storia dell arte |
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Pablo Picasso
Picasso nasce a Malaga il 25 ottobre 1881 da una famiglia del più puro sangue snolo; il padre, pittore specializzato nella decorazione di sale da pranzo, trasmette questa sua passione al lio fin dalla piú tenera età sperando di trovare in lui la realizzazione delle sue ambizioni deluse; quando ancora non sa parlare, già disegna con il lapis ure di piccioni; quando ripensa agli anni della sua infanzia, Pablo rivede i quadri del padre nella dimora familiare, 'quadri per la sala da pranzo [ ] Pelo e piume [ ] centinaia di piccioni, lepri e conigli'. Nel 1891 la famiglia si trasferisce a La Coruna ('Sebbene mio padre fosse disperato, per me invece il viaggio a La Coruna era come una festa') e qui Pablo frequenta i corsi di disegno della Scuola di Belle Arti, a partire dal 1892. Pablo non è un bravo studente, non si applica nelle attività scolastiche come nel disegno. Grazie all'aiuto del padre, a 14 anni gli è concesso di sostenere l'esame per entrare alla Scuola di Belle Arti di Barcellona: stupisce tutti finendo in un giorno il lavoro per cui era stato concesso un mese di tempo, dimostrando così le sue grandi abilità. Egli stesso dirà: 'Non ho mai fatto disegni infantili: a 12 anni disegnavo come Raffaello'. Da solo, poi, parte per Madrid per andare all'Accademia Reale e a soli 16 anni ha già sostenuto tutte le prove della Scuola Snola di Belle Arti. Il padre non si stanca di incoraggiarlo, e infine gli consegna 'i suoi colori e i suoi pennelli, e non dipinse più'. Se per Blaise Cendrars 'l'abdicazione del padre era pura demonologia', il critico Palau i Fabre ritiene che il professore si fosse semplicemente reso conto di essere stato superato dal suo allievo e di non aver più nulla da insegnargli. In questo stesso periodo il giovane Picasso rivela un nuovo interesse: dà vita a molte riviste (realizzate in un unico esemplare) che redige e illustra da solo, battezzandole La torre de Hercules, La Coruna, Azuly Blanco. Nel Giugno 1895, Josè Ruiz Blasco ottiene un posto a Barcellona. Nuovo trasferimento della famiglia: Pablo prosegue i suoi studi artistici all'Accademia della capitale catalana. Ha perfino uno studio, in calle de la Plata, che divide con il suo amico Manuel Pallarès. L'anno seguente porta a termine un buon numero di paesaggi, di ure accademiche, di ritratti di sua madre, di suo padre, di se stesso, e una grande composizione, Prima comunione, strutturata convenzionalmente, ma caratterizzata da un fondo nero che conferisce un tono drammatico alla scena. Questo aspetto cupo del suo carattere si manifesta in un'altra tela, Scienza e carità del 1897 (che ottiene una menzione all'Esposizione nazionale di Belle Arti di Madrid): qui, un medico è seduto al capezzale di una malata dal volto esangue, mentre una suora tiene in braccio il bambino della donna e le porge una tazza. In questi anni, Pablo si è dimostrato uno studente molto saggio e rispettoso. Suo padre accarezza l'idea di mandarlo a Monaco perché, come confida al suo amico Joaquin Bas, 'è una città dove si studia seriamente la pittura senza occuparsi delle mode come il 'Pointillisme' e tutto il resto'. Ma, impercettibilmente, lo stile dell'allievo diligente comincia a sbrigliarsi e a diventare via via più libero; ed è proprio in questo periodo che adotta anche il nome di sua madre come nome d'arte. Egli stesso spiegherà questa decisione, dichiarando che 'i miei amici di Barcellona mi chiamavano Picasso perché questo nome era più strano, più sonoro di Ruiz. E' probabilmente per questa ragione che l'ho adottato'. Ma in realtà è anche una decisione che sottolinea il conflitto sempre più grave tra padre e lio (preferisce andare a Madrid invece che a Monaco), una decisione che pone l'accento sul vincolo d'affetto nei confronti di sua madre, dalla quale ha preso molto, come fa notare Jaime Sabartés: 'E' da sua madre che Picasso ha ereditato questa delicatezza, questo buon umore, questa grazia naturale che lo caratterizza'. Tuttavia, anche se il fossato che lo separa dal padre diventa sempre più profondo man mano che questi cede irrimediabilmente alla nevrastenia, non è men vero che Picasso continua a vederlo come modello: 'Ogni volta che disegno un uomo penso a mio padre. Per me l'uomo è don Josè, e sarà così per tutta la mia vita [ ]. Tutti gli uomini che disegno lì vedo più o meno con i suoi lineamenti'. Dopo un periodo di malattia e di convalescenza trascorsa presso i genitori di Pallarès a Horta de Ebro, Picasso ritorna a Barcellona e comincia ad elaborare un nuovo genere di opere. Sono gli ultimi anni dell'Ottocento, sta per iniziare il nuovo secolo. E già Picasso volta le spalle alle convenzioni, ma non attua ancora una rottura radicale con il clima estetico del suo tempo. Quella che egli inizia in questo momento è soprattutto una lunga ricerca della propria identità. Picasso lavora con furore. Le tele, gli acquerelli, i disegni a carboncino e a matita che escono dal suo studio di Barcellona in questi anni sorprendono per il loro eclettismo. Si ha l'impressione che attinga da ogni parte, con una curiosità insaziabile. E' attento in particolare al simbolismo e al decadentismo, predominanti negli ambienti colti della sua città sotto l'etichetta del 'Modernismo'. Un evento importante, a questo proposito, era stata l'inaugurazione del cabaret 'Els Quatre Gats', nel giugno del 1897. Qui si riunisce in questi anni tutta l'intellighenzia catalana, intorno a Père Romeu, che era stato socio di Robert Salis alla 'Taverne du Chat-Noir' a Parigi, e Miguel Utrillo, vissuto anche lui a Montmartre. E qui, in particolare, è il tumultuoso punto d'incontro del movimento modernista. Picasso, non ancora ventenne, lo frequenta assiduamente, vi trascorre lunghe serate a chiacchierare ed ha modo di vedere la prima mostra di gruppo che vi viene organizzata (sono opere di Casas, Rusinol, Utrillo, Nonell, Mir, Torent). Come tutti, egli da un lato subisce l'influenza dell'Aesthetic Movement inglese e dello Jugendstil tedesco (e questo traspare in alcuni disegni in cui la linea è estremamente stilizzata, come nella Coppia di schiena del 1897-l898, nel ritratto di Joaquin Mir del 1899-l900 o nel 'menù' che realizza per 'Els Quatre Gats'); dall'altro dipinge opere che si ispirano ad artisti come Edvard Munch. Così, in Passeggiata lungo il mare, il gioco cromatico, violento e contrastato, prevale sulla definizione lineare della ura in piedi; in La sorella dell'artista, pur conservando la stessa attenzione all'intensità cromatica e al dissolvimento dello spazio, Picasso esalta le sfumature di colore sottili e vibranti, che derivano soprattutto dall'arte francese dell'Ottocento, e da quella di Auguste Renoir in particolare. Al contrario, quando si osserva Picador e valletto d'arena, i tratti neri e marcati che schematizzano le sagome dei due uomini e del loro cavallo appartengono a tutto un altro registro. Il pittore si orienta sempre di più verso un pathos, creato da contrasti di toni molto netti, e verso l'espressione di sentimenti forti e patetici per mezzo del puro trattamento plastico. Ne sono testimonianza la straziante Donna con scialle, cominciata nel 1899, o il suggestivo Ritratto di Lola, sua sorella. E' nella sala delle rappresentazioni teatrali di 'Els Quatre Gats' che Picasso allestisce la sua prima mostra personale, inaugurata il primo febbraio 1900. Proprio qui Picasso conosce Casas, attraverso il quale viene a conoscenza del postimpressionismo francese nell'interpretazione dei peintres de la vie moderne, che caricavano l'indagine sociale di un'accentuazione espressionistica (Toulouse-Lautrec, ma soprattutto Forain, Steinlen). Tale influsso è evidente, dopo le primissime prove accademiche di gusto realistico, nelle opere dipinte a Parigi, Madrid e Barcellona nel 1900-l901 (Donna in blu, Madrid, Museo d'arte moderna; Vecchia, Filadelfia, Museum of Art; La nana, Barcellona, Museo Picasso), improntate ad un violento cromatismo e ad una tecnica parzialmente divisionista. In questa prima esposizione, i suoi amici vogliono fare di lui il campione della nuova generazione catalana: 'Volevamo che il pubblico sapesse che un altro artista oltre a Casas disegnava, che Casas non era il ritrattista di tutti e che le sue mostre non rappresentavano la sola arte esistente [ ] Noi volevamo soprattutto [] far arrabbiare il pubblico', riferisce Sabartés. Picasso espone essenzialmente disegni, molti dei quali sono ritratti di amici. L'unica tela in mostra rafura un prete che assiste una donna morente. La mostra piace e si vendono molte opere su carta. Nel 1901 dopo un'estate passata con un amico a Horta de San Juan nelle camne snole Picasso (lo confiderà intorno al 1950 al suo amico biografo Roland Penrose) vorrebbe andare a Londra per vedere i pittori preraffaelliti che ammira. Invece si reca a Parigi (che diventerà da qui in poi la sua città adottiva anche se con frequenti ritorni in Sna) in comnia di Carlos Casagemas e Manuel Pallarès. Si stabilisce a Montmartre, ospite del pittore barcellonese Isidro Nonell, e incontra molti dei suoi compatrioti tra i quali Pedro Manyac, un mercante di quadri che gli offre 150 franchi al mese in cambio della sua produzione: una somma discreta che gli permette di vivere senza troppe preoccupazioni. Il clima parigino, e più specificamente quello di Montmartre, ha una profonda influenza su di lui. Picasso capisce l'importanza di Toulouse-Lautrec: se ne vede l'influenza già nella prima opera concepita nel suo studio di rue Gabrielle, il Moulin de la Galette. In questa tela, come in L'abbraccio, Nella loggia, Finestra, vengono rappresentate scene di vita notturna e cittadina, dove l'oscurità della composizione è animata da colori vivaci. Alla fine dello stesso anno, Picasso torna in Sna forte di quest'esperienza. Soggiorna a Malaga, poi trascorre qualche mese a Madrid, dove collabora alla realizzazione di una nuova rivista, Artejoven, pubblicata dal catalano Francisco de Asis Soler (Picasso illustra quasi interamente il primo numero con scene caricaturali di vita notturna). Nel febbraio del 1901 riceve però una terribile notizia: l'amico Casagemas si è suicidato per un dispiacere d'amore. L'evento colpisce profondamente Picasso e segnerà a lungo la sua vita e la sua arte. Riparte per Parigi: questa volta vi torna per allestire una mostra presso l'influente mercante Ambroise Vollard. A Parigi conosce Max Jacob e, dopo essere stato attratto dal simbolismo (Funerali di Casagemas, Museo d'arte moderna della città di Parigi), inizia quello che fu chiamato il 'periodo blu', dipingendo prevalentemente esseri miserabili, immersi in un'atmosfera di desolazione e sintetizzati da un linearismo alla Gauguin, mentre la struttura plastico-cromatica rivela una prima attenta meditazione dell'opera di Cézanne (Donna con lo scialletto blu, Collezione privata, 1902), ma anche richiami alla grande tradizione snola, dal Greco a Velázquez (Celestina, Collezione privata, 1903). Picasso quasi interponendo un filtro fra sé e il mondo, vede tutto blu. La scelta del colore é tutt'altro che casuale; esprime, anzi, un sentimento preciso, peculiare. Per Picasso il blu non è l'infinito, il sovrasensibile (come era di opinione comune), ma è un colore freddo, malinconico, statico, attraverso il quale il pittore esprime la tristezza sconsolata e senza speranza dei personaggi che rappresenta e verso i quali rivolge l'attenzione coerentemente con la propria ideologia politica: mendicanti, ciechi, girovaghi, tutti gli emarginati della società. Il blu corregge, accentua, attenua, capovolge ciò che il soggetto del quadro dichiara. Picasso attribuisce al blu una dimensione sacra; il suo guardare in faccia la miseria, la sofferenza e la morte è sublimato dal blu, colore appunto sublimato e spietato. Alla monocromia si aggiunge l'allungarsi delle ure e la netta decisione della linea di contorno che le racchiude e ne sintetizza la forma. Questa tecnica va ad eliminare ogni rapporto con il languido intimismo 'decadente' e contraddice l'uso negativo della parola populismo per indicare una tendenza superficiale verso il popolo. Qui si tratta di un'autentica e sofferta partecipazione dell'artista al dramma esistenziale dell'uomo. Il blu é il colore della notte, del mare, del cielo; é profondo e freddo, in armonia con il pessimismo, la miseria e la disperazione. Il cosiddetto "Periodo Blu" di Picasso è caratterizzato, inoltre, dal pathos delle ure, espressioni di una tragica condizione sociale e umana, che è accentuato dal disegno stilizzato e pungente e dal monocromo blu che definisce duramente i volumi, eliminando ogni spunto naturalistico ed impressionistico. Stabilitosi definitivamente a Parigi nel 1904, nel Bateau-Lavoir, conosce Apollinaire e si unisce a Fernande Olivier. Inizia qui il 'periodo rosa', con scene di saltimbanchi (Famiglia d'acrobati, 1905, Göteborg, Konstmuseum), in cui una forte accentuazione simbolica viene tradotta in termini o arcaizzanti o classicistici (Donna col ventaglio, 1905, New York, Collezione Whitney; Due fratelli, 1906, Basilea, Museo di belle arti). Fondamentale fu il ritorno in Sna, a Gósol, nell'estate del 1906: colpito dalle deformazioni espressive dell'arte romanica e gotica catalana (di cui è evidente il ricordo nel Nudo su fondo rosso [Parigi, Museo dell'Orangerie] e nel famoso ritratto di Gertrude Stein [New York, Metropolitan Museum of Art]), fu tratto, forse su indicazione di Matisse, a meditare sulla sintesi espressiva, per rottura e incastro di piani, propria della scultura africana; e, dopo una lunga serie di prove, di rielaborazioni, di studi parziali, giunse alla creazione delle Demoiselles d'Avignon (dal nome del quartiere delle prostitute di Barcellona; 1906-l907, New York, Museum of Modern Art), opera fondamentale nella storia del cubismo, che unisce soluzioni cromatiche e formali di tipo arcaizzante dell'estremo 'periodo rosa' alla definitiva rottura della rappresentazione tradizionale dello spazio tridimensionale, che non era stata incrinata nemmeno dalla violenza cromatica dei fauves.
In questo dipinto si nota un sincretismo artistico di straordinaria originalità: il soggetto è ripreso dalle Bagnanti di Cézanne, ma in Picasso si mescolano l'orribile umano e il delizioso, il primitivo e il delicato, senza lasciar posto alla vena idillica di Cézanne o a simili elementi esornativi. In questo quadro riconosciamo subito quella libertà di espressione tipica di Pablo, scevra da qualsiasi convenzione accademica, indifferente all'unità di stile. Raynal disse: 'Picasso si rende conto della vuotezza delle regole assolute dell'arte'. Sempre ne Les Demoiselles d'Avignon è evidente l'ispirazione primitiva nata dall'incontro con l'arte africana avvenuto quando già l'opera era in atto. Come quasi tutte le opere piú significative di Picasso, questo dipinto è una somma di consapevoli incoerenze, ma per questo grande artista il 'finito' non può produrre che il 'nulla'; solo il disordine è dotato di fascino spontaneo e vitale, al contrario della perfezione formale che rende tutto statico e privo di vita. Il dinamismo del suo animo è il riflesso del continuo fluire del vivere, ed è proprio per questo che parallelamente ad opere cubiste Picasso continuerà a dipingere soggetti di ispirazione neoclassica e naturalista. Picasso ha detto: 'Ogni qualvolta ho avuto qualcosa da dire l'ho detto nel modo in cui ho sentito che doveva essere detto. Contenuti differenti vogliono invariabilmente differenti metodi di espressione'. Convivono, infatti, in lui due tendenze mai risolte: una lo porta a una gioiosa concezione decorativa; l'altra, piú rigida, mira invece alla realizzazione del volume. I segni di un conflitto profondo li possiamo notare in tutte le opere di Picasso e anche quando dipingerà le sue nature morte con forme cubiste, egli non rinuncerà a ritornare a forme tipiche del naturalismo classico, in cui predominano armonia ed equilibrio compositivo. Per Picasso non c'è antagonismo tra i due stili, poiché per rappresentare la realtà non ci potrà mai essere una maniera unica e statica; gli stili devono essere multiformi, se l'artista vuole interpretare la realtà.
Dal 1907 (anno in cui conobbe Braque e Kahnweiler) al 1909 Picasso, partendo dalla lezione di Cézanne, svolse il suo lavoro di ristrutturazione e spiegamento bidimensionale delle superfici plastiche fondamentali in nudi maschili e femminili, nature morte, paesaggi (culminanti nel 1909 con quelli di Horta de Ebro), e attrasse nella propria orbita, oltre a Braque, anche Dufy e Derain. La seconda fase cubista, iniziata fra la primavera e l'autunno 1909 e destinata a protrarsi, in stretto sodalizio con Braque, fino al 1914, fu preannunciata dall'accentuata scomposizione dei piani e dall'incupirsi del colore (Donna con ventaglio, Mosca, Museo Puskin; Ritratto di Fernande, Düsseldorf, Museo; Donna in verde, Eindhoven, Museo) ed esplose nell'inverno-primavera 1909-l910 con la grande serie dei Ritratti di Vollard (Mosca, Museo Puskin), Uhde (Londra, Collezione Penrose), Kahnweiler (Chicago, Art Institute) e dei Nudi seduti (Parigi, Collezione Salles; Londra, Tate Gallery). La frantumazione prismatica, quasi a minuti cristalli verdastri-grigi-bruni, dell'immagine plastica (polemicamente applicata alla tradizione del ritratto storicamente identificabile) giunge quasi all'astrazione, portando alle conseguenze estreme il rifiuto della convenzione di 'natura'.
RITRATTO DI AMBROISE VOLLARD
Il ritratto di Ambroise Vollard, dipinto nell'inverno 1909-l0 e acquistato poco dopo da Sèukin, pur essendo eseguito con rigoroso criterio cubista, è straordinariamente somigliante. Vollard stesso riferisce che, sebbene molti a quel tempo non lo riconoscessero, il lio di quattro anni di un suo amico, vedendo il quadro per la prima volta, disse senza esitare: «È Vollard». Il naso camuso e l'alta fronte calva a cupola del mercante di quadri si staccano, in toni caldi, dalla grigia monocromia e dai continui ritmi angolari regolari dello sfondo. All'interno del complesso elaborato di sfaccettature, Vollard è seduto frontalmente e alle sue spalle si scorgono, a sinistra, un tavolo con sopra una bottiglia e, a destra, un libro in piedi. Pur contenendo accenti molto forti, il dipinto non presenta in nessuna delle sue parti fratture o vuoti difficilmente risolvibili. La superficie cristallina del quadro è ininterrotta. Particolare curioso: vicino al bottone centrale della giacca si scorge un fazzoletto nel taschino. Paragonato al ritratto che Cézanne fece a Vollard, mostra gli evidenti progressi che Picasso ha compiuto sulla medesima linea.
RITRATTO DI KAHNWEILER
Il ritratto di Kahnweiler è uno dei migliori esempi dello stile cui è stato dato il nome di cubismo analitico. Il desiderio di penetrare nella natura della forma, di comprendere lo spazio che essa occupa e lo spazio in cui è situata, ha dato luogo ad un'analisi rigorosa in cui i contorni familiari della superficie hanno tutti perduto simultaneamente la loro abituale opacità. Il velo dell'aspetto esteriore è stato sottoposto ad un processo di cristallizzazione che lo ha reso più trasparente. Ogni sfaccettatura è posta a spigolo così da consentirci di valutare i volumi che stanno sotto la superficie. Invece di essere invitati ad accarezzare con lo sguardo un liscio involucro esterno, ci viene offerta una trasparente costruzione a favo d'ape in cui superficie e profondità sono entrambe visibili.
DONNA CON VENTAGLIO
Picasso torna al motivo già trattato da Cézanne e da lui stesso. I verdi, gli ocra e i rossi scuri si accordano perfettamente nel creare una composizione di altissimo livello. Lo spazio appare accuratamente calcolato e strutturato. Le curve si integrano con i piani per rendere corposamente il volume. Le ombre sono indicate da tinte piatte. Le pieghe del ventaglio corrispondono all'articolazione stessa del nuovo spazio.
Il discorso artistico di Picasso proseguì, in comune con Braque e dal 1911 con Gris, con la lunga serie di nature morte di oggetti d'uso (con trasparente riferimento ad un 'superamento di Cézanne') e di ure con strumenti musicali. L'immissione nel contesto di lettere tipografiche e l'impiego di tecniche nuove (sabbiature) prepararono l'assunzione, dal 1912, del papier collé come obiettivazione materica delle sovrapposizioni ritmiche di piani-colore e, parallelamente, come ulteriore proposizione polemica contro il concetto tradizionale della tecnica pittorica.
L'assoluta libertà raggiunta nei confronti della 'materia' nel senso più ampio (stimoli visivi e mentali, strutturazione formale, materiali d'impiego) e forse qualche interscambio con Matisse e Severini lo portarono dal 1913 (Donna in camicia in poltrona, Firenze, Collezione Pudelko) a una rinnovata ricchezza decorativa di piani cromatici. Biograficamente ciò corrispose alla nuova, felice stagione mediterranea (Céret, Avignone, Vaucluse) vissuta con la nuova comna Marcelle Humbert (Eva). La morte di quest'ultima, nel 1916, gettò Picasso in una profonda crisi.
DONNA IN CAMICIA IN POLTRONA
Pur appartenendo al cubismo analitico, la grande tela della Donna in camicia si accende dei toni ocra e porpora, che risaltano sulla grigia tavolozza di questo periodo. E' uno degli esempi più forti, più potenti di 'arte fantastica'. Al di là di nuove inquietanti relazioni tra astrazione e sensualità, tra rigide forme geometriche e morbide suggestioni organiche, rimane l'impianto compositivo che ruota attorno al solido pilastro centrale con una specie di movimento avvolgente del volume del corpo, simile a quello di un uovo, su cui spiccano i seni, i capelli, le costole, le pieghe della camicia. Lo schema mette in evidenza la ricerca delle forme essenziali racchiuse in una struttura grandiosamente architettonica. Come spesso accade nella 'visione' cubista, la donna è vista e inquadrata di fronte e di lato contemporaneamente. Pur nell'astrazione della nuova sintesi formale, alcuni elementi della ura femminile sono evocati con particolare realismo. Accanto al triangolo del volto, Picasso dispone il motivo ondulato dei capelli; il seno, in una visione contemporanea frontale e laterale, è reso con bravura e ironia, quasi a smorzare l'erotismo della composizione; non rinuncia invece, Picasso, alla seduzione delle pieghe morbide della camicia rifinita con l'orlo a smerli.
L'anno dopo compì un viaggio a Roma, Napoli, Pompei con Cocteau, Diaghilev e Stravinskij per l'allestimento scenografico del balletto Parade di Satie (cui seguirono negli anni successivi altri allestimenti per i Balletti russi). In seguito conobbe e sposò Olga Khoklova, da cui nel 1921 ebbe il lio Paulo. Fu una parentesi 'reazionaria': la ripresa di forme del 'periodo rosa' (Arlecchino, 1917, Barcellona, Museo Picasso) preannunciò la fase del 'ritorno all'ordine' neoclassico, in cui però la pesante espansione delle forme plastiche (Tre donne alla fontana, 1921, New York, Museum of Modern Art) e il dinamismo delle membra (Due donne in corsa sulla spiaggia, 1922, Collezione privata) conservano una carica di espressività polemica di cui sono assolutamente prive le innumerevoli imitazioni. Nei nuovi soggetti del periodo rosa, tuttavia, si coglie una struggente malinconia che li imparenta con i poveri del periodo blu. Il gusto del 'gioco' (che sempre più appare come la sostanziale alternativa dell'impegno tragico, 'snolo', del pittore) è chiaramente dimostrato dai paralleli stupendi ritorni, sia pure con una vaga patina spaziale-naturalistica, agli incastri cromatici dell'ultima fase cubista, 1913-l916, culminanti nei Tre musici (1921, Filadelfia, Museo d'arte) e nelle Nature morte con strumenti, posteriori al 1921.
I TRE MUSICI
È il capolavoro del cubismo sintetico, l'opera che riassume e condensa l'iter di creazioni, innovazioni ed esperienze personali che hanno impegnato nel periodo cubista. Costituisce inoltre una vera e propria rimodulazione degli anni e del lavoro compiuto nell'ambito della scenografia teatrale. Ne esistono due versioni simultanee ed è significativo il fatto che non si conoscano studi preparatori. I numerosi disegni, bozzetti e tutte le innumerevoli esperienze di decoratore teatrale, che hanno caratterizzato l'attività di Picasso negli ultimi cinque anni, sono la base da cui si sviluppano le due eccezionali composizioni. Tre ure della commedia - Pulcinella, Arlecchino e un monaco -, maestose, ieratiche e monumentali, sono disposte del tutto frontalmente dietro un tavolino, al di sotto del quale si trova pure un curioso motivo plastico, un fantasmagorico cane, come del resto appare spesso nelle opere di questi anni. Dal cubismo sintetico sono desunti la tecnica vigorosa, il linguaggio semplificato, essenziale, la schematicità delle forme geometriche, la resa delle grandi e semplici superfici piatte, che denunciano l'origine del papier collé, e articolano e strutturano architettonicamente il dipinto. Ma le piatte forme colorate sono divenuti elementi urativi: la loro disposizione è strutturata in modo da renderle immediatamente leggibili a chiunque. La chiarezza formale si accomuna alla ricchezza cromatica, sottilmente variata e caratterizzata dall'intenso uso dei colori primari. Vive e brillanti, le tinte dei costumi accentuano il carattere misterioso e spettrale dei personaggi, distaccandoli dal fondo bruno. Il modo di trattare lo spazio è del tutto particolare. Le ure sono disposte in assoluta frontalità "iconica", ogni illusionismo spaziale è bandito, ma la profondità di quello che pare essere un ambiente è resa attraverso un'indicazione puramente schematica di spazio, quasi in proiezione ortogonale, determinata dagli angoli, dipinti in tonalità diverse di bruno, del pavimento, delle pareti e del soffitto. La linea dell'orizzonte sulla sinistra è, però, più alta che a destra.
NATURE MORTE CON STRUMENTI
In questo periodo Picasso visse d'estate sulla Costa Azzurra, soprattutto a Juan-les-Pins; conobbe e aiutò Mirò. La Danse del 1925 (Londra, Tate Gallery) segnò l'abbandono di ogni illusione classicistica, il ritorno a una violenta deformazione espressiva, del tutto libera, però, dallo strutturalismo programmatico del cubismo 'storico'. Formalmente, divenne sempre più complesso e ricco il rapporto fra piani spaziali e grafia continua in superficie. I sempre più frequenti contatti con il gruppo surrealista parigino si tradussero, dal 1928 in poi ('periodo di Dinard'), nella violenta sublimazione erotica delle immagini e intrecci di membra femminili, visti in chiave di simbolo fallico (con risultati che influenzarono profondamente l'arte inglese, da Moore a Sutherland). Indice di tale orientamento furono le prime grandi serie grafiche. In un crescendo mitico, alle donne-fallo si aggiunsero dopo il 1930 i simboli del toro e del Minotauro, mentre aumentava la programmatica violenza strutturale e cromatica esercitata sulla ura umana. Nel 1934 Picasso ruppe con la moglie, in seguito a un precedente rapporto con Marie-Thérèse Walter.
Nel 1935 nacque la lia Maïa. Dello stesso anno è l'incontro con Dora Maar. Alla crescente violenza drammatica del pittore sembrò dare giustificazione a posteriori lo scoppio della guerra di Sna nel 1936. Già aderente alle istanze di sinistra dei surrealisti, Picasso si mise appassionatamente al servizio del governo repubblicano, curò la protezione e lo sfollamento da Madrid dei capolavori del Prado. Picasso, cui era stato chiesto un pannello decorativo per il padiglione snolo alla grande esposizione parigina del 1937, dopo il feroce bombardamento della cittadina basca (26 aprile 1937), con una decisa presa di posizione politica e umana, trae spunto dall'evento per creare un opera universale, emblema di tutte le tragedie della guerra, sicuramente il più noto dei suoi dipinti: Guernica.
Ancora in fase di lavorazione, Picasso dichiara alla stampa anglosassone: 'Nel dipinto a cui sto lavorando e che si intitolerà Guernica, e in tutte le mie opere recenti, esprimo chiaramente il mio odio per la casta militare che ha fatto naufragare la Sna in un oceano di dolore e di morte'. A proposito di questo suo profondo impegno morale, Picasso dirà nel 1945: 'Cosa credete che sia un artista? Un imbecille che ha solo degli occhi se è pittore o delle orecchie se è musicista? Al contrario, è un essere politico, costantemente vigile davanti ai laceranti, ardenti o dolci avvenimenti del mondo, che si modella completamente a loro immagine. Come sarebbe possibile disinteressarsi degli altri uomini, e, in virtù di quale eburnea indifferenza ci si distaccherebbe da una vita che gli stessi uomini donano così generosamente? No, la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti, è uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico.'
I due disegni preparatori a Guernica, i primi in ordine di tempo tra i numerosi eseguiti da Picasso tra il primo maggio e il sei giugno 1937, presentano le ure chiave della composizione finale: il toro immobile, maestosa immagine di violenza brutale, il cavallo sventrato e urlante, urazione del popolo, la donna con la lampada, tutte immagini simboliche più volte interpretate dalla critica, ma delle quali Picasso non amava dare spiegazioni; 'La mia produzione non è simbolica, solo Guernica lo è In essa vi è un appello al popolo, un senso deliberatamente proandistico'. E ancora, in un intervista del 1945, Picasso, interrogato a proposito del simbolismo di Guernica: 'Il toro rappresenta la brutalità, questo cavallo è il popolo. Lì ho usato il simbolismo, ma non in altre opere'. Un dipinto che, nonostante la sua portata politica, non piace ai dirigenti repubblicani snoli che lo giudicano 'antisociale, ridicolo e del tutto inadeguato alla sana mentalità del proletariato'. C'è addirittura un momento in cui si pensa di ritirare il quadro dal padiglione espositivo e lo stesso Louis Aragon, amico di Picasso e comunista da lunga data, aveva qualche perplessità sull'opera. Di avviso contrario sono alcuni critici, tra cui Jean Cassou, che, salutando in Guernica un nuovo Picasso, nel 1937, appena esposta l'opera, scrive: "Fino a quest'ora la pittura di Picasso appariva priva di ogni significato. Ma Guernica straripa di pienezza, di presenza, di segni e di grida. Esprime la nostra più intima tragedia". Nonostante le critiche, Guernica viene portata 'in tournée' a beneficio della Sna repubblicana, ed esposto prima a Londra, poi in Scandinavia ed infine a New York, dove rimane fino alla morte del generale Franco per volontà dello stesso artista, che lo destinava alla Sna solo nel momento in cui questa avesse ritrovato la libertà democratica. Le fasi di realizzazione del dipinto vengono documentate da una serie di fotografie di Dora Maar, una delle quali esposte in mostra. Picasso, che da Parigi segue con grande partecipazione ogni fase della guerra di Sna, da lui stesso definita 'una battaglia della reazione contro il popolo, contro la libertà', lui che afferma che tutta la sua 'vita d'artista non era stata che una lotta continua contro la reazione e la morte dell'arte', come atto d'accusa in parole e in immagini ha già inciso nel gennaio 1937, prima della realizzazione di Guernica, compone le due acqueforti Sogno e menzogna di Franco, grottesche e cariche di simboli, riallacciandosi così all'opera di Goya. Franco, instauratore di una dittatura militare, è la Bestia, l'incarnazione di tutti i mali, il Demonio contro cui si batte il toro, qui immagine potente del popolo snolo, mentre una donna urlante, la Sna, abbandona la propria casa invocando aiuto. Tutte immagini che, delineatisi qui per la prima volta, sfoceranno proprio in Guernica.
La violenza ormai crudele esercitata sulle ure femminili (le 'donne-mostro'), anche della Maar e della lia Maïa, e sulle cupe nature morte, con i frequenti simboli funerei del cranio e del bucranio, e che dà toni tragici anche al capolavoro della Pesca notturna ad Antibes (1939, New York, Museum of Modern Art), collega le opere fino al 1945 alla realtà europea, con singolari tangenze con le ultime opere di Klee, che Picasso aveva visitato in Svizzera nel 1937. L'attività fino al 1945 e poco oltre è l'ultima a incidere realmente sulla cultura pittorica europea (specie francese e italiana), dando origine al neocubismo (in realtà neopicassismo) dell'immediato dopoguerra. Da allora, al prevalere di nuove istanze culturali di origine diversa dall'avanguardia cubista, corrisponde da parte di Picasso un definitivo ritorno al 'gioco', quasi simbolo di una conclamata perdurante vitalità fisica (donde un gusto gioioso per una vita- teatro clamorosamente pubblicizzata, con le nuove comne, Françoise Gilot, da cui ebbe i li Claude e Paloma, infine Jacqueline Roque, che sposò nel 1958). Con una produttività eccezionale (anche nella ceramica, dal 1947 nella residenza di Vallauris), Picasso riprende vorticosamente tutte le sue 'maniere', aggiungendovi un nuovo senso sontuoso, quasi barocco, della pasta cromatica e dell'intreccio formale, che ha forse i suoi risultati migliori negli interni delle sue successive residenze, la villa Californie a Cannes e il castello di Vauvenargues. Tipico di questo gioco, fra orgoglioso e autoironizzante, è il gusto di sfida insito (negli anni Cinquanta e Sessanta) nelle grandi serie di 'variazioni' su celebri capolavori di Courbet (Damigelle sulle rive della Senna), Delacroix (Donne d'Algeri; 15 versioni, 1954-l955), Velázquez (Las Meniñas; 44 versioni, 1957), Manet (Le déjeuner sur l'herbe, 1960), in cui ancor vive robustamente la fondamentale vocazione dissacrante dell'artista.
L'ultimo quadro di quel genio 'che solo la morte ha saputo dominare', come dice André Malraux, reca la data 13 gennaio 1972: è Personaggio con uccello. L'ultima dichiarazione che a noi rimane è questa: 'Tutto ciò che ho fatto è solo il primo passo di un lungo cammino. Si tratta unicamente di un processo preliminare che dovrà svilupparsi molto più tardi. Le mie opere devono essere viste in relazione tra loro, tenendo sempre conto di ciò che ho fatto e di ciò che sto per fare'.
La ura di Picasso è senza dubbio la più celebre, e anche la più discussa, dell'arte contemporanea. Se la straordinaria ricchezza delle sue esperienze stilistiche e l'innegabile abilità tecnica hanno fatto dubitare della sua sincerità di artista, tuttavia l'intera sua opera ha i caratteri della genialità e della vera arte, innovatrice e feconda al di là delle polemiche e delle mode. Alla sua morte la sua collezione personale di dipinti (con opere di Le Nain, Chardin, Courbet, Corot, Degas, Gauguin, Renoir, Rousseau, Matisse, Cézanne, Derain, Braque, Mirò, Modigliani) è stata donata allo Stato francese. Il comune di Parigi ha deciso di ospitarla in un apposito Museo Picasso, allestito all''Hôtel Salé', appositamente ristrutturato e inaugurato nel 1985.
Bibliografia:
Roland Penrose, 'Pablo Picasso: la vita e l'opera', Piccola Biblioteca Einaudi
Baldi, 'Dal testo alla storia, dalla storia al testo', volume III, tomo 2a, Paravia
G. Cricco, F.P. Di Teodoro, 'Itinerario dell'arte 3', Zanichelli
AA. VV., 'Manuale di storia dell'arte 2', Electa, Bruno Mondadori
F. Giraudeau, M. Lombardi, 'Littératures de la Réstauration aux nos jours', Zanichelli
F. Russoli, F. Minervino, 'Picasso Cubista', Classici dell'arte Rizzoli
'Enciclopedia dell'arte', Garzanti
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