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storia dell arte |
Diego Velazquez
Diego Velazquez
In Sna, il periodo che
va dal 1560 al 1660 sara` definito come "el siglo de oro": cent'anni di
straordinaria prosperita` economica e fioritura artistica. In questo contesto,
Siviglia e` tra i centri piu` attivi. E` appunto nella citta` andalusa che il
166 giugno 1599, nella chiesa di San Pedro, viene battezzato Diego, lio di
Joao Rodriguez de Sylva e di Jeronima Velazquez.
Nel 1610 l'hidalgo Joao Rodriguez
de Sylva sceglie Fracisco Pacheco quale maestro d'arte per il lio. Le sue intenzioni
dovevano contemplare esiti espressivi diversi. Infatti presso la bottega di
Pacheco si riunivano gli spiriti piu` eletti. L'insegnamento che vi si
praticava era nel gusto manieristico e Raffaello ne era una sorta di nume
tutelare.
E` lo stesso Pacheco a dare
memoria del fatto che Velazquez aveva subito scelto di disegnare dal vero,
infatti, "All'epoca in cui era fanciullo, aveva, al suo servizio un
contadinello apprendista che gli faceva da modello in diverse azioni e pose,
sia piangendo, che ridendo, e [Diego] non si sottraeva a alcuna difficolta`. AD
questi derivo` molte teste condotte col carboncino, a rielievo, su carta
azzurra, nonche` altre molto naturali, con le quali acquisi` maggiore
padronanza nel ritrarre."
E` quindi o stesso Pacheco a
conferire a Diego dopo l'esame di rito, la licenza di pittore richiesta dalla
corporazione artistica sivigliana. A 17 anni e 9 mesi Velazquez puo' avviare
una propria bottega, assumere aiuti e assolvere commissioni in qualsiasi parte.
Un anno dopo, nel 1618, che e` anche l'anno del suo matrimonio con la lia di
Pacheco, Diego esegue uno dei suoi dipinti piu` pregni di atmosfera, il citato
dipinto con la Vecchia che frigge le uova.
In questo quadro il pittore mostra di saper declinare il vero in forme di assoluto
rigore tecnico - visivo. L'azione e` sospesa: il ragazzo guarda verso il
fruitore ed e` bloccato mentre, reggendo un melone, porge una caraffa di vino
rosso alla donna (che guarda fuori campo), a sua volta fermata nell'atto di
tenere sollevato il mestolo sulla pentola di terracotta in cui sfrigolano le
uova. Solo un evento straordinario puo' avere un simile effetto su personaggi
dediti a gesti quotidiani. Quindi l'idea e` che la donna sia Marta che apprende
da un'invisibile Maddalena la notizia che Gesu` e` presso di loro. Espedienti
ottici, forme riflesse negli specchi, ricordi della pittura fiamminga e del
Caravaggio valgono a costruire scene dal provocatorio realismo.
Il 31 marzo del 1621 muore Filippo
III d'Asburgo, re di Sna. Gli succede il lio sedicenne, Filippo IV. Diego
ne esegue un ritratto nel 1622 - 1623, quando il modello deve avere circa
quarant'anni. Successivamente, nel 1622 compie il primo viaggio a Madrid;
ufficialmente per vedere l'Escorial e le relative raccolte d'arte, ma, piu`
attendibilmente, per sondare le possibilita` di un inserimento nell'ambito
artistico della corte. In ogni caso, lo scaltro Pacheco ha dato a Diego
l'incarico di eseguire un Ritratto di Luis de
Gongora y Argote, il poeta che aveva a corte di cappellano d'onore
di Filippo III. Il dipinto mostra ai raggi X una corona d'alloro poi eliminata
dall'artista, che volle cosi` marcare una minore idealizzazione del
personaggio. Quello del grande letterario andaluso e` il primo ritratto
ufficiale condotto da Velazsquez.
L'incontro con il re avvenne un
anno dopo, quando la diplomazia di Pacheco fa in modo che per mezzo del nobile
Juan de Fonseca, il conte Olivares convochi Diego a Madrid, dove si reca
nell'agosto del 1623. Qui esegue un ritratto dell'ospite, identificabile con il
cosiddetto Ritratto di Cavaliere.
Il re, visto il quadro, mostra di
apprezzarne le grandi qualita` artistiche; da io` l'immediata commissione di un
quadro del "cardenal infante", subito
sostituita con quella di un ritratto dello stesso re. Anche in questo caso la
ura, tagliata all'altezza del petto, s'impone attraverso la giustapposizione
di due campi contrastanti di chiaro e scuro. Tuttavia il risultato espressivo
travalica le esperienze precedenti: Filippo IV assume l'aspetto cristallino,
l'aria ieratica, distaccata e impassibile di un essere superiore: re per volere
divino e quindi, semidio a tutti gli effetti. Lo sfondo dietro la ura e`
grigio e ambra, ma un pulviscolo dorato sembra aleggiare attorno al capo, che
pare uscire come un grande fiore da una "golilla" tirata d'amido. Gli stessi
occhi del monarca, velati di malinconia eppure impenetrabili, sono sottolineati
dalle ciglia, mentre le sopracciglia si fondono con l'incarnato che risulta
intriso di luce. Nella zona inferiore, al fine di esaltare il volto, la massa
del corpo, pressoche` in controluce, rivestita solennemente di seta nera, e`
vivacizzata da rialzi luminosi blu - violetti che rimarcano i bottoni, la
fascia bondoliera, le passamanerie, mentre al centro, sul petto, si hanno i
bagliori violacei di una spilla, unico gioiello rappresentato. L'aspetto
strettamente ritrattistico sembra essersi evoluto in relazione al rispetto per
il rango del modello.
Dal 17 marzo al 9 settembre 1623
si registra, a Madrid, la presenza del principe del galles. Filippo IV, oltre
alle feste e alle cacce organizzate in onore dell'ospite, deve aver avuto modo
di mostrare la bravura del suo pittore di corte, che infatti fu invitato ad
eseguire l'abbozzo per un Ritratto del Principe di Galles.
Il nuovo ruolo assunto da
Velazquez, comunque, non doveva essere vincolante nei confronti di eventuali
commissioni provenienti dalla nobilita`, come testimoniano il dipinto che fece
per la dona Antonia Ipenarrieta, Garcia erez de Aranciel.
Tra le commissioni reali che
ribadiscono il ruolo emergente dell'artista una dovette essere costituita da un
Ritratto equestre do Filippo IV in armatura, eseguito dopo che il pittore si
era dimesso da una malattia che lo aveva afflitto nell'ottobre del 1623 e per
cui il re aveva ordinato di affidarlo alle cure del proprio medico.
Nel luglio del 1629 Diego lascia
Madrid al seguito del marchese Spinola, nominato governatore della Lombardia e
comandante in capo delle forze armate snole in Italia. Velazquez tocca
successivamente Genova, Milano, Parma e Venezia, dove puo' finalmente ammirare
le opere di Tiziano e Tintoretto che vi si trovano; poi Ferrara, Cento, Loreto;
infine, nell'ottobre del 1630 giunge a Roma, dove si stabilisce per un anno. Le
poche opere certamente collegabili a questo periodo, da una parte indicano
l'avvenuto impatto coi diversi aspetti della cultura romana, dall'altra offrono
il modo di valutare come, proprio in base a tali esperienze, Diego si divenuto
l'artista snolo piu` colto e preparato del momento. Vengono effettuate due
grandi composizioni: una mitologica, Apollo
nella fucina di Vulcano e allunge al tema "dell'inganno svelato":
Apollo, vale a dire il sole, ossia la luce, rivela a Vulcano il tradimento
consumato da Venere, sua moglie, con Marte, di cui egli stesso e i ciclopi
stanno forgiando un'armatura; la seconda, biblica, si intitola Giacobbe riceve la tunica di Giuseppe e allude
ancora ad "un'inganno": ricorda che i fratelli di Giuseppe, invidiosi del
fratello, lo vendono agli ismaeliti e raccontano una menzogna a Giacobbe, il
padre. Per avvalorare la loro tesi mostrano all'uomo la tunica di Giuseppe
intrisa di sangue di un montone.
In queste due opere Diego mostra
di saper coniugare con la scultura le differenti pose di stampo accademico delle
realistiche ure ferme, con assoluta padronanza disegnativa. Le
puntualizzazioni psicologiche della scena della fucina (per esempio il volto di
Vulcano, che esprime contempraneamente sorpresa e rabbia), la sospensione del
tempo (un attimo appena, come indicano le faville nel camino), la compresenza
di realta` e finzione (lo spazio vero del fabbro e le improbabili divinita`)
sono un esplicito risultato delle osservazioni "italiane" calate in una matrice
snola. Il linguaggio delle due opere si avvale di luci pulviscolari,
tintorettesche, che fanno risaltare il profilo di Apollo mentre, in ambo i
casi, un luminismo radente lambisce le ure sia contribuendo alla loro
definizione, sia disgregandole in virtu` di rinnovati valori atmosferici. Da
cio` e` deducibile che Velazquez abbia studiato anche alcune opere di
Caravaggio.
Alla fine dell'estate del 1630 il
soggiorno italiano volge al termine; pertanto, adempiendo certamente ad un
ordine del re, il pittore parte per Napoli dove, tra il 13 agosto e il 18
dicembre, si trova l'infanta dona Maria
di cui deve eseguire un ritratto. L'immagine della ventiquattrenne Maria
ostenta sia la fierezza che i tratti somatici degli Austrias, nondimeno, per
mezzo di toni luminosi, esaltati da un'impalpabile velatura di trucco, Diego ne
astrae i lineamenti, gia` naturalmente piu` aggraziati rispetto ai fratelli,
giungendo cosi` a conferirle una severa bellezza.
Nel gennaio del 1631 Velazquez e`
di nuovo a Madrid, accolto dal conte-duca e dal re che, in sua assenza, non ha
posato per alcun ritratto e non ha permesso che se ne eseguissero del principe
Baldassarre Carlo, nato nel 1629. Diego ritrae il principino nel Principe Baldassarre Carlo con una nana;
un'opera in cui l'artista ostenta la padronanza cromatico-aterica derivata
dall'esperienza italiana. La gamma dominante e` quella dei rossi vinosi. Il
principe, quasi un sacro simulacro, e` esposto al culto dei sudditi fedeli su
un piano di rialzo, tra cortinaggi purpurei dalle bordature dorate, mentre la
sua esile urina ostenta gli attributi di un generale: il basto di comando,
una piccola spada e, posato ai suoi piedi, su un cuscino, il cappello piumato.
I tratti infantili sono resi, allo stesso tempo, con fedelta` fisionomica e
spiritualizzazione derivata dalla ricchezza delle vibrazioni luminose; per
contro, nella nana, anch'ella elegantemente vestita, il volto e le mani sono
condotti con una tecnica piu` libera, dalla pennellata rapida.
L' attivita` madrilena riprende
immediatamente con incarichi relativi a dipinti di vario soggetto. Infatti, al
di la` dei ritratti, cadono in questi anni due opere dedicate al tema del
crocifisso e alcuni dipinti equestri, anche se si sospetta che quest'ultimi
siano stati iniziati prima del viaggio in Italia.
Il piu` vibrante e` Principe Baldassarre Carlo a cavallo. Nel
ritratto del principino, infatti, prevale lo scorcio del pony cui fa
contrappunto lo sfondo paesistico, reso dinamico dalle soluzioni liquide che,
d'altronde, equivalgono all'essenzialita` dei tratti el volto dell'erede al
trono, suggeriti da un gioco sapiente di pennellate prive di corpo, ma dense di
atmosfera e di movimento.
Negli anni del 1651 Velazquez
esegue alcuni dei suoi quadri piu` importanti e famosi. Ma e` ancora la
politica a muovere i fili di alcune scelte artistiche. Il 17 dicembre 1653
l'ambasciatore di Venezia, Querini, comunica l'invio a Vienna e a Bruxelles, di
due ritratti dell'Infanta Maria Teresa, nella prospettiva di un
matrimonio. Diego ne esegue certamente un prototipo: a ura intera, in abito
bianco perlaceo, copn due orologi pendenti dalla cintura, identificabile nella
tela ancora oggi a Vienna, lasciando alla bottega l'esecuzione del secondo. E`
in questo periodo che Velazquez dipinge il suo piu` importante lavoro. Si
tratta della Famiglia di Filippo IV,
noto anche come Le damigelle. La prima denominazione e` quella con cui
il grande quadro viene menzionato nel XVII secolo e, pertanto, e` indubbio che
il contenuto debba essere intrinseco e che sottintenda significati dinastici in
rapporto all'intima fruizione del dipinto da parte dei reali: sono loro,
infatti, riflessi nello specchio appeso sulla parete di fondo, a contemplare se
stessi e il resto della scena in cui realta` e finzione si scambiano di posto.
L'idea iconografica esula da ipotetici precedenti fiamminghi, l'interno dove
l'azione e` stata fermata appartiene a una relta` commensurabile solo nella
scala dei valori prospettici, una realta` al tempo stesso vera e finta di
specchi e pittura che costruiscono un mondo parallelo, in cui "artifex" e`
l'artista stesso, Velazquez. Questi appare immobile nell'atto di valutare il
rapporto prospettico di cio` che sta eseguendo sulla tela, della quale noi
scorgiamo solo una parte del retro, e di cogliere le tensioni che lo
circondano.
Diego, comunque, vuole anche
apparire sorpreso, incerto se appoggiare il pennello o inchinarsi; dona Maria
Agustina de Sarmiento, intenta a servire l'infanta Margherita, lo e` gia`, ma
non s'e` accorta di chi sopraggiunge sulla scena e anche la principessina sta
per fare la riverenza, ma indugia a restituire la brocchetta rossa di lacca
cinese. All'omaggio protocollare risponde, invece, l'altra "menina", dona
Isabel de Velasco; la torpida nana Mari Barbola non sa adeguarsi all'occasione,
mentre i personaggi rimanenti sono impegnati nella conversazione, oppure ad
infastidire un paziente mastino.. Sulla parete di fondo, accosto allo specchio,
si apre una porta dalla quale penetrano raggi luminosi. Oltre a quella,
schermata, di due finestre, e` questa la sola fonte di luce, praticamente
ininfluente sul gruppo principale, ma imprescindibile per la particolare
percezione delle "scatole prospettiche". Il vano luminoso dell'uscio semiaperto
semra costituire un altro quadro, invece vuole indicare che, varcata la soglia
e salite le scale che si intravedono, lo spazio su quel lato prosegue, mentre
lo specchio riflette il lato chiuso dalla parte opposta. In controluce, nel
campo luminoso della porta (ancora un quadro nel quadro, secondo un'idea di
ascendenza veronesiana), e il maresciallo di palazzo. Alle pareti sono
appesi vari quadri. Quindi, cosa sta dipingendo Diego sulla grande tela che ha
davanti? Di sicuro non la coppia reale, appena sopraggiunta. Il pittore si e`
trovato necessariamente di fronte al quadro, ma ha osservato la scena come in
una proiezione. Riportando se stesso all'interno della finzione pittorica ha
visto la stessa scena in controparte, come in un enorme specchio. Velazquez sta
dipingendo in una realta` parallela proprio cio` che vediamo. Forse, non a
caso, l'illuminazione viene da destra, al contrario della maggior parte dei
suoi quadri. Questo capolavoro e` stato l'ultimo di cosi` grande importanza
prima della sua morte. Infatti, nel luglio del 1663 cade gravemente malato. Il
re invia i suoi medici e quindi si reca di persona a rendergli visita. Dopo
sette giorni di agonia, il 6 agosto alle tre di pomeriggio, Diego Velazquez
entra nell'imortalita`.
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