EVOLUZIONE DEI CAPITELLI
Le tappe che dai valori
plastici conducono alla scultura cromatico-luministica, del più elegante
e fantasioso effetto decorativo, si possono cogliere sul vivo soprattutto nei
capitelli. Qui ne vediamo nell'ordine, da sinistra a destra e dall'alto in
basso, alcuni esemplari tipici. Il primo, un capitello teodoriciano (sec. V
fine), reimpiegato nella Loggia di Piazza a Ravenna, con foglie appuntite e
staccate dal fondo, ma già carnose e gonfie, segna l'ultima tappa dei
capitelli teodosiani ad acanto spinoso. Il secondo, della porta di S. Marco a
Venezia, con foglie accartocciate e agitate come da un colpo di vento, dove
ormai il trapano gioca da maestro, mostra il nuovo gusto bizantino per gli
elementi staccati dal fondo. Il terzo, nella basilica di S. Apollinare in
Classe, appartiene alla serie dei grandi capitelli composti, in marmo del
Proconneso, a foglie e protomi di animali, tanto diffusi in tutto il
Mediterraneo fino ai primi del sec. VI . Il quarto, il quinto (museo del Cairo)
e il sesto (Louvre) sono capitelli copti, nei quali cogliamo il graduale
trasformarsi dell'ornamento vegetale in griglia staccata dal fondo, organizzata
geometricamente a intrecci di vimini (capitello a paniere), o filari simmetrici
di foglie puntute. Il settimo e l'ottavo, rispettivamente in S. Vitale e nel
Museo di Ravenna, appartengono alla stupenda serie lavorata a Bisanzio sotto
Giustiniano, dove gli elementi vegetali, i caulicoli dell'acanto, le palmette,
più che geometrizzati, sono elegantemente stilizzati e composti in vista
d'un effetto decorativo. Il nono, infine, è un capitello copto con
pampini e teste di leoni, del Museo di Berlino, che sembra riprendere con modi
nuovi il raffinato naturalissimo alessandrino ellenistico : esemplare unico,
ignoto alle chiese giustiniane, che si ritiene lavorato in Egitto alla fine del
sec. VI .