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CINQUE MINUTI DEL TUO TEMPO
PER LEGGERE QUESTA PAGINA Alzi la mano chi non ha mai
pensato che “forse prima il mondo era migliore”
Ci siamo ormai abituati, e forse anche assuefatti, a parole ed espressioni fino
a pochi anni fa pressoché ignote. Nuovi lemmi e nuove locuzioni si sono
introdotti prepotentemente nel lessico comune. Termini e definizioni come
“encefalopatia spongiforme bovina”, “afta epizootica”, “organismi geneticamente
modificati” (OGM), “allevamenti intensivi”, 'pollo alla diossina',
'morbo della mucca pazza', 'uova agli antibiotici',
“animali dopati”, “steroidi anabolizzanti”, “fettine al boldenone”,
prione (particella infettiva proteica), acrilammide, policlorobifenili (PCB
diossinosimili), “cromo esavalente”, “buco di ozono”, diossina, “effetto
serra”, “impatto ambientale”, desertificazione, “allarme biodiversità”,
“ecosistemi a rischio”, “scioglimento dei ghiacciai, “inquinamento
elettromagnetico”, “contaminazione ambientale”, “sviluppo eco-sostenibile”,
“indice di biodegradabilità”, ricorrono ordinariamente.
Parimenti negli ultimi anni ci
siamo altrettanto (dolorosamente) abituati ai gravi scandali legati alla
sicurezza sanitaria e alimentare (connessi soprattutto ai mangimi contaminati,
agli allevamenti intensivi delle catene produttive, all'uso di OGM e alla
micidiale negligenza farmaceutica)
alla sicurezza ambientale (legata soprattutto alla scriteriata
deviazione dei corsi d'acqua, all'alterazione e modifica d'uso dei terreni, al
disboscamento sregolato e all'esorbitante produzione e accumulo di scorie e
rifiuti tossici) e in ultimo
alle sempre più frequenti pazzie meteorologiche (nubifragi, straripamenti, smottamenti, inondazioni,
annientamento di interi centri abitati; ricollegabili principalmente
all'effetto serra e al conseguente innalzamento della temperatura, con
inevitabile disordine atmosferico)
Solo per fare qualche esempio:
decine
di città sommerse a causa delle abbondanti precipitazioni,
foreste-polmone che si assottigliano sempre più, la maggior parte di
fiumi laghi e mari inquinati o contaminati, le riserve di acqua potabile
insufficienti e in drastico calo (una sciagurata spia di guerre future per
l'accaparramento), foreste e intere regioni montuose barbaramente spogliate,
migliaia di specie animali e vegetali destinate all'estinzione, minacciose
nuvole gialle di smog che si spostano e coprono interi continenti
ma che sta accadendo? e cosa c'entra il consumismo con tutto
questo?
Ognuno di noi si
è gradualmente convinto nel corso degli anni che il consumo
sia un esercizio ordinario, convenzionale, quasi banale, a cui non è
necessario destinare particolare attenzione. |
Obiettivo
status |
In un recente convegno sui giovani e il
consumismo dal titolo “Trash Generation, nihilistic plague pathology”
[generazione spazzatura, patologia della peste nichilista] gli stessi
giovani, consumatori benestanti occidentali, hanno rivelato e denunciato
un profondo malessere interiore che gli esperti hanno prontamente
denominato harakiri psichico. Molti adolescenti interpellati
(provenienti da diversi paesi in prevalenza europei e nordamericani) hanno
descritto la propria vita come “puro consumismo —
essenzialmente indotto dalle tecniche pubblicitarie — che si unisce alla frustrazione che deriva dal non poter
consumare quanto si vorrebbe”, la propria cultura come un “caos
disperato di status e proanda che genera una miscela esplosiva di repulsione
contro i valori di condivisione e risentimenti contro il mondo, dove il confine
fra reale e virtuale è celato in maniera insanabile” e la propria libertà “limitata alla scelta
della squadra da tifare, al canale televisivo da vedere o alla merce da
comprare al supermercato”.
Alle spalle degli oratori un sectiunello riprendeva una frase della scrittrice
Dorota Maslowska “è una generazione perduta, allevata su un
terreno inaridito di materiale sintetico, e germoglierà di fiori
ostentatamente di plastica”.
Sta di fatto che questo tipo di globalizzazione ci sta suicidando e che le
persone cominciano a essere stanche di non avere le idee chiare sulla genesi di
questa follia collettiva, sulla fonte del propellente e sui meccanismi del
propulsore che incessantemente la alimenta. Ma se da una parte questi elementi
risultano ad alcuni incomprensibili dall'altra moltissimi iniziano a capire che
questa incessante abbondanza di novità da conoscere e usare ha un unico
obiettivo, moltiplicare i bisogni inutili per obbligarci a spendere oltre ogni
limite ma si sta giocando con le tragedie del mondo! Le regole
cambiano con velocità impressionante e insieme a loro i prodotti da consumare
voracemente: automobili, computer, telefoni cellulari, play-station,
palmari, pay-TV ed elettrodomestici di ogni specie, sono solo facili esempi di
omologazione strategica, di sollecitazione alla cupidigia. I benestanti
occidentali che strana gente siamo una generazione di insaziabili
bulimici, malati di possesso, che ingoiano ogni cosa che trovano (o che gli
impongono) e poi la vomitano su ciclopiche montagne di rifiuti!
Pianeta Terra, che amaro destino mentre i quattro quinti dell'umanità
soffre fame e sete, l'altro quinto, affetto dal morbo dell'ingordigia, impone
regole, influenza attitudini e ne bolla l'epilogo. Massificazione degli
interessi, induzione di mode e tendenze, strangolamento intellettuale,
spersonalizzazione, appiattimento culturale dove condurranno? La maggioranza
delle persone vive le proprie passioni in modo del tutto
inconsapevole, crede di esserne fautore e padrone, gli altri, una ristretta
minoranza, sa bene che sono indotte per due precisi scopi:
controllo esclusivo e gestione dei consumi, ma non può quasi nulla per
contrastarle, soltanto una piccola formica contro l'indomito elefante.
Per questi e per altri motivi è necessario che ognuno si assuma le
proprie responsabilità senza demandare ai pubblici poteri la
disposizione di comportamenti “virtuosi”. È necessario che ciascuno, in
ogni parte del pianeta (o almeno nella parte cosiddetta civilizzata)
comprenda che i rapporti non sono circoscritti, che non si limitano al proprio
spicchio di società e di mondo, bensí interdipendenti, e che il
comportamento di ogni singolo individuo si ripercuote su tutta
l'umanità.
Gli effetti del mio comportamento, sia positivi che negativi, si diffondono, si
proano, a tutto il globo terrestre.
È solo di pochi mesi fa l'ultimo allarme lanciato a proposito della
“nube gialla” denominata “Asian Brown Cloud”, un enorme ammasso di gas
inquinanti e particelle carboniose partito dall'Asia che ha lentamente
raggiunto i cieli sopra il Mediterraneo e lì si è accomodata. Un
gigante tossico che crescerà di un ulteriore 70% entro il 2025. Un
mostro atmosferico che si estende su 16 milioni di kilometri quadrati che sta
alterando tragicamente i cicli delle piogge e i filtri solari. Una creatura
fantascientifica e incontrollabile che non conosce confini. Una stupefacente
potenza malefica creata da certuni che si sta abbattendo su altri, ma che
questi ultimi non mancano di rispedire al mittente in forme diverse. La
negligenza del tale in qualche punto del mondo collide con l'indifferenza di
tizio con l'ignoranza di caio e con l'impotenza di sempronio, il risultato
è un lento inarrestabile disfacimento. Fatale per tutti! Verrebbe da
pensare che sia mero catastrofismo, invece no, è la via che tutti
insieme abbiamo intrapreso, nostro malgrado. Di fatto nessuno di noi può
chiamarsi fuori da questo ciclo vizioso e ha un solo dovere dettato dall'etica:
interromperlo. Prima di puntare il dito occorre che ogni singolo individuo
instauri per se stesso nuove abitudini basate sulla consapevolezza
dell'interdipendenza e sulla sobrietà. Essere consapevoli, riconoscere i
limiti oltre i quali non è possibile tendere e assumere una condotta che
rispetti risolutamente tali limiti: è la ricetta per dare un seguito
alla vita su questo meraviglioso pianeta.
Il
cosiddetto consumismo è molto più complesso di quanto
non sembri e non è limitato alle tematiche affrontate sin qui. I danni,
enormi, si hanno già a cominciare dalla fasa produttiva di molti
prodotti di consumo.
In agricoltura ad esempio, in ogni parte del mondo, l'uso massiccio di
fertilizzanti e pesticidi, sta progressivamente avvelenando le falde acquifere
e rende sterili vastissimi territori.
I copiosi liquami emessi dalle stalle industriali e da molti stabilimenti di
produzione alterano pericolosamente fiumi, laghi, mari e terreni, incredibili
meraviglie che la natura ha prodotto in milioni di anni e perfettamente
incontaminati fino a pochissimi anni fa.
I prodotti chimici venduti anche per tenere le nostre case linde e scintillanti
avvelenano con sostanze tossiche di ogni tipo, e spesso irrimediabilmente, non
solo le circostanti zone di produzione ma anche quelle dove vengono scaricate
dopo il loro utilizzo.
È stato stimato che prima dello sviluppo delle attività umane
(fine del Paleolitico) le foreste coprivano almeno il 74% delle terre emerse
mentre oggi coprono non più del 10%.
Lo smodato utilizzo della carta, ormai largamente impiegata in ogni settore,
sta provocando spaventosi depauperamenti di boschi e foreste a livello
etario. Perfino la carta riciclata, simbolo dell'attenzione ecologica,
è una vera maledizione ambientale per le zone che ospitano le industrie
di riciclaggio.
I gas emessi dalle centrali elettriche nel produrre l'energia necessaria a far
funzionare l'imponente macchina industriale della nostra insaziabile
società dei consumi, sono in gran parte responsabili della continua
estensione del famigerato buco di ozono, il quale continua ad allargarsi in
misura direttamente proporzionale all'aumento di un'altra delittuosa
complicazione chiamata 'effetto serra'.
Ma il vero dramma, la vera tragedia, |
Solo per fare un esempio: gli strani tumori
della pelle che da alcuni anni colpiscono la popolazione del Cile meridionale,
con buona probabilità possono essere associabili al buco nello strato di
ozono formatosi, a cagione nostra, sopra l'Antartide (noi tutti sappiamo bene
che i gas responsabili dell'infausto buco provengono dalla nostra parte
di mondo e che spessissimo a arne le conseguenze sono poi le popolazioni
estromesse dal 'fastoso convivio', ma preferiamo non fermarci troppo
a rifletterci sopra).
Gli aspetti ambientali sono i primi a porre in chiara evidenza il
vergognoso squilibrio fra le aree popolate del nostro pianeta. Il nostro
sistema di vita è entrato in competizione con quello della gente del Sud
aggravando sempre più la loro già precaria condizione. Il Sud del
Mondo abbisogna di maggiore cibo, vestiario, mezzi di trasporto, alloggi,
strutture sanitarie, macchinari noi invece di 'capricci
inessenziali'.
La risposta alle loro venerande esigenze
richiederebbe una crescita produttiva che il Sud potrebbe attuare solo se
il Nord rinunciasse a fare la parte del Leone nell'uso delle risorse, se
riducesse drasticamente la produzione di rifiuti e se aumentasse la
sensibilità di ogni singolo individuo verso questo tipo di problemi.
È peraltro ormai ampiamente dimostrato che non si può giungere
ad un equilibrio tra il Nord e il Sud portando tutta la popolazione terrestre
al nostro tenore di vita, perché se tutti gli abitanti della terra
consumassero quanto consumiamo noi, ci vorrebbero ben altri SEI PIANETI
da utilizzare come fonti di materie prime e come discariche di rifiuti. |
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Ho avuto modo di osservare negli ultimi tempi
che molti italiani sono diventati oltremodo intolleranti verso quella che
potrebbe sembrare a prima vista un'invasione di massa dai paesi del Sud. Ho
anche notato però che fra questi pochissimi azzardano la comprensione
dei reali perché di questi esodi di massa, e ancora meno sono quelli che ne
intuiscono effettivamente l'origine occulta (parecchi preferiscono
tranquillizzare la propria coscienza allineandosi alle farneticazioni
conservatrici e giungendo spesso a magnificare i deliri di Haider o i
vaneggiamenti dell'intrepido Bossi).
Fra questi 'intolleranti' quasi nessuno riesce mai a capire davvero
che i paesi dai quali provengono questi fastidiosi extra-comunitari sono
stati ridotti alla fame proprio da noi, dal nostro incontinente ed insaziabile
consumismo, dallo sfruttamento a nostro vantaggio delle loro risorse (sia umane
che di materie prime), e non ultimo dal pernicioso ideale capitalistico che
tanto bene si sposa con il delirante desiderio di imperialismo che sta alle
spalle di questo incredibile incubo.
Ma i fatti parlano chiaro:
nelle piantagioni Del Monte (fonte:
GUIDA AL CONSUMO CRITICO ediz. EMI) un bracciante
filippino guadagna solo 0,5 € l'ora, per un totale giornaliero di € 4, ma in
quei luoghi per garantire i bisogni fondamentali a una famiglia di sei persone
ci vogliono almeno 6,5 € al giorno.
Una sola domanda: nell'assaporare i prodotti marchiati Del Monte quanti pensano
a questo?
In Indonesia, nelle fabbriche di produzione della multinazionale
Nike, gli operai lavorano 270 ore/mese e sono ati meno di 35 €; questa
somma, anche se corrisponde al salario minimo stabilito dal governo, copre
appena il 31% dei bisogni vitali di una famiglia di quattro persone.
Naturalmente si parla della a degli adulti, perché i bambini prendono molto
meno; nelle fabbriche indonesiane la a media di un bambino che lavora otto
ore al giorno per sei giorni la settimana è di 15 €/mese. Siamo
coscienti di questo quando calziamo una calzatura della suddetta marca?
Anche dal Guatemala giungono testimonianze incredibili, come
mostra un rapporto apparso su The New Internationalist: 'Le donne
del settore tessile sono ate meno di un dollaro al giorno e subiscono
frequentemente abusi sessuali'.
Nella fabbrica Lucasan, ogni 15 giorni le operaie vengono messe in fila e
colpite alla pancia per verificare se qualcuna fra loro è incinta: chi
lo è viene maltrattata e licenziata in tronco.
C'è di più, se le operaie tentano di organizzarsi le fabbriche
vengono chiuse e riaperte dove il sindacato non esiste ancora. Aura Marina
Rodriguez, un'attivista sindacale alle dipendenze di una multinazionale
è stata assassinata per cause contingenti nel vicino 1992.
Dalle piantagioni del Centro America giungono segnali di gravi intossicazioni
da pesticidi perché le multinazionali della banana continuano ad usare prodotti
che sono invece proibiti nei paesi industrializzati; un potente vermifugo
(DBCP) ha reso già sterili migliaia di lavoratori in Costa Rica ed
Honduras.
A questo punto dobbiamo decidere, responsabilmente!
Se vogliamo sostenere il pericolo di guerre, la distruzione del pianeta, lo
sfruttamento, la corruzione, l'oppressione, allora continuiamo a consumare alla
cieca come facciamo oggi.
Se invece vogliamo salvare il pianeta, far crescere la giustizia, la
partecipazione, la nonviolenza, allora ci dobbiamo impegnare a consumare meno,
a “prendere le distanze” dalle imprese che si comportano in maniera immorale e
da tutto che induce o aggiunge bisogni superflui. In altre parole dobbiamo
imboccare la strada della sobrietà e del consumo critico.
L'inseguimento spasmodico al rendimento e alla redditività
ci sta strangolando. Per sostenere i nostri ritmi di consumo, noi della
“parte ricca del pianeta” (che rappresentiamo appena il 21% della popolazione
mondiale) consumiamo ben l'82% delle risorse dell'intera Terra. In questo modo condanniamo
(alcuni, forse, inconsapevolmente) gli altri 4/5 dell'umanità a
vivere in regimi di estrema povertà (¤). Dobbiamo prendere coscienza di
questo se non altro perché ci apprestiamo a lasciare ai nostri stessi li un
pianeta indecente ed inabitabile.
Oltre due miliardi di persone ancora oggi (marzo 2003 ¤) vivono con meno
di un €uro al giorno, con quantità esigue di acqua potabile e non hanno
accesso a fonti energetiche essenziali per avviare qualsiasi processo di
sviluppo. Lo squilibrio fra nord e sud del mondo è quanto mai evidente e
richiede provvedimenti immediati! Ciononostante nei dieci giorni del Vertice
Mondiale sulla Terra di Johannesburg (in cui ricordo che Berlusconi non
accennò a nessun impegno, neanche a quello per lo sviluppo delle fonti
rinnovabili in Italia) non si è giunti a nulla di concreto, solita
retorica e assenza di impegni concreti. E anche la ratifica del Protocollo
di Kyoto — da cui George W. Bush nel marzo 2001 decise di ritirare gli Usa
a motivo delle pressioni politiche esercitate dalle potenti lobby industriali —
ha finito per acquisire aspetti marginali e insignificanti.
La domanda a questo punto, direbbe il buon Antonio Lubrano, sorge spontanea: “io
quindi, individualmente, cosa possio fare?”
Per funzionare, il nostro sistema ha bisogno di energia, cioè di
combustibili fossili, carbone, gas, petrolio e suoi derivati.
Sappiamo tutti ad esempio che il consumo pro-capite di un nordamericano
è 29 volte più alto di quello di un africano?
Se improvvisamente tutti i cittadini del mondo consumassero come un
nordamericano medio, le riserve mondiali di combustibile fossile si
esaurirebbero in soli 8 anni anziché in 50, e, per garantire a tutti quel
tenore di vita, occorrerebbero le risorse di 6 pianeti come quello su cui
viviamo che si appresta al collasso.
Allora, parafrasando Giacomo Leopardi viene da chiedersi:
“a chi piace o a chi giova dunque cotesta vita infelicissima?”
Conviene forse a qualcuno?
Il consumo sfrenato non porta al godimento che ci si attende. A ben guardare
anche noi siamo vittime del nostro stesso consumismo. Viviamo una vita
convulsa, speculativa, siamo sommersi da rifiuti, da inquinamento, da malattie
legate alla sovralimentazione, dal tormento dell'efficienza a tutti i costi
e dall'ossessione di apparire ricchi belli e in forma come Sua Maestà La
TV comanda! Il sole è malato, l'aria in moltissimi luoghi
è irrespirabile e diventa sempre più difficile appartarsi e
godere dei piaceri della natura, di paesaggi incontaminati e privi
dell'impronta umana. Siamo affetti da centomila nevrosi a causa delle molte
insoddisfazioni e della vita frenetica che conduciamo, vuoi per la brama di
possesso o per la corsa affannosa all'ottenimento dei desideri indotti.
Inoltre, elemento da non sottovalutare, ci siamo moltiplicati a un ritmo
impressionante.
Avremmo mille motivi per ricercare una forma di vita più sobria,
e questo non significherebbe certo tornare alla candela, alla carrozza o alla
morte per tetano.
La sobrietà è uno stile di vita che sa distinguere tra i
bisogni reali e quelli imposti o superflui. Solo un modus vivendi,
organizzato a livello collettivo per garantire a tutti il soddisfacimento dei
bisogni fondamentali con il minor dispendio di energia possibile. Una pacifica
convivenza che dia alle esigenze materiali il giusto peso e che non trascuri le
esigenze spirituali, affettive, intellettuali e sociali dell'individuo.
La sobrietà poggia sul principio delle sei R : Ridurre,
Recuperare, Rigenerare, Riutilizzare, Riparare, Rispettare.
La sfida che ci attende negli anni a venire è di saper
riconoscere i bisogni fondamentali, di saperli garantire a tutti, pur
disponendo di meno.
TUTTO CIO CHE PER ME E' SUPERFLUO PER QUALCUN ALTRO E' VITALE |
Rimasi decisamente colpito dalla frase usata dall'UNICEF su
alcuni inviti alla solidarietà:
'Molti bambini
senza regali non piangono, muoiono! .
La verità è che ci siamo adagiati nell'abbondanza e l'idea di
essere meno ricchi ci spaventa.
Per cominciare dovremmo provare a dare più spazio al
dialogo sincero, all'amicizia, alla partecipazione, alla riflessione, alla
meditazione. Riscoprire questo può davvero aiutarci a combattere le
nostre smanie di godimento. Il consumo, si sa, è diventato per molti una
forma di compensazione che allevia il senso di insicurezza e di insoddisfazione
affettiva, umana, sociale e spirituale.
Dobbiamo serbare ricordo comunque che chi decide, alla fine,
siamo noi. Ogni volta che andiamo a fare la spesa dobbiamo rammentare che le
imprese sono in una posizione di profonda dipendenza dal nostro comportamento
di consumatori: siamo noi, con i nostri acquisti, che facciamo salire o
scendere i loro profitti.
Proprio perché le imprese hanno paura di noi, esse tentano
di dominare la nostra volontà decisionale, dobbiamo rivalutare il potere
che abbiamo fra le mani. Un potere che preso singolarmente è certamente
piccolo ma che moltiplicato per milioni di persone può condizionare le
più grandi multinazionali e al limite la tendenza dell'intero pianeta.
Il consumo critico poggia su due pilastri: l'esame dei singoli prodotti e
l'esame delle imprese.
Ecco alcune domande da porsi rispetto ai singoli prodotti:
la tecnologia impiegata è ad alto o basso consumo energetico?
Quanti e quali veleni sono stati prodotti durante la sua fabbricazione?
Quanti ne produrrà durante il suo utilizzo e il suo smaltimento?
E' stato ottenuto da materie prime riciclate o di primo impiego?
Se si tratta di prodotti proveniente dal sud del mondo è d'obbligo
chiedersi: in quale 'condizioni di lavoro' sono stati ottenuti? Etc.
etc.
Da un punto di vista sociale non ci sono supermercati che si
possono considerare totalmente soddisfacenti perché nessuno di essi mette in
vendita solo i prodotti che hanno una storia sociale e ambientale completamente
pulita e trasparente.
Purtroppo questo riconoscimento non si può dare a nessun distributore
sia esso piccolo o facente parte delle grandi catene di distribuzione. Forse
neanche la Coop lo merita pienamente nonostante la sua buona disposizione al commercio
equo/solidale, al rispetto delle colture biologiche, alle garanzie sui corretti
rapporti di lavoro, alla discreta politica di informazione/educazione del
cosiddetto consumatore e alla qualità ambientale in genere.
Nonostante questi ammirevoli e inconsueti comportamenti anche nei supermercati
Coop non di rado si trovano ad esempio banane prodotte in condizioni
socio-ambientali non proprio cristalline e talvolta prodotti (come
scarpe, giocattoli e tappeti) provenienti da alcune notorie zone delll'Asia e
realizzati, molto probabilmente, in condizioni di lavoro umilianti e
oppressive.
Pur con queste contraddizioni (fonte*: 'Guida
al consumo critico / Informazioni sul comportamento delle imprese per un
consumo consapevole') la famosa cooperativa si dimostra nell'insieme, una
dei pochi distributori davvero sensibili ai temi ambientali e sociali, in poche
parole: il male minore. Forse varrebbe la pena di preferirla, almeno per alcuni
prodotti, ma sarebbe anche auspicabile che ognuno facesse una costante ed
energica pressione su di essa (con lettere, telefonate o segnalazioni sul
posto) affinché operasse scelte di vendita più decise ed intervenisse
sulle imprese produttive nel tentativo di imporre comportamenti ancor
più rispettosi dell'ambiente e dei lavoratori del Sud del mondo.
Concluderei questa ina con una riflessione del Prof. Robert A. F. Thurman (Cattedra di studi Indo-Tibetani alla Columbia University nonché Presidente dell'American Institute for Buddhist Studies).
presente in: |
LA SCIENZA DELLA MENTE |
'Prima
della scelta di quale aspetto della realtà, interiore o esteriore, sia
più importante comprendere e controllare, c'è il complesso di
opinioni su cosa sia la realtà, cosa sia la vita all'interno di questa
realtà, cosa sia la vita umana in particolare, qual è il suo
scopo e quali sono le sue necessità e prospettive. Senza conoscere le
risposte a tali domande, se noi semplicemente ci mettiamo ad analizzare i vari
aspetti dell'ambiente, modificando quello che ci sembra modificabile,
soddisfacendo i nostri immediati bisogni senza porci in una prospettiva a lungo
termine, il nostro modo di procedere non avrà successo. In
realtà, proprio questo modo di agire ci ha portato a una situazione
piuttosto dubbia e pericolosa. Oggi abbiamo sviluppato collettivamente una
eccellente conoscenza di molti aspetti del nostro ambiente, senza ottenere una
conoscenza globale di tutte le sue dimensioni. Tuttavia, basandoci su questa
conoscenza parziale, siamo intervenuti profondamente sui processi della natura.
Abbiamo eliminato molte malattie e migliorato alcune condizioni di vita,
certamente, ma facendolo abbiamo squilibrato drasticamente il rapporto tra la
popolazione, la terra e il suo ambiente. Abbiamo creato potenti macchine che
possono compiere funzioni straordinarie, ma così abbiamo esaurito le
nostre risorse e abbiamo inquinato e messo in pericolo l'equilibrio naturale.
Abbiamo portato la guerra a un incredibile livello di efficienza distruttiva,
ma l'imminente pericolo è che siamo diventati i possibili artefici della
nostra stessa estinzione. In essenza, le nostre capacità di condizionare
la realtà esteriore hanno superato di molto il nostro potere su noi
stessi.
Questo è il punto chiave.
La consapevolezza della nostra fondamentale realtà è solo poco
superiore a quella di tutti gli esseri umani che ci hanno preceduto sulla
terra. La maggior parte delle nostre azioni si basa su di una penetrante e
vasta idea errata di quello che stiamo facendo, mascherata da sospetti,
supposizioni, titoli di studio, certificati e mutue rassicurazioni. Per la
maggior parte del tempo siamo controllati dalle emozioni fondamentali della
lussuria, dell'avidità, dell'orgoglio, dell'invidia e dell'odio.
Perdiamo facilmente il controllo e compiamo azioni che danneggiano gli altri e
anche noi stessi, a breve e a lungo termine. Se simili individui, potenzialmente
in collera e avidi, come in effetti possiamo essere, inventassero armi chimiche
e biologiche di una immensa potenzialità distruttiva, e le mettessero
nelle mani di leader ugualmente privi di auto-controllo, pronti a provocare gli
immaginabili orrori di una Terza Guerra Mondiale, rendendo impossibile la vita
su questo pianeta per centinaia di migliaia di anni se questo scenario si
avverasse, allora, qualunque sopravvissuto direbbe giustamente che la decisione
greco-romana ed euro-americana di violentare l'ambiente, senza comprendere e
senza controllare la mente umana, l'Io, il sé, è stata una conclusione
fatalmente sbagliata, stupida e mostruosa, messa in atto da esseri umani che
tragicamente hanno pensato, in quanto occidentali, di essere i migliori e i
più intelligenti del pianeta.
Personalmente, non penso che si verificherà un simile scenario
apocalittico perché credo che in questo universo vi sia una reale intelligenza,
e che noi siamo più complessi di quanto pensiamo. Anche con la
civilizzazione abbiamo compiuto degli sforzi per comprendere e controllare noi
stessi. Sebbene i nostri sforzi occidentali in questa direzione raramente siano
stati scientifici, le nostre religioni e il genere umano non sono stati
totalmente inattivi. Penso che ce la faremo. Il motivo di rappresentare questo
scenario, tuttavia, è di apprezzare come il Buddha e i suoi seguaci
possano aver previsto la possibilità di pericolose crisi per gli esseri
umani, se questi non avessero anteposto la conoscenza del sé al dominio dell'ambiente
circostante. Quindi, vi presento la radicale idea secondo la quale la decisione
indiana di non sviluppare le scienze esteriori, la tecnologia, la macchina
industriale - tutto l'insieme che definiamo civiltà industriale -
può essere stata non semplicemente il risultato di una carenza
intellettuale ma piuttosto una grande vittoria dell'intelletto. Il fallimento
intellettuale potrebbe essere piuttosto il nostro, che si manifesta nella
decisione di interferire e di contaminare ogni cosa, dando origine a grandi poteri
fisici senza alcun potere mentale in grado di controllarli. C'è una
differenza importante tra semplicemente fallire nel fare qualcosa e decidere di
non farlo. Comprendere bene questo aspetto potrà influenzare il modo in
cui ci avviciniamo alla scienza di un'altra cultura: con un atteggiamento
paternalistico, sulla base della nostra presunta superiorità, dato che
abbiamo il potere di far saltare in aria il mondo, oppure con un'apertura
mentale fondata sull'umiltà che deriva dalla consapevolezza di aver compiuto
passi sbagliati, che ci hanno portati a un passo dalla distruzione totale. Come
potete vedere, questi atteggiamenti sono molto diversi. Dobbiamo cercare di
essere umili, se vogliamo trarre benefici dalla scienza e dalla tecnologia
interiori del sistema psicologico indo-tibetano'
Aetòs
] Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo è
un piccolo centro di documentazione sorto nel 1985 nei pressi di Pisa. Il
Centro, che affronta i temi del disagio e dell'ingiustizia, sia a livello nazionale
che internazionale, è parte integrante di un'iniziativa gestita da un
gruppo di famiglie che hanno scelto di dare solidarietà concreta a
situazioni di disagio. Il Centro dedica una particolare attenzione a ciò
che avviene nel Sud del mondo per capire quali sono le nostre
responsabilità e per scoprire quali iniziative possiamo intraprendere
per opporci allo scandalo dell'impoverimento. A questo scopo ha pubblicato le
seguenti opere:
- Lettera ad un consumatore del Nord (EMI 1990)
- Boycott (Macroedizioni 1992)
- Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti (EMI1993)
- Sulla pelle dei bambini (EMI 1994)
Per maggiori dettagli o per proposte al fine di organizzare meglio, tutti
insieme, la resistenza contro l'ingiustizia in modo da garantire ai nostri
li una terra migliore scrivere a: Centro Nuovo Modello di Sviluppo - Via
della Barra, 32 - 56019 Vecchiano (PI)
Alcuni dati sono stati estrapolati da: 'Guida al consumo critico'editrice EMI (x
informazioni su come reperire il libro scrivere a: EMI Via di Corticella, 181 -
40128 Bologna)
Per saperne di più sul consumo critico e sui
diritti dei consumatori
COMES
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