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Vincent Van Gogh
Vincent Van Gogh nasce in Olanda nel 1853 e apre un modulo nuovo nell'arte europea negli anni di crisi dell'impressionismo. Anche lui, come Gaugin, è un autodidatta e dipinge per necessità interiore inventando una tecnica tutta personale e trasurando la realtà a favore del proprio "io". Van Gogh era uno spirito inquieto, lio di un pastore protestante, che stenta a trovare la sua strada: fa il commerciante d'arte, il predicatore libero nel Borinage, una regione belga ricca di carbone, i cui minatori vivevano un vita difficile e miserabile, lavorando duramente; a loro Van Gogh regalò tutto ciò che aveva, cercò di aiutarli andando anche a lavorare con loro in miniera. Poi tornò in famiglia e infine vagando da un luogo all'altro, aiutato finanziariamente dal fratello Theo (impegnato in una galleria d'arte a Parigi), decide di dedicarsi interamente alla pittura. Siamo circa nel 1880, quindi circa 10 anni prima della morte del pittore; ma in questo breve periodo egli riesce a creare un numero elevatissimo di opere, oltre 850. Van Gogh possiede una velocità pittorica che rappresenta la necessità di seguire con la mano l'urgenza interiore di esprimersi, in assoluta libertà e obbedendo più al sentimento che alla ragione. Anche gli impressionisti lavoravano rapidamente per non perdere contatto con la fugacità della luce, ma Van Gogh, pur dovendo molto all'insegnamento impressionista, pur restando anch'egli aderente al soggetto naturalistico, tende a proiettare nella realtà sé stesso, quindi a trasformarla, quasi trasurarla secondo i propri sentimenti.
Van Gogh usa la linea non come mezzo descrittivo, ma come funzione espressiva e trasforma volutamente il colore reale per renderlo suggestivo; quindi il colore suggerisce l'emozione, il sentimento che l'autore prova.
I mangiatori di patate (1885)
Van Gogh raggiungerà la piena trasurazione cromatica solo negli ultimi anni della sua vita, quando si trasferirà in Francia; comunque, la sua pittura non è mai oggettiva: a lui più che narrare i fatti o descrivere i luoghi, interessa il significato umano di ciò che rappresenta, così come lo sente.
Si può dire che "I mangiatori di patate" costituiscono la sintesi del lavoro di Van Gogh a Neuen e alla stesso tempo costituiscono anche la fine della sua pittura di interni e nature morte; tre donne e due uomini siedono in un'umile casupola a un piccolo tavolo con tazza di tè e ciotole di patate. Dal soffitto a travi scende una lampada a petrolio che proietta una luce debole nell'oscurità della sera. La disposizione delle ure non è casuale, ma segue un preciso modello geometrico: due personaggi di profilo incorniciano una coppia che siede in posizione frontale, mentre il tavolo viene interrotto visivamente da una ura femminile di spalle. Le poche azioni sono concentrate sul misero pasto, i volti appaiono tristi e suggeriscono un senso di oppressione; la stanza è arredata poveramente, infatti ci sono solo pochi soprammobili (orologio e immagine di Cristo).
Per questa rappresentazione, il pittore utilizza nuove combinazioni di colore, che esprimono anche la sua partecipazione emotiva: le superfici che dovevano essere bianche, sono invece di un grigio cupo, formato da rosso, blu e giallo. Egli da molta importanza alle mani, in quanto vuole mettere in evidenza il rapporto tra il lavoro manuale e il mangiare patate. Van Gogh si è esercitato a lungo su questo tema e la prima testa che ha dipinto è stata effettivamente ridipinta molte volte.
Nel 1886 il pittore si reca a Parigi, dove viene ospitato dal fratello Theo e dove ha i suoi primi contatti con pittori importanti e soprattutto con l'impressionismo. Il 1886 è infatti l'anno dell'ultima Mostra degli impressionisti ed è dunque l'anno in cui si chiude una stagione artistica. Van Gogh capisce il significato dell'impressionismo e questo lo porta a schiarire la sua tavolozza, che fino ad allora era stata molto scura e monotona, scoprendo la bellezza del colore. Inoltre seguendo gli insegnamenti di Seurat iniziò ad usare il puntino neoimpressionista; ma l'accostamento di puntini diviene in Van Gogh uno strumento per eludere la restituzione del vero e più che di puntillismo, si dovrà parlare per lui di divisionismo, perché i puntini diventano sempre più lineette accostate, disposte secondo un ordine coerente alla forma del soggetto.
Nel 1888 il pittore lascia la capitale per recarsi in Provenza, ad Arles, perché aveva bisogno di trovare nuovi ambienti e nuovi colori. In questi luoghi egli vorrebbe creare un "atelier del sud", cioè una comunità di artisti che possono lavorare insieme uno accanto all'altro, come in un rifugio ideale; riesce a far trasferire Gaugin ad Arles, ma l'avanzare della sua malattia mentale e le divergenze artistiche tra i due resero impossibile al convivenza. Dopo poco, in una crisi di follia inseguì l'amico con un rasoio; tornato a casa si tagliò una parte dell'orecchio sinistro per autopunirsi. Fu ricoverato prima nell'ospedale di Arles e poi nella casa per alienati mentali di Saint Remy, fino a che nel 1890 tornava definitivamente a Parigi dal fratello. Il periodo di Arles fu comunque un periodo fecondo di opere di altissimo livello.
La camera da letto (1888)
Quest'opera rappresenta la camera di Van Gogh nella città di Arles; l'arredamento è abbastanza misero e composto unicamente da un letto,due sedie e un tavolino, mentre le pareti sono arricchite da alcuni suoi quadri. In questo dipinto, il pittore voleva rappresentare il "riposo assoluto", ma ogni tratto dimostra praticamente il contrario: l'ambiente risulta mosso e traballante, le pareti sembrano come convergere verso il centro della stanza e questo infonde un senso di angoscia e tensione. A creare la tensione, contribuiscono anche le linee prospettiche, molto marcate, del pavimento che sono spezzate dalle crepe trasversali; un altro elemento di angoscia sono i colori, molto evidenti, ma senza né ombre né chiaroscuro.
Le rappresentazioni della camera da letto fatte da Van Gogh, sono moltissime e la maggior parte si differenzia unicamente per i quadri appesi alle pareti: ci sono stampe giapponesi, ma soprattutto autoritratti, alcuni creati appositamente per essere appesi lì e anche alcuni quadri di altri artisti.
La notte stellata (1889)
La struttura, ovvero l'articolazione interna degli elementi a formare un tutto organico, è un principio compositivo assai rilevante nelle opere tarde di Van Gogh. Ad esempio in quest'opera non si possono più distinguere le macchie di colore che caratterizzavano il puntillismo, perché questi elementi appaiono tutti insieme: i vortici di linee si tramutano in stelle nel cielo notturno, le cime dei cipressi sono rese con pennellate slanciate, le superfici arrotondate fittamente tratteggiate sono i crinali dei monti e le forme geometriche rappresentano l'architettura di un paese. Il dipinto non è quindi frutto dell'impulso di un momento, ma le pennellate e il cromatismo sono ben ponderati.
Quest'opera è stata dipinta nella casa di cura e mostra tutte le angosce e paure del pittore; lo si può vedere dalle pennellate che sono forti, decise, quasi violente.
Tornato a Parigi, si trasferisce poi in un paesino tranquillo dove un giorno, errando nei campi, si spara un colpo di rivoltella al cuore, ma rimasto solo ferito, morirà qualche giorno dopo nella sua casa assistito dal fratello Theo. Negli ultimi due mesi della sua vita nascono alcuni dei suoi capolavori.
Campo di grano con volo di corvi (1890)
Questa è una delle ultime opere di Van Gogh. Il formato è inusuale (con il rapporto altezza - larghezza di 1 a 2) e genera una straordinaria ampiezza visiva, accentuata dal perdersi all'orizzonte della vasta distesa di grano e dalla ssa dei tre sentieri, l'uno in mezzo alle messi, l'altro al di là dei bordi del quadro, così da generare un senso di smarrimento. La scena è composta con un furore creativo, a colpi di pennello, le cui direzioni seguono i piani prospettici o, ad esempio nelle zone più lontane del campo, si scontrano e si accavallano come ondate in tempesta. I colori sono violenti, senza mezze tinte e essenziali: i tre primari e uno secondario, il verde dell'erba che serpeggia lungo i sentieri; qua e là svolazzano i corvi, rappresentati da linee nere zigzaganti, che danno l'idea di presenze minacciose.
La vita di Van Gogh si conclude in tristezza e solitudine ed egli esprime questo suo disagio nelle sue ultime opere, come ad esempio in questa.
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