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BILANCIO DELLA GUERRA - La seconda guerra
mondiale
Secondo
le statistiche, la seconda guerra mondiale fu la guerra più devastante
quanto a perdite umane e distruzione materiale. Il conflitto, che coinvolse 61
nazioni, provocò la morte di circa 55 milioni di persone, tra militari e
civili: l'Unione Sovietica ebbe circa 20 milioni di morti; la Cina 13,5
milioni; la Germania 7,3 milioni; la Polonia 5,5 milioni; il Giappone 2
milioni; la Iugoslavia 1,6 milioni; la Romania 665.000; la Francia 610.000;
l'impero britannico 510.000; l'Italia 410.000; l'Ungheria 400.000; la
Cecoslovacchia 340.000; gli Stati Uniti 300.000. Gli sviluppi tecnologici e
scientifici fecero della guerra un conflitto di una ferocia senza pari: la
popolazione civile fu coinvolta direttamente nei combattimenti e nelle
rappresaglie e fu colpita soprattutto a causa dei bombardamenti aerei. L'evento
più terribile fu tuttavia la deportazione e lo sterminio di oltre sei
milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti, la cosiddetta
'soluzione finale' del 'problema' ebraico (vedi
Shoah).
Distruzione e ricostruzione In Europa le distruzioni operate dalla guerra apparivano in tutta la loro drammatica dimensione. L'Europa orientale e balcanica, nella quale l'invasione tedesca aveva lasciato i segni di inaudite crudeltà, era devastata nelle sue strutture demografiche e materiali. In tutti i paesi in guerra il sistema industriale e le infrastrutture avevano subito danni incalcolabili, più macroscopici nelle grandi città e nei principali porti, sui quali si erano concentrati i bombardamenti aerei. La produzione complessiva del carbone risultava dimezzata rispetto ai livelli prebellici. Finiti i combattimenti, in Germania e nell'Europa orientale si registrarono tremende carestie, ma anche nelle realtà meno colpite dalla guerra si faceva sentire la penuria alimentare.
Uomini senza dimora
Milioni di uomini si trovarono allo sbando, senza casa, lontani dal loro paese, sospinti da una parte all'altra del continente dagli ultimi eventi della guerra e dalla generale confusione del dopoguerra. Erano prigionieri liberati, ebrei sfuggiti o liberati dai campi di sterminio, dirigenti nazisti in fuga dai paesi dell'Est nel timore delle vendette dei vincitori, e in più un numero altissimo di profughi che scappavano dai paesi occupati dall'Armata Rossa: era il caso delle decine di migliaia di tedeschi che dal 1939 si erano trasferiti all'Est sulla scia dell'espansione della Germania e che ora cercavano di rientrare nelle regioni occidentali per sfuggire ai sovietici.
Conseguenze politiche per l'Europa
Alla fine della guerra la situazione mondiale era mutata radicalmente: l'Europa usciva dal conflitto in posizione di dipendenza rispetto alle due potenze vincitrici, Stati Uniti e Unione Sovietica, attorno alle quali si conurò un nuovo equilibrio politico mondiale. L'alleanza tra USA e URSS, che era stata determinante ai fini della vittoria contro Hitler, si trasformò, negli anni successivi al conflitto, in un'aspra rivalità che si manifestò nella cosiddetta Guerra Fredda. La rivalità scaturì da una forte competizione sul piano ideologico, economico, politico, tecnologico, scientifico per il controllo totale del mondo. Due opposti sistemi si confrontarono tra fasi alterne, ora di distensione ora di tensione, anche acuta.
Le premesse della Guerra Fredda erano insite nella conduzione e nella conclusione della seconda guerra mondiale. Infatti, sin dal 1943, l'Unione Sovietica, forte dell'apporto militare determinante ai fini della sconfitta del nazismo, non aveva nascosto il progetto di estendere il suo controllo all'Europa centrorientale. La liberazione da parte dell'Armata Rossa di quell'area europea fu la condizione per attuare un progetto di egemonia comunista. Da questo punto di vista appare chiaro che lo sforzo militare contro la Germania nazista non rispondeva soltanto alla difesa dell'integrità nazionale dello stato sovietico, ma aveva lo scopo di condurre una guerra al tempo stesso ideologica e di conquista, attraverso la quale il sistema comunista avrebbe potuto estendersi su vaste aree europee e asiatiche.
Dopo il 1945, l'URSS vide confermata la grande espansione conseguita a partire dal 1940, con il possesso sia dei territori annessi in virtù del patto di non aggressione firmato con la Germania (le tre Repubbliche baltiche, Lettonia, Estonia, Lituania) sia delle regioni conquistate nella guerra contro Hitler, e cioè la Bessarabia e la Bucovina settentrionale ottenute dalla Romania nel 1944, ampie regioni polacche situate nella Bielorussia e nella Galizia, nonché una zona della Prussia orientale tolta alla Germania. Il confine tra Polonia e Germania, tracciato lungo la linea Oder-Neisse, ricompensava la Polonia con le regioni tedesche della Pomerania e della Slesia.
Poteva dirsi realizzato il disegno di Stalin di togliere l'Unione Sovietica dall'isolamento internazionale in cui era stata posta dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917, di ricostruire un grande stato russo che non solo recuperasse i territori perduti nella prima guerra mondiale ma ampliasse i vecchi confini, e di presentarsi nelle relazioni internazionali come una grande potenza in grado di stare alla pari con gli Stati Uniti. Infine l'Unione Sovietica poteva usufruire del sostegno dell'opinione pubblica di parte democratica e antifascista, che le riconosceva il merito di avere impedito la nazistizzazione totale dell'Europa. Il ricordo della battaglia di Stalingrado confermava tale giudizio.
L'impero comunista Il successo sovietico nel dopoguerra si misurò tuttavia principalmente sulla diffusione dei regimi comunisti in Europa e in Asia (vedi Blocco orientale). In tutta la parte orientale dell'Europa, occupata tra il 1944 e il 1945 dall'Armata Rossa, si insediarono, o attraverso elezioni o con atti di forza, governi comunisti fedeli a Mosca; in Cecoslovacchia, il Partito comunista con un colpo di stato portò il paese nell'orbita sovietica nel 1948.
Non altrettanto l'URSS riuscì a fare in Iugoslavia, paese nel quale la sconfitta del regime filonazista e la cacciata dei tedeschi erano state conseguite con l'azione decisiva degli eserciti di partigiani. La Iugoslavia riuscì a non venire completamente assorbita nell'orbita sovietica, adottando un regime socialista dai connotati antistalinisti sotto la guida del prestigioso capo partigiano Tito.
Nel dopoguerra, la divisione dell'Europa in due blocchi, l'uno orientale filosovietico, l'altro occidentale filoamericano, fu il risultato della conduzione politica e diplomatica della guerra. Sulla Germania la spartizione si esercitò compiutamente, con la sua divisione nel 1945 in quattro zone d'occupazione militare affidate a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, e con la creazione nel 1949 di due stati: la Germania Occidentale, o Repubblica federale tedesca, appartenente al blocco capitalistico, e la Germania Orientale, o Repubblica democratica tedesca, che divenne parte del blocco sovietico. La spartizione fu completata con la divisione dell'ex capitale Berlino in due settori, orientale e occidentale.
La guerra lasciò fissata nella storia europea quella che Churchill con una felice definizione chiamò la 'cortina di ferro', ossia una frattura profonda all'interno dello stesso fronte dei vincitori. Tale frattura rendeva evidente ciò che per tutta la durata del conflitto era rimasto implicito, ossia la convinzione che sulle rovine del nazismo stesse rinascendo la grande rivalità mondiale tra capitalismo e comunismo.
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