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Tommaso ("Masaccio") nasce a San Giovanni in Altura (oggi San Giovanni Valdarno), vicino Arezzo, il 21 Dicembre 1401 da Giovanni di Mone Cassai di professione notaio e da monna Jacopa di Martinozzo. Il nome di battesimo deriva dal fatto che Tommaso era il Santo festeggiato in quel giorno. Il nome del casato Cassai deriva dall'attività di falegnami svolta dalla famiglia del padre, falegnami mobilieri coloro cioè che facevano casse, "cassai".
Tommaso rimane orfano di padre a soli 5 anni nel 1406. Nello stesso anno a Tommaso nasce un fratello a cui viene dato il nome del padre morto Giovanni. Anche Giovanni come Masaccio diventerà pittore con il soprannome dello Scheggia. La madre si risposa a Tedesco col maestro Feo vedovo anch'egli e molto più anziano di lei. Il patrigno, speziale benestante, garantirà comunque a Masaccio ed alla sua famiglia un'infanzia piuttosto agiata. Tommaso trascorre l'infanzia e la giovinezza a San Giovanni in Altura.
Il soprannome di Masaccio gli deriva non tanto perché Tommaso fosse una persona viziosa o cattiva ma, come ci spiega il Vasari nelle Vite, per la grande trascuratezza che egli aveva per le cose del mondo e per se stesso forse perché attratto e preso completamente per le cose dell'arte.
Masaccio rimane a San Giovanni in Altura fino al 1417 quando con la madre rimasta nuovamente vedova e con il fratello Giovanni si trasferisce a Firenze e vanno ad abitare nella parrocchia di San Niccolò Oltrarno.
Nel 1422 si iscrive all'Arte dei Medici e Speziali ed inizia così la sua attività di pittore autonomo.
Nel 1423 Masaccio si reca a Roma per il Giubileo.
Nel 1426 Masaccio è spesso a Pisa dove era stato chiamato da Ser Giuliano di Colino degli Scalzi a dipingere un'importante pala d'altare.
Nel 1427 Masaccio che vive ancora con la famiglia, la madre Jacopa ed il fratello Giovanni, famiglia che intanto si era trasferita già da tempo ad abitare sempre a Firenze in Via dei Servi, dichiara di tenere parte di una bottega della Badia di Firenze (attuale Piazza San Firenze presso il Bargello).
Nel 1428 Masaccio si reca nuovamente a Roma per una commissione e lì muore in maniera misteriosa a soli 27 anni.
Per molto tempo si è ritenuto che fosse stato allievo di Masolino, un famoso pittore fiorentino, tuttavia non ci sono documenti che attestino ciò quindi si è più propensi ad affermare che fra i due artisti ci sia stata collaborazione.
Sicuramente hanno influito sulla sua formazione artisti a lui contemporanei come Brunelleschi nell'uso della prospettiva, Donatello per la volumetria dei personaggi e artisti anteriori come Giotto per la composizione dei personaggi inseriti nello spazio.
Ci sono così poche notizie sulla sua vita che alcune opere gli sono state attribuite nel nostro secolo. Masaccio, molto più giovane di Brunelleschi e Donatello, viene collocato assieme a loro nella triade solare del primo rinascimento, cioè fra i tre artisti che rivoluzionarono l'arte nei primi anni del 1400.
La pittura a lui contemporanea era caratterizzata da rappresentazioni fiabesche e dalla mancanza da proporzioni e volumetria; Masaccio la rivoluzionò e pose le basi per la pittura del Rinascimento maturo.
Autore: Masaccio Tommaso di Giovanni (1401-l428)
Titolo dell'opera: Crocifissione dal Polittico della Chiesa del Carmine di Pisa
Datazione
Tecnica e dimensioni: Tempera su tavola, 83x63 cm
Collocazione: Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Tema iconografico: la Crocifissione
Il tema iconografico della Crocifissione affonda le proprie redici nella cultura alto medievale e ha origine nella trasformazione della croce gnostica in croce cristiana. La crocifissione rappresenta il martitrio di Cristo e l'iconografia prevede che il lio di Dio sia rappresentato nella morte del corpo e nella vita eterna dell'anima. Per questa ragione, nei secoli, l'iconografia della crocifissione ha subito notevoli trasformazioni stilistiche e formali. Dall'immagine del Cristo trionfante sulla morte, iconografia diffusa in tutta Europa fino al XII secolo, si è giunti tra XIII e XIV secolo all'immagine del Cristo dolente, ritratto nella compostezza della sopportazione del dolore ma anche nella sofferenza umana. La rappresentazione del Sacro nel basso Medioevo e nel primo Rinascimento diventa più realistica, nonostante mantenga un rapporto ancora stretto con la natura simbolica dei temi e dei soggetti religiosi. Nonostante la rappresentazione naturalistica del dolore introduca il realismo, in queste immagini non viene mai meno l'idea di una bellezza divina che nemmeno il dolore può deturpare.
Nella crocifissione di Masaccio, cristo è rappresentato su una croce essenziale, composta da due bracci ortogonali, sulla sommità del braccio verticale trova collocazione l'immagine miniaturizzata di un albero, simbolo dell'albero della vita e dell'asse del mondo. Immagine della nuova vita generata dal sacrificio di Cristo, l'albero è simbolo di rinascita e resurrezione. La croce è posta al ce3ntro dello spazio della composizione. La tavola lignea presenta lo sfondo aureo secondo la tradizione bizantina. Stagliata sullo sfondo luminoso, l'intera scena acquista una ieraticità arcaica propriamente medievale, nonostante stilisticamente e spazialmente l'opera riveli la sua appartenenza alla sensibilità stilistica rinascimentale. La croce è inscritta all'interno di un arco a sesto acuto d'origine gotica. Leggendo progressivamente la scena, partendo dalla sommità della croce, percepiamo il volto di Cristo circondato dall'aureola decorata con motivi geometrici. Il volto di Cristo nella fisionomia tradisce una rinnovata visione del divino, più realistica e meno simile ala tipologia convenzionale della rappresentazione del volto santo.
La testa di Cristo è vista di scorcio, china e quasi incassata nelle clavicole, il collo non è visibile, a causa dell'inclinazione tutta frontale della testa che determina il contatto del mento con le clavicole stesse. Il volto presenta tratti composti, per cui il dolore è dignitosamente controllato. Gli occhi hanno la palpebre abbassate, il naso è diritto e la bocca presenta labbra sottili; i tratti fisionomici del volto sono quasi popolani, nella crocifissione di Masaccio non avvertiamo la persistenza dell'immagine idealizzata del Cristo dolente, piuttosto percepiamo la forza dirompente e innovativa di un realismo che ancora dialoga con l'immagine sublimata e ideale del reale. Masaccio riesce a conferire al corpo di Cristo una profonda e non esasperata espressività. L'attenzione risposta nella resa anatomica e volumetrica della ura definisce il peso specifico del corpo che presenta chiari riferimenti classici innestati su tracce stilistiche gotiche che si rivelano nell'allungamento del corpo, tracce gotiche ancora presenti nella pittura del quattrocento italiano.
Scivolando lungo le spalle di Cristo, incontriamo le braccia allungate e affusolate leggermente ribassate rispetto ai bracci della croce e trafitte nel palmi delle mani. Nella resa delle braccia e una chiara definizione muscolare, sottolineatala zone chiaroscurali finalizzate a far percepire la tridimensionalità del corpo. Il busto, partendo dalla lettura della linea orizzontale definita dalle clavicole, presenta dal centro del torace lo sterno, da cui dipartono le costole. Al centro del busto, in prossimità del diaframma e del plesso solare, troviamo i muscoli addominali, dapprima contratti e poi allentati sul ventre, ad alludere alla perdita della tensione muscolare determinata dall'abbandono del corpo nel sopraggiungere della morte. Bacino e cosce risultano nascosti dal drappo che ne copre le fattezze, ed è intuibile la volumetria delle gambe. La divaricazione delle gambe, dato che determina insieme alla posizione della testa una decisa trasformazione iconografica, diventa elemento formale e stilistico dirompente. Fino a Masaccio nessun artista aveva proposto con tanta incisività e verosimiglianza l'immagine di un corpo costretto e sofferente. I piedi di Cristo sono sovrapposti, il destro posto sul sinistro e quindi trafitto da un unico chiodo. Ai piedi della croce si trova Maddalena, inginocchiata, il cui manto poggia agli estremi del bordo, sulla terra nuda del Monte calvario. Maddalena è il punto di forza della composizione, non tanto e non solo per la sua forza espressiva, accentuata dai contrasti cromatici e rappresentato in scorcio, le fattezze femminili del corpo appena accennate sotto il manto, le mani affusolate, elegantissime nell'atto di levarsi al cielo, sono elementi esemplari che rendono inconfondibile questa crocifissione di Masaccio.
Ai lati della croce troviamo: alla destra di Cristo e quindi alla sinistra di Maddalena (e dell'osservatore) la vergine Maria, alla sinistra di Cristo, e quindi alla destra di Maddalena (e dell'osservatore) Giovanni Evangelista. Entrambe le ure esprimono intensamente il proprio dolore, Maria Vergine è serrata in un manto spesso, di colore blu, le pesanti pieghe scendono fino a terra e accomnano nella sobrietà la ura. La Vergine è ritratta di profilo, il viso è rivolto a Cristo, gli occhi sono schiusi al pianto e la bocca accenna ad una smorfia di dolore. Le mani sono giunte e le dita intrecciate sembrano forzare la Vergine alla sopportazione della tragedia. Anche l'aureola di Maria è preziosamente decorata, come quella di cristo, di Maddalena e di Giovanni evangelista. Giovanni è ritratto frontalmente, il volto è inclinato a sinistra dell'osservatore, la guancia destra del santo poggia sul dorso della mano sinistra, unita alla mano destra. L'espressione del volto di Giovanni rivela sgomento: lo sguardo atterrito, gli archi sopraccigliari ribassati, le labbra serrate. La ura, longilinea, è ritratta in una posizione irrigidita e curvata in prossimità delle spalle.
Masaccio conferisce volume e plasticismo ai corpi pur ponendoli contro uno sfondo bidimensionale che sembra opporsi alla profondità prospettica del breve tratto di terra visibile nella composizione. In realtà l'artista instaura un rapporto dialettico tra spazio tridimensionale e spazio infinito. Lo spazio dell'uomo e quello del divino si incontrano nella scena della crocifissione, leggendo nel sacrificio di Cristo la natura dolorosa e salvifica del dolore.
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