storia dell arte |
A Venezia,rocca del colore Bizantino,alla fine del Quattrocento,quando cioè vi giunse Tiziano fanciullo,era appena passato Antonello da Messina,lasciando il ricordo della sua arte piena di atmosfera e l'eredità della pittura ad olio appresa dai fiamminghi.
Dominavano nella laguna Gentile e Giovanni Bellini: il primo con le sue composizioni miniate,il secondo con le se dolci Madonne,e i suoi ritratti incisivi.
Gli schemi compositivi erano regolati da leggi precise tanto che le opere più ardite di Giorgione (pala di Castelfranco) erano considerate un'azzardata novità.
Nella sua pittura si avvertiva già un particolare senso dell'atmosfera,un modo d'essere più aperto ai valori sentimentali e poetici dell'arte,un velo malinconico sui volti dei suoi personaggi:tutti elementi che lo rendevano il nuovo maestro del tempo.
Fù dunque a Giorgione che venne dato l'incarico di affrescare il Fondaco dei Tedeschi,distrutto da un incendio nel 1505.L'artista riservò a se stesso la facciata sul Canal Grande e chiamò a dipingere quella centrale,verso Rialto,il suo aico Tiziano.
Tiziano Vecellio nacque nel 1488 a Pieve di Cadore da Gregorio di Conte Vecellio e dalla moglie Lucia.fin dalla giovane età incline alla pittura,Tiziano compì la sua formazione a Venezia in contatto con la bottega dei Bellini e,successivamente presso Giorgione.
Alla rapidissima assimilazione del linguaggio rivoluzionario del maestro, accomno' la tendenza a darne un'interpretazione di grande libertà ed originalità, tanto che i suoi affreschi nel Fondaco dei Tedeschi furono scambiati per opere di Giorgione.
Tiziano contrappose alla visione naturalistica di intonazione lirica a contemplativa di Giorgione la prepotente vitalità dei suoi personaggi, la drammatica immediatezza dell'azione rappresentata in composizioni sciolte e dinamiche, agitate da intensi contrasti chiaroscurali. Nonostante ciò rimane ancora traccia della sensibilità naturalistica tipica di Giorgione in numerosi dipinti del secondo decennio dal ' Noli me tangere ' e dal ' Battesimo di Cristo ' alla ' Sacra Conversazione ' e all' ' Amor Sacro e Amor Profano'.
Senza dubbio l'opera che lo pose come personalità guida della pittura veneta fu l'' Assunta ' in cui riuscì ad adeguare il nuovo linguaggio cromatico tonale
( derivato da Giorgione ) alle esigenze della monumentalità con composizioni religiose. E' la pienezza della vita che esplode dell'Assunta eseguita nella chiesa dei Frari tra il 1516 e 1518 : una creatura vera, corposa come tutte le donne di Tiziano, che uno stuolo di angeli porta in cielo mentre in basso gli apostoli agitati la guardano e il Padre Eterno in alto la accoglie. E' una grande pala, con le ure al vero, tutte investite di luce per accordarsi con le grandi finestre dell'abside dei Frari; la scenografia è accuratamente studiata per creare l'illusione del volo agli occhi degli spettatori lontani. La Madonna è una ura pesante, che non riesce a volare ma prepotentemente ' vera' . Colpisce emotivamente lo spettatore trascinandolo con la foga dei gesti e con lo splendore dei
colori ; l'opera è stata accusata di teatralità, ma ciò è dovuto al fatto che si rivolge a grandi masse composte da uomini di cultura fortemente differenziata per cui l'ampiezza dei gesti, l'evidenza degli atteggiamenti e delle espressioni, servono per poter essere percepiti immediatamente, sul piano istintivo più che su quello intellettuale.
L'' Annunciazione' , ' La Madonna con il Bambino ' , La Deposizione ' , ' La Vergine al Tempio ' e ' La Visione di S. Giovanni Evangelista' sono tutti dipinti che indicano chiaramente nei violenti risalti plastici, nell'accentuamento degli scorci e nell'esaltazione degli elementi scenografici; una svolta nel percorso stilistico dell'Artista, verso la drammaticità della rappresentazione. Da queste opere si passa alla drammaticità, alla tragica violenza dell''Incoronazione di spine' con le ure di Cristo e dei tormentatori spietatamente individuate nella luce costrette in primo piano dalla muraglia retrostante.
Nell'ottobre 1545 giunse a Roma accolto trionfalmente presso la corte Pontificia dove eseguì numerose opere per i Farnese, come il ' Ritratto di Ottavia Farnese' da sempre annoverato tra le opere più importanti del Maestro e come uno dei capolavori della ritrattistica di tutti i tempi , per la forza di individuazione dei personaggi, considerati singolarmente e inseriti in una particolare situazione emozionale e per la concisione della resa pittorica. Tiziano volto più all'approfondimento delle sue possibilità espressive e della sua pittura basata quasi esclusivamente sulla luce e sul colore, tornato a Venezia riprese la sua attività. Chiamato ad Augusta da Carlo V, all'inizio del 1548 Tiziano vi dipinse il più eroico dei ritratti dell'Imperatore rafurato a cavallo in armatura dopo la battaglia di Muhlberg sullo sfondo di un vasto paesaggio incendiato dalla luce del tramonto.
In questo quadro Tiziano celebra la vittoria di Muhlberg, rende il senso umano, la solitudine dell'Imperatore, la stanchezza; quella stanchezza causata da anni di lotte politiche e militari che indurrà Carlo qualche anno dopo ad abdicare e a ritirarsi nella pace di un convento snolo: in un paesaggio solitario, sotto un cielo nuvoloso, nella luce arrossata del tramonto, al termine del combattimento che lo ha visto vittorioso, il sovrano passa sul suo cavallo, rivestito di quella splendida armatura che si conserva tuttora, la lancia in pugno lo sguardo fisso davanti a sé, piccolo, magro, invecchiato, curvo, la barba percorsa da peli grigi, non trionfatore in gloria ma uomo conscio della tragedia della guerra, della quale è, sì, protagonista, ma solo perché costretto dal ruolo che gli è stato assegnato fin dalla nascita, di guida del più grande stato del mondo.
Con il definitivo ritorno a Venezia nell'anno 1561 si apre l'ultima fase dell'attività del Maestro che, pur abbandonando ai collaboratori l'esecuzione di numerose opere e soprattutto delle repliche, continuò a lavorare con ritmo sorprendente fino agli ultimi anni di vita: dipinti nei quali già va affermandosi la magica cromia che caratterizza l'arte dell'ultimo Tiziano, un'esecuzione abbreviata, rapidissima dando alle immagini straordinaria forza di evocazione fantastica e bruciante violenza espressiva.La lunga attività e la riflessione di Tiziano sulla natura e sull'esistenza,che nelle opere più tarde,toccando le corde pi profonde dell'emozione e della commozione,sembra approdare ad una sempre più cosciente e tragica visione della condizione umana,ma senza disperazione e con inesausta passione per la vita vengono interrotte dalla morte il 27 agosto 1576,mentre l'artista esegue la 'Pietà' estrema meditazione sul dramma cristiano,destinata alla propria sepoltura.
La tela che sia cronologicamente,sia per la cura usata da Tiziano nl rirmpire gli spazi tramite un'innovativa assimetria degli elementi compositivi,rappresenta la definitiva affermazione dell'artista e un'esplosione di vita mai raggiunta prima nella pittura,è senza dubbio 'La Pala Pesaro'.
Tale opera si trova nella chiesa dei Frari a Venezia,dove fù solennemente inaugurata l'8 dicembre 1526. Negli scorci,nelle potenti architetture,nella decisa assimetria che contraddice a tutte le regole tradizionali della pittura toscana,la Pala Pesaro costituisce una ardita novità insieme con il diverso modo di concepire e di rappresentare i personaggi sacri,tipico di Tiziano.
Quest'opera fù commissionata dalla potente famiglia Pesaro nel 1519 e fu inaugurata solo nel 1526,celebra la vittoria navale veneziana di Santa Maura (1502) come provato dai prigionieri turchi a sinistra.
Il tema rappresentato è quello della Sacra Conversazione,la Madonna risulta di dimensioni minori rispetto agli altri personaggi,ma essendo compresa nella colonna maggiore ed in posizione sopraelevata resta il punto centrale dell'opera: la luce la evidenzia ed essendo spostata sulla destra della tela,l'equilibrio è ripristinato dal fatto che le linee prospettiche conducano verso un punto di fuga ideale a sinistra, al di là della cornice.
Tenendo presente che ne 'La Pala Pesaro' il punto di vista dello spettatore si riduce al centro dell'opera e non coincide quindi con il punto di fuga, si può notare la creazione di uno spazio dinamico,in cui la scena non si esaurisce completamente ma continua la sua attuazione al di là della cornice.
Tale innovazione inconcepibile per il rinascimento Fiorentino del Quattrocento è evidenziata anche dal fatto che le due colonne sullo sfondo sono tagliate e sembrano continuare oltre la tela,insieme con la croce retta dai due paffuti angioletti sulla nuvola,che rappresentano il futuro e ricordano che questo è governato da Dio.
La scena sembra divisa in due parti e la Madonna fa da spartiacque tra i diversi personaggi: i santi e i nobili a destra con Pietro Antonio da Padova in ginocchio ed il clero con i prigionieri turchi a sinistra, ma tutti convergono verso di lei con movimenti a balzi che formano un triangolo: da un lato i gradini e lo sguardo dei personaggi, dall'altro la linea che va dal volto di Maria e prosegue lungo il braccio di S. Antonio.
La luce proviene da sinistra verso destra,ma c'è anche una fonte centrale che dall'osservatore colpisce gli oggetti,è importante evidenziare anche la nuvoletta bianca che illumina il cielo e si contrappone all'intenso rosso della bandiera dei Pesaro.
I colori risultano equilibrati in uno splendido gioco di contrasti in cui sia i toni del saio Francescano,e delle semplici vesti di Maria che quelli sgargianti dei vestiti nobiliari risultano allo stesso momento legati alla base, ma contrapposti per quanto riguarda le sfumature e gli accorgimenti.
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