Arte: Leni
Riefenstahl
"Secondo me, scrivere e comunicare significa essere
capace di far credere qualunque cosa a chicchessia."
"A mon
sense, écrire et communiquer, c'est etre capable de faire croire n'importe quoi
à n'importe qui"
(J. M. Le Clézio, "Le
proces verbal")
Vita:
Leni Riefenstahl, il
cui vero nome era Melena Bertha Amalie Riefenstahl, nacque a Berlino il 22
agosto 1902.
La sua vita è
costantemente dedicata all'arte: inizia la carriera di ballerina, ma è
costretta ad abbandonarla per una lesione al menisco; diventa così
attrice, ma presto capisce di essere molto più brava dietro la cinepresa
di quanto non lo sia davanti, e per questo motivo, unito all'amore per il
cinema, passa alla regia.
L'11 marzo 1933 viene
costituito il Ministero per la
Cultura e la
Proanda e Goebbels organizza la "camera cinematografica
per un'azione che utilizzi forme espressive artisticamente assolute, a favore
del regime che pian piano stava nascendo. L'incarico viene affidato proprio a
Leni, che si trova a dover realizzare un film sul Congresso di
Norimberga(1933): la pellicola deve parlare del partito nazionalsocialista e il
titolo, scelto personalmente da Hitler, è "Il trionfo della
volontà". Da questo momento inizia la stretta collaborazione con il
partito. Il Terzo Reich poi le offre tutti i mezzi materiali e tecnici per
filmare quello che diventerà il suo capolavoro, "Olympia", un
documentario molto dettagliato sulle olimpiadi di Berlino del 1936. Il suo film
successivo, "Bassopiano", è invece ambientato in Sna: girato nel
1940, è interrotto dallo scoppio della guerra; Leni fu successivamente
accusata, dopo l'uscita del film(1954) di aver utilizzato se Rom e Sinti,
prelevati temporaneamente dai campi di concentramento.
Nel Dopoguerra la sua
vita è stata molto dura: imprigionata insieme ad altri ufficiali delle
SS, di cui uno che era diventato in precedenza suo marito, ogni tribunale l'ha
successivamente assolta, credendo alle sue professioni di inconsapevole e
totale dedizione al cinema. Viene però bandita dall'industria
cinematografica tedesca, e così comincia a viaggiare molto e a dedicarsi
alla fotografia. Alla soglia degli ottanta anni, inizia la scoperta del mondo
sottomarino e si dedica alle immersioni subacquee.
Alla veneranda
età di 101 anni, e dopo una vita rivolta all'arte, Leni si è
spenta i 9 settembre 2003.
Rapporto con il Partito e con il Fuhrer:
Hitler conosceva la
potenza dei mezzi di comunicazione, e fu il primo a promuovere l'ampia
diffusione delle radio nelle case, come pure la massiccia produzione di film e
documentari; proprio per questo motivo, la Riefenstahl è
diventata la miglior regista del partito. Leni non è mai stata iscritta
al partito, e ha sempre negato un'adesione alle ideologie del regime, ma nello
stesso tempo non ha mai rinnegato ufficialmente il proprio passato. Hitler la
affascinava, quindi, non tanto per la sua politica, quanto per la forza di
volontà che sembrava emanare e per il carattere teatrale e monumentale
delle sue manifestazioni che spesso avevano l'aspetto di giganteschi spettacoli
quasi surreali; d'altra parte, al Fuhrer piacevano i film della Riefenstahl,
pieni di misticismo, eroismo e culto di bellezza: egli capiva che la
suggestione che la regista sapeva evocare poteva essere utile per entusiasmare non solo i tedeschi, ma anche
chi frequentava i cinema in Francia, Inghilterra e in altri Paesi. Durante il
nazismo, perciò, Leni divenne fedele interprete massima dei principi di
estetizzazione della politica cari al nuovo regime, e, anche se non girò
mai pellicole antisemite, non ebbe problemi a tradurre in arte la
rappresentazione di sé che i nazisti volevano darsi. Filmare ciò che il
partito voleva l'aveva portata al successo, ed è davvero difficile
credere che non sapesse e non capisse proprio niente di quello che stava
succedendo nella Germania dell'epoca. Inoltre il fatto che molti artisti del
cinema sparivano dalla scena non poteva sfuggirle. Ma il successo è una
pillola avvelenata e riesce a paralizzare anche persone come la Riefenstahl: in fondo,
nel 1933, Hitler l'aveva scritturata come sua documentarista ufficiale. Il
primo vero documentario è "Il trionfo della volontà"("Der triumph
des willens"), in cui una normale manifestazione politica annuale diviene
grandioso spettacolo d'evento straordinario, l'esaltazione del Fuhrer e del
Nazismo, la rappresentazione magniloquente ed esteticamente affascinante, fra i
discorsi esaltati ed esaltanti di Hitler, della potenza di un'ideologia che
fece della politica un'estetica. Il trionfo della fede e della bellezza,
consacrarono Leni regina del regime, sotto la protezione di Hitler e contro il
potente ministro della Proanda J. Goebbels. Le scene politiche sono montate
in modo originale con spezzoni di vita popolare tedesca, a dimostrare la solidarietà
della Germania attorno al suo capo; valorizzò e moltiplicò le
coreografie delle manifestazioni di massa.
Leni fu arrestata nel 1945 quale artista di
regime, fu interrogata dallo sceneggiatore Budd Schulberg in qualità di
ufficiale dell'esercito USA, fu giudicata in più processi ingiusti per
attività filonaziste, basati su dati di fatto come l'aver subito il
fascino del Nazismo e aver contribuito a esaltarne la proandistica potenza,
e rilasciata, dopo quattro anni di carcere e alcuni di denazificazione, nel
1952 perché la sua attività di cineasta durante il Terzo Reich non
comportava alcun crimine di guerra. La regista era una specie di della Germania
all'estero, doveva dimostrare che non tutti gli uomini e le donne della cultura
tedesca erano emigrati all'estero.
Il cinema insomma ha
il potere delle immagini, un potere che né la musica, né la letteratura, la
pittura o la scultura, e forse nemmeno i politici possono esercitare. Il
linguaggio delle potenti e affascinanti immagini della Riefenstahl era compreso
anche dove non si conosceva la lingua tedesca, e i suoi film, nel dopoguerra,
facevano paura perché rievocavano il losco fascino del Nazismo del quale troppi
erano rimasti vittima.
"Olympia", il capolavoro:
Documentario girato durante la celebrazione
delle olimpiadi di Berlino del 1936,
in piena ascesa nazista, dove filmò tutte le
gare. Il film, divenuto poi un kolossal del cinema mondiale, fu presentato due
anni dopo, tempo necessario per montare tutte le scene, ed è diviso in
due parti, per una durata complessiva di circa quattro ore: "La festa dei
popoli" e "La festa della bellezza". Il lungometraggio affascinò
enormemente il pubblico perché esaltava in modo spettacolare e colossale il
mito della superiorità della razza Ariana, attraverso le parate degli
atletici e giovani tedeschi, le fiaccole, le aquile e le svastiche al vento.
Leni aveva raggiunto l'obiettivo di estetizzare il nazismo ponendo l'accento
sulla perfezione dei corpi in movimento, le gare, le adunate, e lo stile del
discobolo nudo. Un prologo nell'atroce gusto neoclassico del regime fa gravare
su tutto il film i motivi della supremazia e del presunto retaggio culturale
della razza Ariana. L'apoteosi luminosa finale, ovvero i riflettori dello
stadio di Berlino puntati a corona verso il cielo, sancisce la sublimazione
mistica dell'evento. Tutto emana potenza: la celebrazione enfatica dei corpi,
l'amplificazione delle coreografie, l'insistenza nelle suggestioni più
retoriche come le sequenze dei tuffi.
"Olympia" non fu solo un resoconto dei giochi
olimpici, ma monumento cinematografico allo sport, allo sforzo dell'atleta,
alla bellezza del corpo umano, alla religione laica della superiorità
dell'uomo sulle stesse leggi naturali che, nate nell'antichità, il
Nazismo aveva riscoperto nella sua magnificenza ed esaltato. Prodotto con
l'appoggio ufficiale del governo nazista, il film fu realizzato dalla
Riefenstahl con l'aiuto di operatori su dirigibili e dentro le piscine: il
sistema di comunicazione visivo non aveva segreti per lei, che dichiarava
d'essere neutrale ma manovrava l'inconscio con luci e suoni; il documentario
ora aveva guadagnato il fascino della seduzione segreta. Il filmato ebbe
un'approvazione mondiale(vinse la Coppa
Mussolini Leone d'oro alla Mostra di Venezia del 1938 e altri
premi), ma il governo non accettò di buon grado un particolare: Goebbels
la fece cadere in disgrazia quando osò mostrare la vittoria dell'atleta
di colore Jessie Owens, il velocista afroamericano che fece irritare Hitler con
i suoi trionfi e che, però, aveva un ruolo importante nel film perché
eroe indiscusso dei giochi olimpici; ma Owens aveva un bel corpo atletico che
Leni considerava degno di essere messo in luce.
"Olympia" è
perciò una riscoperta del potere mitologico dell'antica Grecia, un approccio
storico-politico in cui s'inserisce quello sulla supposta superiorità
della razza Ariana.