storia dell arte |
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Romanticismo
Il termine
<<romanticismo>> indica il momento umano in cui il sentimento
prevale sul ragionamento.
Il movimento romantico nasce, in opposizione al neoclassicismo, come
manifestazione d'individualità contro la bellezza astratta di tradizione
greco-romana, esplicandosi in senso soggettivo come manifestazione del
sentimento dell'artista e in senso oggettivo come rappresentazione del
<<tipico>>.
Il romanticismo riconosce la continuità tra arte e vita, e vede quindi
l'artista impegnato nelle lotte nazionali: l'artista romantico vive
intensamente tutte le vicende della sua epoca, anche quelle politiche.
Poiché l'opera d'arte non è soggetta a regole, quelle regole che si
apprendono dalla scuola, ciò significa che artisti si nasce, non si
diventa attraverso lo studio.
E poiché la scuola impone proprio quelle regole, obbligando a un solo modo di
esprimersi e reprimendo ogni tentativo di affermazione individuale, bisogna
combattere contro di essa, che è la morte della libertà
dell'artista.
Essendo l'opera d'arte l'espressione del <<sentimento soggettivo>>
ne consegue che essa non è frutto della razionalità, ma
dell'intuito, del <<genio>>.
Solo il genio, dotato di facoltà superiori, è capace di creare
dal nulla, perpetuando con l'opera il suo pensiero.
I temi romantici non sono tratti dal mito, ma, per lo più, dal medioevo.
Ciò spiega perché, più che in Italia, il cui passato è
legato alla civiltà romana, queste idee sono sostenute in Germania, in
Inghilterra, in Francia.
E spiega anche l'origine della parola romantic che, in Inghilterra, fin dal
XVII sec., significava <<romanzesco>> e, nel secolo successivo,
diviene sinonimo di medievale o gotico.
Il romanticismo, trae origine dalle teorie estetiche illuministiche, infatti
è il Settecento che sostiene la poetica che culmina, fra il 1770 e il
1780, nel movimento culturale tedesco detto Sturm un Drang (tempesta e impeto)
contraddistinto da un'esplosione di passionalità, di individualismo, di
irrazionalità e di riaccostamento all'arte medievale.
Romanticismo (Pittura)
Il
romanticismo ha, in pittura, un grande sviluppo, in quanto anche quando imita
il mondo esterno, dà all'artista la possibilità di interpretarlo,
inventando colori, luci, forme, spazi.
In Germania Caspar David Friedrich (Greifswald, 1774 - Dresda, 1840) è
ritenuto un grande paesaggista, nel senso che fa convivere l'uomo con la
natura: nel paesaggio egli esprime la ricchezza dei suoi sentimenti, la
solitudine dell'uomo, la sua angoscia di fronte al mistero; nella natura egli
coglie il <<sublime>>, cioé il senso di sgomento che l'uomo prova
di fronte alla grandezza della natura.
Ciò si può vedere nella sua opera: Il naufragio della Speranza,
dove, in primo piano i lastroni di ghiaccio, aguzzi e taglienti, si accavallano
in una forma piramidale spinta a sinistra, mentre sul fondo si perde la grande
distesa del pack, rotta, qua e là, da montagne di ghiaccio e, in alto,
il cielo plumbleo.
A destra, adagiata su un fianco, travolta e schiacciata dalla forza dei
ghiacci, si vede la poppa di una nave, la Speranza.
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In
Inghilterra, si afferma lo svizzero Johann Heinrich Füssli (Zurigo, 1741 -
Putney Hill, Londra, 1825), il quale traduce in sogni visionari il suo mondo
intimo.
Lo stesso fa l'inglese William Blake (Londra, 1757 - ivi, 1827).
Poiché l'uomo, nella concezione romantica, è immerso nella natura, il
paesaggio diventa uno dei temi preferiti: non il paesaggio riprodotto con
lucida oggettività, ma quello vissuto intimamente dal pittore.
E' in quest'ambito che si devono collocare i maggiori paesaggisti inglesi: John
Constable (East Bergholt, Suffolk, 1776 - Londra, 1837) e Joseph Turner
(Londra, 1775 - ivi, 1851).
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Altri
pittori inglesi cercano di recuperare temi antichi, dando loro una veste
dimessa, attuale.
Nasce così, ad opera di Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 -
Birchington-on-Sea, 1882), William Holman Hunt (Londra, 1827 - ivi, 1910) e
John Everett Millais (Southampton, 1829 - Londra, 1896), la
<<Confraternita dei preraffaelliti>>.
I preraffaelliti intendono rifarsi alla pittura del passato e, precisamente, a
quella che precede Raffaello, volendo recuperare la purezza dell'arte del primo
rinascimento italiano.
La società dell'Ottocento vive una crisi sociale dovuta al trapasso da
una società agricola e artigianale a una società industriale.
Pittori come William Morris (Elm House, Walthamstow, 1834 - Hammersmith,1896)
cercano di applicare una raffinata bellezza anche ai prodotti destinati all'uso
quotidiano, come la carta da parati, i vetri o i tessuti, in contrasto con
l'uniforme produzione in serie per opporsi alla prevalenza della macchina.
Sua è l'iniziativa del movimento Arts and Crafts (Arti e mestieri) che
tenta di superare la scissione fra arte come prodotto dell'inventiva umana e
oggetto d'uso come prodotto dell'industria.
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Uno dei
motivi fondamentali della pittura romantica, e perciò di quella
francese, è però il <<sublime>>.
Thèodore Géricault (Rouen, 1791 - Parigi, 1824) è il maggior
pittore francese; egli rappresenta il dramma della realtà presente.
Nasce così, da un fatto di cronaca, il dipinto: La zattera della Medusa.
Il quadro è classico per l'equilibrio con cui sono disposti i corpi e
per la bellezza dei nudi.
Ivi, tutto è movimento: la zattera, squassata dai cavalloni scuri che
stanno per investirla, si solleva da un lato, mentre la vela si gonfia a causa
del vento.
I corpi dei morti sono scomposti; i nudi realistici.
Dal lato opposto, due naufraghi sventolano dei panni, è la speranza dei
superstiti: all'orizzonte, lontanissima, appare, simbolo della salvezza, la
sagoma di una nave.
La luce, livida e drammatica, incide sui corpi, rivelandoli scultoreamente.
In seguito Géricault passa dal dramma collettivo a quello individuale.
Nasce così, la serie dei Pazzi, di cui rende il dolore e la sofferenza
attraverso la profondità espressiva degli occhi, il movimento dei piani
facciali e il rapporto cromatico.
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Ammiratore
di Géricault è Eugène Delacroix (Charenton-Saint-Maurice, 1798 -
Parigi, 1863), il quale vive intensamente l'esperienza romantica.
Tra le sue opere più note vi è: La liberà che guida il
popolo, opera che nasce in relazione ai moti rivoluzionari del luglio 1830, che
rovesciarono il regno di Carlo X in soli tre giorni.
Nel quadro vi è un impianto piramidale e una spinta dinamica da sinistra
a destra; la tela è dominata dall'impeto travolgente del popolo che
avanza e che nessuna forza reazionaria potrà arrestare.
E' questo un quadro polito dove è esposta con chiarezza l'ideologia
liberale dei giovani romantici.
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Come in
Inghilterra, anche in Francia si sviluppa la pittura di paesaggio.
Nasce il movimento detto << Scuola di Barbizon>>, capitanato da
Théodore Rousseau, a cui si affiancano: Jules Dupré, Narcisse Diaz, Constant
Troyon, Charles Daubigny.
Barbizon è un piccolo paese ai margini della foresta di Fontainebleau,
dove si riunivano alcuni pittori che erano animati dal desiderio di riscoprire
la purezza della natura, immergendosi in essa.
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In Italia
il pittore romantico più acclamato è Francesco Hayez (Venezia,
1791 - Milano, 1882).
Di lui si apprezzava non il valore artistico, ma la scelta dei temi tratti
dalla storia italiana, tali da evocare momenti di antica gloria nazionale, come
ad esempio: I Vespri Siciliani. Ivi i personaggi sono in una posa studiata
registicamente e sembrano più recitare la storia che viverla
direttamente. Hayez non riesce a dare anima a ciò che narra, in quanto
egli, in realtà, è un neoclassico che scegli soggetti storici
senza sentirli romanticamente. In qualche altro caso, la falsa storicità
del tema e la posa studiata vengono riscattati dalle qualità cromatiche,
come nel celebre Bacio, dove la leziosità degli atteggiamenti viene diminuita
dalla vitalità pittorica della lucente veste azzurra della donna. Hayez
è anche autore di ritratti di personaggi famosi.
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Arstista del tutto indipendente è il lombardo Giovanni Carnevali (Montegrino, Luino, 1804 - Cremona, 1873), detto il Piccio (piccolo), il quale si riallaccia alla tradizione lombarda-emiliana, ricavandone il senso dello sfumato morbido, del colore e della natura, che interpreta romanticamente. Lo stesso dicasi per Antonio Fontanesi (Reggio Emilia, 1818 - Torino, 1882) che può essere accostato ai pittori di Barbizon, perché come loro, rende la solennità che prova l'animo umano davanti allo spettacolo della natura.
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