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CAMPI ITALIANI DI INTERNAMENTO E DEPORTAZIONE
Non ci risulta esistere una qualche documentazione attendibile a i molti campi di concentramento impiantati dalle autorità politiche e militari fasciste nei territori ex coloniali. Sono noti solo alcuni casi di internamento e di deportazioni di popolazioni ostili all'occupazione militare da parte delle nostre truppe, durante il periodo delle azioni belliche di conquista e, successivamente, contro le popolazioni civili.
LUOGHI
DI INTERNAMENTO IN ITALIA e norme legislative
In merito
al territorio nazionale, tutt'oggi è ignoto il numero e la dislocazione
dei campi di internamento e di concentramento fascisti, edificati prima e dopo
l'inizio della guerra di aggressione del 1940.
Dal 1929, due anni dopo l'entrata in vigore delle leggi di Pubblica sicurezza,
viene istituito presso le prefetture del regno un 'servizio
schedario', con i nomi delle persone da arrestare perché sospetti di idee
antifasciste.
Sulla base di questi elenchi furono, in tempi vari, operati arresti dei
'sovversivi', cioè dì persone capaci di commettere
azioni politiche criminose e di turbare l'ordine pubblico imposto dalla
dittatura. Con particolari norme sulle persone da internare o concentrare in
appositi campi allo scoppio della guerra.
Un numero consistente è costituito dagli irredentisti slavi, considerati
anti italiani, quindi molto pericolosi.
Ai sospetti in linea politica si aggiunsero gli italiani di razza ebraica.
All'inizio dei 1940 le prefetture furono invitate a fornire gli elenchi completi
degli ebrei italiani considerati pericolosi e da internare.
Essendo internati soprattutto quelli 'pericolosi', i provvedimenti
avrebbero dovuto colpire solo gli ebrei di cittadinanza nemica. Ma non fu
così.
Dal 'Censimento degli ebrei stranieri' del 1938, risultavano schedate
4.124 persone (di cui 2.303.tedeschi, 402 austriaci, 279 polacchi, 640
di stati diversi). Successivamente, tra l'inizio del 1939 e il maggio 1940,
entrarono in Italia oltre 5000 profughi ebrei di altra nazionalità.
L'8 maggio 1940, a soli due giorni dall'entrata in guerra a fianco dei nazisti,
con un'altra circolare vengono emanate
'le prescrizioni per i campi di concentramento e le località di
confine'.
Dopo l'occupazione della Jugoslavia nell'aprile 1941,uomini, donne e bambini
di ogni età (cittadini slavi o allogeni della Venezia Giulia)
vennero deportati in massa per ridurre drasticamente l'appoggio popolare
al movimento partigiano. Strappati ai loro affetti e alla loro base,
essi subirono il sequestro dei loro beni e vennero sottoposti alla
violenza preventiva e punitiva dello stato fascista.
Col procedere della guerra l'internamento interessò un numero
sempre più alto di persone ed in alcuni campi la
mortalità per fame e per stenti superò percentualmente quella
che si ebbe nei lager nazisti non di sterminio.
Telescritto in data 2 giugno 1942, dal Comandante la II Armata schierata in
Jugoslavia, gen. Mario ROATTA: 'In previsione future necessità
Slovenia . giudico necessario che vengano predispostì
nel Regno campi di concentramento per 20000 persone. Una parte capace
complessivamente di 5.000 maschi adulti . Altra parte capace di 15.000
persone comprese donne e bambini, servirebbe per popolazioni da
sgomberare da determinate zone a titolo precauzionale'.
Primi campi di concentramento ad Arbe (Rab) ed a Gonas in Venezia Giulia
(per 14.000 persone). Nel luglio 1942, momento massimo della deportazíone, sono allestiti nuovi campi a Monigo (2.500 persone); a Chiesanuova
di Padova (2.500, fra i quali 1.000 bambini); a Renici,
Visco, Pietrifica, Tavernette, Brescia, Chieti, ecc.
Il 25 luglio 1943, con la caduta del regime fascista e la 'ssa'
di parte dell'apparato squadrista e repressivo della dittatura, suscitò
fra i reclusi politici e razziali molte speranze sulla loro rapida liberazione,
il ché avvenne il 27 luglio per gli ebrei italiani e solo una parte dei reclusi
politici, altri furono messi in libertà solo in un secondo tempo. Il 10
settembre 1943, il capo della polizia, Senise, diede
disposizione per l'uscita dai campi anche dei sudditi degli stati nemici.Nell'Italia meridionale i campi ancora aperti
venivano chiusi in concomitanza con lo sviluppo delle azioni militari
alleate. Nel Centro-Nord l'occupazione da parte delle truppe tedesche e la
criminale complicità di alcuni comandanti di campi filo-nazisti,
comportò la deportazione nei campi di eliminazione.
CRIMINI DI GUERRA E CAMPI DI STERMINIO NELLA JUGOSLAVIA OCCUPATA
Il 6 aprile
1941 invasione nazista e fascista della Jugoslavia, con annessione all'Italia
di parte dei territori della Slovenia e la capitale Lubiana, diventata dopo
l'occupazione 'Provincia di Lubiana'. Nel mese di giugno erano
presenti 71.159 militari italiani.
Le prime formazioni partigiane slovene iniziarono la loro azione nel luglio
1941, con effettivi molto limitati (vengono successivamente indicate in 8-l0
mila).
Il primo tentativo di annientamento del movimento di liberazione jugoslavo, con
un'azione congiunta italo-tedesca, viene realizzato
nell'ottobre 1941. Esso termina con un totale fallimento, malgrado l'uso
sistematico del terrorismo verso le popolazioni civili, le stragi e la
distruzione, le rappresaglie feroci verso i partigiani e le loro famiglie (solo
a Kragulevac, furono fucilate 2300 persone).
Con l'inasprimento della lotta, i nazifascisti tentano
una seconda grande offensiva, con 36.000 uomini. Scarsi risultati, moltissime
vittime. I partigiani riescono a sfuggire al tentativo di accerchiamento.
Terza grande offensiva dal 12 aprile al 15 giugno 1942, sotto la direzione del
generale Roatta. Ancora una volta grandi perdite,
stragi e distruzioni: non viene raggiunto l'obiettivo di annientamento.
Intensificazione delle azioni contro guerriglia in Slovenia da parte delle
forze del XI^ Corpo d'Armata (quattro Divisioni
italiane, con l'aggiunta dei fascisti sloveni della 'Bela Garda').
Sempre feroci le azioni di terrorismo contro i civili e la deportazione delle
popolazioni di intere zone, senza distinzioni di sesso e di età.
Bilancio delle vittime slovene in 29 mesi di terrore fascista, nei 4.550 Km quadrati di questo territorio:
Ostaggi civili fucilati . . . . . . n. 1.500
Fucilati sul posto.. . . . n. 2.500
Deceduti per sevizie . . . .. n. 84
Torturati e arsi vivi . . . . . . . . . . . n. 103
Uomini, donne e bambini morti nei campi
di concentramento . . . . . . . . . . . n. 7000
Totale . . . . . . . . . n. 13087
I criminali di guerra che ordinarono ed eseguirono questa carneficina non furono neppure differiti ad un tribunale del nostro paese. Non un solo processo.
IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO NELL'ISOLA DI RAB (ARBE)
Con il
diffondersi del movimento di liberazione, il Comando politico-militare
fascista, incapace di distruggere le formazioni partigiane, si
esercitò sulla popolazione civile.
Vennero creati diversi campi di concentramento: a Kraljevica,
Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar,
ecc.
Venne edificato il primo campo di concentramento definito n.1, successivamente
entrarono in funzione i campi II, III, IV. Il Campo III è destinato a
donne e bambini, esso era situato ai limiti di una puzzolente palude. Gli altri
a ridosso di latrine che traboccavano in caso di forti temporali, allagando i
campi.
A fine luglio 1942 avviene il primo trasporto di internati.
La guardia armata dei campi dell'isola di Rab, viene
inizialmente affidata a militari del V Corpo d'Armata, successivamente
sostituiti da una guarnigione di 2.000 soldati e ufficiali, più 200
carabinieri.
Gli stessi detenuti sopravvissuti hanno riferito che la maggioranza dei soldati
e di giovani ufficiali manifestavano una certa apatia non accanendosi sui
prigionieri.
Nella primavera del 1943, si presentano i primi segni di sfacelo della
guarnigione, si palesano volontà di avvicinamento verso i detenuti,
malgrado la ferrea disciplina imposta dal comandante del campo, il tenente
colonnello Vincenzo CIAULI, fanatico fascista, sadico, uso ad adoperare solo la
frusta. Odiato anche dai soldati italiani.
In totale il numero dei deportati risulta 9.537 persone (4.958 uomini, 1296
donne,1.039 bambini), più 1.027 ebrei (930 donne, 287 bambini); per un
totale di 10.564. I deportati sono stipati in piccole, vecchie tende militari,
scarsamente o per nulla impermeabili, su lia già usata, con una
leggera coperta: il tutto pieno di pidocchi e cimici.
Molti sono stati rastrellati mentre lavoravano nei campi in estate, sono semi
nudi e nulla viene dato loro per coprirsi. Condizioni bestiali, in particolare
per l'autunno e l'inverno: pioggia, neve, con la gelida bora imperversante. Le
migliaia di detenuti dispongono di soli tre rubinetti per l'acqua, erogata tre
ore al mattino e tre ore al pomeriggio. Nei casi di punizione l'acqua viene
tolta.
Per la fame, il freddo, gli insetti, le malattie, la mortalità diventa
elevatissima, in particolare per i bambini, le donne (alcune sono partorienti),
vecchi (un internato ha 92 anni).
Le possibilità di sopravvivenza concerne solamente i più robusti
fisicamente e spiritualmente più resistenti.
E' ignoto il numero dei deportati morti nel campo di concentramento di Rab.
Si possono solo citare brani di una lettera, in data 15 dicembre 1942,
dell'Alto Commissario, Grazioli: '..Il I medico
provinciale ha costatato che tutti senza eccezioni, mostrano sintomi del
più grave deperimento e di esaurimento, e cioè: dimagrimento
patologico, completa ssa del tessuto grasso nella cavità degli
occhi, pressione bassa, grave atrofia muscolare, gambe gonfie con accumulo di
acqua, peggioramento della vista (retinite),
incapacità di trattenere il cibo, vomito, diarree o grave stipsi,
disturbi funzionali, auto intossicazione con febbre.'
Il comandante di allora del' XI corpo d'armata, il
criminale di guerra Gastone Gambara, risponde
scrivendo, tra l'altro di suo pugno: 'è comprensibile e giusto che
il campo di concentramento non sia un campo di ingrassamento. Una persona
ammalata è una persona che ci lascia in pace'.
Nell'inizio dell'estate del 1943, si estende la convinzione di una prossima,
generale disfatta del nazifascismo. Alcuni miglioramenti furono introdotti nei
campi e negli ospedali di Rab
Con il 25 luglio 1943, e la fine della ventennale dittatura fascista, le
prospettive nel campo non cambiano. Gli internati reagirono spontaneamente e
sorprendentemente: cantando, prima canti popolari poi quelli partigiani;
carabinieri e militari non reagirono.
Intanto si intensifica, fra chi è rimasto vivo, l'attività
politica e la formazione di nuclei partigiani clandestini per la liberazione
dei campi.
L'8 settembre 1943, di sera, scoppiò improvvisamente un'ondata di
entusiasmo nelle truppe di occupazione. Guardie e carabinieri rimasero al loro
posto; ciò malgrado, il 10 settembre venne organizzata dai gruppi
clandestini un'assemblea dei detenuti, fu eletta una nuova amministrazione del
campo, ammainata la bandiera italiana. I militari italiani sono disarmati e
portati nel porto di Rab, arrestati il Ciauli ed una spia già nota. Si forma la brigata
partigiana 'Rab'; i giorni 15 e 16
settembre sbarco sul continente. Ciauli viene
processato e condannato alla fucilazione.
I CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN ITALIA
Dal
settembre/ottobre 1943 all'aprile 1945 i nazisti,hanno istituito e gestito,
nell'Italia controllata da loro, tre campi di smistamento rispettivamente a
Borgo San Dalmazo, Fossoli
e Bolzano. Da questi campi gli italiani rastrellati ed arresti a vario titolo
venivano poi avviati ai Lager veri e propri, disseminati in Europa.
Dopo l'occupazione nazista del 1943 i territori della Venezia Giulia vennero
incorporati nell'Adriatisches Kustenland
e fu creato a Trieste, nella Risiera di San Sabba, un vero e proprio campo di
sterminio dotato di forno crematorio dove furono assassinate più di
5.000 persone.
LA RISIERA DI SAN SABBA ED ALTRI CAMPI ITALIANI .
Il 16
ottobre del 1943, con la complicità della polizia italiana, le truppe
tedesche sequestrarono 1259 persone nel ghetto ebraico di Roma, di queste, poco
più di 200 furono rilasciate perché non ebree o li di matrimoni
misti.
I restanti furono deportati ad Auschwitz, Birkenau: moltissimi di questi non superarono le selezioni
e furono destinati alle camere a gas e in seguito ai forni crematori, solo 17
di loro sopravvissero.
Da quel momento, da quel giorno, la Repubblica di Salò o RSI (Repubblica
Sociale Italiana) collaborava attivamente sul piano organizzativo ed
ideologico, al programma nazista di sterminio sistematico degli ebrei, meglio
noto come 'soluzione finale' indetta da Hitler
attorno al 1942.
In effetti, furono creati campi di concentramento anche nel nostro paese,
cioè in Italia. Il primo campo di concentramento venne collocato a Pisticci (Macerata). Secondo alcuni dati dell'epoca furono
una quarantina i campi di concentramento veri e propri distribuiti in vari
parti d'Italia, inizialmente al sud e al centro - sud, poi con l'avanzare delle
truppe alleate, al centro - nord.
I reclusi al 30 settembre 1942 risultavano 11735.
E' noto per il centro- sud il campo di concentramento per ebrei di Ferramonte - Tarsia, costruito in zona paludosa e
malarica.Al momento della sua liberazione da parte degli Alleati, nell'agosto
1943, erano presenti 2016 persone ( 1604 ebrei e 412 non ebrei. ) Altri campi
erano collocati nelle regioni: Abruzzo, Molise, Marche. Umbria, Lazio, Lucania, Puglia e Calabria.Altri furono quello di Fossoli in provincia di Modena, inaugurato il 5 dicembre
del 1943 e quello di Bolzano e della Risiera di San Sabba di Trieste.
La Risiera (grande complesso di edifici per la pilatura del riso) venne
costruita nel 1913 nel periferico quartiere di San Sabba; questo venne dapprima
utilizzato dai nazisti come campo di prigionia provvisorio per militari
italiani catturati dopo l'8 settembre del 1943; poi, verso la fine
dell'ottobre, venne strutturato come Polizeihaft
Lager cioè come campo di detenzione di polizia, destinato sia allo
smistamento dei deportati in Germania e in Polonia e al deposito dei beni
sequestrati, sia alla detenzione di ostaggi, partigiani, detenuti politici,
ebrei .
Vi era uno stanzone chiamato'cella della morte'. Qui venivano
ammassati prigionieri destinati a morire.
Al pianterreno dell'edificio a tre piani, si trovano i laboratori di sartoria e
di calzoleria dove venivano impiegati i prigionieri, camerate per ufficiali e militari
delle SS, 17 micro celle destinate ai partigiani, ai
politici e agli ebrei;potevano contenere al massimo 6 detenuti, 2 di queste
venivano usate ai fini di tortura o di raccolta di materiale prelevato agli
stessi prigionieriNel secondo edificio a 4 piani
venivano rinchiusi ebrei, prigionieri politici, militari, destinati alla
deportazione in Germania per lo più a Dachau, Mauthausen ed Auschwitz .
'Verso un tragico destino che pochi sono riusciti ad evitare'.
Nel cortile interno vi era l'edificio destinato alle eliminazioni con il forno
crematorio unito da un canale sotterraneo alla ciminiera. Oggi, sull'impronta
metallica della ciminiera sorge una costruzione in memoria della spirale di
fumo che usciva dal camino.Il forno, opera di Erwin
Lambert fu collaudato il 4 aprile 1944, con l'inserimento di 70 ostaggi
fucilati il giorno prima.L'edificio del forno e la
ciminiera vennero distrutti con la dinamite dai tedeschi in fuga, per eliminare
le prove dei loro crimini.Tra le macerie furono rinvenute ossa, ceneri umane
gettate in mare tra le quali quelle delle 5000 circa persone sterminate e la
mazza la cui fotografia è ora esposta nel Museo.
Le esecuzioni usate probabilmente furono queste: gassazione
in automezzi, fucilazioni, colpo di mazza alla nuca; ma non sempre la mazzata
uccideva all'istante, per cui il forno cremò anche persone ancora in
vita. Il fragore dei motori, musiche, latrati di cani . coprivano le grida ed i
rumori delle esecuzioni.
Il fabbricato centrale di 6 piani era una finta caserma: al piano inferiore che
ora è adattato a Museo, vi erano le cucine e la mensa, ai piani
superiori c'erano le camerate per i militari tedeschi, ucraini ed italiani,
questi ultimi impiegati per sorveglianza.
Il casolare, oggi adibito al culto di tutte le religioni, serviva un tempo da
garage per i mezzi delle SS; qui forse stazionavano i neri furgoni, con lo
scarico collegato all'interno, usati probabilmente per gassare le vittime.
Il piccolo edificio, posto a sinistra e all'esterno, costituiva il corpo di
guardia e l'abitazione del comandante, oggi è l'abitazione del custode.
Le vittime in questo Lager italiano sono molte, circa 5000, ma la cifra
è ben maggiore se si contano le persone prigioniere 'di
passaggio' verso altri campi.
IL LITORALE ADRIATICO
Dopo
l'Armistizio la Venezia Giulia cessò di far parte dello Stato italiano e
diventò un territorio amministrato dal Reich.
Il governo del 'Litorale Adriatico', comprendente le province di
Udine, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Lubiana, venne
affidato da Hitler al Gauleiter
della C. F. Rainer, nazista
austriaco che odiava l'Italia.
L' 'alto commissario' Rainer assunse tutti
i poteri politici ed amministrativi e sottopose prefetti e podestà al
controllo di 'consiglieri' tedeschi.
Così le formazioni della milizia fascista passarono alle dipendenze
delle SS e prensero il nome di 'Milizia Difesa
territoriale'.
Prima della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei a Trieste erano 5000.
Dopo le leggi razziali fasciste emanate nel 1938 da Mussolini,
che vietavano agli ebrei di sposarsi con cittadini italiani 'ariani',
di entrare a far parte del servizio militare e delle cariche pubbliche e
limitavano l'esercizio di attività economica e libere professioni, i
perseguitati decisero di emigrare all'estero.
I nazisti riuscirono a deportare nei campi di sterminio circa 700 ebrei.
Di questi solo una ventina sopravvisse. Il controllo poliziesco, la repressione
politica, razziale ed antipartigiana vennero affidati alla supervisione delle
SS il cui comandante, Odilo Lotario Globocnik era
legato ad Himmler, il braccio destro di Hitler.
Pochi giorni dopo l'8 settembre
arrivò a Trieste Christian Wirt
che con alcuni suoi uomini aveva partecipato all'eliminazione di 'malati
inguaribili'.
Il 'Litorale Adriatico' fu l'ultima conquista europea dell'imperialismo
nazista.
Trieste, l'Istria ed il Friuli costituivano una 'cerniera' strategica
fra il settore balcanico, il fronte italiano e la
Germania meridionale.
IL PROCESSO
Il processo
ai responsabili dei crimini commessi durante l'occupazione tedesca alla Risiera
di San Sabba si è concluso a Trieste nell'aprile del 1976.
Qui il banco degli imputati rimase vuoto: alcuni di essi erano stati
giustiziati dai partigiani, altri deceduti per cause naturali.
August Dietrich Allers morì nel marzo del 1975, Oberhauser,
il suo braccio destro, rimase a vendere birra a Monaco.
Il processo si concluse con la condanna di Oberhauser
all'ergastolo.
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