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Futurismo
Il futurismo nacque a Milano nel febbraio del 1909 con la pubblicazione da parte di Filippo Tommaso Marinetti, del Manifesto dei pittori futuristi sul quotidiano francese "Le aro". Il manifesto, rivolto ad un pubblico di massa, conteneva tutte le tesi del nuovo movimento:
Rottura con il passato ("noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche e le accademie di ogni specie . . ");
Polemica contro l'accademismo;
Celebrazione della civiltà meccanica e del suo dinamismo;
Ammirazione per ogni sorta di energia e di aggressività (l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno).
I futuristi amavano la velocità. La ruggente automobile da corsa era preferita alla Vittoria di Samotracia. Consideravano la guerra "la sola igiene del mondo" perché era l'unica cosa che poteva distruggere ciò che era vecchio. Quest'ultimo tema faceva pensare al futurismo come all'arte del Fascismo. Nell'aprile del 1910 fu pubblicato il Manifesto tecnico della pittura futurista firmato da Boccioni, Carrà, Balla, Severini e Russolo. In questo vi erano precisazioni sempre più decise sulla tecnica espressiva che il futurismo voleva imporre. Nel 1912 a Parigi si tenne la prima mostra futurista. Tutti i pittori di questo movimento hanno passato una prima fase divisionista per poi diventare cubisti e infine futuristi. I futuristi elaborarono una tecnica in grado di rendere il movimento dei corpi, la simultaneità degli eventi, la compenetrazione e la disgregazione degli spazi. Tutti i pittori futuristi si cimentarono nel tentativo di rappresentare contemporaneamente le diverse azioni e le successive posizioni di un soggetto in movimento. La breve vita del futurismo si concluse verso il 1914, anche se alcuni critici parlano di un secondo futurismo manifestatosi negli anni '30.
Nacque a Reggio Calabria nel 1882 e morì a Verona nel 1916. Pittore e scultore è considerato il maggiore esponente del futurismo. Nel 1901 si trasferì a Roma e lavorò a fianco del suo amico Balla, con opere a sfondo umanitario e sociale di stile divisionista. Dopo soggiorni a Parigi e a Pietroburgo, nel 1907 si stabilì a Milano realizzando dipinti che mostrano una sempre maggior sensibilità ai problemi connessi allo sviluppo tecnico e industriale. Nel 1909 conobbe Martinetti, l'anno successivo Boccioni redasse i due manifesti futuristi. Nel 1910 i principi teorici trovarono la loro realizzazione artistica nella "Città che sale", il primo dipinto futurista, seguito da alcune delle opere più prestigiose come le serie "Stati d'animo". In esse Boccioni appare continuamente proteso a dare il senso dell'azione. Questo senso appare ancor più originale nelle opere di scultura, in cui Boccioni apre una nuova strada alla scultura contemporanea. Egli criticò violentemente la scultura di quel tempo legata ad una statica imitazione del passato. Teorizzò il cosiddetto "dinamismo plastico" che prevedeva la "totale abolizione della linea finita e della statua chiusa" per consentire l'espansione del volume nello spazio.
Una delle sculture più prestigiose è "Forme uniche nella continuità dello spazio".
In questo quadro si possono individuare corpi fusi in un abbraccio, resi attraverso forme di scomposizione cubista, reclinati e abbandonati l'uno nell'altro, che ripetono il loro saluto di addio. Si uniscono nel loro abbraccio di morbide onde rosse, bianche, grigie, verdi e rosate mentre il profilo metallico della locomotiva è il perno del campo visivo, apparendo nel suo doppio registro, di profilo e di fronte. Le ure e lo spazio diventano linee e piani ondulati che imprimono un moto vorticoso alla composizione. Il treno, le fabbriche e le città in costruzione compaiono spesso nei dipinti futuristi quali simboli tangibili del progresso e della civiltà industriale.
In questa scultura l'impetuoso avanzare di un uomo in marcia, è rappresentato mediante la scomposizione della ura in piani curvilinei e ondeggiati. Le masse muscolari trasformate dal movimento e dalla velocità sono rappresentate in nuovi agglomerati plastici, in cui spazio e ura, moto e forma, sono reciprocamente fusi.
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