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Pieve del Tho
Museo di Galeata
Abbazia di S. Ellero ina 5
Bibliografia ina 7
Pieve del Tho
La prima menzione di questa Pieve, posta ad otto miglia dalla Via Emilia - dichiarata monumento nazionale fin dal 1908 - si trova in una pergamena conservata nell'archivio arcivescovile di Ravenna del 2 febbraio 909, ma la sua origine è certamente anteriore, essendo stata per secoli l'unico centro di culto dell'alta valle del Lamone, con una giurisdizione vastissima, da Crespino a S.Cassiano in Pedrosola.
La scritta che sulla quarta colonna della navata di destra ricorda i quattro
imperatori Valente, Valentiano I e II e Graziano ha portato qualcuno a fissarne
la data di fondazione al 375 e l'abside al sec. X, ma senza prove concrete. Del
resto la Costituzione di Onorio è del 398.
Più accettabile la tesi che per la sua costruzione si sia fatto uso di
materiale trovato sul posto, forse come scrive lo storico Saletti, da un tempo
dedicato a Giove Amone.
Gli scavi condotti dal 1951 al 1967 non hanno purtroppo risolto nessuno dei
molti interrogativi che sorgono di fronte a questo monumento romanico che nel
1572 subì radicali modifiche determinate dall'eccessivo innalzamento del
terreno circostante e dalla necessità di una maggiore capienza. Fu
così innalzato il pavimento di circa un metro e le due nuove arcate
della chiesa assorbirono l'atrio.
Entrando, ecco l'originale acquasantiera ricavata da un capitello e, nella
navata di destra, una rara lapide funeraria in ceramica faentina del 1592;
accanto, un Sant'Antonio Abate in terracotta del faentino Graziani (1828). In
fondo alla navata, la tavola dei pittori faentini Scaletti e Mengari (1515): la
Madonna col Bambino tra S.Antonio da Padova e S.Giovanni Battista, protettore
della chiesa. Di fianco, nell'ultimo arco, un affresco del 1450: la Vergine col
Bambino. Sull'altare centrale, di recente, è stato posto un paliotto in
arenaria (secolo VI-VII) stile barbarico o longobardo, oggetto di varie
interpretazioni da parte degli studiosi. Questo paliotto, fino a pochi anni fa,
era posto sull'arco della porta di ingresso della chiesa
Nell'abside, che mostra al centro un'antica bifora, i resti di alcuni
affreschi: una Vergine delle Grazie col Bambino (sec.XIV) e, all'interno
dell'ultimo pilastro, un Sant'Antonio Abate all'incirca dello stesso tempo, e
una Madonna con Bambino (Scuola del Melozzo da Forlì?). Nella parte
absidale è inserito il Tabernacolo, opera in arenaria del Poli (1534).
La ceramica rafurante l'Annunciazione è dono di G.Malmerendi.
L'ultima colonna della navata di sinistra, in marmo rosso di Verona, mostra
incastonata una conchiglia marina e, alla parete, un Crocifisso del 1270 in
legno d'ulivo di scuola senese. Sul battistero una ceramica dei brisighellesi
Bartoli-Cornacchia: Cristo riceve il battesimo da San Giovanni Battista.
Presso la prima colonna, la Beata Vergine della Melagrana, terracotta toscana
del sec. XV.
La cripta messa in luce dal pievano don Pio Lega, è una costruzione
tipicamente romana che presenta giare, basamenti di colonnine, nello spigolo di
sinistra un mattone romano con inciso il gioco dell'agnello e del lupo e l'urna
con i resti si S.Claro, piccolo martire romano: fu regalata da Pio IX. Nella
camera attigua, la prima del museo, il basamento del campanile e di alcune
colonne, un mattone manubriato, frammenti di antichi vasi e ceramiche dal 1300
in avanti.
Avanzando ancora, un mattone romano con l'impronta del cane e del piede di un
bambino, la saldatura in piombo di una giara, un frammento di pavimento a
mosaico romano (proviene da Cà
Maccolini, nota per la battaglia del primo Febbraio 1425), una tomba romana
forse del terzo secolo e la celletta termale per le inalazioni, di epoca
augustea ancora resti di giare, anfore, capitelli e un'architrave etrusca.
Interessanti anche i reperti del cortile interno, fra cui un antico frantoio
per le olive. Le campane sono collocate su un'antica torre militare di
osservazione alta m.21 e restaurata nel 1968. La campana più antica
porta la data 1532.Da ricordare ancora i restauri al tetto della chiesa del
1977.
Per non smentire la valle, terra prolifica di prelati, anche un pievano della
Pieve del Tho fu elevato alla dignità cardinalizia: Mons. Pietro Pucci (1531) e questo oltre a Mons. Andrea Calerai, vescovo di Bretoni.
Il pievano o guida locale accoglie il visitatore con la maggiore
cordialità ed illustra esaurientemente ogni particolare del monumento, uno
fra i più suggestivi della vallata del Lamone.
Galeata (museo)
Siamo nel museo di Galeata, la città che fu erede dell'antica Mevaniola, che si trova a circa un miglio di distanza verso Sud. A Nord invece si trova il palazzo di camna di Teodorico. Sopra Galeata, ad Ovest sorge tuttora l'abbazia di S. Ellero. L'abbazia ebbe grande importanza non solo spirituale, ma grazie alla sua posizione anche economica, commerciale e militare. Essa costituì una parte focale per il dominio di Romagna durante le sottili controversie tra Ravenna e Roma e poi tra papato, arcivescovile, ed impero fino a divenire nel XV sec. nullius diocesis, cioè diocesi indipendente, che non appartiene a nessuna giurisdizione. I pellegrini ma soprattutto i mercanti la avevano fatta un centro importante nelle vie dei traffici commerciali. I castelli a lei collegati avevano sviluppato la difesa della valle. Gli abati di S. Ellero erano diventati così abati guerrieri. Proprio dall'abbazia provengono gli elementi plastici esposti nella sala A, nelle scale e al 1° piano del museo di Galeata, dove troviamo due pregevoli pezzi a carattere decorativo tolti appositamente dalla facciata. Accanto a questi sono collocati due capitelli preromanici della chiesa di S. Pietro di Galeata, cui appartengono anche due colonnine, in parte frammentaria, ora situate nel lato destro del cortile.
Questa cultura si evolve dalle lastre incise agli intrecci in rilievo ed a più complesse iconografie, fino a giungere ad espressioni monastiche e ad elementi con ure umane chiaramente presupponenti il chiostro. Tale evoluzione è testimonianza anche nell'attiguo cortile.
L'episodio artistico più alto è costituito dalla lastra con S. Ellero e Teodorico dove si cristallizza il momento più importante della Leggenda di questo luogo
Abbazia di S. Ellero
L'abbazia di S. Ellero domina Galeata e la valle del Bidente dall'alto di un ripido colle. Qui, secondo il racconto sulla vita del santo di Paolo Monaco, Ellero fu guidato da un angelo e qui incontrò Teodorico, re goto che nei pressi di Galeata aveva un palazzo per uso di caccia. In questo luogo Ellero, vissuto fra il 476 e il 558, condusse una vita eremitica e fondò insieme ad alcuni seguaci un cenobio che col tempo si arricchì mediante cospicue donazioni terriere. La prima abbazia, eretta nei primi anni del VI sec., presto divenne un centro religioso, dotato anche di potere economico e politico su di un territorio inserito tra i domini Longobardi e Bizantini. Inoltre il cenobio di S. Ellero era posto lungo un importante percorso di comunicazione fra Romagna e Toscana che nel medioevo divenne via di pellegrinaggio romeo. L'abbazia, governata da abati-guerrieri e difesa da un sistema di castelli, ebbe piena autonomia siano al 1288 quando Ravenna ne ottenne il possesso. Nel 1483 passò sotto l'ordine camaldolese e nel 1520 fu unita all'abbazia di S. Maria di Cosmedin di Isola; in seguito fu conferita in commenda ed entro in una fase di decadenza. La primitiva chiesa fu ricostruita nel XI sec.; venne in gran parte distrutta da un terremoto del 1279 e nel corso dei secoli subì numerosi interventi di restauro o di parziale rifacimento (1496, 1602, 1704, 1918, 1958). L'edificio presenta la facciata in blocchi di pietra squadrata; notevole il portale romanico risalente alla chiesa del XI sec. L'interno ad una navata appare alquanto spoglio dopo l'ultimo restauro. Numerossissimi, nelle pareti delle cappelle laterali, i frammenti scultorei e musivi nonché epigrafi romane e medioevali; in particolare si segnala il bassorilievo rappresentate l'incontro tra S. Ellero e Teodorico. Della chiesa romanica restano il presbiterio e la sottostante cripta che contiene l'urna contenente i resti del santo. Qui è il luogo santuariale dell'abbazia al quale convengono ancora oggi numerosi devoti della Romagna e delle zone di confine e dalla Toscana il 15 maggio, ritenuto il giorno di nascita del santo. Le ossa di S. Ellero vennero rinvenute nel 1496 e furono collocate nel sarcofago di granito lavorato, opera databile fra il VIII e il IX sec. Dietro il sarcofago vi è la cosiddetta "cella" di S. Ellero, ove, secondo la tradizione, il santo si raccoglieva in preghiera; nella volta di questo angusto antro di apre una fessura di 25 cm di diametro dal quale un tempo i pellegrini calavano cibi e oggetti perché venissero benedetti al contatto con le reliquie. Da moltissimo tempo è usanza dei pellegrini appoggiare il capo a questa apertura per essere liberati dal mal di testa.
Grande fu il culto per S. Ellero che nel medioevo si estese in tutta la Romagna e ne territorio toscano a esso adiacente. Numerose furono le chiese a lui dedicate, fra le quali si ricorda la collegiata di Lugo, città nella quale il santo è chiamato Ilaro. L'iconografia tradizionale mostra S. Ellero vestito da abate con mitria e pastorale e affiancato da un angelo che lo guida
"L'abbazia di S. Ellero" di E. Leocini
"Galeata: i monti, il museo, gli scavi" a cura della società di studi romagnoli
"Arte e santuari in Emilia Romagna" a cura del consorzio delle Banche Popolari Cooperative dell'Emilia Romagna
Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani
" Monumenti di Forlì e provincia" di F. Edilzoni.
"Guida rapida d'Italia" a cura del Turing club italiano
Sito del comune di Forlì gestito dall'azienda autonoma di Soggiorno di Forlì
"Galeata nella storia dell'arte" di D. Mambrini.
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