storia |
Gandhi, Mohandas Karamchand 'Mahatma'
Pensatore, statista e leader nazionalista indiano (Porbaudar 1869 - Nuova Delhi 1948); diede un indispensabile contributo alla creazione di una nazione indiana indipendente dall'impero britannico. Studiò prima in India, poi a Londra, dove si laureò in giurisprudenza. Al ritorno in India (1891) praticò l'avvocatura e prese contatto con i circoli nazionalisti. Nel 1893 andò in Sudafrica con l'incarico di consulente legale per una ditta indiana; nei ventun anni trascorsi in quel luogo, la testimonianza diretta delle iniquità razziali che subivano tutti gli immigrati di origine indiana trasformò il timido avvocato in un energico attivista politico. Solidamente ancorato all'humus della cultura induista, ma non disdegnando gli apporti di altre grandi religioni come il cristianesimo e l'islamismo e del pensiero filosofico indiano, Ramakhrisna e Vivekananda, e occidentale (L. Tolstoj, H. Thoreau), G. formulò in questa sua prima attività sociale la dottrina della non-violenza (mutuata dalle Gita) e di un pacifismo venato di spirito anarchico, che gli proveniva dall'influsso di Tolstoj (suo maestro ispiratore, con il quale entrò in corrispondenza dedicandogli la colonia agricola di Phoenix). G. organizzò un partito politico e diede vita al settimanale Indian Opinion, in cui il suo orizzonte politico si allargava e si completava nell'identificazione della "forza della verità" satyagraha con la fedeltà assoluta agli ideali della propria coscienza fino a giungere alla disobbedienza civile (per influenza delle idee di H. Thoreau) entro i limiti della non-violenza. Tale precetto non si ferma a una posizione negativa (non essere causa di male agli altri) ma possiede in sé la carica positiva della benevolenza o beneficenza universale e diventa "l'amore puro" comandato dai sacri testi dell'induismo, dai Vangeli e dal Corano. La non-violenza è quindi un imperativo religioso prima che un principio dell'azione politico-sociale. La sua azione a favore dei connazionali oppressi fu tanto animosa che più volte lo portò dietro le sbarre delle prigioni sudafricane, ma ottenne almeno l'abolizione del balzello di tre sterline imposto ai lavoratori indiani senza contratto. Rientrato in India nel 1915, la miseria e l'oppressione politica del suo popolo lo confermarono nell'idea di rifiutare i prodotti della civiltà, predicando il ritorno alle usanze tradizionali dell'India e il ripristino delle attività artigianali in contrapposizione all'umiliante spersonalizzazione della grande industria. Nel contempo G. precisava ulteriormente la sua dottrina morale: l'esercizio della non-violenza doveva accomnarsi all'intrepidezza, che libera da ogni timore mondano; la vita semplice e modesta del contadino e dell'artigiano esigeva l'umiltà del cuore e la purezza assoluta dei costumi, il disprezzo delle ricchezze e l'accettazione volontaria della povertà in nome della serenità della coscienza. Fedele agli antichi precetti, G. accettò anche la dottrina delle caste, interpretandola come dovere di fedeltà al proprio destino, ma ciò non gli impedì di denunciare l'esclusione dalla vita sociale dei paria come un'"escrescenza maligna" e di dar battaglia contro la crudele usanza dei matrimoni dei minorenni. Quando gli Inglesi confermarono il loro proposito di mantenere il dominio coloniale sull'India, G. si gettò nella sua prima battaglia precipuamente politica e si unì ai nazionalisti (1919) in una camna di disobbedienza civile, che implicava il non-amento delle imposte e il boicottaggio delle merci inglesi. In contrasto con le stesse forze politiche, G. riuscì a risvegliare l'interesse delle masse popolari con la forza d'attrazione che esercitava il suo disprezzo dei beni materiali, il suo spirito di sacrificio e l'impeto della sua religiosità; la sua tesi della non-violenza raccolse la più ampia adesione delle masse dopo che gli atti violenti di alcuni accesi nazionalisti provocarono l'eccidio di Amritsar (379 Indiani uccisi dagli Inglesi). Condannato a sei anni di reclusione nel 1921 dopo una seconda camna di disobbedienza civile, venne liberato tre anni più tardi per ragioni di salute e fu eletto presidente del Congresso Nazionale Indiano (o Partito del Congresso), che allora guidava la lotta politica contro gli Inglesi. Le sue azioni furono fonte d'ispirazione per il poeta Rabindranath Tagore, che lo soprannominò Mahatma (che in sanscrito significa 'grande anima'). Nel 1930 G. diresse la famosa "marcia del sale" per boicottare l'imposta inglese e fu di nuovo imprigionato. Liberato, nel 1931 partecipò alla conferenza di Londra sull'India, chiusasi con un nulla di fatto; la lotta si riacutizzò e G. subì di nuovo varie detenzioni, ma aprì la serie dei suoi "digiuni" per protestare contro il trattamento politico inflitto agli intoccabili. Nel 1934 il Mahatma si ritirò formalmente dalla politica, lasciando il posto di leader del Partito del congresso a Jawaharlal Nehru, e intraprese un viaggio attraverso le camne per insegnare e promuovere la riforma sociale. All'inizio della II guerra mondiale ripresero in tutta l'India le attività antibritanniche; davanti alla minaccia dell'avanzata giapponese, il governo inglese aprì un negoziato con i nazionalisti (1942), ma la mancanza di concessioni sostanziali provocò l'irrigidimento del Partito del Congresso e G. diresse l'ultima, grande camna di disobbedienza civile. Finita la guerra, egli si oppose con pari tenacia alla proposta di smembrare il subcontinente indiano fra India e Pakistan e indisse varie camne contro le violenze sempre più frequenti fra indù e musulmani. La situazione politica dava ormai come indifferibile l'indipendenza dell'India e la Gran Bretagna vi acconsentiva nell'agosto 1947 costringendo però il Partito del Congresso ad accettare la spartizione del subcontinente fra India e Pakistan. G. vedeva compiuto il suo sogno di un'India libera e indipendente, ma il 30 gennaio dell'anno successivo veniva assassinato da un indù ortodosso. G. aveva giustificato il suo patriottismo affermando che la religione comanda la dedizione per i più vicini, ma il suo messaggio morale apriva orizzonti ben più vasti e preconizzava un nuovo umanesimo, dove l'atto politico s'identifica con l'atto religioso. Per tutti gli uomini G. ha affidato il suo messaggio alla celebre Story of my Experiments with Truth (1927; Storia delle mie esperienze con la Verità).
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