storia dell arte |
Landon descrive l'istante preciso nel quale Dedalo affida suo lio Icaro al "benvolere degli Dei e dei venti".
L'artista, anziché concentrarsi sul dramma o sulla caduta di Icaro, pone l'accento sui protagonisti, che definisce con un segno degno della migliore imitazione dell'arte alessandrina.
Icaro colpisce la nostra attenzione per la candidezza della sua pelle quasi infantile e per l'acconciatura con la quale ha raccolto i capelli. Il fisico non è possente ma assomiglia piuttosto a quello di un putto angelico cresciuto.
La scelta di non investigare nell'animo di Icaro è osservata nell'ombra che cade sul volto del giovane, mentre Dedalo lo lascia andare, preoccupato ma anche speranzoso.
L'eccessiva muscolatura che lo caratterizza è tutta tesa e indirizzata nello sforzo di abbandonare il lio ai venti, uno sforzo fisico sì ma caricato anche per metafora di un grande peso morale: ecco dunque un accenno molto sottile alla tragedia che la caduta porterà a triste compimento.
Questo quadro è una rara testimonianza della carriera pitturale volontariamente ristretta di Landon.
Charles Paul Landon (Nonant 1760 - Paris 1826) fu oltre che pittore, soprattutto scrittore d'arte.
Entrò nello studio di Jean-Baptiste Regnault, dove strinse un'amicizia che durò per tutta la vita con Robert Lefèvre, e grazie ad esso nel 1792 l'Académie si sobbarcò le spese per un suo viaggio a Roma. Al suo ritorno dall'Italia fu accolto dal clima confuso della rivoluzione francese, nel quale il mecenatismo trovava poco spazio. Da qui la sua decisione di abbandonare l'arte pittorica per iniziare a scrivere, sebbene il suo amore per la pittura non tramontò mai, ne sono testimonianza le mostre che tenne nel 1795 ed altre nei primi anni dell'Ottocento.
La sua fama è dovuta principalmente a questi suoi scritti di arte. Ha pubblicato durante la sua vita un centinaio di volumi. Collaborò al "Journal des arts, des sciences et de la littérature" che ebbe grande eco nei salotti dell'epoca, fu anche co-proprietario della "Gazette de France". Lavorò anche al museo del Louvre come restauratore di dipinti.
La sua più grande opera, in continua rielaborazione, furono gli "Annales du musée et de l'école moderne des beaux-arts" uscito tra il 1808 e il 1835 composto infine di 33 volumi. Si tratta di una ricerca esaustiva sull'arte e gli artisti europei precedenti al XIX secolo. Tuttavia quest'opera immensa non è stata esente da critiche per contenere molte pecche biografiche e lacune per ciò che riguarda la struttura critica.
Molti altri scritti di Landon sono ancora in stampa, ma gran parte dei critici ignora il suo immane lavoro.
La morte lo colse nel 1826 a Parigi, la città che aveva sempre amato, e che non aveva dimenticato di analizzare in un'altra, immensa, opera.
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