del paesaggio montuoso probabilmente favorì l'estraneità della Sardegna dalle correnti più vive della storia mediterranea, durata fino a che i fenici non effettuarono le prime invasioni dell'isola. L'interesse commerciale derivava dall'ossidiana, pasta vulcanica vetrosa molto usata nei tempi antichi. Dopo i fenici toccò ai cartaginesi stabilire insediamenti sull'isola: essi fondarono le prime città, quali Cagliari, Tharros, Nora, Sulci.

I romani apparvero nel 238 a.C. e fondarono guarnigioni militari, costruirono strade, ampliarono le città e sfruttarono le zone pianeggianti come serbatoio di grano per Roma. Essi fissarono i tratti della loro cultura, qui destinata a lunga permanenza perché non venne ibridata dalle invasioni barbariche: infatti l'isola, appartenente alla provincia d'Africa, passò all'impero romano d'Oriente, dopo il 476 d.C. Dalla lontana Bisanzio, capitale dell'impero orientale, vennero concesse ampie autonomie all'isola divisa in quattro giurisdizioni, ossia i giudicati di Logudoro, di Gallura, di Oristano e di Cagliari.

Dopo l'anno Mille le repubbliche marinare di Pisa e di Genova diressero la loro attenzione verso l'isola e vi trasferirono famiglie e imprese, collegandosi ai patriziati locali. Nel 1297 la Sardegna, per iniziativa del papa, passò in feudo a Giacomo II d'Aragona, ma per diversi decenni si trattò di una sovranità formale, fino a che, nel 1323, Alfonso d'Aragona non sbarcò nell'isola sottomettendola militarmente. Lo spirito di autonomia di alcuni territori animò una forte resistenza antiaragonese che si protrasse fino all'alba del XV secolo. Retta in viceregno, entrò a far parte dei domini della corona di Sna, costituitasi alla fine del XV secolo col matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona. Il dominio snolo è considerato come un periodo di decadenza economica e demografica, sulla quale incisero le servitù feudali imposte all'isola e l'esosità dei funzionari reali.

Nel 1720 la Sardegna passò ai Savoia, costretti a scambiarla con la Sicilia per un gioco di equilibri e di contrappesi orchestrato dalle grandi potenze europee. Per vent'anni i Savoia tennero in posizione marginale l'isola, che pure aveva conferito loro il titolo regio, appunto quello di re di Sardegna. A partire dal 1743 un potente ministro piemontese, Gian Lorenzo Bogino, attuò illuminate misure di carattere riformistico: riaprì le università di Cagliari e di Sassari, rifondate sul modello dell'ateneo di Torino; rafforzò i consigli comunali e creò i monti frumentari, ossia un sistema finanziario pensato per incrementare l'agricoltura e liberare i contadini dal peso dei debiti. A Bogino si deve anche la valorizzazione dell'arcipelago della Maddalena, dove venne costruita una piazzaforte militare a protezione del porto, che diventerà nell'Ottocento un'importante base militare. Durante gli anni della Rivoluzione francese si formò un movimento antifeudale e antisabaudo, capeggiato da Giovanni Maria Angioy, ma l'isola rimase saldamente controllata dai Savoia, grazie anche all'appoggio navale fornito dall'Inghilterra. Il regime feudale che gravava sulle proprietà fu abolito solo nel triennio 1836-l839, sotto Carlo Alberto, e qualche anno più tardi vennero soppressi i diritti che le comunità esercitavano sulle terre demaniali e feudali.

Dopo l'unità d'Italia (vedi Risorgimento) l'isola conobbe una fase controversa: da una parte la crisi economica generò miseria e recrudescenza del banditismo; dall'altra si avviarono imprese minerarie e moderne attività nel settore agropastorale. Pesante fu il contributo di vite umane ato dai sardi nella prima guerra mondiale; alle tensioni del dopoguerra si lega la formazione di un movimento autonomistico di ispirazione socialista che sfociò nella nascita del Partito sardo d'azione. Sotto il fascismo fu varata un'imponente opera di bonifica delle terre malariche e di sfruttamento delle miniere, con la fondazione di città nuove (Arborea, Fertilia e Carbonia). Le rivendicazioni autonomistiche furono accolte dalla Costituzione della Repubblica italiana (1948), che stabilì l'autonomia dell'isola retta da uno statuto speciale. Nel 1962 venne approvato un programma di rinascita economica che si concretizzò in alcuni poli industriali a Sassari, Macomèr, Porto Torres, Cagliari, Olbia, per citare i principali, e in iniziative di sviluppo nel settore agroalimentare (itticoltura, viticoltura). In quegli anni decollò il turismo, destinato in poco tempo a modificare il volto delle coste, portando negli anni Ottanta a oltre due milioni di presenze annue di turisti, perlopiù con permanenze limitate a brevi periodi della stagione estiva.





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