storia dell arte |
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ANDREA MANTEGNA: LA CAPPELLA OVETARI, PADOVA
1 IL RINASCIMENTO e L'UMANESIMO
Essendo i temi trattati in questa ricerca risalenti al periodo Rinascimentale, iniziamo col dire che cos'è il Rinascimento e in particolare l'umanesimo.
Il Rinascimento è il primo periodo seguente il Medioevo che dura circa due secoli, dal '400 al '500 circa caratterizzato dall'uso rinnovato della lingua e letteratura latina classica, dal libero rifiorire delle arti, degli studi, della politica, dei costumi nello spirito e nelle forme dell'antichità classica. In particolare il primo periodo di tale epoca viene detto Umanesimo: esso è un movimento culturale contraddistinto dal rifiorire degli studi classici e basato sulla riscoperta di valori umani e storici.
Questa corrente si sviluppa inizialmente in Italia per giungere più tardi in Europa.
Nata a Firenze si diffonde velocemente nell'Italia Settentrionale dove raccoglie intorno a sé numerosi esponenti di tutti i campi della conoscenza, in particolare dell'arte. Uno di questi fu proprio Andrea Mantenga.
2 ANDREA MANTEGNA (Isola di Carturo, Padova, 1431 - Mantova, 1506)
lio del falegname
Biagio, Andrea nasce nel
Mantegna partì per Venezia e vi sposò nel 1454 Nicolosa Bellini, lia di Jacopo, sorella dei pittori Gentile e Giovanni. Andrea portò a termine il lavoro agli Eremitani, con le Storie dei santi Giacomo e Cristoforo , accettando anche quadri su commissione come il Polittico di san Luca (1453-54).
Fra le beghe giudiziarie che si
trascinarono fino al 1457 con lo Squarcione, il giovane artista fu invitato dal
marchese Ludovico III Gonzaga, signore di Mantova (città dove realizzerà la maggior parte della sua
opera), come pittore di corte, e al tempo stesso fu autorizzato a terminare
Appena giunto a
Mantova soddisfa le richieste del marchese riguardanti l'ornamentazione del
Castello di San Giorgio per i cui interni esegue il cosiddetto Trittico degli Uffizi e la pala con
In seguito ad un viaggio che lo toccò profondamente, dipinse Madonna della Vittoria Madonna Trivulzio e nel Trionfo della virtù oggi sparsi per mezza Europa. Frequentemente negli sfondi dei suoi quadri ricorrono le rocce, come nel San Sebastiano o nelle tavole del Trittico degli Uffizi, Ascensione, Adorazione dei Magi e Circoncisione. Alla morte di Ludovico Gonzaga, avvenuta nel 1478, gli successe Federico I sotto la cui protezione l'artista dipinse il Trionfo di Cesare.
Tornato a Mantova su invito di Isabella d'Este, fece il suo ritratto con poco successo.
Alla sua morte, il 13
settembre 1506, sta ancora lavorando il Cristo
morto. Verrà sepolto nel tempio del classicismo mantovano,
Lavorò fino alla fine accogliendo nella sua casa personalità provenienti da ogni dove e tenendo accanto a sé.
PADOVA & MANTEGNA:
AMBIENTAZIONE, INFLUENZE E PECULIARITA' DEL PITTORE
L'Italia settentrionale, fino alla metà del Quattrocento, è terra d'espansione del gotico in quanto l'arte urativa padana è molto più legata alla cultura d'oltralpe. Concorre al rinnovamento umanistico il fiorire degli studi classici padovani: passata definitivamente nel 1405 sotto il dominio di Venezia, Padova infatti non perde la propria autonomia culturale e mantiene anzi il ruolo di centro trainante nell'accoglienza delle novità toscane.
E' qui infatti che, alla metà del secolo, artisti cresciuti alla scuola di Francesco Squarcione fanno propria la lezione impartita da Donatello.
Importanza capitale nella lunga fase di transizione fra Gotico e Rinascimento ha infatti l'officina padovana di tale pittore. Fra i suoi allievi, che egli adotta come li, urano alcuni dei maggiori esponenti del cosiddetto Rinascimento Umbratile o pseudo-rinascimento che, aderendo alla corrente più drammatica e formalmente esasperata dell' Umanesimo fiorentino, ne diffondono poi una versione omogenea in tutta l'area padana.
Altrettanto fondamentale è l'apporto di Andrea Mantegna nell'elaborazione di un particolare tipo di Umanesimo definito archeologico per l'abbondanza di citazioni urative tratte da iscrizioni e monumenti antichi. In piena sintonia con l'orientamento filologico dell'università padovana, Mantegna ritiene infatti che la rinascita dei valori classici non possa prescindere dal recupero materiale delle forme con cui si espressero. Di qui la sua passione per i reperti archeologici rievocati sia in immaginarie ricostruzioni sia in forma di rovine, simbolo di una mitica età perduta. La sua cultura non è soltanto urativa, ma anche storica e filosofica: risente dell'indirizzo storicistico padovano e degli studi su Tito Livio, lo storico per eccellenza. Non per niente l'incontro del Mantegna con Donatello avviene appunto sul terreno della storia approfondendone lo spirito.
La chiesa attuale, come attesterebbe una lapide all'interno, è del 1276 anteriore alla la costituzione dell'ordine degli Eremitani di S Agostino che si fa risalire al 1256.
L'aspetto esterno
è caratterizzato dalla calda tonalità del cotto a vista.
La facciata presenta cinque lesene equidistanti con al centro un bel rosone,
che insieme con i quattro oculi laterali, costituisce motivo di chiaroscuro.
Di grande interesse architettonico il soffitto a carena, opera di Frà
Giovanni degli Eremitani, personaggio assai illustre ai suoi tempi come architetto.
All'interno sono visibili, allineate lungo le pareti, le tombe di personaggi importanti tra cui quelle di alcuni esponenti della famiglia da Carrara.
Sicuramente il "pezzo forte" della chiesa è la cappella degli Ovetari affrescata da Andrea Mantegna.
L'11 Marzo del 1944 un bombardamento colpì questa chiesa, riducendo in briciole gli affreschi della cappella La sua decorazione era stata commissionata nel 1448 da Imperatrice Ovetari, in memoria del marito defunto, ad Andrea Mantegna, Nicolò Pizzolo, Giovanni d'Alemagna e Antonio Vivarini. Il ciclo eseguito tra il 1448 e il 1460 rappresentava le storie dei Santi Giacomo e Cristoforo, considerati il capolavoro giovanile del Mantegna e il punto d'avvio del rinascimento padovano.
Si sono salvate dalla
distruzione solo tre scene, staccate nel corso dell'800. Il resto del ciclo fu
ridotto dalle bombe in minuscoli frammenti, raccolti dai padovani nei giorni
successivi al disastro e riposti in casse, poi inviate all'Istituto Centrale di
Restauro.
Nel 1946 quattro scene (le meno danneggiate) furono ricomposte e ricollocate
nella Cappella Ovetari; il resto dei frammenti fu affidato ai depositi del
Museo Diocesano della città.
Quale unica testimonianza degli affreschi resta una serie d'immagini fotografiche in bianco e nero realizzate nel 1920 dai Fratelli Alinari; non esiste una documentazione a colori di buona qualità dell'intero ciclo.
Solo oggi, grazie al digitale, si sta cercando di ricreare il ciclo di affreschi rovinato. LA CAPPELLA OVETARI
Nel primo gli edifici, veduti dal basso, formano due strette e profonde corsie prospettiche, un porticato classico e una via cittadina: le divide, al centro, il forte risalto di un pilastro, che spinge in avanti quasi fuori dal quadro, la ura in scorcio del centurione. Dunque l'architettura non delimita lo spazio, ma "crea" lo spazio, come le ure; ha forme antiche come le persone hanno costumi antichi; è illuminata dalla stessa luce che illumina le stesse ure; è anch'essa autorità storica.
Se passiamo alla scena del Martirio, che ha un vasto fondo di paesaggio, notiamo che esso non ha nulla di naturale: è un agglomerato di ruderi, di castelli, di strade, di campi coltivati. E' dunque un paesaggio fatto dagli uomini. Per il Mantegna anche la natura è storia; ma la storia giunge fino a noi, ci comprende e ci oltrepassa.
Non c'è distacco temporale: la storia è il raccordo rigido, terribilmente logico tra passato e presente. Il Mantegna porta alle ultime conseguenze la concezione donatelliana della storia come dramma; ma il dramma non è la, nel passato, è qui, ora. E' la conseguenza logica del passato; e proprio perché la storia è logica, non è turbinosa come per Donatello. E' la causa di tutto
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