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Gli Antonini (96-l92 d.C.)
All'anziano Marco Cocceio Nerva (che regnò con equilibrio e moderazione dal 96 al 98 d.C.), imposto dal senato dopo che Domiziano venne ucciso in una congiura, succedettero nel corso del II secolo d.C. Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio Vero. Ciascun imperatore fu scelto e adottato legalmente dal suo predecessore per le proprie capacità e onestà (secondo il criterio della 'scelta del migliore'), ignorando i vincoli di sangue; e, anche se in realtà solo gli ultimi tre ebbero la determinazione onomastica di 'Antonino', tutti quanti vengono - un po' impropriamente - accomunati nella definizione di 'Antonini'.
Traiano (98-l17 d.C.), nativo della Sna meridionale, fu il primo provinciale ad ascendere al principato; egli condusse camne contro i daci, gli armeni e i parti, e il suo regno fu ricordato per l'eccellente amministrazione, l'accorta politica sociale e per i rapporti distesi tra princeps e senato: Traiano si meritò infatti l'appellativo pubblico di optimus, fino ad allora proprio solo di Giove modulino. Sotto il suo regno l'impero raggiunse la massima estensione territoriale della sua storia; lo scrittore di satire Giovenale, l'oratore Plinio il Giovane, grande amico personale dell'imperatore, e lo storico Cornelio Tacito vissero in età traianea.
I ventun anni del successivo regno di Adriano (117-l38 d.C.) furono un periodo di pace e prosperità. Adriano infatti consolidò e rese più sicuri i confini dell'impero, anche con numerosi soggiorni fuori Roma, e addirittura risiedendo per più anni ad Atene. Egli non solo viaggiò in tutti i domini romani per coordinare personalmente operazioni militari o amministrative, ma anche per mostrare a tutti la sua presenza fisica, diminuendo così la distanza tra il principe e i provinciali: non ancora, questi ultimi, cittadini romani a tutti gli effetti, ma neppure più semplici sudditi da sfruttare. Anche il regno del suo successore, Antonino Pio (138-l61 d.C.), fu ordinato e pacifico; nel 147 d.C. - sotto gli auspici di questo imperatore - vennero celebrati con grande fasto e solennità i novecento anni dalla fondazione di Roma.
Il principato del filosofo stoico Marco Aurelio (161-l80 d.C.), che governò insieme al fratello adottivo Lucio Aurelio Vero fino alla morte di quest'ultimo (169 d.C.), fu turbato dalle incursioni di popolazioni germaniche (quadi e marcomanni), che migravano premendo sui confini dell'impero, nonché da una grave pestilenza portata in Italia dai militari di ritorno dall'Oriente a partire dal 166 d.C. A Marco Aurelio succedette - con palese rottura del criterio dell'adozione come 'scelta del migliore' - il lio Marco Aurelio Commodo (180-l92 d.C.), forse uno dei tiranni più sanguinari e dissoluti della storia romana; questi assunse infatti atteggiamenti veementemente antisenatori e sempre più apertamente teocratici (si omologò a Giove e assunse addirittura il titolo di 'Ercole Romano') finché non venne assassinato nel 192 d.C.
Il II secolo d.C. mostrò, soprattutto nell'ultima fase, evidenti indizi di una crisi dei valori tradizionali del popolo romano. Infatti il mos maiorum, l'insieme di modelli comportamentali per il cittadino di età repubblicana che si basava sull'importanza della partecipazione - a vari livelli (politico, militare, religioso, culturale) - alla vita pubblica, era ormai un punto di riferimento inadeguato per una generazione che della respublica aveva perso ogni ricordo ed era ormai assuefatta a un potere di tipo monarchico, o addirittura tirannico o teocratico.
Quando avvennero le prime pericolose incursioni dei quadi e dei marcomanni, vacillò anche l'unico grande valore che era stato patrimonio dei romani d'epoca imperiale, e che li aveva persuasi di essere comunque i protagonisti della storia dell'umanità: l'espansione e la difesa dei domini imperiali come garanzia dell'eternità di Roma e del suo popolo. Gli dei modulini tradizionali erano inoltre inadeguati a soddisfare la religiosità di genti culturalmente ed etnicamente così diverse, accomunate solo dall'essere soggette a Roma. Fu così che nei territori dell'impero, a partire soprattutto dalle truppe di stanza in Oriente, si affermarono sempre più i culti misterici e le religioni orientali legate a Mitra, a Iside e alla Grande Madre, e, benché ripetutamente perseguitata, il cristianesimo faceva sempre più proseliti nel mondo romano. Nel secolo successivo, a questa crisi di valori si aggiunsero gravi fattori di instabilità politica e sociale che accelerarono il declino dell'impero.
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