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La cripta di san Marziano si trova acclusa alla famose catacombe di san Giovanni.
Le catacombe siracusane sono state scavate in quella regione dell'antica Siracusa detta allora Acradina che dalla spiaggia del porto piccolo, con una leggera pendenza, risale fino a raggiungere l'orlo di un più vasto altipiano, compreso nei suoi antichi confini. L'Acradina, prima che Siracusa fosse caduta sotto la dominazione romana (212a.C.), doveva possedere molti edifici ed avere un movimento commerciale notevole, trovandosi quasi a contatto del Pritaneo (Foro Siracusano). Secondo i risultati degli scavi sul lembo meridionale, nel sec.VI a.C. si era creata una necropoli arcaica, la quale venne distrutta per sovrapposizione dei fabbricati del nuovo quartiere. Questo fatto riceve conferma dalle numerose tracce di edifici, camere sotterranee e cisterne coniche. Ma dopo l'assedio e la presa di Siracusa del 212 a.C. sotto Marcello, l'Acradina si spopolò lentamente. Nonostante Augusto, per motivi politici, avesse tentato di ripopolare la città trapiantando una colonia romana nel 20 a.C. questa regione venne sempre più abbandonata.
I residui archeologici che sono venuti alla luce dai frequenti scavi consistono in tracce di una necropoli arcaica, in frammenti ceramici e immagini dei periodi ellenistici, romano e barbarico bizantino: ciò denota che l'Acradina nella sua parte meridionale sia sempre stata più abbandonata dopo la conquista romana, scarsamente abitata in tempi cristiani e bizantini, e poi definitivamente distrutta nelle incursioni degli arabi. I più antichi e insigni monumenti cristiani trovarono la loro ubicazione in una regione abbandonata tenuto conto che in quel periodo il cristianesimo era combattuto nel suo culto e nei suoi seguaci.
Il sottosuolo di Acradina è di natura roccioso, di calcare più o meno compatto da permettere l'escavazione di vasti cimiteri sotterranei; possiedono linee architettoniche ben sviluppate, simmetricamente ordinate e di grande solidità da resistere a tutti i terremoti per più di sedici secoli. Queste catacombe presentano tutte un'unica imetria, con lunghe e rette gallerie, un numero considerevole di sarcofagi, cubicoli e cripte quadrate o rotonde con volta piatta o conica di ampie dimensioni , ciascuna sormontata da un largo lucernario all'altezza di pochi metri.
Attigua al vestibolo delle catacombe di san Giovanni, giace la sottostante cripta di san Marziano ricavata dalla roccia, dalla quale le catacombe trassero la loro origine. Ad essa stanno sovrapposti avanzi di monumenti cristiani che interessano la storia del Cristianesimo in Siracusa per tutto il primo millennio.
Al di sopra della cripta sorse una basilica cristiana e bizantina, demolita dagli Arabi , sontuosamente ricostruita dagli Normanni, e a più riprese restaurata nei secoli XIV e seguenti. Di questa basilica, completamente crollata nel terremoto del 1693, resta l'abside con qualche colonna. Nel dicembre 1902 furono fatti degli scavi sotterranei che rivelarono ben cinque strutture diverse che si sovrappongono.
Alla cripta di San Marziano si accede dalla chiesa di San Giovanni che ha dato il nome alle catacombe, per una scala che scende alla profondità di 5 a 6 metri.
La volta a crociera con gli archi a sesto acuto, impostati su mensoline, da cui pende un pizzo con tondino, è di stile gotico; lo scudo circolare orlato a pizzi, che copre il punto d'intersezione dei costoloni della crociera, in cui si trova a bassorilievo un'aquila coronata che ricorda la dominazione Sveva in Siracusa nel secolo XIII.
Nello stato attuale la cripta presenta gli ultimi restauri ricevuti dai Normanni, ad eccezione del tetto che nel terremoto del 1693 dovette essere sfondato dal crollo dei muri perimetrali della basilica soprastante.
Ha la forma di croce greca con tre absidi dalla volta semisferica; due cavità fiancheggiano l'abside centrale ed in quello di destra vi è l'arcosolio di san Marziano, che la tradizione, fondata su un documento del VII-VIII secolo, dice essere stato primo vescovo di Siracusa ed qui deposto fino alla venuta degli Arabi. Prima che la cripta avesse subito l'attuale trasformazione, una forma di data gran lunga anteriore e forse primitiva è da ricercarsi nell'abside centrale coi due recessi laterali, tutti e tre ricavati dalla roccia, i cui lati interni sono tangenti all'abside di mezzo, formando di essa due angoli sporgenti curvilinei. Infatti la prima espressione del tipo della chiesa cristiana bisogna cercarla nelle esedre o nelle celle a semplice o triplice abside, costruite presso l'entrata dei primitivi cimiteri.
Di opere di scultura abbiamo tre capitelli ionici di stile classico, di cui uno capovolto funge da seggio episcopale a destra dell'altare maggiore, gli altri due si trovano impostati su due colonne di granito che funzionano da pilastri nell'abside laterale a nord, ricoperte da muratura.
Ai quattro angoli della crociera della cripta si trovano impostati su pilastri in muratura quattro capitelli di marmo polistili, essendo la loro base costituita da un capitello ionico, che forma un unico blocco con la parte superiore, formata da un capitello trapezoidale di stile bizantino. Ciascuno di questi quattro capitelli porta a bassorilievo l'emblema di uno dei quattro evangelisti con un passo del vangelo.
Il primo capitello a destra è di San Giovanni : un'aquila dalla testa nimbata stringe con gli artigli una targhetta nella quale è incisa questa dicitura: SECVNDVM IOHANNEM.
Il passo del vangelo è quello che si legge in San Giovanni al capo I:
in principio erat verbvm et verbvm erat apvt (sic) dm et ds erat verbvm hoc erat in principio apvt (sic) DM OMNIA PER IPSVM FACTA SVNT ET SINE IPSO FACTVM EST NIHIL QUVD FACTVM EST IN IPSO VITA EST (Trad: in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il verbo. Tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui non fu fatto assolutamente nulla di ciò che è stato fatto.)
Il secondo capitello a destra presenta il leone alato, il quale ha il capo nimbato e stringe con le zampe una tabella dove è incisa la seguente leggenda: Secvndvm Marcvm.
Il passo del vangelo riportato si trova in San Marco al capo I, v.5:
et egrediebatvr ad evm omnis ivdeae regio et ierosolvmite (sic) vniversi et baptizabantvr ab eo in iordanis flvmine confintentes peccata sva. ( trad: andavano da lui tutti gli abitanti della regione della Giudea e di Gerusalemme e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, mentre confessavano i loro peccati.)
Il primo capitello di sinistra ha il bue alato con testa nimbata; esso regge fra i due piedi anteriori uno scudo, dove capeggia una croce invece che il nome dell'evangelista, segnato sugli altri. Questa ura è l'emblema di San Luca dal cui vangelo al capo I, v.26 è tratta il passo riportato sulla pietra:
missvs est angelvs gabrhiel a deo in civitate (sic) galileae cvi nomen Nazaret ad virgine (sic) desponsata (sic) viro cvi nomen erat ioseph de domo david et nomen vir ginis .(trad: mandò l'angelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nazaret, ad una vergine sposa di un uomo di nome Giuseppe della casa di Davide: il nome della vergine era Maria.)
Il secondo capitello di sinistra presenta una ura alata ,un angelo, con il nimbo che sorregge con le mani un volume aperto sulla quale si vedono poche lettere: Secundum Matthaeum.
Il passo del vangelo che qui si legge è tolto da S. Matteo al capo III vv. 1 e 2:
venit iohannis baptista praedicnas (sic) Praedicans in deserto iude (sic) Judeae dicens penitentia (sic) agite adpropinquavit regnum celorum. (trad: in quei giorni ve Giovanni il Battista a predicare nel deserto delle Giudea dicendo "Convertitevi, poiché vicino è il Regno dei cieli")
L'epoca di questi capitelli non ci viene indicata da alcuna data precisa, però non mancano contrassegni da permettere un'assegnazione cronologica approssimativa.
Prima di tutto la forma dei capitelli è trapezoidale, caratteristica del capitello bizantino, che andò in voga nel primo periodo di questo stile, ma molto rara dal X al XIV secolo. Infatti i monumenti siciliani di quest'epoca, come il duomo di Monreale e gli avanzi dell'antica cattedrale normanna di Siracusa, neppure una volta ci danno l'esempio del tipo di questo capitello.
Il lato decorativo di essa presenta colombe o pavoni che beccano un grappolo d'uva, spesso usato nella decorazione cimiteriale, soprattutto nel periodo di transizione in cui l'arte cristiana, uscita appena dalle catacombe (e per quanto fatta libera di esplicare le sue manifestazioni di fede velate dal simbolismo), non sapeva ancora emanciparsi dallo stile decorativo usato nelle catacombe, di cui dovette risentirne tutta l'influenza l'artista che scolpì i quattro capitelli. La pigna, le cornucopie da cui vengono fuori i grappoli d'uva, e la foglia di acanto campestre sono motivi di decorazione che si riscontrano spesso nel IV secolo.
Inoltre per la determinazione cronologica di questi capitelli ci si può appoggiare la paleografia delle loro iscrizioni. Le lettere sono romane, ma non del tutto classiche, tranne alcune come A,B,C e la doppia N che si presentano sotto una forma ben distinta. Infatti le due aste dell'A, il cui apice nello stile classico termina ad angolo, nei capitelli ora si presenta terminata da angolo ora con le due estremità superiori allargate ed unite da una linea orizzontale che sporge a sinistra , altre volte con la traversa inferiore trasformata ad angolo col vertice in basso.
Le due NN del nome "Johannem" della targhetta del capitello di S. Giovanni, sono fuse in un'unica lettera: la prima asta della seconda N sovrapposta alla seconda asta della prima N.
Queste caratteristiche furono analizzate dalla studioso Martigny.
Facendo uno studio ativo paleografico tra lo stile dell'iscrizione dei capitelli e quello delle iscrizioni delle catacombe si trova l'A sopra descritta nell'epigrafe del sarcofago di Adelfia e in un'altra greca esposta nella sala crist. Del museo di Siracusa. Le due NN fuse in un'unica lettera si trovano nell'iscrizione greca sempre esposta nel museo. L'epoca di queste iscrizioni va dal IV al VI secolo. Inoltre nell'iscrizione del capitello di S. Giovanni dopo la parola nihil si vedeva incisa una foglia d'edera come segno d'interpunzione, il quale genere di punteggiatura fu in uso fino al IX.
Riguardo alla questione della lingua bisogna tener conto che la maggior parte delle iscrizioni cimiteriali e i molti codici ritrovati sono scritti in greco. Questo fatto è dovuto dalla prevalenza della lingua greca su quella latina all'epoca bizantina in Siracusa: ma bisogna ricordare anche che le iscrizioni latine dei capitelli sono passi del vangelo e la traduzione della Bibbia fu adottata in occidente fino ai tempi di S. Gregorio I, cioè dal 590 in poi. E ciò spiega l'uso del latino.
Quindi sono da ritenersi senza dubbio bizantini i quattro capitelli della cripta di san Marziano.
Fotocopie di Fuhrer, Sicilia Sotterranea,vol.1
Guida turistica della Sicilia, Einaudi
Il museo di Siracusa
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