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IL CRISTIANESIMO (IV-VI sec.)
In età imperiale nei territori del Mediterraneo si praticavano varie
forme religiose, contrapposte alle religioni pubbliche delle città,
rivolte alla celebrazione di valori civili e politici, che invece ponevano in
primo piano un messaggio di salvezza individuale. Non coinvolgevano solo le
masse degli umili, ma anche gli aristocratici, che spesso divennero punto di
riferimento di associazioni di fedeli e disciplinarono gli impulsi più
eversivi e radicali, controllando e frenando le tensioni sociali.
All'inizio del IV sec. il cristianesimo era poco diffuso. In origine era
caratterizzato dall'annuncio del prossimo ritorno di Cristo, in un regno di
perfetta equità, rispondendo così alle esigenze di giustizia e
salvezza individuali. L'attuazione dei precetti religiosi si esprimeva in
insegnamenti morali, opere di solidarietà e di assistenza e per questo
si diffuse largamente, specie in ambiente urbano e nella parte orientale
dell'impero. Fu facilitato anche dalla diaspora ebraica nel Mediterraneo.
Queste le tappe della diffusione:
I-II sec.: comunità cristiane in Palestina, Siria, Grecia, Asia Minore e in alcuni grandi centri costieri
II-III
sec: diffusione più capillare in Oriente; diffusione in Africa
Settentrionale, Italia, Gallia e penisola iberica (centri urbani). Cessa di
essere religione di stranieri (limitata a etnie che parlano greco o lingue
orientali) e si latinizza
A partire dal II sec. nacque da una parte una letteratura apologetica, volta a
mettere in luce i valori etici e religiosi della nuova fede e sollecitando la
fine delle persecuzioni e dall'altra una attività speculativa che si
proponeva di chiarire il nucleo centrale delle credenze cristiane, a opera dei
Padri della Chiesa (Agostino, Ambrogio, Clemente Alessandrino, Origene . )
Il governo romano fu per molto tempo indifferente e tollerante verso i
cristiani come verso altre religioni. Le rare persecuzioni furono iniziative
locali volte a colpire non le credenze, ma le etnie, accusate di comportamenti
delittuosi. Atteggiamenti specifici di ostilità si manifestarono nel II
e III sec. di fronte al rifiuto dei cristiani di piegarsi al riconoscimento
delle divinità ane e di tributare i prescritti atti di culto
all'imperatore. Questo era visto come scarso lealismo nei confronti nell'impero
e di cospirazione politica. Le persecuzioni più violente furono sotto
Decio (249-251) e Valeriano (257-258) e ai tempi di Diocleziano che,
impegnato nella restaurazione della religione tradizionale e dell'imposizione
del culto dell'imperatore, sottopose i cristiani alla più dura delle
persecuzioni (303-304).
L'atteggiamento mutò radicalmente con l'impero di Costantino, sia
per le difficoltà incontrate a scongere il cristianesimo, sia perché
le autorità civili riconoscevano ormai nella nuova religione un
possibile sostegno alla vita sociale e politica dell'impero.
Un provvedimento di grande importanza fu l'editto di Milano, emanato da
Costantino e da Licinio (313) che stabiliva che i cristiani fossero liberi di
seguire la loro religione e di praticare il loro culto. Altri provvedimenti
furono:
restituzione dei beni confiscati in precedenza
esenzione dal amento delle imposte municipali (come già i ani) e da quelle straordinarie
diritto di affrancare schiavi
diritto di essere giudicati da tribunali ecclesiastici
Alla Chiesa si riconobbe:
diritto di ricevere lasciti ed eredità
valore anche civile alle sentenze emanate per arbitrato da giudici ecclesiastici
la domenica come giorno festivo
costruzione di basiliche per il culto con fondi statali
Un'inversione di tendenza di ebbe con Giuliano l'Apostata (colui che
rinnega il proprio credo) (361-363) che con l'ambizione di rifondare l'impero
nel solco di una tradizione antica, tentò di restaurare un anesimo
ispirato alla filosofia neoplatonica e integrato da culti socali, con
provvedimenti ostili (ma non persecutori) nei confronti dei cristiani. Coi suoi
successori, i cristiani tornarono in possesso dei propri diritti.
Teodosio con l'editto di Tessalonica (380) dichiarò il
cristianesimo unica religione consentita nell'impero e i ani furono messi al
bando con altri editti. Nella parte orientale dell'impero furono
successivamente esclusi dalle cariche statali e ci fu la pena di morte contro
di loro (435)
Controversie dottrinali
Nacquero anche controversie dottrinali, nelle quali intervennero anche gli
imperatori, per salvaguardare la concordia e la pace fra i cristiani e la
compattezza della struttura ecclesiastica, che era d'appoggio all'impero. Per
questo convocò assemble di vescoli, concili ecumenici, con lo scopo di:
definire le linee di fondo delle credenze cristiane nell'ortodossia (retta dottrina)
definire i dogmi (verità rivelate da Dio) in contrasto con le
eresie (dottrine erronee)
Nel IV sec. si manifestò un contrasto tra due posizioni:
quella di Ario di Alessandria che sosteneva la natura umana di Cristo, a discapito della trinità, che affermava l'esistenza di tre persone in un unico Dio
quella
di Atanasio che sosteneva la consustanzialità (identità di
sostanza e natura) del lio col Padre.
La seconda prevalse e fu solennemente proclamata al concilio di Nicea
(325). L'arianesimo continuò però ad avere seguito specie in
oriente e l'adesione ad esso di personalità eminenti (tra cui anche
Costanzo II e Valente) fece sì che in un secondo concilio a
Costantinopoli, nel 360 fosse riconosciuto legittimo anche se in forme
mitigate: Cristo era riconosciuto non identico (Nicea) ma simile al Padre. Ma
nel 380 l'editto di Teodosio pose l'arianesimo fuori legge e ribadì le
deliberazioni di Nicea.
Nel V sec. il dibattito si concentrò su questioni cristologiche e si
diffuse la dottrina di Nestorio secondo cui la duplice natura di Cristo
(umana e divina) implicava l'esistenza di due distinte persone. Il concilio
di Efeso (431) proclamò l'unicità della persona di Cristo. Il
principio fu ribadito nel concilio di Calcedonia (451) contro il
monofisismo che sosteneva l'unicità della natura (divina) di Cristo.
Altre controversie furono:
priscillianesimo (IV sec, Sna e Gallia meridionale): setta di ispirazione ascetica, con motivazioni di riscatto sociale. Il suo fondatore, Priscilliano, fu il primo cristiano condannato a morte per eresia da parte di un tribunale civile
donatismo (III-IV, regioni nordafricane): negava l'efficacia dei sacramenti amministrati da sacerdoti indegni. Aveva componenti di denuncia politica e sociale che gli procurava vaste adesioni tra i ceti popolari e gli schiavi
manicheismo: riconosceva accanto al principio del Bene (spirito) il principio del Male in un costante antagonismo
pelagianesimo
(inizio V): sosteneva la naturale inclinazione dell'uomo al bene, negava il
peccato originale e quindi la necessità della grazia divina per la
salvezza dell'uomo. Fu condannato nel concilio di Cartagine (418).
L'organizzazione delle comunità cristiane
Inizialmente la struttura delle chiese locali era comunitaria:
non si distinguono veri e propri sacerdoti
non
è riconosciuta una precisa gerarchia di autorità (c'è
l'influenza degli apostoli e dei profeti)
Col tempo emersero invece ure con funzioni precise:
episcopoi, vescovi: sorveglianti
presbyteroi, preti: predicazione e celebrazioni liturgiche
diaconoi,
diaconi: assistenti dei preti, con compiti amministrativi
Aumentò il numero dei fedeli e anche le ricchezze, specie dopo che
costruzione di edifici sacri o di ospedali e ospizi per poveri e pellegrini
assistenza ai bisognosi (cibo, vestiario)
istruzione e preparazione del clero
I vescovi risiedevano in città, a capo della Chiesa urbana e di quelle
del territorio (diocesi). Oltre a essere guida spirituale, gli furono presto
riconsciuti poteri giudiziari e amministrativi. Inizialmente eletto dalla
comunità cristiana locale, col tempo acquistarono peso nella
designazione i ceti notabili delle città e vescovi delle diocesi vicine,
sotto il controllo del metropolita (il vescovo della città capoluogo
della provincia). Gli aveva autorità particolare su vescovi e
comunità, inoltre doveva:
presidere all'elezione dei vescovi della propria provincia
convocare periodicamente i sinodi
L'ordinamento metropolitico seguì il modello delle circoscrizioni
amministrative dell'impero e alcune città assunsero particolare
importanza: i metropoliti di Costantinopoli, Gerusalemme e alcune altre sedi
portarono il titolo di patriarchi.
Roma ebbe grande importanza, sia per la sua fisionomia latina e l'antica
tradizione di capitale, sia perché sede del successore di Pietro, primo vescovo
e apostolo: nel 382 il sinodo convocato da Damaso definì
Ne seguì una rivendicazione dell'autonomia e di una preminenza del
potere religioso su quello civile, soprattutto da parte di papa Gelasio I
(492-498): il papato, forte del prestigio acquisito nella difesa dell'Italia
dai barbari e nel sostegno alle popolazioni colpite dalla guerra, si poneva
come erede dell'autorità imperiale. Questo era in effetti possibile in
Occidente, mentre in Oriente
Il monachesimo
Altra componente di grande importanza nella vita religiosa fu il monachesimo.
Cominciò nel III sec. in Oriente, in risposta a un'esigenza di distacco
dal mondo, di solitaria pratica di vita spirituale, per praticare l'ideale
evangelico di perfezione e penitenza. Molti monaci (detti anacoreti o eremiti)
vivevano quindi in un isolamento completo, soprattutto in Egitto.
Altre forme di vita monastica si svolgevano invece in comunità ed erano
dette cenobitiche (il cenobio era una comunità di religiosi).
Dagli inizi del IV sec. il monaco Pacaomio redasse la prima regola di vita
comunitaria e molti cenobi sorsero in Palestina, Egitto e Siria. Poi si
diffusero, più lentamente, in occidente (qui prevalse la forma
cenobitica), dove ebbero importanza anche economica sociale e culturale, dal
momento che i monaci si impegnarono nella realizzazione degli ideali cristiani
attaverso l'evangelizzazione, la conservazione e proazione della cultura e
il lavoro manuale.
Forme e luoghi del monachesimo:
monachesimo irlandese, diffusosi grazie a S. Patrizio (390-460): ricerca di ascesi e perfezione interiore, attraverso la preghiera, la mortificazione e la penitenza, ma previde anche in una vasta opera di organizzazione religiosa
monachesimo benedettino, diffusosi grazie a S. Benedetto da Norcia
(480-547): redasse una regola che ordinava la residenza continua nel monastero
e l'obbligo dell'obbedienza al capo della comunità, contemplazione e
attività manuale.
Molti monasteri divennero luogo di rifugio o riferimento per diversi ceti
sociali. Ottenendo in dono terre e immobili, divennero grandi centri di
organizzazione agricola, luoghi di produzione di beni alimentari e di manufatti
artigianali.
Fondamenti cristiani della cultura medievale
Tra II e VI sec. si fondò una nuova cultura cristiana, i cui momenti
cardini furono:
studio e interpretazione dei testi sacri su cui si fondava la nuova religione:
studio e interpretazione della cultura classica
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