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GAUGIN
Paul Gauguin, pittore francese, è stato uno dei protagonisti della fase artistica che definiamo post-impressionismo. Egli incarna un altro archetipo di artista: l'artista che vuole evadere dalla società e dai suoi problemi per ritrovare un mondo più puro ed incontaminato. Egli vive la sua vita privata e la sua attività artistica con quello spirito di continua insoddisfazione e di continua ricerca di qualcosa d'altro che lo portò a girovagare per mezzo mondo, attratto soprattutto dalle isole del Pacifico del Sud.
Egli, benché nato a Parigi, trascorse la sua prima infanzia in Perù. Tornato in Francia, a diciassette anni, si arruolò come cadetto in Marina, restando in mare per cinque anni. La sua vita fu un moto perpetuo tra Europa, Sud America, Oceania. Trascorse un periodo anche ad Arles dove dipinse insieme a Vincent Van Gogh. Ruppe con il pittore olandese per ritornare a Pont-Aven. Si trasferì a Tahiti e infine nelle isole Marchesi, dove lo colse la morte in carcere, stanco e malato, prigioniero per essersi opposto alla politica razzista del governatore francese.
La pittura di Gauguin è una sintesi delle principali correnti che attraversano il variegato e complesso panorama della pittura francese di fine secolo. Egli partì dalle stesse posizioni impressioniste, comuni a tutti i protagonisti delle nuove ricerche pittoriche di quegli anni. Superò l'impressionismo per ricercare una pittura più intensa sul piano espressivo. Il suo contributo al «simbolismo» avvenne attraverso la formazione del gruppo detto «scuola di Pont-Aven». Fonte di ispirazione per questa pittura erano le vetrate gotiche e gli smalti cloisonne medievali. Prendendo spunto da essi i pittori di Pont-Aven stendevano colori puri e uniformi, contornati da un netto segno nero. Ne derivò una pittura dai toni intimistici che rifiutava la copia dal vero e l'imitazione della visione naturalistica.
Una delle caratteristiche della sua tecnica è proprio l'antinaturalismo: Gaugin dipingeva la natura non com'era, ma come la sentiva. Il paesaggio è riprodotto nei suoi tratti essenziali e semplificati. L'elemento peculiare del periodo trascorso a Tahiti diventa proprio il carattere sintetico della sua pittura, contraddistinta da una stesura piatta del colore sulla tela, molto vicina agli esempi delle stampe giapponesi. I tratti fisici delle persone sono delineati in modo estremamente sintetico, quasi astratto, senza un reale interesse alla resa dei particolari, mentre i movimenti risultano pressoché annullati da una visione bidimensionale, priva di prospettiva, volutamente creata dal pittore per ottenere un effetto più vicino ad un bassorilievo scolpito che ad un dipinto.
"Aha oè fei": Questo dipinto appartiene alla fase tahitiana di Gauguin. Il pittore, trasferitosi nei mari del Sud, aveva iniziato la produzione di quadri dall'evidente contenuto esotico. ½ compaiono soprattutto donne che vengono ritratte in una nudità molta casta e pura. L'intento è quello di mostrare le isole dell'oceano Pacifico come piccoli angoli di paradiso terrestre dove si vive una armonia molto pacifica tra uomini e natura. In questo quadro sono rafurate due donne. Una accovacciata, l'altra distesa. Della seconda si intravede solo la testa e la parte superiore del busto. Il soggetto è tratto da un fatto a cui il pittore aveva assistito e che così descrive nel suo libro «Noa Noa»: Sulla spiaggia due sorelle che avevano appena fatto il bagno, distese in voluttuosi atteggiamenti casuali, parlano di amori di ieri e di progetti d'amore di domani. Un ricordo le divide: «Come! Sei gelosa?». Gauguin vuole cogliere un diverso significato: la complicità tutta femminile nel dialogare del più profondo arcano della vita: l'amore. E c'è in questo quadro una tale carica di intensa primitività che sembra riportare il momento del dialogo ad una ritualità senza tempo. L'eterno ritorno dei sentimenti e dell'amore e il continuo interrogarsi sul loro significato.
Il quadro, come la precedente produzione di Gauguin, è tutta giocata sulla risoluzione bidimensionale dell'immagine. Nella sua pittura il problema della rappresentazione tridimensionale è del tutto assente. Egli accosta forme, senza preoccuparsi della loro plausibile collocazione in uno spazio virtuale che vada oltre il piano della rappresentazione. Ciò è ancora più evidente in questo quadro dove la donna distesa, e arditamente vista in uno scorcio dalla testa in giù, se completamente nella metà inferiore. Le due donne formano quasi un corpo solo, divise soltanto dalla diversa tonalità dei loro corpi. Sono distese su una spiaggia di sabbia rosa che nella parte sinistra perde qualsiasi apparenza orizzontale per divenire un piano indefinito. Nella parte superiore, colori vari vengono stesi in campiture piane senza alcuna preoccupazione naturalistica o mimetica. Servono solo a rendere più evidente la bidimensionalità dell'immagine e, nel contempo, ad accentuarne il carattere decorativo.
Gauguin era molto affezionato a questo quadro, tanto che in una lettera ad un amico scriveva: «Ho fatto ultimamente un nudo a memoria, due donne sulla spiaggia, credo che sia anche la mia cosa migliore fino ad oggi».
"Da dove veniamo, che siamo, dove andiamo?" : La grande tela, realizzata da Gauguin negli ultimi anni della sua attività, costituisce quasi un testamento spirituale della sua arte. La sua pittura, pur di grande qualità decorativa, non si limita all'apparenza delle cose, ma cerca di scavare nel profondo, soprattutto della dimensione umana, per cercare il confronto con i grandi interrogativi esistenziali citati dal titolo.
La tela si presenta a sviluppo orizzontale con un percorso di lettura che va destra a sinistra. Lungo questa direzione, Gauguin dispone una serie di ure che ripropongono in sostanza le 'Allegorie delle età della vita'. Dal neonato nell'angolo a destra si giunge alla donna scura a sinistra passando attraverso le varie stagioni della vita. La ura centrale che coglie un frutto da un albero rappresenta evidentemente l'uomo che coglie il frutto della sua esistenza nel momento della giovinezza. La vecchia sulla sinistra, con le mani accanto al volto, in realtà non simboleggia solo la vecchiaia ma soprattutto la paura della morte. Sembra riflettere sulla sua vita passata, sui rimorsi e sui rimpianti. Accanto vi è uno strano uccello bianco con una lucertola tra gli artigli, a simboleggiare la vanità delle parole e la loro inutilità nel risolvere i problemi o le angosce della vita. Con questo quadro il senso di inquietudine e di instabilità, tipico dell'artista e uomo Gauguin, ci appare alla fine come un percorso senza fine, perché volto a traguardi che non sono di questo mondo. E così il suo fuggire dall'Occidente verso i paradisi dei mari del Sud, in fondo, altro non è che la metafora, non urata ma reale, della ricerca perenne ma inesauribile dell'approdo ultimo della nostra serenità.
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