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ANORESSIA: UNA MOLLICA IN MENO PER UN PO' DI DESIDERIO IN PIU'
L'anoressia è una realtà molto diffusa e coinvolge la adulti, adolescenti e famiglie intere; in particolare è una condizione patologica caratterizzata da una disorganizzazione nutrizionale che sfocia poi in una perdita smisurata di peso e in una restrizione alimentare.
La restrizione alimentare è volontaria; le crisi vengono vissute come meccanismo costrittivo egodistoniaco a cui segue il comportamento finalizzato a liberarsi di quanto introdotto tramite vomito o l'uso di lassativi, diuretici ecc.
La denutrizione è caratterizzata da ipotrofia muscolare, ipertricosi, diminuzione del metabolismo basale ecc.
Il termine anoressia deriva dal greco an-orexis, letteralmente privaione dell'appetito. Le prime osservazione su questa patologia risalgono al 1500 ma le prime descrizioni scientifiche del fenomeno risalgono a Morton il quale attribuisce a fattori psichici l'astinenza dal cibarsi. Solo nel 1800 però si ebbe la considerazione dell'anoressia in un quadro noseologico con Gull e Lasegue.
I contributi di questi due studiosi rimasero
ignorati fino al
I fattori che causano disturbi alimentari sono molteplici: difficoltà nel passaggio da adolescenza a età adulta, evoluzione della famiglia, l'importanza attribuita alla bellezza fisica e altri. I soggetti particolarmente colpiti da questi disturbi sono le donne le quali, negli ultimi 40 anni sono state sottoposte a sempre più pressanti canoni estetici e standard di efficienza sia in famiglia che nel lavoro. La ura femminile al giorno d'oggi, perde le sue rotondità e le diete pubblicate su riviste femminili spesso sono bizzarre e del tutto inadeguate aumentando così il pericolo di diffondere disturbi alimentari.
Inizialmente la dieta porta ad un calo ponderale pur cui più il soggetto è soddisfatto del risultato ottenuto più è motivato a continuare la dieta; alcune persone arrivano al semi-digiuno mentre altre dopo un po' cedono e si abbuffano sentendosi incapaci e colpevoli.
I pazienti con disturbi dell'alimentazione comunicano attraverso la patologia un abbandono affettivo e sociale. La decisione di ridurre il regime alimentare, infatti, potrebbe essere una modalità per combattere, non contro il corpo, ma tramite il corpo stesso per realizzare la propria autonomia e identità.
La comprensione psicoanalitica del problema parte da Freud il quale prevedeva che fossero necessari alcuni elementi come la costituzione nervosa innata o l'irruzione della sessualità per far emergere la patologia. Altri sostengono che la causa della malattia sia la presenza di fantasie in cosce a contenuto sessuale. Altri ancora pongono l'accento sulla personalità e sulla relazione madre-lia per spiegare il fenomeno.
Partendo dallo studio di soggetti obesi e anoressici si evidenzia la confusione che essi provano riguardo al proprio corpo dovuta a una deficienza di apprendimento precoce, infatti si ritiene che nella situazione dell'anoressica l'apprendimento sia falsato perché la madre non risponderebbe ai bisogni del bambino. Si costituisce in questo senso un pericolo che il bambino possa mettere in dubbio se u impulso provenga dal mondo esterno a dal proprio corpo. Il risultato di questo sviluppo deficitario è un senso di inefficacia e impotenza che si riflette in una dispercezione della propria immagine corporea. Il rifiuto del cibo diventa quindi un modo, per l'anoressica, di contrastare il senso di impotenza.
Molto si è discusso anche a riguardo del ruolo patogeno della famiglia. In particolare si è notato che ogni membro del nucleo famigliare influenza tutti gli altri membri a partire dal primo periodo di vita del bambino. E' quindi la famiglia dove si struttura l'anoressia. Questa situazione si crea nelle famiglie eccessivamente invischiate ossia in quei contesti in cui vi è un forte legame reciproco e una forte comunicazione. Le famiglie delle anoressiche si percepiscono come corrette, leali e protettive ma quando questi aspetti vengono portati all'eccesso si inibisce la possibilità di crescita, di autonomia e di adattamento al mondo esterno. In particolare una bambina che cresce in una famiglia di questo tipo impara a negare se stessa e vantaggio del nucleo famigliare; di conseguenza quando raggiungerà l'età dell'adolescenza non avrà i meccanismi che le permetteranno di staccarsi dalla famiglia stessa.
Un altro importante studio sulle famiglie analizzando le famiglie schizofreniche ha mostrato come in queste famiglie vi siano ruoli impropri e una struttura relazionale patogena.
Ogni comportamento viene visto come una comunicazione per cui risulta impossibile non comunicare. Inoltre ogni comunicazione è caratterizzata da due aspetti, uno di contenuto e uno di relazione. Il primo riguarda l'informazione contenuta nel messaggio, il secondo il modo in cui tale messaggio deve essere assunto. Il messaggio può avere 3 tipi di risposta: conferma, rifiuto, disconferma. Nelle famiglie di anoressiche è il rifiuto la modalità di risposta più utilizzata. Un'altra importante caratteristica di queste famiglie è la tendenza dei genitore ad assumere ruoli di leadership e ogni decisione è presa per il bene comune.
Per un corretto sviluppo dell'identità soggettiva è fondamentale la relazione madre- lio.
All'interno di questa relazione durante il primo stadio di sviluppo il bambino intromette l'immagine di sé così come la madre la riflette. Il bambino nella sua prima fase dello sviluppo è incapace di differenziare sé stesso dal resto del mondo e quindi la madre viene vista come un prolungamento di sé. Successivamente il bambino sperimenta la frustrazione e il senso di dipendenza da un oggetto esterno. Se la madre non è sufficientemente buona può provocare nel bambino una mancanza di distinzione tra sé e non sé, una mancanza di autostima e un senso di incapacità.
Il cibo viene quindi visto come un invasore esterno dal quale difendersi e l'alimentazione si trasforma in una battaglia madre-lio. Con la pubertà la ragazza vede il proprio corpo cambiare in modo simile a quello della madre e sempre più lontano dai canoni estetici. La ragazza è quindi pervasa dalla confusione: l'adolescente ha difficoltà a distaccarsi dalla madre ma lotta anche per la propria autonomia.
In questo senso il controllo del cibo può avere vari significati:
Esprimere lotta con la madre
Negare la passività
Rifiutare la dipendenza femminile
Resistere all'identificazione con la madre
L'anoressica ha paura di ingrassare, rifiuta un peso normale e quindi rifiuta l'alimentazione corretta che equivale ad un rifiuto delle responsabilità adulte. L'ideale delle anoressiche è la supremazia della mente sul corpo.
L'approccio simbolico sostiene che l'alimentazione svolge una funzione di collegamento tra individuo e società. L'alimentazione si pone quindi nella dimensione che va dall'individuale al collettivo. Il digiuno, in questo senso, viene considerato come un modo per rinchiudersi nel proprio mondo. Con l'anoressia i processi vitali sono minimi ma psicologicamente non vi è sofferenza ma serenità.
Quando alla donna appare la consapevolezza del non riconoscimento sociale non le resta che uscire da ogni forma adeguata alla vita; nell'anoressica si assiste infatti ad un rifiuto totale del cibo visto come sostanza aliena alla sua vera essenza. Aliene sono anche tutte le pulsioni vitali, infatti le anoressiche non provano interesse per il sesso e non sopportano l'egoismo.
L'anoressica avverte continuamente un vuoto e per colmarlo si rende super attiva rimanendo schiacciata. Soffre quindi per un vuoto interiore dei genitori e mangiare vorrebbe dire cedere alla volontà materna che impone un oggetto. L'anoressia, è quindi vista come patologia in un'espressione di consapevolezza inconscia della perdita di senso vitale delle norme che caratterizzano la sua identità. Sotto l'apparenza del rifiuto materiale del cibo ve ne è una più profondo cioè quello tra il soggetto e la sua realtà. Centrale è il concetto di personalità che appare come un conflitto tra conscio e inconscio in cui l'Io media questo conflitto.
L'Io per mediare questa conflittualità si serve di due funzioni: Persona e Funziona Animica.
La prima è la funzione attraverso cui l'Io si rapporta al mondo mentre la seconda è una funzione attraverso la quale i processi inconsci entrano nel campo della coscienza. Il disturbo primario è rappresentato dal mancato sviluppo della funzione Animica infatti nel momento in cui il soggetto non è in grado di controllare le proprie pulsioni resta affettivamente dipendente dalla ura protettiva e autoritaria. In conclusione è quindi la protratta dipendenza dalla ura materna che impedisce lo sviluppo della funzione animica.
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