storia |
Daniele Filipazzi
Titolo: El Alamein
Regia: Enzo Monteleone
Interpreti: Paolo Briguglia, Pierfrancesco Favino, Luciano Scarpa, Emilio Solfrizzi, Thomas Trabacchi, Piero Maggiò, Silvio Orlando, Roberto Citran, Giuseppe Cederna , Antonio Petrocelli
Durata: 117'
Italia 2002
Genere: guerra
Ambientazione
e notizie varie:El Alamein.Alcune notizie su El Alamein: Il piccolo villaggio egiziano di El Alamein, in arabo 'due bandiere', a 80 km a
ovest di Alessandria, è entrato a pieno titolo nella storia della seconda
guerra mondiale per le tre battaglie che si combatterono nei suoi
dintorni e che segnarono una tappa fondamentale per le sorti del conflitto nello
scacchiere dell'Africa settentrionale.
Ultimo avamposto inglese in Egitto, El Alamein era
circondato da un ambiente naturale proibitivo che metteva a dura prova la
resistenza fisica e il morale dei soldati: un assolato e arido deserto,
mitigato solo a tratti dalla presenza di alcune oasi, piccole isole verdi in un
mare sterminato di
sabbia rovente.
Nel settore italiano gli
inglesi avevano una superiorità schiacciante: i rapporti di forza erano
di 1 a 13 per gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri.
Ciò nonostante le truppe italiane si segnalarono per la strenua
resistenza opposta all'avanzata britannica, ma alla fine la maggior
parte dei militari italiani morì in combattimento o cadde prigioniera. La
battaglia di El Alamein costò la vita a
diciassettemila italiani, tredicimilacinquecento inglesi e novemila tedeschi.
Trama: Enzo Monteleone affronta una ina della nostra storia
bellica, un episodio della guerra d'Africa (1942) terminata in un'inaspettata
sconfitta. Ma sceglie di tenersi lontano dall' impatto spettacolare tipico di film di stampo americano e ha
preferito lavorare su una sceneggiatura (di cui lui stesso è l'autore)
cha privilegia la creazione monotona ma incisiva di piccoli episodi che legano
tra loro i vari protagonisti, li mettono a faccia a faccia con le proprie
speranze e le proprie ansie, con l'assurda contraddizione di una battaglia che di
certo avrà solo il dolore di una sconfitta.
La motocicletta, che in apertura sfreccia
sullo schermo e attraverso i desertici paesaggi africani porta al fronte il volontario
Serra (Paolo Briguglia). All'avamposto di El Alamein lo attende un primo impatto con la
assurdità e la violenza della guerra: il caporale che lo accomna alla
sua postazione se in una nuvola di polvere, colpito da una cannonata. Sul
terreno resta solo il lobo di un orecchio che il suo superiore, il sergente
Sna raccoglie. Il giovane universitario dovrà fare i conti con mine e
filo spinato, con l'approssimativa efficienza dell'esercito italiano, con lo
squallore e l'angoscia della vita di trincea: l'igiene personale affidata alla
sabbia, la precarietà del rancio (che, se arriva, è di notte,
così non si vedono le mosche), il mal comune della dissenteria, la poca
acqua potabile distribuita nelle taniche della nafta .
Nella desolazione di una guerra d'attesa (e di inevitabile sconfitta) Serra
crea una sincera amicizia con i comni d'armi Sna e De Vita e con il
sergente Rizzo (Pierfrancesco Favino),
un veneto ombroso e disilluso, che con il suo accento cupo e "sporco" delinea
un personaggio di grande, sincera intensità.
I fanti della Pavia (che con la Brescia e la Folgore combatterono ad El Alamein in nell'ottobre del '42) tengono la loro
posizione fermi come pietre, ma la loro vitalità si esprime, radiosa, in
un'imprevista digressione sulle spiagge (e nelle acque) egiziane, il loro
coraggio coatto li sorregge a fatica nella inevitabile notte dell'attacco
inglese (una vera battaglia, concitata e cruenta che sconvolge per un attimo il
registro del racconto), li accomna nella ritirata finale.
Il film termina in una scena significativa: la veduta sulle tombe del monumento al milite, che Monteleone fa lentamente scorrere con uno messaggio chiaramente identificabile.
Considerazioni Personali: El Alamein, secondo me fa sentire il peso un po' eccessivo di un evolversi dei fatti lento e frazionato nelle emozioni, ma è il prezzo cinematografico da are per poter raccontare con coerenza una vicenda estenuante, in cui parlare di eroismo (come fa Serra in uno dei suoi monologhi) è forse eccessivo. La forza della testimonianza di questo film-evento sta nella accoramento di un senso del dovere che non ha trovato soddisfazione sul campo, ma solo il rimpianto di fronte a tante vite inutilmente perdute.
Carina l'idea della "conta dei miracoli", con la superstizione sui lineamenti di chi morirà il giorno dopo, con l'arrivo di decine di casse di lucido da scarpe a chi non ha più neanche le scarpe, per non parlar dell'acqua potabile - lo spaesamento dei "fanti", forze ininfluenti in una guerra dalla fine già dettata. Ma ogni fotogramma reca impresso il marchio dell'antimilitarismo di principio, con abolizione dei se e dei ma, eliminando quidi sviluppi e sorprese.
Il regista Enzo Monteleone ha deciso, con grande coraggio,di sfidare le leggi del mercato cinematografico e di cimentarsi nella 'rievocazione' storica con un film che racconta la storia di una battaglia, la battaglia di El Alamein, combattuta e perduta con enormi perdite umane.
Il film, comunque mi è piaciuto perché rappresentava la verità dei fatti, senza bisogno di tanti effetti speciali di stampo statunitense, che in un film così sarebbero sicuramente staio inutili e controproducenti.
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