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PIANIFICAZIONE ED URBANIZZAZIONE DELL'AMBIENTE

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA


FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE



SOCIOLOGIA DELL'AMBIENTE

Prof. G. CATELLI










PIANIFICAZIONE ED URBANIZZAZIONE DELL'AMBIENTE












di Giovannella SALLEMI











INTRODUZIONE


Ai giorni nostri la pianificazione dell'ambiente assume un ruolo di notevole importanza, ciò è facilmente spiegato se si considera l'influenza dell'ambiente sulla vita psicologica, sociale e culturale, oltre che fisica degli esseri umani.

L'ambiente fisico fornisce il contesto per le attività sociali ed è una fonte di identificazione individuale e sociale, nel senso che le persone hanno una relazione psicologica con l'ambiente circostante, il quale influenza profondamente la loro identità e il loro benessere.

Il luogo in cui si vive può essere fonte di piacere o angoscia per l'individuo in base al modo in cui l'ambiente fisico si adatta alle proprie esigenze comportamentali. Dal punto di vista sociale invece un ambiente positivo aiuta i soggetti a relazionarsi, ad interagire salvandoli dall'alienazione.

In questa direzione si sono mossi gli studiosi della Scuola Ecologica di Chicago che influenzò notevolmente l'organizzazione e la pianificazione della città dove l'ambiente diventa l'elemento focale. Questi studiosi cercano di creare degli spazi vitali nei quali i soggetti possono integrarsi, quindi pongono al centro della loro attenzione i simboli ambientali (giardini, piazze, parchi, etc.) che permettono alla società di trasformarsi in comunità vitale.

Un altro esempio del genere ma antecedente è quello delle Company Towns e delle Garden Cities inglesi. Lo sviluppo industriale fece nascere l'esigenza di costruire degli insediamenti per i lavoratori. Si pose allora il problema degli alloggi e nacquero così le utopie urbanistiche. I pianificatori urbani proposero due modelli di città che avevano come riferimento in primo luogo l'ambiente, ma che guardavano pure alla priorità dell'uomo e al suo rapporto con la natura. Le Company Towns erano progettate secondo il principio della solidarietà e proponevano degli insediamenti che permettevano l'interazione sociale. Le case erano quindi legate le une alle altre ed erano previsti numerosi luoghi di ritrovo. Le Garden Cities invece prevedevano un recupero psicofisico dei soggetti grazie al contatto con il verde. Venivano progettate dunque delle residenze monofamiliari circondate ciascuna da un giardino.

Tali esempi non fanno altro che riaffermare i condizionamenti degli ambienti costruiti sulla strutturazione del comportamento sociale e di conseguenza la grande importanza della pianificazione ambientale, anche in relazione alla nuova concezione dell'ambiente come valore, come bene da mantenere. L'epoca contemporanea segna l'inizio di un diverso atteggiamento nei confronti della natura che vede un nuovo modo di intervento dell'uomo sul pianeta caratterizzato dal rispetto dei beni ambientali. L'uomo cerca di soddisfare i suoi bisogni addolcendo il proprio impatto sull'ambiente in modo da conservarlo.

Si tratta di una tendenza culturale che si fonda sulla consapevolezza di un nuovo sviluppo fondato sulla qualità e non più sulla crescita. Il pensiero della conservazione [1] sostituisce ad una visione antropocentrica del rapporto uomo-natura, una visione equicentrica in cui l'uomo è parte di un ciclo vitale, di un ecosistema.



LA PIANIFICAZIONE ED URBANIZZAZIONE DELL'AMBIENTE: CAMPO D'ATTIVITÀ


La pianificazione o progettazione ambientale comprende le attività dirette all'ideazione di ambienti fisici capaci di rispondere ai bisogni umani prestando notevole attenzione al ruolo dei fattori naturali quali l'aria, l'acqua, il clima, la flora, la fauna, etc.. Il suo campo d'attività va dal singolo vano di una casa, alle aree verdi urbane fino al territorio extraurbano.

Per ciò che riguarda le abitazioni si indaga sulle influenze degli edifici e degli ambienti interni sul comportamento sociale, ma si indaga pure sul perché determinate strutture sociali producono uno specifico modello fisico-abitativo. Nell'ideazione delle abitazioni si tiene conto dell'ambiente naturale cercando di integrare con il paesaggio sia l'esterno che gli interni degli edifici.

La crescita del benessere ha trasformato gli standards abitativi. Tra i nuovi bisogni emersi si è manifestata una nuova attenzione alla qualità dell'habitat esterno ed in particolare alla qualità sociale degli abitanti, agli spazi verdi ed alla dotazione di infrastrutture.

Questo processo investe anche la città nel suo insieme, infatti si cercano di garantire migliori progettazioni urbanistiche ed edilizie che non si sovrappongano all'ambiente travolgendolo, ma che si integrino al suo interno. Inoltre dall'urbanizzazione incontrollata e selvaggia si passa ad una nozione dell'urbanistica come conservazione o recupero ambientale. Il recupero dell'ambiente é costruzione dell'ambiente stesso, non riproduzione. Le città non nascono originariamente dalla mente fervida di un creatore esterno, ma nascono dal tessuto dei rapporti interpersonali sedimentati nel tempo ed é per questo che si cerca di conservarne i centri storici.

Oltre che alla salvaguardia delle costruzioni e dei monumenti dell'antichità e al rispetto dell'ambiente nelle costruzioni moderne, sia gli enti pubblici che i cittadini dimostrano notevole interesse nei confronti della tutela del verde pubblico urbano ed extraurbano. In effetti la presenza, la distribuzione e l'uso del verde pubblico sono variabili dalle quali gli enti pubblici possono attingere notizie e spunti per la progettazione e dalle quali si può valutare l'intensità delle aspirazioni e dei bisogni dei cittadini.

A differenza del paesaggio naturale il verde urbano é costituito da aree non strettamente produttive ma connesse ad attività caratteristiche della società urbana come l'uso del leisure time, del tempo libero. Inoltre queste aree vengono progettate con metodi che si avvalgono di approfondite conoscenze botaniche, geografiche e climatiche che possono essere racchiuse sotto il nome di "landscape architecture".

Per ciò che riguarda il territorio extraurbano dal dopoguerra in poi, ed in particolare tra gli anni '60 e '70, si é affermato un concetto  di territorio inteso come spazio urbanizzabile, nel senso che esso é stato acquisito, sotto il profilo culturale e normativo, oltre che economico, come un insieme delle risorse delle città. Un riscontro visibile é stato dato dalle dinamiche relative alla domanda-offerta turistica. Gli individui hanno avuto la possibilità di accedere alle risorse naturali in quanto cittadini, ricreando più o meno la situazione alla quale erano abituati e quindi costruendo nuovi insediamenti abitativi la cui fruibilità é periodica.

Dopo gli anni '70 invece questo processo rischi di non essere più controllato, di conseguenza nasce l'esigenza di adottare scelte pianificatorie a livello istituzionale e normativo che non siano fondate solo sulla costruzione di seconde case e di grandi insediamenti turistici.

Si diffonde la consapevolezza che l'accesso alle risorse ambientali debba essere fondato sulla loro salvaguardia. Sono infatti sempre più numerosi  gli individui che traggono maggiore soddisfazione dal carattere di unicità dei beni ambientali. Questa considerazione fa intravedere la possibilità di incrementare il settore turistico proprio per l'unicità delle qualità ambientali. Ciò implica l'abbandono dell'idea del turismo basata sulle costruzioni e sul modello urbano-industriale e l'avvio alla pianificazione di interventi volti alla riqualificazione territoriale e alla valorizzazione dell'esistente.







PIANIFICAZIONE DELLE RISORSE AMBIENTALI - UN APPROFONDIMENTO SUL TEMA DEL TURISMO E SULLE POLITICHE DEI PARCHI


Tutto ciò che attiene alle politiche pianificatorie in materia di territorio ha riguardato direttamente, ma sempre non in modo specifico, anche i settori turistici.

Da questo punto di vista é possibile distinguere, nell'ultimo trentennio, due periodi cruciali: il primo (dal '60 al '70) caratterizzato dall'abnorme crescita del patrimonio edilizio, in particolare di quello delle seconde case e delle strutture alberghiere, ed il secondo (dopo il '70) nel quale si incominciano ad intravedere diverse forme d'attenzione verso il patrimonio naturale e culturale.

In quest'ultimo periodo, dunque, é emersa la possibilità di incrementare il settore turistico progettando interventi atti a garantire la sua fruizione all'insegna dalla tutela ambientale. Si va delineando un mutamento nei comportamenti dell'uomo verso il suo habitat che comprende sia i comportamenti abituali della quotidianità che quelli eccezionali del tempo libero. In questa direzione vanno le esigenze di controllo del territorio, le proposte di risanamento e di conservazione delle aree di interesse naturalistico e le nuove forme di attenzione culturale nei confronti di itinerari turistici che non si basino sul consumo del territorio.

L'idea di riqualificare a fini turistici il patrimonio architetturale e culturale é ormai diffusa e riguarda numerose città italiane. Anche attraverso l'input degli enti locali il turismo sta diventando per molti una possibilità di riscoprire sé stessi e il mondo d'appartenenza oltre che un tentativo di ristabilire un rapporto armonioso con l'ambiente.

Le forme di riqualificazione della città sono collegate anche alla valorizzazione del territorio e, più in generale, alle esigenze di salvaguardia ambientale. Si possono infatti contare numerosi interventi normativi in materia di tutela del patrimonio naturalistico, finalizzati alla creazione di parchi e riserve naturali il cui accesso viene sottoposto a regolamentazione. Le modalità in cui si esplicano le attenzioni verso il territorio sono strettamente intrecciate al sistema giuridico ed alle norme pianificatorie adottate.

Il nesso esistente tra pianificazione urbana ed istituzione di parchi naturali può essere analizzato attraverso lo studio della normativa in materia di parchi. In effetti é possibile cogliere le prospettive di intervento verso la fruizione turistica all'insegna della salvaguardia ambientale, a partire dalle aree a cui si riconosce il valore di unicità ambientale.

In Italia la prima disposizione legislativa che prevede la salvaguardia dei beni ambientali, tra i quali i parchi, é la legge n° 1497/1939. Al primo comma dell'art. 1 viene presentato un elenco di beni da tutelare. Il concetto di bene ambientale é molto vasto e comprende anche "ville, giardini e parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza". L'intento della legge é quello di fornire una tutela di carattere generale che prescinde dalla necessità di emanare, di volta in volta, una norma per l'individuazione del bene meritevole di tutela. Questa é infatti affidata ad una Commissione, formata dai rappresentanti locali e dall'Ente Provinciale del Turismo ai quali si aggiunsero le Regioni in seguito alla loro istituzione.

Il dettato della legge permette alcune riflessioni sul concetto di parco:

- la "non comune bellezza" e quindi il valore estetico diviene la discriminante per la protezione di determinate aree

- oggi non é socialmente e normativamente riconosciuta un'idea di parco che escluda totalmente la presenza umana, anzi si discute sulle modalità di tale presenza.

- per capire la crescente domanda dell'istituzione di parchi oltre che il valore estetico si deve prendere in considerazione anche il processo di degrado che sta investendo il territorio.

Bisogna precisare che i primi interventi legislativi si riferivano alle tipologie di parchi urbani. Il regolamento attuativo della legge (R.D. giugno 1940, n° 1357) esplicita tale concetto con una norma per cui "a conferire non comune bellezza alle ville, ai giardini e ai parchi concorrono sia il carattere e l'importanza della flora, sia l'ambiente, soprattutto se essi si trovino entro il perimetri di una città e vi costituiscano una attraente zona verde". L'esame ato della legge e del regolamento rivela infatti come la tutela dei parchi e degli immobili di interesse storico é pensato come un elemento di politica urbanistica. In effetti nell'esperienza italiana le politiche di pianificazione non separano i beni ambientali da quelli culturali, anzi i primi vengono assorbiti dai secondi e nonostante i piani paesistici territoriali siano previsti dalla legge 1497, essi vengono considerati come provvedimenti precettivi, infatti viene concessa agli interessati, che hanno diritti sui beni oggetto di tutela, la possibilità di presentare ricorso sui piani medesimi.

Tale riferimento agli interventi legislativi dimostra come la materia dei parchi sia stata compresa per molti decenni all'interno di quella urbanistica.

Nella seconda metà degli anni '70 invece la sentenza n° 175 del 12 luglio 1976 della Corte Costituzionale differenzia gli interessi relativi all'urbanistica, che hanno carattere prevalentemente locale, da quelli relativi ai parchi, la cui creazione e il relativo mantenimento attengono alla salvaguardia del paesaggio.

La legge 431/86 infine, con le sue innovazioni sulla tutela ambientale, affranca la concezione del paesaggio da tutelare da criteri estetici per appoggiarsi ad elementi sia naturali che storici. Inoltre allarga l'azione di tutela a tutto il territorio inserendo, per la definizione dei suoi criteri, l'uso obbligatorio della pianificazione.



IL MEZZOGIORNO E LE NUOVE TENDENZE DI PIANIFICAZIONE


Il territorio, in qualunque forma si presenti, è spazio della cultura umana: le sue parti non sono vergini ma elementi che rientrano nella pianificazione e che vengono previsti, valorizzati ed inseriti in un progetto di fruizione.

L'urbanistica ha il compito di individuare l'area da proteggere e da rinaturalizzare all'interno di un piano fondato sulla cultura urbana. Necessita quindi l'interpretazione di una nuova forma di urbanità basata sulla progettazione e ricostruzione della natura per riconquistarla culturalmente e ricondurla al piano.

Il risanamento ambientale richiede dunque un'idea forte di piano, un rafforzamento delle capacità di pianificazione ed intervento da parte degli amministratori soprattutto in aree come quelle del Mezzogiorno. Qui si assiste da decenni alla crescita dell'abusivismo e di attività pianificatorie compiacenti all'edilizia selvaggia.

Negli ultimi anni però gli operatori sociali, gli amministratori e gli urbanisti meridionali si stanno incamminando verso la riqualificazione e, cioè, da un modo di costruire caotico e in crescita illimitata, si cerca di passare ad un modo d'intervento fondato sul recupero della bellezza e sul contenimento delle future espansioni visto che fino a poco tempo fa le città del Mezzogiorno sono state scempiate da politiche edilizie urbane fondate sulla politica dissipatoria della risorsa spazio. Il consumo di aree, slegato sia dagli andamenti demografici che dalla domanda di mercato, ha causato lo spreco di alloggi vuoti e la distruzione del verde. Questo è il risultato di un modo di intendere la città meridionale fondato su piani urbanistici che prevedevano enormi espansioni e su processi di edificazione autonomi dai piani ed incontrollati.

Tutto ciò non ha causato altro che lo scadimento delle condizioni del vivere urbano a livelli allarmanti. Il sistema dei servizi sociali è collassato con l'esplosione delle nuove urbanizzazioni, fomentando così l'impressione di un cancro di cemento radicato tanto profondamente da precludere anche la possibilità di piccoli vuoti da cui ripartire per una riqualificazione. Un esempio è dato dalle classifiche sulla qualità della vita nelle province italiane del "Sole 24 Ore", costruite attraverso sei classifiche parziali che riguardano: il tenore di vita, gli affari e il lavoro, i servizi e l'ambiente, la criminalità e l'ordine pubblico, la situazione demografica e l'uso del tempo libero. Gli ultimi posti sono da sempre occupati da province meridionali e anche quest'anno i risultati hanno confermato l'andamento delle precedenti graduatorie. Fanalino di coda è Palermo, preceduto da Catania al quartultimo posto mentre, tra le altre province siciliane, la migliore posizione è detenuta da Ragusa solo settantesima[2]. Anche se è possibile criticare l'incompletezza degli indicatori risulta evidente che a determinare lo scadimento della qualità della vita siano il caos urbano e il degrado ambientale uniti alla marginalità economica. Nonostante tutto gli amministratori stanno cercando, seppure faticosamente, una identità, recuperando la bellezza delle città in un'operazione di rinnovamento culturale e non solo di make-up.

La situazione però è ancora in via di definizione, tuttavia, nel complesso, si operano nuove mediazioni di interessi. I tentativi nuovi di governare il territorio, facendo attenzione ai processi di riqualificazione, sono destinati a produrre almeno parziali mutamenti.



IL RUOLO DEL SOCIOLOGO NELLA PROGETTAZIONE AMBIENTALE


Al sociologo spesso si chiede di contribuire alle varie iniziative culturali in tema di progettazione ambientale, ma in Italia la sociologia non è ancora riuscita ad inserirsi pienamente nei processi e nelle istituzioni della pianificazione stessa.

La sociologia, come scienza ausiliaria alla pianificazione urbana e territoriale, ha avuto nel nostro Paese un avvio promettente, in quanto si pensava che essa potesse contribuire alla razionalizzazione del mutamento sociale anche dal punto di vista dello sviluppo territoriale. Tale avvio però è stato stroncato da due fenomeni concomitanti. In primo luogo il sessantotto trasformò la sociologia in teoria della rivoluzione, per cui durante gli anni settanta i sociologi sono diventati simbolo dell'eversione e spesso anche del terrorismo. Secondariamente, negli anni successivi, è venuto a mancare l'ottimismo nella pianificazione onnicomprensiva che viene vista come un'utopia, per cui viene ad affermarsi una programmazione per settori, aree e progetti, una vera e propria "ecologia dei giochi" fra gruppi di interesse.

La pianificazione è ritornata in mano ai tecnici (ingegneri, architetti ed economisti) garanti di serietà e concretezza e non turbatori dell'ordine sociale. Comunque si fanno ancora ricerche sociologiche commissionate da enti pubblici o, raramente, da privati, in vista di interventi sul territorio, ma queste possono essere classificate in due grandi categorie: quelle burocratiche, richieste dalle norme che regolano la produzione dei piani, e quelle occasionali[3].

La progettazione, però, è un processo socioculturale per cui, in ogni sua fase, è utile il contributo dei sociologi che sono gli specialisti dell'interpretazione sociale, dei gruppi, degli atteggiamenti e dei valori della comunità. Laddove la progettazione è partecipata, nel senso che le popolazioni su cui il progetto va ad insistere sono prese in considerazione dai committenti e dai tecnici, il sociologo trova il suo campo d'azione. Un esempio è quello del VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale) progetto nato per dare una risposta alla domanda di informazioni sui cambiamenti progettati sul territorio da parte dei cittadini, oltre che alla loro richiesta di una diretta partecipazione ai processi decisionali. Il VIA sembrava aprire una strada alla collaborazione tra sociologia e progettazione ambientale e quindi ad un recupero del ruolo professionale del sociologo in quanto ad esso si richiedeva una pluralità di interventi, da quello più specialistico, a quello di costituire un intermediario tra i tecnici coinvolti nel processo di valutazione, i decisori politici e la popolazione interessata. Quindi nelle versioni originarie della procedura di VIA si dovevano analizzare anche gli impatti del progetto sull'ambiente sociale e culturale[4], ma nelle versioni successive si è riscontrata una tendenza alla riduzione degli aspetti psico-culturali dovuta alla prevalenza di approcci di carattere economicistico o tecnicistico. Per cui le indagini svolte dalla ricerca sociologica spesso sono state semplicemente "acquisite" dai tecnici o peggio usate come giustificazione di decisioni già prese (soprattutto per ciò che riguarda le ricerche cosmetiche ). Visto dunque l'impossibilità di attuare una seria ricerca sociologica per la progettazione ambientale, alcuni sociologi avanzano la possibilità di attuare almeno alcuni concreti esperimenti e progetti in proposito.



BIBLIOGRAFIA


Hewstone, Stroebe, 1998, "Introduzione alla psicologia sociale", Il Mulino, Bologna

Palumbo M., 1993, "Analisi sociologica e VIA", in Stroppa C. (a cura di)

SOCIOLOGIA URBANA E RURALE n°50, 1996 - Franco Angeli, Milano

Strassoldo R., 1993, "Progettazione ambientale e ricerca sociologica", in Stroppa C. (a cura di)

Stroppa C., 1993, "Territorio, ambiente, nuovi bisogni sociali" - Liguori, Napoli



Max Nicholson ha individuato questa nuova forma di pensiero basata sul rispetto dell'ambiente che costituisce la più recente filosofia sul rapporto uomo-ambiente.


"Il Sole 24 Ore", 28 dicembre 1998.

Strassoldo R., "Progettazione ambientale" in Stroppa (a cura di), 1993, la sua classificazione delle ricerche occasionali include una distinzione a seconda delle loro funzioni principali in "cosmetiche" e di relazioni pubbliche, mecenatesche-clientelari ed operative. Ovviamente questi tipi hanno larghe zone di sovrapposizione ed inclusione.

Il cosiddetto VIS, Valutazione d'Impatto Sociale, o SIA, Social Impact Assessment.

Vedi op. cit. alla nota 3.




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