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La Prima Guerra Mondiale è uno degli eventi più importanti e sconvolgenti del secolo appena conclusosi e la vastità, l'imponenza di un conflitto simile ha scatenato, com'è comprensibile, fin da quel 28 Giugno 1914, conflitti e divergenze fra gli storici circa le cause che spinsero una così grande porzione di mondo ad impegnarsi direttamente gli uni contro gli altri.
Infatti, il conflitto ha assunto dimensioni talmente grandi da suggerire una vera e propria definizione: guerra Mondiale. Questo termine si addice perfettamente alle caratteristiche dello scontro: il numero dei paesi partecipanti è enorme, non si ferma alle sole potenze europee, ma comprende anche giovani stati o piccole nazioni. La vastità del territorio sul quale si è combattuto e la quantità di risorse impegnate sono incredibili, tanto più che alla fine del conflitto l'Europa tutta, sconvolta e allo stremo delle forze, si trova in mezzo ad una marea di debiti con gli Stati Uniti: è la fine dell'EUROCENTRISMO, quella mentalità secondo la quale l'Europa, più sviluppata, ricca e colta, aveva legittimo diritto di supremazia sul resto del mondo, fenomeno questo che porterà al COLONIALISMO, di cui si tratterà in seguito.
Ma che cosa spinse questi stati ad impegolarsi in un conflitto di tali proporzioni? Il fatto che nessuna delle partecipanti immaginava di dover affrontare le altre per quattro lungi anni con perdite economiche e umane tanto gravi; nessuno, poi, era consapevole di scatenare una simile apocalisse, così l'Austria non sapeva che dichiarando guerra alla Serbia avrebbe provocato reazioni così violente in tutti gli altri stati. Infatti, l'Austria dichiarò guerra alla Serbia in seguito all'attentato all'arciduca Francesca Ferdinando, erede al trono asburgico, ma aveva ben altre mire che punire il governo serbo per aver ucciso un membro della famiglia reale: voleva impedire che la Serbia travolgesse la Bosnia-Erzegovina e le regioni circostanti nella sua foga rivoluzionaria di stato neo-indipendente.
Per questo, tesi un po' azzardate avanzano l'ipotesi che il governo austriaco fosse già stato informato dell'attentato in allestimento, ma che, per avere un pretesto valido all'attacco, avesse ignorato la preziosa informazione a spese dell'arciduca! Altri, riprendendo questa affascinante tesi, parlando d'inefficienza della guardia austriaca.
Comunque sia andata è una certezza che l'Austria voleva liberarsi della scomoda Serbia e poco importava se coinvolto insieme all'associazione irredentista serba "mano negra" (colpevole dell'attentato) c'era anche il governo serbo.
In sintonia con quest'atteggiamento di superiorità sopraffattrice troviamo le potenze europee: la conquista coloniale, già iniziata nei secoli scorsi, portò una serie di reazioni a catena che, alla fine, condussero al conflitto. Questa politica imperialista (l'IMPERIALISMO è la forma che la conquista coloniale assunse in questo periodo) portò alla spartizione fra le potenze d'interi continenti, come l'Africa o l'Australia; questo creò una serie di conflitti di connotazione espansionistica per la supremazia di una o dell'altra nazione (Italia e Germania parteciparono alla "corsa alla colonizzazione" proprio per apparire degne, all'altezza delle grandi potenze). Parallelamente a questi sentimenti d'orgoglio nazionale nasce una nuova corrente di pensiero: il DARWINISMO. Questo prendeva le teorie di sopravvivenza della specie in natura e le trasportava in ambito sociale: solo il più forte sopravvive utilizzando tutte le forze a sua disposizione per sopraffare l'altro e in questo non c'era niente di male, era moralmente legittimo a quel tempo.
La parola "supremazia" si riferisce perfettamente ad un'altra fondamentale causa che ci ha portato alla grande guerra: il NAZIONALISMO. Esso è un insieme di dottrine che esaltano il primato e la potenza nazionali, in perenne conflitto con gli altri stati. Le pressioni dei nazionalisti all'interno d'ogni stato (in Italia, ad esempio, la gran parte degli interventisti era nazionalista!) mista ad un'altra grande causa, l'incapacità socialista (che era portavoce d'ideali come la pace e l'internazionalismo) di frenare la marea montante bellicistica della fazione opposta e quella degli intellettuali, che presi da un eccezionale sentimento patriottico, promuovevano l'ingresso in guerra come l'unico modo per godere del piacere eroico dell'uomo, avvolgendo il conflitto in un'aurea di religioso mistero. Non bisogna pensare tuttavia, che l'opinione pubblica volesse la guerra (tranne i francesi e gli inglesi per un odio sviscerale anti-tedesco, dovuto ad antichi rancori): la maggioranza interventista d'ogni stato faceva sentire la propria voce più di tutti i democratici e socialisti, che sembravano sussurrare, al loro confronto, di non agire; quasi non avessero voluto davvero fermarli.
Un'altra buona motivazione per entrare in guerra è ancora di natura politica, interna ad ogni stato: alla fine della "belle epoque", dopo un lungo periodo di pace, cominciarono a delinearsi crisi rivoluzionarie fra la popolazione: per svecchiare il governo, per la disperazione portata dalla fame mentre il governo spende tutte le risorse nella guerra, ecc .
E' stato, questo, un problema generale, che i capi dei governi, incapaci di risolvere, cercarono di ignorare, concentrando le loro forze e l'attenzione dell'opinione pubblica sulla grande guerra.
In generale la colpa dell'esplosione del conflitto è attribuita alla Germania, per la sua eccessiva aggressività coloniale e per la sua eccessiva competitività, ma da come ho spiegato, tutti i paesi avevano una "buona" motivazione per partecipare al conflitto (o causarlo).
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