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GALILEO GALILEI
Galileo Galilei nasce
a Pisa il 15 Febbraio 1564, 21 anni dopo la morte di Copernico. S'iscrive allo
studio di Pisa nel 1581 per ottenere la laurea in medicina, ma interrompe gli
studi per tornare a Firenze dove viveva la sua famiglia. Otto anni dopo la sua
iscrizione diventa lettore di matematica allo Studio pisano. Nel 1592 comincia
il lungo periodo dell'insegnamento di matematica a Padova, dove scopre la e la
forma parabolica del moto dei proiettili. Nel 1609 perfeziona e usa il 'telescopio'.
Pubblica il nel 1610. L'anno successivo Galileo Galilei viene ascritto
all'Accademia dei Lincei, fondata da nel 1603. Comincia tra i due un sodalizio
che durerà fino al 1630 (morte di Federico Cesi). Nel 1609 l'Università di
Padova riconferma a Galileo l'incarico come lettore di matematica, ma nel 1610
torna a Firenze come 'matematico e filosofo' del Gran Duca di
Toscana.
Già nel 1604 aveva tenuto una conferenza sulla sa di una 'stella
nuova', in cui sosteneva dei punti di vista quanto mai scomodi per la
cultura di quegli anni. Il primo consisteva nell'affermare che un problema
astronomico è risolubile solo sulla base di misure, non di considerazioni
metafisiche. Il secondo portava a demolire la diffusa opinione secondo cui era
fondamentale, anche per uno scienziato, conoscere l'essenza delle stelle. Le
opinioni di Galileo erano pertanto aspramente criticate. Le sue affermazioni
erano in evidente contrasto con l'interpretazione letterale di taluni passi
delle Sacre Scritture e l'autorità religiosa cominciò a preoccuparsi. Galileo
allora nel 1615 scrive la. Nel 1616 il Cardinale Roberto Bellarmino convoca
Galileo nella sua abitazione e, a nome del Papa, gli fa divieto di professare
l'opinione 'che il Sole sia al centro
del Mondo e immobile mentre la Terra si muoveva: non doveva professarla in
nessun modo né inserirla o difenderla a voce o con gli scritti, altrimenti
contro di lui si sarebbe proceduto nel Sant'Uffizio'. Quasi
contemporaneamente la, proibisce i libri di Copernico 'De revolutionibus
orbium coelestium'. L'ammonizione era esplicita e perentoria, cosicché
accade che uno dei lincei, Luca Valerio, colto da scrupoli religiosi, chiede di
uscire dalla comunità lincea.
Federico Cesi reagisce energicamente a quella provocazione. Riunisce, il 24 Marzo
1616, un'adunanza tra i lincei più qualificati, che, alla presenza di Galileo,
decreta severe sanzioni nei confronti del 'fratello' non solidale.
C'è rimasta in un piccolo codice dell'archivio Linceo la minuta del verbale
di quella adunanza stilata dal cancelliere Giovanni Faber in una
scrittura corrente quasi indecifrabile, irta d'abbreviazioni pressoché
stenografiche, stilata nel 'ductus' ermetico dell'antico corsivo
gotico. Nel 1623, a cura dell'Accademia dei Lincei, si stampa a Roma.
Nove anni dopo a Firenze viene pubblicato 'il Dialogo sopra i massimi
sistemi del mondo'. L'ostilità verso Galilei, che i avevano coltivato sin
dai tempi de 'il Saggiatore', il rancore dei filosofi 'in
libris', le gravi difficoltà politiche che assillavano il regime papale,
scatenano grandi polemiche e denunce. Il Papa Urbano VIII, accusato da più
parti d'essere troppo aperto nella cultura e troppo debole nei confronti
dell'eresia, sceglie Galileo come capro espiatorio. Il 'Dialogo', fu
inviato alla congregazione del Sant'Uffizio e l'autore nell'ottobre del 1632
riceve a Firenze l'ordine di recarsi entro trenta giorni a Roma, presso il
commissario dell'.
Malgrado le precarie condizioni di salute, viene a Roma per il processo, in
seguito al quale viene condannato all'abiura e al carcere, con la proibizione
del 'Dialogo'. La condanna al carcere viene commutata dal Papa prima
in una vincolata dimora Trinità dei Monti a Roma, poi a Siena e
finalmente ad Arcetri dove muore nel 1642, ormai cieco e malato.
OPERE
1. - 1610 - 'SIDEREUS
NUNCIUS'
2. - 1615 - 'LETTERA A CRISTINA DI LORENA'
3. - 1623 - 'IL SAGGIATORE'
4. - 1632 - 'DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO'
1. Dedicato a Cosimo dei Medici, questo libro di poche ine, esercitò un ruolo fondamentale nella cultura del '600. Contiene tutte le scoperte al telescopio e quindi le prove sperimentali dell'.
2. In questa magnifica lettera è affrontato da Galileo lucidamente lo spinoso problema della pretesa incompatibilità dell'eliocentrismo con le Sacre Scritture: 'non avendo voluto lo Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova o stia fermo, né se la sua ura sia in forma di sfera o di disco o distesa in piano, né se la Terra sia contenuta nel centro di esso o da una banda, non avrà, manco avuta intenzione di renderci certi d'altre conclusioni dell'istesso genere. . . quali sono il determinar del moto e della quiete di essa Terra e del Sole. . .'. Egli così voleva conciliare la Teologia, massima depositaria delle verità 'de fide' e l'Astronomia, vista come depositaria delle verità 'de rerum natura'.
3. E' l'opera più elegante e vivace da un punto di vista letterario, in cui Galileo traccia una nuova teoria della conoscenza e dove ribadisce l'importanza di un metodo scientifico razionale e sperimentale. Essa prende l'avvio da una disputa astronomica con il gesuita O. Grassi - il titolo deriva dalla bilancetta di precisione (Saggiatore) con la quale gli orefici 'saggiano' l'oro - (il nuovo metodo) contrapposta alla grossolana stadera (libra) con cui il Grassi pesa le opinioni proprie e altrui (scienza libresca fondata sui libri antichi e sul ragionamento astratto).
4. Il trattato ha la forma di un dialogo e si svolge, in quattro giornate, tra F.Salviati, G.F. Sagredo, sostenitori entrambi del sistema copernicano, e Simplicio, filosofo aristotelico, difensore del sistema tolemaico. Temi principali del Dialogo sono la concezione copernicana, l'autonomia della ragione umana, l'affermazione del nuovo metodo scientifico, matematico e sperimentale: 'voi errate, signor Simplicio; voi dovevate dire che ciaschedun sa ch'ella si chiama gravità.Ma io non vi domando del nome, ma dell'essenza della Cosa: della quale essenza voi non sapete punto più di quello che voi sappiate dell'essenza del movente le stelle in giro Ma non è che realmente noi intendiamo di più, che principio o che virtù sia quella che muove la pietra in giù, di quel che noi sappiamo chi la muova in su, separata dal proicente, o chi muova la luna in giro, eccettochè il nome'. La pubblicazione suscitò una reazione ostile così intensa da provocare una presa di posizione dello stesso Papa Urbano VIII, che si riteneva offeso e raggirato, poiché una sua tesi era stata esposta nel Dialogo in modo da metterlo in ridicolo. La tesi era quella secondo cui Dio, nella sua infinita potenza, era in grado di far sì che i fenomeni osservabili potessero prodursi in un'infinità di maniere tra loro diverse. Stando così le cose, l'osservazione dei fenomeni non poteva certamente portare gli uomini verso la verità. Il Papa aveva comunque ragione nel sentirsi offeso. L'argomento che egli aveva suggerito a Galileo era infatti difeso, nelle ultime righe del Dialogo, da quel Simplicio che nell'intero libro era il bersaglio della polemica galileiana e il difensore delle posizioni più arretrate e conservatrici. Il Dialogo, quindi, fu la causa della condanna di Galileo da parte del Sant'Uffizio.
Le osservazioni
astronomiche di Galileo sono state di fondamentale importanza nell'affermarsi
della Teoria Copernicana
I suoi studi di meccanica e termologia sono stati importanti non soltanto per
le nuove conoscenze e la tecnologia che ne è derivata, ma anche perché hanno
chiarito al mondo scientifico la natura matematica che sta alla base di tutti i
fenomeni fisici, e hanno sottolineato l'importanza di un'indagine che fosse
anche quantitativa.
La Luna, anche osservata ad occhio nudo, presenta delle strutture superficiali: mari, altipiani e crateri. Nella cosmologia aristotelica, per la quale tutti i corpi celesti appartenevano al regno della perfezione e pertanto non potevano avere irregolarità, l'apparenza della Luna rappresentava un problema. Le regioni scure sulla sua superficie venivano spiegate nel Medioevo come variazioni della densità lunare da un punto all'altro, le quali avrebbero dato alla Luna, anche se perfettamente sferica, l'apparenza che ha.
L'avvento
del telescopio fece crollare definitivamente il concetto di perfezione degli
oggetti celesti. Con il suo cannocchiale, Galileo osservò non solo i
'mari' della Luna, quei grandi avvallamenti che ad occhio nudo
apparivano come regioni scure sulla sua superficie, ma anche molte regioni di
dimensioni minori, contornate da righe scure. Egli notò che la larghezza di
queste linee cambiava al variare delle fasi lunari, cioè dell'angolo di
incidenza della luce del Sole. Galileo concluse quindi che esse sono ombre e
che la superficie lunare ha montagne e crateri.
La Luna, dunque, non è sferica ne'perfetta.
I satelliti di Giove
I quattro maggiori satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) sono piuttosto luminosi, soprattutto quando il pianeta è in opposizione, ma ad occhio nudo non sono osservabili perché la luminosità di Giove li nasconde. Il primo a scoprirli fu Galileo, che sul finire del 1609, mentre concludeva le sue osservazioni della Luna al cannocchiale, notò dapprima tre e poi quattro 'stelline' vicine al pianeta. Dopo averle osservate per diverse settimane, l'astronomo notò che esse sembravano seguire Giove nel suo moto attraverso il cielo, cambiando però posizione sia tra loro che rispetto al pianeta. Nel gennaio del 1610, Galileo giunse alla conclusione che non si trattava di stelle, bensì di quattro 'lune' che ruotano attorno a Giove, come la Luna attorno alla Terra. Egli annunciò la sua scoperta nell'opera che lo rese famoso, il 'Sidereus Nuncius', pubblicato a Venezia nel marzo 1610. Questa scoperta fu di fondamentale importanza per l'imporsi della teoria copernicana del moto etario. Nella cosmologia aristotelica vi era un unico centro del moto (la Terra), attorno al quale ruotavano tutti corpi celesti. Copernico sosteneva invece che fosse la Terra a muoversi attorno al Sole, e la Luna attorno alla Terra, cioè che ci fossero due centri del motto. Il fatto che anche Giove possedesse dei satelliti, cioè che fosse anch'esso un centro del moto, se non era una conferma della teoria copernicana, confutava però quella tolemaica.
Secondo la cosmologia
aristotelica, tutti i corpi celesti erano sferici e perfetti, ma le prime
osservazioni di Saturno al telescopio costituirono una vera sorpresa. Dopo aver
pubblicato il 'Sidereus Nuncius', Galileo continuò ad
osservare il cielo al cannocchiale nella speranza di fare nuove scoperte.
Nel luglio del 1610, osservò Saturno quando era in opposizione. Il suo
strumento non era abbastanza potente per distinguere gli anelli, ed essi gli
apparirono come dei rigonfiamenti laterali del pianeta. Egli interpretò così
questo aspetto: '.Saturno non è un astro singolo, ma è composto di
tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano ne' si muovono l'uno rispetto
all'altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale è tre
volte più grande degli altri due.' Lo scienziato dette così al pianeta il nome di 'Saturno
tricoeporeo'. In seguito, egli osservò anche che i corpi laterali erano
ssi; infatti, durante il moto di Saturno nella sua orbita, il piano degli
anelli cambia direzione rispetto alla Terra: quando essi si presentavano di
taglio, non potevano essere visti al cannocchiale. In seguito, altri astronomi confermarono lo
strano aspetto di Saturno e le sue variazione, ma fu solo nel 1659 che
l'astronomo Christiaan Huygens lo spiegò con la presenza di un anello attorno
al pianeta.
Il pianeta Venere, nella sua rivoluzione intorno al Sole, viene illuminato in modo da formare, come la Luna intorno alla Terra, delle fasi. Galileo lo verificò con le osservazioni al cannocchiale, e scrisse: 'Cynthiae uras aemulatur mater amorum' (la madre degli amori, Venere) imita le conurazioni di Cinzia (la Luna). Le fasi di Venere falsificavano il sistema tolemaico e provavano che Venere ruota attorno al Sole, come previsto dal sistema copernicano.
Le macchie solari sono regioni scure, di forma irregolare e variabile, sulla superficie del Sole. Sono visibili anche ad occhio nudo, sebbene l'osservazione diretta del Sole sia molto pericolosa. Le prime osservazioni delle macchie solari ad occhio nudo sono dovute ai Cinesi e risalgono almeno al 28 a.C. mentre non è no` in Occidente. Il loro studio sistematico cominciò subito dopo l'introduzione del telescopio in astronomia, da parte di Galileo, nel 1609. Lo scienziato compì una delle prime osservazioni delle macchie, insieme a Thomas Herriot, Johannes e David Fabricius e Christoph Scheiner. Il fatto che il Sole presentasse delle irregolarità sulla sua superficie e che il suo aspetto variasse nel tempo, era anch'esso una prova a sfavore della teoria tolemaica, secondo la quale ogni cosa appartenente al regno celeste era perfetta e immutabile.
Galileo era molto
interessato ad un approccio di tipo matematico alla questione del moto; egli
incominciò fin da giovane ad analizzare criticamente la fisica aristotelica che
gli era stata insegnata, attraverso la sperimentazione diretta sugli oggetti
del proprio studio. Si dice che Galileo
intraprese lo studio del moto del pendolo nel 1581, dopo aver osservato il moto
di oscillazione di una lampada sospesa nella Cattedrale di Pisa, città nella
quale compì gli studi universitari. Egli si accorse che il periodo di
oscillazione di un pendolo è indipendente dalla sua ampiezza, fenomeno detto 'isocronismo'
del pendolo, e cercò di trovare le relazioni tra la lunghezza e il peso del
pendolo e il suo periodo. In realtà, un pendolo è strettamente isocrono
soltanto se le sue oscillazioni sono di piccola ampiezza, come fu scoperto da
Huygens pochi decenni più tardi.
Un pendolo poté quindi essere usato come strumento per misurare gli intervalli
di tempo, trovando applicazione per esempio in medicina, come misuratore delle
pulsazioni cardiache.
Molti anni più tardi, nel 1641, Galileo propose l'utilizzo del pendolo come
meccanismo regolatore degli orologi, e ne abbozzò un progetto. Tuttavia, ormai
vecchio e cieco, non riuscì a realizzarlo, e l'orologio a pendolo venne
costruito solo nel 1657, da Christiaan Huygens.
Galileo
studiò la fisica aristotelica all'università' di Pisa, ma cominciò subito ad
analizzarla criticamente. Mentre gli aristotelici avevano un approccio di tipo
qualitativo e filosofico nei confronti del mondo fisico, il quale veniva
descritto per categorie e mai sottoposto a verifiche sperimentali, lo
scienziato cercò di sviluppare un metodo di indagine quantitativo e matematico.
Uno degli oggetti di indagine di Galileo riguardò il moto dei corpi materiali
(detti 'gravi'), in particolare quello dei corpi in caduta libera.
Secondo la fisica aristotelica, il moto di un corpo è determinato dalle forze
alle quali è soggetto; per un corpo in caduta, esse sarebbero il suo peso e la
resistenza dell'aria. Quindi, secondo questa visione, un corpo lasciato cadere
da una determinata altezza raggiungerebbe il suolo tanto più velocemente quanto
maggiore è il suo peso.
Galileo cominciò ad investigare criticamente questa ipotesi, come fecero prima
di lui Giuseppe Moletti e Benedetto Varchi, i quali constatarono che corpi
dello stesso materiale ma diverso peso, lasciati cadere dalla stessa altezza,
raggiungono il suolo nello stesso tempo. Lo scienziato pensava dapprima che i
corpi cadessero con una velocità uniforme caratteristica, che dipendeva non dal
loro peso, bensì da una proprietà intrinseca detta gravità specifica. Durante
gli anni in cui insegnava matematica all'Università' di Pisa (dal 1589 al
1592), egli cominciò ad esporre questa sua prima teoria sul moto dei gravi nel
libro 'De Motu', che però non pubblicò mai. Nei vent'anni successivi, Galileo fece altri
esperimenti ed arrivò alla conclusione che tutti i corpi nel vuoto (cioè non
soggetti alla resistenza dell'aria o di un altro mezzo materiale) cadono con
accelerazione uniforme, indipendentemente dal materiale di cui sono composti,
dal loro peso o dalla loro forma, e che la distanza che essi percorrono durante
la caduta è proporzionale al quadrato del tempo impiegato per percorrerla.
Nel 'Dialogo intorno a Due Nuove Scienze', Galileo affronta il problema del moto dei proiettili. Prima di Galileo, si credeva che un corpo lanciato in direzione orizzontale, per esempio un proiettile sparato da un cannone, si muovesse in direzione orizzontale fino a quando non perdeva il suo 'impeto', dopodiché cadeva verso terra, seguendo una traiettoria curvilinea che però non era ancora conosciuta. Galileo si accorse, durante lo studio del moto dei proiettili, che essi non sono soggetti soltanto alla forza che li spinge in direzione orizzontale, bensì anche alla forza di gravità, che li attira verso il basso. La prima componente agisce come una forza inerziale, nel senso che il corpo ad essa soggetto percorre una distanza in orizzontale che è proporzionale al tempo impiegato per percorrerla. La seconda invece provoca un moto uniformemente accelerato, cioè la distanza percorsa in verticale è proporzionale al quadrato del tempo impiegato a percorrerla. Galileo dimostrò che la combinazione dei due moti orizzontale e verticale risulta nel moto del proiettile lungo un arco di parabola.
Galileo cercò di spiegare il fenomeno delle maree non tramite l'influenza gravitazionale della Luna, dato che la teoria della gravitazione universale non era stata ancora formulata, bensì in modo puramente dinamico, nell'ambito della teoria copernicana del moto degli astri. Allo stesso modo in cui il moto dell'acqua all'interno di un vaso è condizionato dal moto del vaso stesso, così il moto degli oceani, secondo l'interpretazione galileiana, sarebbe condizionato dal moto della Terra. Secondo lo scienziato, nel suo moto combinato di rotazione e rivoluzione, la Terra sarebbe soggetta a rallentamenti ed accelerazioni periodiche del proprio moto di rotazione, con periodo di 12 ore. A causa della propria inerzia, i mari si solleverebbero perché 'lasciati indietro' dalla Terra sottostante o viceversa. Questa teoria non è corretta: la causa reale delle maree è l'attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra. Tuttavia, anche se a volte fu in errore, Galileo cercò di spiegare per mezzo dell'osservazione e della matematica i fenomeni osservati in natura, al posto di accettare l'interpretazione aprioristica della filosofia aristotelica. Questo rappresentò un passo avanti nella costruzione della scienza moderna.
Sidereus Nuncius
In quest'opera, pubblicata nel marzo del 1610, Galileo descrisse la scoperta di 4 satelliti di Giove al cannocchiale; egli notò dapprima tre e poi quattro 'stelline' vicino al pianeta, che sembrano seguirlo nel suo moto e che si spostano l'una rispetto all'altra. 'Adi' 7 di gennaio 1610 Giove si vedeva col cannone (il cannocchiale) con 3 stelle fisse, delle quali senza il cannone niuna si vedeva'. Non potendosi trattare, per questo motivo, di stelle fisse, l'unica conclusione possibile era che fossero dei satelliti di Giove: 'quattro stelle erranti attorno a Giove, così come la Luna attorno alla Terra'. Questa conclusione rappresentò una prova a sfavore della cosmologia tolemaica, che non ammetteva altro centro del moto oltre alla Terra, centro delle sfere celesti. L'astronomo volle dedicare la scoperta a Cosimo II de' Medici, allora Granduca di Toscana, com'e' scritto anche sul frontespizio dell'opera.
Biblioteca del Seminario
Vescovile di Padova
Durante le prime tre giornate, i tre prendono in considerazione il moto terrestre e alcuni fenomeni celesti che sembrerebbero invalidare la cosmologia aristotelica. La quarta giornata è dedicata invece all'analisi del fenomeno che più degli altri convinse Galileo della validità della teoria copernicana, cioè quello delle maree. Egli spiegava il fenomeno in maniera errata, semplicemente come la combinazione del moto annuale di rivoluzione terrestre con quello diurno di rotazione; non prese invece in considerazione l'attrazione gravitazionale della Luna. Nel Dialogo vengono presentate alcune conclusioni a favore della teoria copernicana. Quando Galileo sottopose l'opera al giudizio della Chiesa, Papa Urbano VIII gliene impedì la diffusione e segnalò la questione al Tribunale dell'Inquisizione. Galileo venne processato e costretto all'abiura.
In quest'opera, Galileo dimostra la sua abilità nello svelare i paradigmi che stanno alla base dei fenomeni della fisica 'quotidiana'. Egli confronta per esempio la velocità del suono con quella della luce, il moto di caduta libera dei corpi col moto lungo un piano inclinato, le vibrazioni acustiche con gli intervalli musicali, il moto libero dei corpi con quello forzato (ad esempio quello dei proiettili). Egli cercò sempre di trovare il denominatore comune dei vari fenomeni, abbinando l'intuito per il fenomeno fisico con il rigore della sua descrizione matematica.
Un
tempo, i metalli preziosi venivano pesati sia in aria che immergendoli in acqua,
per determinarne la gravità specifica (cioè il peso relativo ad un pari volume
di acqua. All'età' di 22 anni, Galileo
scrisse un piccolo trattato nel quale proponeva un metodo per rendere più
precisa e quantitativa la misura, progettando un dispositivo detto bilancetta o
bilancia idrostatica. Essa era costituita da un dispositivo a leva. Il braccio
all'estremità' del quale andava fissato il contrappeso era avvolto in un filo
metallico. Lo spostamento del contrappeso poteva essere determinato molto accuratamente
contando il numero di spire del filo metallico lungo le quali si spostava.
Galileo costruì la bilancetta solo molti anni più tardi, nel 1608.
All'inizio del diciassettesimo secolo, non c'era alcun metodo per quantificare il calore di un corpo. Molti studiosi dell'epoca sapevano che l'aria si espande quando viene riscaldata. Il termoscopio fu ideato da Galileo all'inizio del 1600 ed era costituito da una piccola fiaschetta con il collo lungo e sottile, piena d'aria, posto a testa in giù entro una vasca piena d'acqua. Quando la fiaschetta veniva riscaldata, l'aria al suo interno si espandeva, e il livello dell'acqua nel collo scendeva, mentre quando l'aria si raffreddava, il suo volume decresceva e l'acqua saliva dalla vaschetta lungo il collo del fiasco. Negli anni successivi, il dispositivo venne perfezionato da Galileo e dai suoi amici Santorio Santorio e Gianfrancesco Sagredo, per includervi una scala numerica: si ebbe così il primo termometro ad aria. Contemporaneamente ed indipendentemente, altri studiosi europei misero a punto analoghi dispositivi. Si passò poi, intorno al 1630, ai termometri riempiti di liquido, ma fu solo nel diciannovesimo secolo che venne stabilita una scala universale di temperature, sulla base di alcune temperature base (quella di fusione del ghiaccio e quella di ebollizione dell'acqua) da parte di D.G. Fahrenheit e A. Celsius.
Telescopio
Il telescopio e' stato uno
degli strumenti più importanti nella rivoluzione scientifica del 1600, ed ebbe
un ruolo di primo piano nell'affermarsi del sistema copernicano. Le proprietà
che certi oggetti trasparenti hanno di aumentare e ridurre le dimensioni delle
immagini erano note sin dall'antichità', ma solo alla fine del 1200 le lenti si
diffusero in Europa. Esse venivano utilizzate come occhiali, per correggere i
difetti della vista.
Anche se forse era gia conosciuto in precedenza, il telescopio ve per la
prima volta nel 1608 in Olanda, dove venne presentata richiesta di brevetto da
parte di H. Lipperhey e di J. Metius. Esso ingrandiva le immagini di un fattore
tre o quattro.
La notizia della sua invenzione si diffuse presto in tutta Europa, dove venne
costruito ed utilizzato nel 1609 da vari scienziati per le osservazioni
astronomiche. Galileo non fu dunque ne' l'inventore del telescopio, ne' il
primo ad usarlo per questo scopo, tuttavia fu lui che compì le prime scoperte
fondamentali di astronomia e che rese famoso lo strumento; egli costruì un
telescopio ad otto ingrandimenti e lo presentò al Senato di Venezia nell'agosto
del 1609. Più tardi, con uno strumento ancora più perfezionato, a 20
ingrandimenti, osservò la Luna e scoprì i satelliti di Giove. In seguito, altri
studiosi costruirono strumenti altrettanto potenti e compirono osservazioni
indipendenti, come quelle delle macchie solari . Un tipico telescopio
galileiano, detto anche 'cannocchiale', come quello usato dallo
scienziato per osservare i satelliti di Giove, e' composto da due tubi,
infilati uno dentro l'altro e alle cui estremità sono inserite due lenti: un
obiettivo (cioè la lente che sta verso l'oggetto) piano-convesso, con distanza
focale di 75-l00 cm, e un oculare (la lente a cui si appoggia l'occhio)
piano-concavo con lunghezza focale di circa 5 cm. Il tubo dell'oculare può
essere aggiustato per la messa a fuoco.
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