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IL PRIMO DOPOGUERRA IN EUROPA ED IN ITALIA: ANNI '20 E '30 E CRISI ECONOMICA DEL '29

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IL PRIMO DOPOGUERRA IN EUROPA ED IN ITALIA:
ANNI '20 E '30 E CRISI ECONOMICA DEL '29


LA TERZA INTERNAZIONALE COMUNISTA ( KOMINTERN )


Affermatasi definitivamente in Russia la rivoluzione bolscevica, dopo che la Grande guerra aveva segnato la fine della Seconda Internazionale, Lenin promosse la nascita di una TERZA INTERNAZIONALE, che fu fondata a MOSCA nel marzo del 1919 in un Congresso che riuniva i rappresentanti dei movimenti e partiti che si ispiravano alle IDEE DEL BOLSCEVISMO SOVIETICO. Il carattere politico di questa nuova internazionale era quindi decisamente comunista, tanto che essa prendeva nettamente le distanze dai partiti socialisti o socialdemocratici, imponendo ai partiti che intendevano aderirvi una scelta politica radicale ed estremistica e promuovendo la diffusione, sul piano mondiale, delle parole d'ordine del comunismo sovietico: rivoluzione proletaria, dittatura del proletariato, democrazia dei consigli degli operai ecc. La storia della Terza internazionale o Komintern (termine russo che abbrevia le parole "internazionale comunista" ) si concluse con la SECONDA GUERRA MONDIALE.




LA REPUBBLICA DI WEIMAR E L'ASCESA DEL NAZISMO


Crollato il II Reich e la dinastia Hohenzollern, in Germania, alla fine del 1918, nacque quella che fu chiamata la Repubblica di Weimar, dal nome della cittadina tedesca in cui fu fondata. La storia drammatica di questa repubblica è l'emblema della crisi dei regimi democratici e della loro trasformazione in stati totalitari o autoritari nel corso degli anni '20 e'30. Si può suddividere la storia della Repubblica di Weimar in tre fasi:

I fase

In un primo momento, dal 1918 al 1923/24, la sua storia è caratterizzata da fortissime tensioni politiche, da tentativi di insurrezioni rivoluzionarie, da scontri armati, da attentati terroristici, da tentativi di putsch (colpo di stato; nel 1923 ci fu un tentativo di colpo di stato a Monaco, da parte del nascente partito nazista).

La repubblica di Weimar nasceva in un contesto politico, sociale ed economico drammatico; l'economia tedesca era in ginocchio non solo per le conseguenze della guerra ma anche per i pesanti oneri finanziari imposti alla Germania come indennizzo per i danni di guerra (si trattava di una somma spropositata). Una crisi economica gravissima travolse la Germania tra il '19 e il '23: l'inflazione raggiunse livelli impressionanti e la svalutazione polverizzò il marco (per fare la spesa si andava con i miliardi di marchi). Crisi politica, istituzionale ed economica formarono una miscela esplosiva in cui si svilupparono i primi germi del nazionalsocialismo.

Tra gli atti più significativi di violenza politica bisogna ricordare l'assassinio di Walter Rathenau, importante ministro del governo socialdemocratico e la violenta repressione del movimento spartachista nel Gennaio del'19, che fu voluta dallo stesso governo socialdemocratico. Servendosi anche dei famigerati 'corpi franchi', cioè volontari anticomunisti, il governo sterminò gli spartachisti, che chiedevano un'evoluzione in senso sovietico della repubblica di Weimar. Questo episodio creò una barriera ed un odio insuperabili tra i comunisti e i socialdemocratici tedeschi, che rimarranno divisi anche quando avrebbero dovuto unirsi per far fronte al comune nemico nazista.

Con la nascita della Repubblica la SPD divenne il perno del nuovo sistema politico, giacché assunse dirette responsabilità di governo: ma come fu possibile che un partito socialista potesse diventare perno del nuovo governo tedesco? La risposta sta nel COMPROMESSO POLITICO-SOCIALE che fu posto alla base della Repubblica di Weimar. Essa infatti fu il risultato di un 'accordo' tra le tradizionali classi dominanti, ovvero i latifondisti Junkers da un lato e la borghesia capitalistica e finanziaria dall'altro: queste 2 classi erano state le 'responsabili' della guerra e del disastro tedesco e quindi furono costrette ad accettare il nuovo sistema democratico imperniato sul ruolo centrale della SPD. Tuttavia il nuovo governo repubblicano, per essere a sua volta legittimato, aveva dovuto assecondare le richieste della borghesia e dei latifondisti, accettando di NON RIFORMARE l'esercito e la burocrazia statale, tradizionalmente controllati dagli Junkers prussiani, e di NON INTACCARE la proprietà privata delle industrie, mediante eventuali nazionalizzazioni. Pertanto la repubblica di Weimar nasceva proprio sulla base di questo 'scambio' tra i tradizionali ceti dominanti (che si ritirarono momentaneamente dall'esercizio diretto del potere politico) e le nuove forze democratiche, che si accollarono il difficile compito di ricostruire lo stato e l'economia dopo il disastro bellico.

Anche la stessa COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA di Weimar era il risultato di una sorta di compromesso tra il sistema parlamentare ed il sistema presidenziale: sia il parlamento che il presidente venivano eletti direttamente dal popolo ( la legislatura durava 5 anni, la carica presidenziale durava 7 anni); il presidente della repubblica aveva NOTEVOLI POTERI, tra cui quello di sospendere le garanzie costituzionali in caso di gravi disordini sociali o di presunto pericolo per le istituzioni. Ciò significava che anche sul piano istituzionale la repubblica di Weimar poggiava su un sistema basato su difficili equilibri tra i poteri e spesso questi poteri entrarono in contrasto tra loro, facilitando così le forze che intendevano abbattere la repubblica: è quello che avvenne 1933 quando Hindenburg (presidente della Repubblica) dovette chiamare Hitler alla carica di CANCELLIERE (capo del governo).


II fase

La seconda fase, nella storia di Weimar, è quella che va all'incirca dal 1923 al 1929, cioè l'anno in cui esplose la grave crisi economica mondiale. Questa II fase fu caratterizzata da una STABILIZZAZIONE ECONOMICA E POLITICA. Il momento più difficile della crisi economica era passato; il marco, supersvalutato, venne sostituito da una nuova divisa (moneta nazionale). La questione dei debiti di guerra da are alle potenze vincitrici fu in qualche modo risolta dal PIANO DAWES, un finanziere americano che dilazionò i amenti, riducendo la somma complessiva  e concedendo alla Germania prestiti a basso tasso di interessi: l'economia tedesca quindi cominciò di nuovo a crescere, inserendosi nel ciclo di ESPANSIONE che si verificò in Europa ed in America tra il '23 e il '29. Diminuì nel contempo la violenza politica, che aveva fortemente caratterizzato la I fase e si ebbe una parziale normalizzazione della situazione interna.


III fase

La terza ed ultima fase è quella che va dall'esplosione della gravissima CRISI RECESSIVA del '29 all'inizio del 1933, quando il nazismo conquistò il potere. Furono anni drammatici, caratterizzati da una miscela esplosiva che sommava instabilità economica e politica. La crisi del '29 fu molto più forte in Germania che negli altri stati Europei. Circa un terzo della popolazione attiva perse il lavoro. Ricominciò la spirale inflazionistica, che spaventò i ceti medi, i cui risparmi rischiavano di essere di nuovo erosi dall'inflazione.

La crisi economica costituì il terreno ideale per la forte ascesa del NAZISMO: se si confrontano i risultati elettorali del '28, in cui il partito nazista ebbe consensi quasi irrilevanti, con quelli del'30, in cui esso divenne uno dei maggiori partiti tedeschi, ci si rende conto dell'effetto dirompente che ebbe la crisi economica sullo scenario politico tedesco. Una parte consistente della popolazione si spostò sulle posizioni della destra estrema, in particolare i ceti della grande industria e della borghesia, che videro nel nazismo un argine alla diffusione del bolscevismo. Molti strati popolari e dello stesso proletariato tedesco, delusi dai sindacati e dalle divisioni, dai tatticismi e dai compromessi della sinistra, furono catturati dall'abile proanda nazista, che prometteva loro lavoro, sicurezza, benessere in nome non più del MARXISMO EBRAICO (per i nazisti il bolscevismo, il socialismo e la democrazia erano l'effetto degenere di una cultura politica dominata dallo spirito ebraico) ma della PATRIA TEDESCA, del nuovo ordine politico mondiale in cui avrebbe dominato la STIRPE ARIANA. Infine i ceti medi confluirono in massa sulle posizioni naziste (come avvenne in Italia nel '21/'22 con il fascismo), temendo la crisi economica e la "proletarizzazione" della loro condizione sociale.

Tutto ciò spiega il rapido e crescente successo del partito nazionalsocialista, che nel '32 divenne il primo partito tedesco, superando la stessa SPD. L'azione politica del nazismo sfruttò inoltre L'ABILITA' ORATORIA ed il CARISMA personale di Hitler e di altri leaders come GOEBBELS: i nazisti furono profondi conoscitori della psicologia delle masse, per questo (come già aveva fatto il fascismo italiano) dettero grande importanza alla PROPAGANDA POLITICA, attuata nelle forme più varie e persuasive(sfilate, raduni, uso di simboli e divise paramilitari ecc.). Sicuramente i nazisti riuscirono a penetrare nell'anima profonda dei tedeschi, interpretandone le frustrazioni storiche, la mitologia, le aspirazioni secolari e sfruttando inoltre il grande senso di umiliazione che essi avevano provato dopo la sconfitta nella grande guerra. D'altra parte il successo politico del nazismo si basò anche e soprattutto sull'uso massiccio della VIOLENZA: a partire dal'28 le famigerate S.A. (squadre di assalto, milizie paramilitari al servizio del partito) cominciarono a seminare il terrore nelle strade, colpendo ed ammazzando gli avversari politici, distruggendo le sedi dei partiti, soprattutto di sinistra, e dei sindacati, ed eliminando tutti quelli che ostacolavano in qualche modo i nazisti.

Gli ultimi anni della Repubblica di Weimar furono quindi contrassegnati dall'esplosione della violenza politica, che si sommava alla violenza comune piuttosto diffusa a causa della crisi economica; tale violenza fu tollerata dall'apparato statale, dall'esercito e dalle forze di polizia, che simpatizzavano per i nazisti per ragioni di varia natura. Inoltre gli ultimi governi democratici risultarono sempre più deboli ed impotenti a fronteggiare una situazione economico-politica che andava rapidamente deteriorandosi, per cui alla fine il nazismo sembrò l'unica via d'uscita: era quello che Hitler voleva ed aveva contribuito a determinare.


-IL BIENNIO ROSSO IN ITALIA-


Il biennio 1919/20 è stato denominato "biennio rosso" per le numerose AGITAZIONI POLITICHE E SINDACALI che sconvolsero la vita italiana e che culminarono nell'occupazione delle fabbriche dell'estate del '20. Fu il periodo in cui si ebbe la forte avanzata e, successivamente, la conquista del potere (MARCIA SU ROMA nell'ottobre 1922) da parte del fascismo. Gli anni 1919/20 furono decisivi nella vita politica e sociale italiana, in cui si manifestò in modo evidente e drammatico la crisi delle istituzioni dello stato liberale e parlamentare.

Sul piano politico il 1919 fu particolarmente importante: nacquero 2 partiti che avranno un ruolo decisivo nella storia italiana. Nel marzo del '19 MUSSOLINI fondò a Milano i FASCI DI COMBATTIMENTO, il primo nucleo del movimento fascista (il fascismo originario ebbe un carattere 'movimentista', tanto che si trasformò in un partito politico tradizionale solo alla fine del 1921); il sacerdote siciliano DON LUIGI STURZO fondò il PPI (partito popolare italiano), primo partito dei cattolici italiani, che andò ad occupare il centro dello schieramento politico , sottraendo consensi al partito liberale. Mentre all'inizio il movimento fascista aveva una base sociale piuttosto ristretta, essendo limitata a ristretti strati piccolo-borghesi urbani, il PPI divenne subito un partito di massa, particolarmente forte nelle zone rurali e sostenuto esplicitamente dalla chiesa cattolica, dalla sua gerarchia e dalle sue strutture.

La nuova scena politica italiana, molto diversa da quella dell'anteguerra, ebbe un suo primo riscontro nelle ELEZIONI POLITICHE del novembre 1919, le prime del dopoguerra. Il governo NITTI modificò nel 1919 la LEGGE ELETTORALE, precedentemente basata sul sistema maggioritario uninominale( i seggi parlamentari assegnati in prevalenza ai candidati che hanno vinto, anche per un solo voto, nel proprio collegio) facendo approvare dal parlamento una legge elettorale basata sul SISTEMA PROPORZIONALE (i seggi in parlamento assegnati in modo direttamente proporzionale alla quantità effettiva dei voti ricevuti da ciascun partito). Con questa nuova legge si svolsero le prime elezioni politiche del dopoguerra, che segnarono una netta rottura con il passato e mostrarono in maniera evidente la crisi del vecchio sistema liberale basato su equilibri politici che ormai non esistevano più. Nelle elezioni del novembre '19 infatti ottennero un clamoroso successo il PSI ed il PPI, cioè i primi due veri partiti politici di massa; nel nuovo parlamento non era più così FACILE CREARE UNA MAGGIORANZA INTORNO AL PARTITO LIBERALE, il quale uscì ridimensionato e non più in grado di costituire il baricentro del sistema politico italiano. Ciò aprì un periodo di forte instabilità politica: infatti i governi che si avranno in questi anni saranno piuttosto instabili e si reggeranno su maggioranze limitate.

Questa notevole debolezza parlamentare favorì sicuramente l'ascesa e la presa del potere del FASCISMO: tra ammutinamenti , insubordinazioni militari (Ancona, Fiume) e sommovimenti sociali (scioperi contadini, occupazione delle fabbriche, ecc.), la situazione italiana tese a degenerare, fino a sfiorare la guerra civile. Lo stato liberale mostrò tutta la sua incapacità e di essa abilmente approfittò il fascismo. Il successo del fascismo, nel breve volgere di tre anni, dal '19 al'22, si spiega non solo sulla base della crisi delle istituzioni liberali, ma anche perché esso interpretò un diffuso bisogno di ORDINE E TRANQUILLITA' sociale, dopo un periodo di anarchia e di conflitti esasperati, durante il quale si temette che la situazione italiana potesse evolvere in senso bolscevico.


-ASCESA DEL FASCISMO IN ITALIA-


Se il '19/'20 è stato definito biennio rosso, il biennio successivo ('21/'22) registrò invece la forte e rapidissima ascesa del fascismo che nell'ottobre '22, con la famosa 'Marcia su Roma', si aprì la strada del potere.

Volendo schematizzare si può dividere la storia del fascismo in 4 fasi:


Il fascismo come 'MOVIMENTO", dal '19 al '22 (ottobre '22: Marcia su Roma);

Il fascismo "LEGALITARIO", dalla formazione del primo governo Mussolini fino alle "leggi fascistissime" (dall'ottobre '22 al '25/'26);

Il fascismo come 'REGIME', dal 1925/'26 al luglio del 1943;

Il fascismo REPUBBLICANO, ovvero quello della Repubblica Sociale Italiana (RSI), chiamata anche Repubblica di Salò, dal settembre del 1943 ad aprile del 1945.


Il fascismo degli inizi era un movimento dall'ideologia piuttosto COMPOSITA E CONFUSA: si ritrovavano in essa elementi  tratti dalla tradizione dei SOCIALISTI RIVOLUZIONARI (alcuni dei quali confluirono nel fascismo), quindi teorie di SOREL mescolate con quelle di Nietzsche e soprattutto con forti motivi NAZIONALISTICI. Il fascismo del '19/'20 era antidemocratico, antiparlamentare, antiborghese, antisocialista, antimonarchico e tendenzialmente anticlericale: queste posizioni riflettevano L'ECLETTISMO POLITICO tipico di Mussolini. Tuttavia Mussolini , tra il '21/'22, quando comprese che non si poteva conquistare il potere contro la chiesa cattolica e contro la monarchia, modificò in parte queste idee ed assunse una posizione FILOCATTOLICA E FILOMONARCHICA.

All'inizio il movimento fascista era tutt'altro che un movimento di massa, essendo formato prevalentemente da EX COMBATTENTI delusi dai risultati della Grande Guerra, da strati della PICCOLA-MEDIA BORGHESIA urbana, politicamente e socialmente conservatrice e tradizionalista, da GIOVANI SPIANTATI e RIBELLI, senza un preciso orientamento politico. Sfruttando una serie di circostanze favorevoli, dalle città il fascismo di diffuse rapidamente anche nelle camne, dove in quegli anni, soprattutto nel sud, c'era stato il fenomeno dell'OCCUPAZIONE DELLE TERRE: i contadini chiedevano la riforma del grande latifondo e quindi la distribuzione delle terre, come era stato loro PROMESSO DAL GOVERNO durante la guerra (per invogliarli a combattere per la patria); ma tali promesse non furono mantenute ed i contadini, che avevano dato un notevole contributo di sangue per la patria, occuparono le terre, guidati dal PSI e dalla ANC (Associazione Nazionale Combattenti). Il fascismo, che faceva della DELUSIONE POSTBELLICA uno dei suoi cavalli di battaglia, s'inserì in questa protesta sociale e la strumentalizzò per i propri scopi: così il fascismo, tra il '20/'21, conquistò anche le camne. Nell'area padana, dove era forte la tradizione socialista, la diffusione del fascismo fu rapida anche perché fu favorita dal ceto dei possidenti agrari.

Gli AGRARI della pianura padana, vedendo nel fascismo una FORZA ANTISOCIALISTA, cominciarono a sostenere ed aiutare ANCHE FINANZIARIAMENTE i fascisti. La stessa cosa farà la GRANDE INDUSTRIA italiana, spaventata dalle convulsioni sociali del biennio rosso, soprattutto dall'occupazione delle fabbriche del '20: i capitalisti italiani cominciarono a vedere in Mussolini quel baluardo antibolscevico necessario per frenare l'avanzata socialista in una Italia sempre più disorientata e spaventata. Pertanto il fascismo del '21/'22 fu aiutato e sostenuto anche dal capitalismo industriale del Nord. Il fascismo, d'altra parte, 'spiazzava' le forze politiche tradizionali ed anche la sinistra: un movimento simile non si era MAI VISTO, l'uso effettivo della VIOLENZA POLITICA DI MASSA come metodo di lotta (le SQUADRE D'AZIONE fasciste colpivano gli avversari politici, incendiavano le loro sedi, attuavano le purghe con olio di ricino, bastonavano, intimidivano ecc.) era una novità nel panorama politico italiano. Nel pieno della sua ascesa il fascismo colse impreparata la stessa sinistra che, anziché UNIRSI E FARE FRONTE COMUNE contro i fascisti, si DIVISE ancora di più: nel 1921 ci fu una scissione a sinistra del PSI (CONGRESSO DI LIVORNO), da cui nacque il Partito comunista d'Italia (PC d'I) ad opera di ANTONIO GRAMSCI, AMEDEO BORDIGA, ANGELO TASCA, PALMIRO TOGLIATTI, UMBERTO TERRACINI. Delusi dall'esperienza fallimentare dell'occupazione delle fabbriche, che per loro doveva essere l'inizio di una vera e propria rivoluzione sociale SIMILE A QUELLA RUSSA, il gruppo dell'estrema sinistra guidato da Gramsci uscì dal PSI per fondare un partito comunista direttamente ispirato e legato alla Russia sovietica. L'anno successivo, nel 1922 (lo stesso anno della marcia su Roma) furono espulsi dal PSI i riformisti di destra, che fondarono il PSU (Partito socialista unitario), guidato da GIACOMO MATTEOTTI. In questo periodo la direzione del partito socialista era nelle mani della corrente dei MASSIMALISTI: si chiamavano così quelli che prima della guerra erano definiti INTRANSIGENTI; il termine "massimalista" indicava la volontà di attuare il PROGRAMMA MASSIMO DEL PARTITO, OVVERO REALIZZARE IL SOCIALISMO ATTRAVERSO UNA RIVOLUZIONE, ma si trattava solo di un RIVOLUZIONARISMO RETORICO E VERBALE, PRIVO DI UNA REALE VOLONTA' E CONSISTENZA. L'esponente di gran lunga più importante dei massimalisti fu GIACINTO MENOTTI SERRATI. Naturalmente queste divisioni della sinistra favorirono l'ascesa del fascismo, che approfittò anche di una generale SOTTOVALUTAZIONE da parte del mondo politico italiano: da destra a sinistra nessuno pensava che il fascismo potesse costituire un effettivo pericolo per lo Stato liberale, nessuno poteva immaginare che il fascismo riuscisse a creare un regime politico autoritario e 'nuovo' che sarebbe durato un ventennio. Il fascismo inoltre approfittò della TOLLERANZA E CONNIVENZA DI MOLTI SETTORI DELL'APPARATO STATALE (polizia, magistratura, burocrazia), politicamente conservatori, che vedevano nelle violenze fasciste un efficace antidoto contro il 'pericolo rosso'.

Per una serie di circostanze, quindi, il fascismo trovò la strada spianata per la sua presa del potere; la MARCIA SU ROMA fu uno strisciante (mascherato) 'colpo di stato'. La piazza, il popolo fascista 'obbligò' di fatto il RE( VITTORIO EMANUELE III) a dare l'incarico di formare il nuovo governo a Mussolini, ma ciò era contrario alle regole dello stato parlamentare e liberale, secondo cui il re poteva conferire l'incarico ad una persona INDICATA E SEGNALATA DAI PARTITI e che, almeno potenzialmente, aveva UNA MAGGIORANZA IN PARLAMENTO; dopo la Marcia su Roma, invece, il re chiamò Mussolini PER DARGLI L'INCARICO, senza che ci fossero le 2 suddette condizioni (segnalazione dei partiti e potenziale maggioranza in parlamento). In questo senso si andò palesemente contro la prassi costituzionale e pertanto si può parlare di un 'colpo di Stato' mascherato (con forte responsabilità di Vittorio Emanuele III).

È significativo sottolineare il fatto che il fascismo prese il potere ed agì, in una prima fase, in un modo apparentemente LEGALITARIO: nel primo governo Mussolini entrarono infatti anche esponenti del PPI e dei liberali conservatori; si trattava cioè di un tradizionale GOVERNO DI COALIZIONE. Sarà dall'interno delle istituzioni che il fascismo attuò gradualmente la trasformazione autoritaria dello stato, soprattutto a partire dalle LEGGI FASCISTISSIME del '25/'26. Sarà lo stesso percorso che, circa 10 anni dopo, compirà il nazismo in Germania: Hitler fu nominato cancelliere (cioè capo del governo) alla fine del gennaio del '33, secondo le procedure previste; ma Hitler trasformò la repubblica di Weimar in regime totalitario in pochi mesi, mentre il fascismo impiegò circa 3 anni.


-AUTORITARISMO E TOTALITARISMO IN EUROPA NEGLI ANNI '20 E '30-


Mentre in Italia si costituiva un regime politico autoritario mai visto prima, cioè il fascismo, una forma nuova di SISTEMA AUTORITARIO DI DESTRA (vedi fotocopie sul fascismo), nel resto d'Europa, tra gli anni '20 e '30, si assiste ad un vero e proprio dilagare di regimi politici autoritari, tanto che si è parlato a questo proposito di ETA' DEI TOTALITARISMI. Dalla Sna all'Europa orientale nacquero regimi autoritari o totalitari di destra: erano REGIMI MILITARI o regimi PARAFASCISTI E NAZIONALISTI, che s'ispiravano al fascismo italiano. Se a questi si aggiunge l'URSS staliniana, con la sua forma di totalitarismo socialista, viene fuori un quadro significativo del clima politico esasperato, antidemocratico, nazionalistico, che sarà la caratteristica saliente degli anni '20/'30. Si è parlato, a questo proposito, di una crisi delle democrazie, degli stati liberali dell'anteguerra: abbiamo visto come ciò debba essere considerato come uno degli effetti PERVERSI della grande guerra. Si instaurarono regimi autoritari in particolare in questi paesi: Sna, Portogallo, Grecia, Bulgaria, Jugoslavia, Ungheria, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Austria, e naturalmente, Germania. A restare fuori da questa ondata autoritaria furono pochi paesi, quelli in cui più forte e più antica era la tradizione liberale e democratica: Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio. Anche in questi paesi tuttavia, soprattutto in Inghilterra e in Francia, si ebbero fortissime tensioni politico-sociali causate dai gravi effetti della crisi economica postbellica.

Per quanto riguarda l'Inghilterra è da ricordare, sul piano politico, la continua alternanza al potere del partito laburista e di quello conservatore (negli anni '30 si stabilizzerà il potere dei conservatori con BALDWIN e CHAMBERLAIN) e, sul piano sociale, la grande ondata di scioperi, culminata nel GRANDE SCIOPERO GENERALE del '26, che si risolse in una sconfitta dei sindacati. L'Inghilterra non corse mai il pericolo di un' involuzione autoritaria non solo per la solidità delle strutture politiche del sistema costituzionale inglese (che risaliva alle 2 rivoluzioni del 1649 e del 1688) ma anche perchè non si formarono nel panorama politico formazioni estremistiche, né di destra né di sinistra, che avessero un seguito popolare consistente (il PARTITO LABURISTA era il meno marxista dei partiti socialisti europei).

La situazione in FRANCIA fu più critica di quella inglese, anche perché la crisi economica francese era più grave, e meno solide erano le tradizioni democratico-liberali (in Francia dalla Grande Rivoluzione in poi c'era stata una continua alternanza di regimi costituzionali e autoritari). Tra gli anni '20/'30 si alternarono al governo francese forze di sinistra come i radicali (con HERRIOT e DALADIER) e forze conservatrici (con LAVAL e POINCARE'); nelle elezioni del '32 si affermarono, dopo alcuni anni di governi conservatori, i radicali: questa svolta produsse una mobilitazione della destra più reazionaria che s'ispirava esplicitamente al fascismo italiano e che si incarnava nel movimento dell' ACTION FRANCAISE, guidato da Charles Maurrais. Si trattava di un movimento antidemocratico, filomonarchico, tradizionalista, che disprezzava i partiti ed il parlamento; approfittando anche del discredito dei partiti coinvolti in molti scandali ed episodi di corruzione, l'Action Française cercò di attuare, nel febbraio '34, una SOVVERSIONE contro il governo e lo Stato Repubblicano[1]. Il tentativo insurrezionale fu represso nel sangue dalle forze dell'ordine ma contribuì ad accentuare il clima di insicurezza della III repubblica, che sembrò traballare. Da questa grave crisi si uscì nel '36, con la nascita del cosiddetto 'FRONTE POPOLARE', cioè l'alleanza tra radicali, socialisti e comunisti, che resse il governo fino al '38. Queste vicende dimostrarono che comunque in Francia le istituzioni democratiche, per quanto in crisi, erano tuttavia abbastanza solide per reggere l'urto dell'estrema destra filofascista, che cercava di allineare la Francia ai tanti regimi autoritari europei.



-LA GRANDE CRISI ECONOMICA DEL '29-


Il crollo di Wall Street di fine OTTOBRE 1929 (il famoso Giovedì Nero) fu la PRIMA manifestazione FINANZIARIA di una crisi che investiva direttamente gran parte dell'apparato industriale americano e poi europeo. Si trattò in sostanza di una CRISI CAPITALISTICA DI SOVRAPPRODUZIONE, anche se i suoi effetti iniziali si ebbero sul piano finanziario, con il CROLLO delle quotazioni dei TITOLI AZIONARI della Borsa Americana.

Bisogna quindi distinguere, nell'ambito di questa crisi, un aspetto STRUTTURALE, legato alla SOVRAPPRODUZIONE INDUSTRIALE e quindi alla forte crescita che si ebbe negli USA e nei paesi europei più sviluppati dal '23 al '29; e un aspetto CONGIUNTURALE (cioè occasionale),legato alle SPECULAZIONI BORSISTICHE ed alla politica del credito 'facile' attuata dalle banche americane( avevano prestato con facilità, negli anni precedenti, notevoli somme ai privati, i quali le avevano prevalentemente reinvestite in modo speculativo in borsa). Quando cause strutturali e cause congiunturali SI COMBINARONO, si verificò quel CRACK catastrofico che fu la crisi del '29. Essa si manifestò con una serie di EFFETTI A CATENA, che trascinarono nel fallimento i diversi settori dell'economia, che erano interdipendenti. Schematicamente si può così descrivere questo processo: la polverizzazione dei titoli significò non solo il fallimento di molti PRIVATI CITTADINI, che avevano speculato comprando e rivendendo continuamente titoli, ma anche delle stesse AZIENDE proprietarie dei titoli azionari e delle BANCHE, che non solo avevano prestato soldi ai privati, ma avevano anche concesso CREDITI ALLE AZIENDE ed avevano inoltre SPECULATO in titoli borsistici: il crollo di Wall Street quindi provocò una SERIE DI FALLIMENTI A CATENA: dalla borsa alle banche, dalle banche alle industrie, dalle industrie (produzione) al commercio (distribuzione), tutto il sistema entrò in collasso.

La crisi, nel giro di pochi mesi, dilagò come mai era avvenuto in passato, creando nel giro di pochi mesi un esercito di disoccupati e di sbandati: una crisi di tale entità, vastità e gravità non si era mai vista, sembrava quasi preurarsi quel 'CROLLO DEL CAPITALISMO' previsto da Marx. Tutti gli indici economici scesero: quello più significativo fu il calo impressionante della produzione industriale, che scese in alcuni casi più del 50%.

Ma la crisi, nata negli USA, non rimase entro i confini americani, non solo perché gli USA erano già il maggior paese capitalista del mondo ma anche perché L'INTERDIPENDENZA DEL SISTEMA ECONOMICO MONDIALE era ormai una realtà, almeno dalla fine della grande guerra. Bisogna tra l'altro ricordare che in quegli anni da un lato Francia ed Inghilterra ricevevano dalla Germania le INDENNITA' PREVISTE per i danni di guerra, dall'altro la Germania, in virtù del PIANO DAWES[2], stava ricevendo ingenti prestiti DALLE BANCHE AMERICANE. Quando scoppiò la crisi negli USA, le banche americane INTERRUPPERO IL FLUSSO di capitali dall'Europa provocando, sia in Germania che negli altri paesi, una sorta di 'collasso': la Germania, senza i capitali americani, non riusciva a are le quote delle INDENNITA' ad Inghilterra e Francia, le quali, a loro volta, senza i soldi tedeschi, facevano fatica a restituire i CREDITI DI GUERRA agli USA. Pertanto la crisi statunitense si allargò sul piano internazionale, investendo in particolare i paesi capitalistici e industriali più sviluppati. In Europa il paese che subì il maggior contraccolpo fu la GERMANIA, in cui la crisi fu più grave che in Francia e Inghilterra e produsse quell'esercito di disoccupati che poi sostenne il nazismo in ascesa (ci fu una stretta relazione tra il rapido successo del nazismo e la crisi del '29, così come c'era stata una relazione tra crisi economico-sociale postbellica in Italia e l'ascesa del fascismo).

Sugli aspetti della crisi finanziaria statunitense c'è da sottolineare che essa fu sicuramente favorita dall'assenza di una BANCA CENTRALE, con compiti di supervisione e di controllo di tutta la politica creditizia, bancaria, finanziaria e monetaria: le banche americane non avevano controlli e poterono sviluppare con facilità una politica di CREDITO FACILE e di speculazioni borsistiche. Dopo la grave crisi (che fu sicuramente più acuta e devastante della Grande Depressione del 1873-95) anche negli USA nacque una banca centrale nazionale, la 'FEDERAL RESERVE', che controlla ancora oggi tutta l'attività finanziaria dello stato e delle banche private. In Italia gli effetti della crisi furono MENO ACUTI, essendo l'Italia nei primi anni '30 un paese ancora LIMITATAMENTE industriale: tuttavia essi costrinsero comunque a modificare la politica economica del regime, inducendolo ad attuare una strategia decisamente protezionistica e statalistica, che culminerà poi nell'AUTARCHIA della seconda metà degli anni trenta.


- LE RISPOSTE ALLA CRISI ED IL NEW DEAL AMERICANO-


La prima immediata risposta dei vari paesi fu quella di adottare forti MISURE PROTEZIONISTICHE, nel senso che gli stati, per poter RILANCIARE la produzione industriale interna che era crollata, tendono a 'proteggere' i propri prodotti nazionali attraverso ALTI DAZI DOGANALI; ma questo protezionismo evidenziò subito grossi limiti. Innanzitutto perché tutti i paesi, chi più e chi meno, cominciarono ad adottare misure dello stesso tipo, per cui il vantaggio si annullava: il CROLLO del commercio internazionale fu ENORME. Il protezionismo si manifestò anche con la creazione di AREE COMMERCIALI CHIUSE, ossia con la formazione di una RETE PRIVILEGIATA DI SCAMBI, LIMITATA AD ALCUNI PAESI LEGATI DA INTERESSI ECONOMICI E POLITICI COMUNI E CHIUSA VERSO L'ESTERNO: ad esempio l'area dei paesi dell'Europa centro-orientale o quella costituita dal COMMONWEALTH BRITANNICO.

Accanto alle misure protezionistiche, gli stati attuarono anche una politica tendente alla SVALUTAZIONE DELLE PROPRIE MONETE: si svalutava con lo scopo di FAVORIRE LE ESPORTAZIONI. Il nuovo sistema monetario del GOLD EXCHANGE STANDARD, ricreato nel 1922 nella CONFERENZA INTERNAZIONALE DI GENOVA, e basato ancora sulla centralità della sterlina, CROLLO' DEFINITIVAMENTE: nel 1931 il governo inglese SVALUTO' LA STERLINA, e ciò segnò la fine del sistema; altri paesi avevano preso analoghi provvedimenti, anche se non tutti svalutarono, a causa di motivi politico-sociali interni( il fascismo, ad esempio, NON SVALUTO' LA LIRA). Sennonchè la svalutazione generava a sua volta il fenomeno dell'INFLAZIONE(aumento dei prezzi), che aggravava la condizione di vita dei disoccupati e degli strati sociali deboli: pertanto i governi dovettero adottare anche misure DEFLATTIVE(=antinflazionistiche), le quali però tendevano a FRENARE LA CRESCITA ECONOMICA. Infatti le misure deflattive erano(e sono) basate sulla RIDUZIONE DEL DEFICIT STATALE, quindi sulla riduzione delle SPESE DELLO STATO; sull'aumento del COSTO DEL DENARO, cioè sulla RESTRIZIONE DEL CREDITO, è ciò colpiva quelle imprese che avevano bisogno di PRESTITI; sull'aumento della PRESSIONE FISCALE, su una politica di BASSI SALARI ecc. Come si può notare si era determinato un vero e proprio CORCOLO VIZIOSO da cui era difficile uscire: le misure adottate risultavano per molti aspetti inefficaci. Svalutazione, protezionismo e deflazione non risolvevano il problema, ma per certi aspetti lo aggravavano, provocando ulteriore disoccupazione. E' in questo contesto che maturò la nuova strategia economica definita NEW DEAL, che il nuovo presidente americano, il democratico ROOSEVELT, si convinse ad attuare e che si ispirata alle idee dell'economista inglese KEYNES. Le teorie di Keynes furono decisive per impostare una strategia di uscita dalla crisi: esse rappresentavano un SUPERAMENTO del liberismo classico( che peraltro era stato già messo in discussione durante la grande guerra ) senza però cadere nelle opposte teorie socialiste. Si può considerare schematicamente la posizione di Keynes come 'intermedia' tra liberismo e socialismo. In sostanza Keynes sosteneva che il sistema capitalistico da solo, cioè per semplice automatismo 'naturale', non era in grado di superare una grave crisi recessiva, come invece pensava l'economia classica. Keynes quindi riteneva fondamentale l'intervento dello STATO per stimolare il processo economico, quindi per INNESCARE IL MECCANISMO della ripresa e della crescita. La teoria Keynesiana proponeva quindi che lo stato INTERVENISSE nell'economia CON TUTTA UNA SERIE DI PROVVEDIMENTI MIRANTI A RILANCIARE LA PRODUZIONE. L'intervento statale teorizzato da KEYNES era finalizzato in particolare a SOSTENERE LA DOMANDA INTERNA: dal momento che la produzione non può aumentare se il mercato nazionale è DEPRESSO, cioè se nessuno più compra, allora bisogna CERCARE IN TUTTI I MODI di offrire lavoro e salari adeguati, poiché essi creeranno quel REDDITO INTERNO IN GRADO DI AUMENTARE I CONSUMI E QUINDI STIMOLARE LA DOMANDA. Questo compito viene assunto direttamente dallo stato, che diventa così un SOGGETTO ECONOMICO ATTIVO. Lo stato quindi concede INDENNITA' ai disoccupati, assume personale nel settore burocratico-amministrativo, FINANZIA direttamente grandi OPERE PUBBLICHE che danno lavoro alle imprese le quali, a loro volta, assumono operai. Lo stato inoltre diventa sempre più un CLIENTE PRIVILEGIATO di numerose imprese, soprattutto nel settore dell'industria di base, siderurgica, meccanica e militare; infine opera dei veri e propri 'SALVATAGGI' di banche e imprese coinvolte nella crisi, UTILIZZANDO CAPITALI PUBBLICI: come avvenne, ad esempio, in Italia con la creazione dell'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Nasce così, negli anni '30, L'ECONOMIA MISTA, basata cioè sulla copresenza di settore privato e settore pubblico.

-L'ASCESA DEL NAZISMO-


La presa del potere del nazismo presenta molte analogie con quella del fascismo italiano. Questo vale sia sul piano economico che su quello più strettamente politico.

Sul piano socio-economico fu decisiva la grande CRISI DEL '29. Come abbiamo già sottolineato, la Germania fu il paese europeo che subì il maggior contraccolpo: un terzo della popolazione attiva cadde nella disoccupazione, si riaccesero inflazione e svalutazione. La crisi fu un terreno fertile per il partito nazista, che nel '28 era ancora piccolo e ininfluente. La crisi quindi mise in atto quelle dinamiche socio-economiche e psicologiche che contribuirono a rendere il Partito nazional- socialista tedesco partito di maggioranza relativa nell'arco di 4 anni. Si ricreò in Germania, nel '29-'33, la stessa dinamica che si era avuta in Italia nel'19-'22. Di fronte alla crisi dilagante il nazismo divenne il nuovo punto di riferimento: ad esso guardarono non solo la GRANDE BORGHESIA INDUSTRIALE E FINANZIARIA e i LATIFONDISTI prussiani, che temevano uno sbocco bolscevico della crisi economico-sociale, ma anche vasti strati dei ceti MEDIO-PICCOLO BORGHESI, i quali temevano che la ripresa inflazionistica e la svalutazione (come nel '21-'23) avrebbero polverizzato i loro redditi e quindi provocato un loro "declassamento" sociale. Come in Italia, anche in Germania le CLASSI MEDIE si spostarono in massa su posizioni di ESTREMA DESTRA, in cui vedevano una risposta ai loro timori. Ma il consenso al nazismo venne anche da larghi strati dello stesso PROLETARIATO, gravemente colpito da disoccupazione e precarietà sociale: questi operai avevano perso la fiducia nei SINDACATI TRADIZIONALI, che non erano stati in grado di difendere i loro salari ed il loro lavoro ed erano rimasti inoltre delusi dalla politica della socialdemocrazia (SPD) e dalle divisioni interne alla sinistra (la frattura tra SPD e comunisti del '19). Anche per questi motivi il Nazismo divenne un fenomeno di massa, conquistò cioè il consenso della maggioranza dei tedeschi.

In effetti il nazismo offriva una RISPOSTA a tutta una serie di problemi e frustrazioni che attanagliavano la società germanica; l'abile proanda nazista fece credere che la crisi tedesca fosse da attribuire al CETO POLITICO, inetto e corrotto, della Repubblica di Weimar. Per il nazismo erano stati questi TRADITORI della patria tedesca NEL 1918/19, quando avevano accettato di arrendersi al nemico e poi avevano firmato il vergognoso TRATTATO DI VERSAILLES. Questi politicanti, secondo i nazisti, avevano consegnato l'economia tedesca nelle mani dell'alta finanza GIUDAICA, a sua volta collusa col BOLSCEVISMO INTERNAZIONALE: bisognava quindi fare piazza pulita di tale ceto politico, distruggendo la debole e degenere Repubblica di Weimar. Questi argomenti fecero presa sul popolo tedesco, non solo perché offrivano una facile ricetta ai mali politico-sociali, ma anche perché interpretavano esigenze, frustrazioni, ASPIRAZIONI STORICHE del popolo tedesco. La mitologia razziale e totalitaria dei nazisti non veniva dal nulla ma affondava le sue radici nelle 'profondità' della storia tedesca, si collegava non solo al pangermanesimo del Kaiser Guglielmo II, all'orgoglio tedesco-prussiano di Bismark, ma andava oltre, risalendo fino all'esaltazione nazionalistica della cultura ROMANTICO-IDEALISTICA TEDESCA del primo Ottocento(FICHTE, HEGEL) per arrivare fino a LUTERO e alla sua implicita esaltazione della GERMANICITA'. Il nazismo quindi NON SI SPIEGA senza risalire a queste INCONSCE RADICI storico-culturali: Hitler fu, in un certo senso, l'incarnazione finale di questi MITI, che appartenevano alla profonda anima tedesca, al suo destino storico (vedi Heidegger).

C'è da sottolineare che il nazismo, come aveva fatto il fascismo italiano, prese il potere "rispettando formalmente" le norme costituzionali: non ci fu un colpo di stato attuato dall'esterno, ma si verificò un'appropriazione dello stato secondo le normali procedure; naturalmente bisogna considerare comunque il peso avuto dall'uso MASSICCIO DELLA VIOLENZA POLITICA, a cui i nazisti ricorsero per eliminare gli avversari. I nazisti scatenarono la violenza squadrista delle SA (squadre d'assalto), le quali colpivano tutti gli avversari, spingendosi fino all'assassinio. Sindacati e partiti di sinistra furono intimoriti ed isolati; le elezioni del marzo '33, ultime consultazioni ancora "democratiche", furono caratterizzate dalla violenza, dalle minacce e dalle intimidazioni. Tragicamente famoso fu l'INCENDIO DEL REICHSTAG, nel febbraio '33, che fu solo un pretesto per scatenare la repressione anticomunista. Il nazismo creò un SISTEMA POLITICO TOTALITARIO nel giro di pochi mesi, mentre il fascismo aveva impiegato almeno tre anni: alla fine del 1933 la Germania era COMPLETAMENTE "nazificata".

Da sottolineare il fatto che quelle classi che nel '19 si erano "fatte da parte" per far nascere una repubblica democratica piuttosto avanzata, quale fu quella di Weimar (l'alta borghesia industriale e finanziaria, il ceto militare e burocratico, i latifondisti), nel 1931 si ALLEARONO APERTAMENTE col nazismo al fine di liquidare l'ormai debole e morente Repubblica di Weimar. Ciò avvenne formalmente con la nascita del cosiddetto FRONTE DI HARZBURG, dal nome della cittadina tedesca dove si riunirono gerarchi nazisti, esponenti degli Hohenzollern, militari, latifondisti, industriali. Ad Harzburg si formò quindi un BLOCCO socio-politico reazionario e conservatore il cui scopo fu la distruzione della repubblica.


-L'ORDINE NUOVO NAZISTA E LA TEORIA DELLO SPAZIO VITALE-


La politica aggressiva ed imperialista della Germania poggiava su precisi contenuti ideologici, in particolare sulla teoria nazista dello SPAZIO VITALE. Come si sa, la teoria razziale del nazionalsocialismo considerava la società umana secondo un modello biologico-naturalistico, secondo cui esisteva una GERARCHIA tra gli enti naturali che doveva essere applicata anche sul piano umano e sociale: come nel mondo vegetale-animale esistono forme superiori che hanno il diritto di usare e consumare quelle inferiori, così sul piano umano-sociale le RAZZE ed i TIPI UMANI 'superiori' hanno il diritto di sottomettere ed assoggettare le razze e i tipi inferiori. Sul piano della politica europea questa teoria razziale diventava la base per giustificare il DIRITTO tedesco di ESPANDERSI verso L'EST EUROPEO: poiché quello tedesco era un popolo NATURALMENTE SUPERIORE, quindi esuberante, dominante, in CRESCITA, non poteva essere LIMITATO dai confini geopolitici della Germania, ma aveva bisogno di un SUPERIORE SPAZIO VITALE, aveva quindi bisogno di espandere il proprio dominio politico, economico e razziale sui territori del nord- est europeo, abitati dalla INFERIORE RAZZA SLAVA. Appropriarsi delle risorse umane e naturali dell'est europeo era ritenuto vitale per gli interessi della Germania; d'altro canto, nell'Europa orientale si concentrava il grosso della POPOLAZIONE EBRAICA europea, quindi occupare questi territori era essenziale anche per risolvere alla radice la prioritaria questione ebraica.

Collegata alla questione dello spazio vitale era l'idea dell'ORDINE NUOVO, che ricevette una consacrazione nel PATTO TRIPARTITO, stipulato nel '40 tra Germania, Italia e Giappone. Bisognava creare un nuovo ordine politico-sociale in Europa ed in Asia, cioè bisognava 'nazificare' l'Europa, ponendola sotto la guida della razza ariana, e "nipponizzare" il continente asiatico, scacciando i colonizzatori europei(inglesi e francesi) ed affermando il dominio del Giappone: dovevano sire per sempre non solo il bolscevismo ma anche la democrazia parlamentare e borghese, lia della massoneria, del giudaismo, della Rivoluzione francese. In questo senso bisogna intendere l'ordine nuovo nazista: la vecchia Europa rigenerata nei suoi valori più autentici, quelli classici, risalenti alla civiltà greco-romana e al Rinascimento italiano, sotto la guida politica, morale culturale del III Reich millenario.


-IL TOTALITARISMO NAZISTA-


La parabola tragica del nazismo si compie tra il gennaio 1933 e l'aprile 1945 (suicidio di Hitler, Goebbels e altri gerarchi): in questi 12 anni circa il nazionalsocialismo costruì un modello di STATO TOTALITARIO per molti aspetti ineguagliato (il modello che più gli si avvicina può essere considerato quello sovietico-staliniano). Il nazismo liquidò tutta la struttura politico-amministrativa della vecchia Repubblica di Weimar e creò uno stato assoluto che sembrava l'incarnazione contemporanea dello Stato-mostro ( leviatano) di Hobbes. Il nazismo, molto più del fascismo italiano, fu un VERO totalitarismo: l'identificazione tra PARTITO, SOCIETA' CIVILE e STATO fu COMPLETA; ogni aspetto della società tedesca (industria, chiesa, burocrazia, esercito, ecc.) fu 'nazificato', cioè sottoposto al rigido controllo del partito nazista. Al di fuori e al di sopra di esso non esisteva alcun potere, alcuna sovranità. In questa realtà totalitaria, la VOLONTA' del Führer era FONTE DI DIRITTO, cioè era legge. Ciò che il Führer diceva e voleva veniva attuato anche contro la stessa legalità formale: il Führer e il partito erano al di sopra delle leggi scritte. La legalità era al sevizio del potere nazista e non viceversa: in questo senso lo stato-comunità del nazismo fu una forma di POTERE ARBITRARIO ED "ILLEGALE", quindi ben diverso dallo Stato etico di Hegel (o Fichte), in cui c'era il dominio della legge razionale valida per tutti.

Come nel fascismo e più del fascismo, nel nazismo è fondamentale il RAPPORTO DIRETTO tra il Führer e il popolo: la CONCEZIONE ORGANICA dello stato e della nazione si basa su questo legame indissolubile tra il capo e la comunità ( l'organismo). Il CAPO è colui che interpreta e veicola le esigenze profonde del suo popolo, che ne conosce la psicologia e la padroneggia; il popolo, a sua volta, sente il bisogno di identificarsi in questa GUIDA MORALE E SPIRITUALE. Il modello politico nazifascista, quindi, prevede questo rapporto diretto, 'viscerale', tra popolo e capo: tra questi due termini non occorrono 'mediazioni', non c'è bisogno né di PARTITI né di PARLAMENTI. Duce e popolo formano un tutt'uno indissolubile, così come avveniva nell'ambito della tribù primitiva tra il capo ed il clan. In questo rifiuto delle forme della mediazione politica, della delega, il fascismo e il nazismo attuarono una sorta di REGRESSIONE a forme di potere premoderne, per molti aspetti arcaiche, primitive.

Il totalitarismo nazista fu tale da sottomettere anche le chiese, sia quella cattolica che quelle protestanti. Mentre in Italia la Santa Sede mantenne comunque una sua autonomia dal fascismo, in Germania invece la CHIESA CATTOLICA assunse un atteggiamento del tutto passivo ed acquiescente rispetto alla politica nazista, fino al punto di TACERE anche sulla questione dell'Olocausto. In particolare PIO XII, salito al soglio pontifico nel '39, cioè quando stava per iniziare la soluzione finale, è stato accusato di aver taciuto sulla questione ebraica: infatti non esiste alcun documento ufficiale della Chiesa Cattolica (ma anche di quella protestante) in cui si condanni o si prendano de distanze dalla politica nazista, eppure la Chiesa sapeva quello che stava avvenendo. Si è molto discusso su questo 'colpevole' silenzio e si sono date tante spiegazioni: opportunismo, antisemitismo cattolico, anticomunismo (Pio XII è stato il papa che nel '49 scomunicò i comunisti), ecc.. A merito della chiesa cattolica, comunque, va il fatto che essa, in tutta Europa, favorì la fuga o la copertura di molti ebrei ricercati dai nazisti: tanti ebrei quindi si salvarono grazie all'intervento della chiesa. Tutto ciò però non è stato ritenuto 'sufficiente' a giustificare quel silenzio e quelle connivenze.


-LA NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI-


Nel 1934, quando il nazismo era al potere da poco più di un anno, avvenne un episodio importante nella tragica storia tedesca degli anni '30: L'ELIMINAZIONE DELLO STATO MAGGIORE DELLE SA DA PARTE DI REPARTI DELLE SS. Le SA rappresentavano l'ala di 'sinistra' del partito nazista, cioè la corrente "anticapitalistica e antiborghese", favorevole cioè ad uno sviluppo socialista-nazionale del regime. Questo 'estremismo' preoccupava però la grande industria, la finanza, i latifondisti, cioè le classi dominanti tedesche, che non potevano condividere un'impostazione di tipo 'socialista'. Inoltre i dirigenti delle SA chiedevano che i loro uomini fossero inseriti NEI QUADRI DELL'ESERCITO, ma lo Stato Maggiore dell'esercito, legato alla tradizione militarista prussiana e geloso delle proprie prerogative, si opponeva in quanto vedeva nelle SA solo una "milizia di partito" non avente nulla a che vedere con la Wermacht (l'esercito di terra). Hitler si decise a risolvere questi problemi sterminando le SA (non poteva infatti mettersi contro i generali né contro l'alta borghesia finanziaria e industriale). Dopo aver costruito false accuse contro i dirigenti delle SA, ordinò ai reparti delle SS di recarsi di notte nei locali in cui si erano radunati i capi delle squadre d'assalto: furono tutti ammazzati. Al capo supremo delle SA, ROHM, fu riservato un trattamento di 'favore': portato in carcere, gli fu consegnata una pistola e gli fu detto che il Führer "desiderava" che egli si suicidasse. Rohm si sparò. Il nazismo aveva così eliminato uno dei suoi capi più significativi.


-POLITICA ECONOMICA DEL NAZISMO-


Quando il nazismo prese il potere l'economia tedesca era quasi in ginocchio: disoccupazione, inflazione, recessione. I disoccupati erano arrivai a quasi 6 milioni. La strategia economica del nazismo da un lato si riallacciò alle TENDENZE KEYNESIANE in atto in quel periodo, dall'altro cercò di uscire dalla crisi attuando una POLITICA DI RIARMO, di militarizzazione dell'economia e di aggressione imperialistica: quest'ultima fu una delle risposte date per uscire dalla crisi del '29, soprattutto da parte delle potenze totalitarie come Italia, Germania, Giappone.

Il nazismo varò un'ampia politica di LAVORI PUBBLICI, finanziati dallo stato, con cui da un lato riduceva la disoccupazione e dall'altro potenziava le infrastrutture economiche necessarie anche in vista del futuro impegno bellico. L'aspetto più rilevante della politica economica nazista fu la TOTALE SUBORDINAZIONE del sistema industriale ALL'INTERESSE MILITARE: tutta l'economia tedesca fu MILITARIZZATA. La Germania, fin dal '33, iniziò una politica basata sulla corsa al riarmo, contravvenendo apertamente alle clausole del trattato di Versailles: in poco tempo il III Reich si dotò di un esercito poderoso e tecnologicamente avanzato. Tutto ciò comportò notevoli investimenti da parte dello stato, che commissionava alle imprese la costruzione di questo poderoso apparato bellico. Così avvenne che quasi tutti i settori economici si ripresero e già nel '36 la disoccupazione fu quasi azzerata: tutto ciò contribuì ad accrescere il CONSENSO sociale intorno al regime. D'altra parte Hitler non si preoccupava più di tanto del problema del DEFICIT dello stato: da un lato ricorreva a PRESTITI ESTERI, ben sapendo che non avrebbe mai restituito quei soldi; tale debito sarebbe stato ANNULLATO con la guerra di conquista. Inoltre il nazismo, soprattutto con le leggi razziali del '38, si appropriò dei beni ingentissimi posseduti dalla comunità ebraica tedesca. Pertanto tutta la politica finanziaria del III Reich era tesa ad investire grandi somme nel sistema economico, senza porsi il problema del DEFICIT DEL BILANCIO STATALE. In effetti, sotto l'impulso di questi finanziamenti, l'economia tedesca si riprese, raggiungendo quasi la PIENA OCCUPAZIONE.


-LE LEGGI RAZIALI-


Le discriminazioni razziali iniziarono già dal '33, quando con alcuni decreti furono allontanati dall'amministrazione, dalla burocrazia, dalla scuola, tutti gli appartenenti alla comunità ebraica (ma anche gli oppositori politici tedeschi). Le leggi più importanti furono quelle del 1935, note come LEGGI DI NORIMBERGA, con cui fu tolta la cittadinanza tedesca agli ebrei, che persero i diritti politici e civili (furono proibiti anche i matrimoni e le relazioni sessuali con gli ebrei). Nel '38 infine, dopo la NOTTE DEI CRISTALLI, quindi poco prima dell'inizio della SOLUZIONE FINALE (1942), alcune leggi allontanarono definitivamente gli elementi ebraici dall'economia e posero i loro beni sotto la tutela dello stato. La "soluzione finale" fu una strategia elaborata dai gerarchi del nazismo al fine di RISOLVERE DEFINITIVAMENTE LA QUESTIONE EBRAICA IN EUROPA: contro la "mala pianta" giudaica bisognava procedere allo STERMINIO DI MASSA, da attuare "scientificamente" nei nascenti LAGER, disseminati tra la Germania e l'Europa orientale.




in Francia c'era la III repubblica, nata nel 1870/71 con la caduta di Napoleone III e del suo II impero

Dawes aveva elaborato un piano di aiuti alla Germania dilazionando le somme che doveva are alle potenze vincitrici, riducendo l'ammontare complessivo e concedendogli prestiti a basso interesse




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