DA ENRICO VIII A
ELISABETTA I
Enrico
VIII, fautore dell'Atto di Supremazia del 1534, si stancò ben presto di
Anna Bolena, che gli aveva dato una sola lia, Elisabetta (nata nel 1533), e
nel 1536 l'accusò di adulterio e la fece condannare a morte. Le sue vicende
matrimoniali restarono turbolente: egli ebbe altre quattro mogli, della quali
una morì di parto, una fu ripudiata e un'altra condannata a morte per
adulterio. Il lio avuto dalla terza morte gli succedette sul trono nel 1547
all'età di dieci anni, col nome di Edoardo IV. Durante il regno di
Edoardo, durato solo sei anni, il calvinismo penetrò in Inghilterra e
ancor più nel vicino regno di Scozia, grazie alla predicazione di John
Knox. Con l'emanazione del Libro della
preghiera comune nel 1549 e dell'Atto
di Uniformità nel 1552, la chiesa anglicana fece propri alcuni dei
maggiori principi protestanti (la riforma della messa e dei sacramenti,
l'abolizione del celibato ecclesiastico) e dichiarò illegale ogni forma
di culto diversa da quella ufficiale. La precoce morte del re, il 6 luglio del
1553, rimise di nuovo tutto in discussione. L'erede legittima era Maria, lia
di Enrico VIII e della moglie ripudiata, Caterina d'Aragona. Di formazione
cattolica, inaugurò il suo regno con l'abolizione di ogni riforma
religiosa attuata dal padre, ripristinando la messa e l'autorità papale
ma glissando su una eventuale restituzione dei terreni sottratti alla Chiesa,
fortemente osteggiata dal Parlamento. Maria era colta (parlava latino,
francese, snolo e italiano e aveva un discreto bagaglio di nozioni di
teologia, storia e letteratura) ma non comprese quando diffusa e radicata fosse
ormai nell'isola la penetrazione delle tesi protestanti e quanto infelice
potesse rivelarsi la scelta di scegliere come sposo il lio di Carlo V, quale
Filippo di Sna che sperava solo, con la nascita di un erede cattolico, di
assumere il pieno controllo degli affari di governo. Senza contare che sullo
sfondo si stagliava la ura di Elisabetta, lia di Enrico VIII e Anna Bolena:
la notizia del fidanzamento di Maria e Filippo venne accolta in Inghilterra con
una grande e violenta rivolta capeggiata di Thomas Wyatt, che voleva deporre
Maria e proclamare regina Elisabetta. La tensione cui Maria è sottoposta
la spinge a ristabilite, nel 1555 la legge sulle eresie, aprendo i tribunali
dell'inquisizione e condannando al rogo trecento uomini e donne, fatto che le
valse l'appellativo di sanguinaria. Per volere di Filippo II, Maria intraprese
anche una guerra contro la Francia che nel 1558 costò agli inglesi la
perdita di Calais, l'ultimo possedimento rimasto dalle conquiste della guerra
dei Cent'anni. Questa sconfitta provò emotivamente la regina, già
di salute cagionevole: morì nel medesimo anno e in punto di morte le si attribuisce la frase 'Se si
aprisse il mio cuore vi si troverebbe incisa la parola Calais'. Abbandonata
da sudditi e marito, la regina fu anche costretta a scegliere come erede
proprio Elisabetta. Quest'ultima fu una sovrana illuminata, in grado di
comprendere il potere della proanda culturale. La legittimità della
successione di Elisabetta poteva essere formalmente messa in dubbio dal punto
di vista cattolico perché la regina era nata da un matrimonio riconosciuto come
valido solo in Inghilterra. In principio né Filippo II, né il papa avanzarono
contestazione e Elisabetta divenne regina, restaurando l'anglicanesimo. La
ragione di questo fatto era che, scartata Elisabetta (che, contro il parere del
Parlamento, non si sposò mai, pur avendo più di un favorito tra
cui l'eslporatore Raleigh), nella linea successoria di Enrico VIII, iva
soltanto una sua pronipote, cattolica, Maria Stuart, divenuta regina di Scozia
il giorno stesso della sua nascita e moglie del delfino francese, Francesco II.
Ma il delfino morì e Maria si risposò, contro il parere della
cugina Elisabetta, con Lord Darnely. Nel frattempo in Scozia il calvinismo
divenne la confessione dominante e Maria, anche a causa di uno scandalo
culminato con l'assassinio, dovette fuggire, assieme al lio Giacomo, presso
la regina inglese che la tenne quasi prigioniera per 18 anni. Nel 1569
scoppiò una rivolta cattolica nelle regioni settentrionali
dell'Inghilterra, al confine con la Scozia, fomentata dalla nobiltà e
capace di chiamare a raccolta la popolazione culturalmente arretrata di
montanari e pastori. La ribellione fu brutalmente repressa e Elisabetta,
colpita dalla scomunica di Pio V e terrorizzata dalla possibilità di una
congiura papista, fece giustiziare un gran numero di cattolici accusati di
tradimento, inasprendo le tensione con Filippo II, che già da anni
subiva le incursioni delle navi corsare della corona inglese. Quando nel 1587
la regina scampò ad un complotto che mirava al suo assassinio, fece
imprigionare e decapitare Maria, accusata di aver preso parte anche alla
congiura del 1571, la guerra tante volte rinviata fu dichiarata ufficialmente. Elisabetta pose nelle mani di Drake la
costruzione della propria flotta. Sir Francis giocò d'anticipo e
partì per Cadice con poche navi per distruggere nel porto le più
belle galere Snole, ritardando di un anno l'ultimazione dell'armada.
Nell'aprile del 1688, l'invincibile
armada era pronta a salpare, sentendosi la vittoria in tasca. Salparono 130
navi con 30.000 uomini, di cui solo un terzo erano marinai veri. Dopo poche
miglia la flotta dovette ad approdare a La Coruna per mancanza di viveri e a
causa di una tempesta che aveva danneggiato alcune navi. Il piano degli
snoli prevedeva un'invasione a tenaglia: dai Paesi Bassi, Alessandro
Farnese, duca di Parma, avrebbe dovuto imbarcare su enormi chiatte trentamila
soldati per invadere l'Inghilterra; l'armata, con altri trentamila uomini,
avrebbe dovuto proteggere e sostenere questo attacco scortando la flottiglia di
Farnese per il mare del Nord fino alle rive orientali dell'isola. Un piano ben
congegnato ma troppo, poiché non tenne conto delle difese inglesi lungo il
canale della Manica e nemmeno delle navi ancorate a Plymouth. In luglio gli
snoli furono avvistati al largo, in Cornovaglia, a poche miglia da Plymouth:
gli inglesi non si aspettavano questo attacco improvviso che avrebbe potuto
ripetere la manovra di Drake a Cadice e distruggere la flotta inglese. Ma il
tempo era pessimo e la fortuna fu dalla parte di Elisabetta Una tempesta
danneggiò uno dei principali galeoni snoli, il ' Sant'Anna
', e altre navi, impedendo all'Armata di congiungersi alle forze del duca
di Parma. Travagliata da una nuova tempesta e fortemente danneggiata dalle navi
inglesi, più piccole, maneggevoli e meglio armate, l'invincibile armata
dovette darsi alla fuga: delle 130 navi snole se ne salvarono solo 50, dei
30.000 uomini solo un terzo.