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FASCISMO
Problemi del dopo guerra
Economia europea del primo dopoguerra: Nel primo dopo guerra l'occidente europeo, stremato dallo sforzo economico e dalle distruzioni della grande guerra subì un processo di grave recessione e i vari stati abbandonarono il sistema del libero scambio , chiudendosi in una politica protezionistica. Ne approfittarono gli Stati Uniti e il Giappone, che presero il posto dei paesi europei nel controllo dei mercati. Con la pace di Versailles erano stati creati nuovi stati nazionali, detti stati cuscinetto perché non avevano alcuna possibilità di autonoma vita economica, tra cui la Polonia la Cecoslovacchia, Austria, Ungheria e Iugoslavia, con lo scopo di punire la Germania e di isolare la Russia sovietica. Questa frantumazione del continente europeo rese più difficile per l'Europa la ripresa della produzione economica e l'instaurazione di rapporti pacifici. Per far fronte all'aumento della disoccupazione, al problema del reinserimento dei reduci nel lavoro, all'ascesa dei prezzi, i governi dovettero mantenere le strutture centralizzate createsi in guerra. Si consolidava in tal modo la tendenza dello stato a intervenire in materie che, prima della guerra, erano gestite dalla libera iniziativa dei cittadini. Tra i principali problemi che incombevano sulle nazioni europee c'erano tra tutti quelli finanziari. Per sanare i bilanci si dovette aumentare il prelievo fiscale, si fece ricorso a pubbliche sottoscrizioni e non si poté fare a meno di stampare carta moneta senza tener conto delle riserve auree. Trasformazioni sociali: In quegli anni il volto dell'Europa continuava a trasformarsi, infatti le necessità della produzione industriale avevano sottratto le donne alla segregazione domestica e le avevano introdotte nelle fabbriche inoltre si erano modificate la struttura della famiglia patriarcale, le abitudini e la mentalità delle generazioni giovani. Si diffondeva inoltre un sentimento di ostilità nei confronti della politica e dei partiti tradizionali, considerati responsabili dei sacrifici della guerra. Tramontarono anche i principali valori della borghesia: la fede nella coesistenza pacifica degli stati e il progresso. Si innescarono cosi meccanismi culturali di massa, che esasperando i temi dell'irrazionalismo e del decadentismo, unirono al culto della violenza la condanna della democrazia. Avanzata del socialismo: Il crescere della coscienza dei diritti degli operai portò tra il 1919 e il '20 a un'ondata di lotte operaie, sorrette dall'avanzata dei partiti socialisti che determinarono il "biennio rosso". Ispirandosi a modello comunista e a quello sovietico, il movimento degli operai andava oltre la sfera delle rivendicazioni salariali e mirava al controllo e alla gestione delle fabbriche, fino alla conquista rivoluzionaria dello stato. In Inghilterra e Francia le rivendicazioni operaie furono contenute e si consolidò in quei paesi il modello della democrazia parlamentare. Al contrario in Italia il biennio rosso si colorò fortemente di nero.
Sviluppo del fascismo in Italia
Premesse del fascismo: In Italia si svilupparono nell'imminente dopoguerra sentimenti contrastanti. Infatti mentre molti uomini concepirono un odio convinto nei confronti della guerra e dei gruppi dirigenti, altri, invece, trassero dall'idea di aver affrontato con coraggio il combattimento un sentimento di superiorità, ed inclinarono verso una concezione violenta, gerarchica e autoritaria dello stato. In un'Europa prostrata dalle conseguenze della guerra e dalla crisi economica, dapprima in Italia e poi in Germania, nacquero come risposta alle frustrazioni nazionali i movimenti che divennero fascista e nazista. Essi si opponevano al parlamentarismo, alla democrazia liberale, al comunismo, ed auspicavano ad uno stato forte, capace di condurre una politica di espansione e potenza. La guerra, oltre ad accrescere l'influenza delle caste militari, aveva concentrato i poteri nell'esecutivo a discapito del parlamento. Questo processo di accentramento aumentò la distanza che separava le classi subalterne dai gruppi dirigenti. In particolare la popolazione del mezzogiorno restava ancora, 50 anni dopo l'unità, estranea non solo alle istituzioni ma anche all'attività dei partiti e dei sindacati. Mentre Giolitti aveva avviato il processo di avvicinamento della società allo stato, con il suffragio universale maschile del 1913, l'ascesa nel dopoguerra della destra autoritaria e antidemocratica, fece regredire tale processo. Fascismo: Mussolini, dopo aver condotto sull'Avanti! una camna neutralista, passò al Popolo d'Italia ed ad una concezione interventista. Per questo fu espulso dal partito socialista e fondò il "Fascio autonomo di azione rivoluzionaria". Nel 1919 fondò i "Fasci di combattimento", che divennero nel 1921 il "Partito Nazionale Fascista", di cui entrarono a far parte anarchico-sindacalisti, massoni, futuristi, rappresentanti delle forze armate, della banca e della stampa conservatrice. I fascisti si proclamarono nella riunione in piazza San Sepolcro avversari della borghesia e del socialismo, repubblicani e anticlericali. Accanto al fascismo urbano, cioè quello dei Fasci di combattimento, si costituì un fascismo rurale, più rozzo e violento, sovvenzionato e diretto dai grandi latifondisti della bassa padana, con lo scopo di contrastare le leghe di contadini e braccianti. Delusioni del dopoguerra: I nazionalisti, alimentati dalle speranze del patto di Londra del 1915, speravano di ottenere alla fine della guerra oltre Trento, Trieste , l'Istria, e parte della Dalmazia, anche la Dalmazia meridionale, l'intera Albania e Fiume. Però Wilson non mostrò alcuna simpatia nei confronti del nazionalismo italiano e proclamò Fiume città libera e assegnò alla Iugoslavia gran parte dell'Istria. La nostra delegazione guidata da Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, abbandonò per protesta il tavolo delle trattative. Infine per il trattato di Saint-Germain del '19 vennero attribuiti all'Italia solo il Trentino (fino Brennero), Trieste e parte dell'Istria. Perciò due giorni dopo la fine del trattato, gruppi di militari Italiani, ribellatisi ai comandi, iniziarono la loro marcia su Fiume e si impadronirono della città sotto la guida di D'Annunzio. Però nel 1920 Giolitti stipulò con la Iugoslavia il trattato di Rapallo secondo il quale venne riconosciuto all'Italia il possesso di Trieste, di Gorizia, di quasi tutta l'Istria e di alcune isole adriatiche. Fiume fu dichiarata città libera e D'Annunzio dovette abbandonare la "Repubblica del Carnaro". Vittorio Emanuele, accusato dalla destra nazionalista di aver ottenuto poco dalla pace dovette dimettersi (nel '19) in favore di Francesco Nitti. Egli, per le pressioni di socialisti e popolari sostituì il sistema uninominale con quello proporzionale, cioè si sarebbero votati i partiti e non individui isolati. Le elezioni si tennero il 16 novembre e risultò vittorioso il partito socialista, mentre i fascisti furono sconfitti. Nel '20 Nitti si dimise in favore di Giolitti (5° e ultimo ministero). I suoi meriti principali furono il trattato di Rapallo e la risoluzione dei conflitti tra operai e industriali con la neutralità dello stato. Lo squadrismo fascista: Mussolini, per venire in aiuto degli agrari della valle Padana, che mal sopportavano l'influenza delle leghe rosse sui contadini, diede la prima forma organizzativa allo squadrismo, affiancato spesso da forze di polizia e reparti dell'esercito. Mussolini, convinto che senza l'appoggio della classe conservatrice , della monarchia, dell'esercito e del Vaticano dovette attribuire al proprio partito un programma in cui i temi della conservazione e dell'antisocialismo si fondessero con quelli nazionali e patriottici. A Giolitti seguì Bonomi e poi Facta, che non si impegnò nel fermare il dilagare dello squadrismo che anzi si organizzò in forme quasi legali sotto il nome di milizia nazionale. Le sinistre reagirono alle violenze degli squadristi con uno sciopero nazionale, ma i fascisti diedero l'assalto alla sede dell'Avanti! e distrussero le macchine tipografiche. Il governo Facta rimase inerte e i fascisti ne approfittarono per rovesciarlo. Fascismo al potere: i fascisti attaccarono Roma (marcia su Roma 1922), ma Facta dichiarò o stato d'assedio e lo sottopose al Re. Vittorio Emanuele III però rifiutò di firmarlo e offrì allo stesso Mussolini l'incarico di formare il governo. Ebbe così inizio il governo Mussolini che durò fino al '43. Nei primissimi anni del suo governo M. volle garantirsi oltre il favore dei ceti imprenditoriali anche l'appoggio dei cattolici. Per far ciò promulgò nel 1923 una serie di decreti tra cui l'insegnamento religioso nella scuola elementare ed il riconoscimento delle scuole secondarie cattoliche. Nel 1924 venne approvata la legge Acerbo, cioè una legge maggioritaria che aveva lo scopo di assicurare il successo ai fascisti nelle elezioni che seguirono il fascismo ottenne una schiacciante vittoria, ma Giacomo Matteotti, leader dei socialisti, chiese alla camera di non convalidare le elezioni in quanto frutto di violenze e di brogli. Però fu ucciso per questo il 10 Giugno '24. L'assassinio scosse il paese e i fascisti si videro perduti. Nel 1925 in un discorso alla Camera M. proclamò di assumersi la piena responsabilità di quanto era avvenuto e venne sospeso il parlamento a tempo indeterminato. Fu inoltre soppressa la libertà di stampa, dichiarati fuori legge i partiti e ripresero le persecuzioni nei confronti degli antifascisti ( Gobetti e Amendola furono picchiati a morte e Gramsci condannato a 20 anni di carcere). Ebbe così inizio l'emigrazione dei maggiori rappresentanti dell'antifascismo: Sturzo, Togliatti, Salvemini, e Gobetti si rifugiarono in Francia. Furono accresciuti i poteri del governo, soprattutto quelli del presidente del consiglio che si fece chiamare capo del governo. Fu istituito il tribunale speciale per la difesa dello stato nel '26 e la milizia nazionale fu trasformata nel 23 in un corpo regolare dello stato agli ordini di M., chiamata "Milizia volontaria per la sicurezza nazionale". Lo stato da liberale divenne totalitario. Cultura e fascismo: Non tutta la cultura italiana avversò il fascismo e tra quelli che lo sostennero con la giustificazione del bisogno di un ordine sociale, assunse grande peso Giovanni Gentile, al quale venne affidata dal Duce nel 23 la riforma della scuola. Le reazioni al fascismo si manifestarono soprattutto intorno ai giornali "Non mollare!", "Rivoluzione liberale" e "Quarto stato" e la ura preminente dell'antifascismo fu Benedetto Croce. Riforme Fasciste: I primi obiettivi del governo fascista furono la "battaglia del grano", che aveva lo scopo di assicurare al paese il fabbisogno di grano, le opere di bonifica (+ importante: Paludi pontine) e i grandi lavori pubblici che avevano lo scopo di conferire all'Italia un volto imperiale. Nel '27 fu emanata la Carta del lavoro che stabilì l'organizzazione dello stato, diviso in corporazioni, ciascuna delle quali raccoglieva datori di lavoro e manodopera di una stessa categoria produttiva. Alla testa del nuovo sistema corporativo fu posto nel 1930 il Consiglio nazionale delle corporazioni che finì per soppiantare il parlamento nel '39 (Camera delle corporazioni). M., convinto che "il numero è potenza", favorì l'aumento demografico. pose inoltre particolare attenzione all'educazione fascista della gioventù, creando l'Opera Nazionale Balilla trasformata poi nella Gioventù italiana del Littorio. Patti Lateranensi: Il riavvicinamento dello stato alla chiesa avvenne nel '29 con la stipulazione dei Patti Lateranensi, costituiti da un Trattato e da un Concordato, col 1° si restituiva alla Santa sede il potere temporale sulla città del Vaticano e una ingente somma di denaro, mentre il Papa riconosceva il regno d'Italia con Roma capitale. Col 2° vennero regolati i rapporti in materia religiosa e civile tra l'Italia e la Chiesa secondo la prassi medioevale in contrasto con il separatismo Cavouriano. Antifascismo: il movimento antifascista diede vita in Francia alla "Concentrazione antifascista" ed al movimento "Giustizia e libertà" ad opera dei fratelli Rosselli, assassinati in Francia nel '37. In Italia l'antifascismo si manifestò nelle organizzazioni clandestine dei partiti comunista e socialista e nella protesta morale degli uomini di cultura, in particolare Benedetto Croce. questi nella rivista "La critica" giudicò il fascismo considerandolo soltanto come una parentesi negativa aperta nella storia italiana e che gli italiani avrebbero vinto sulla strada del liberalismo e della democrazia. Invece Gramsci, Dorso e Salvemini ravvisarono le ragioni del fascismo non soltanto nelle vicende del dopoguerra, ma anche nel modo in cui si era realizzata l'unità, non ad opera del popolo ma di una elitè borghese. Per Gobetti il fascismo è sintesi delle malattie storiche del popolo italiano: retorica, demagogia, trasformismo. Salvatorelli ricondusse il Fascismo ad un momento della lotta di classe della piccola borghesia e individuò le due anime del fascismo: quella reazionaria antipopolare e quella rivoluzionaria. Gramsci nella "Tesi del 3° congresso del partito comunista d'Italia" considera il fascismo come "l'organizzazione unitaria della parte più decisamente reazionaria della borghesia industriale ed agraria" e la sua vittoria va intesa come la conseguenza della crisi del proletariato italiano.
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