INIZIAMO A RICORDARE
Foibe, la storia dimenticata
Dopo l'8 settembre del 1943 i territori istriani, giuliani e dalmati,
dapprima sotto l'influenza tedesca, vengono poi occupati dai partigiani
comunisti di Tito. Titini, unitamente ai partigiani comunisti italiani, nutrivano
il progetto di avanzare sino ad Udine, approfittando dei troppi indugi degli
Alleati in quella zona e d'armi e mezzi che gli Alleati stessi gli fornivano.
In realtà non puntavano semplicemente alla conquista di terre, ma
rivelarono ben presto l'odio etnico che li animava e l'intenzione di
"deitalianizzare" i territori occupati con metodi terribili. Italiani, senza
particolari distinzioni di sesso, età o politiche, venivano prelevati
dalle loro case e poi eliminati, colpevoli di non partecipare attivamente a
piani espansionistici di Tito. Per gli amanti dei numeri ricordiamo che il
terrorismo etnico dei titini costrette 350000 persone a fuggire dalle proprie
terre e altre 10000, anche se le cifre sono molto incerte, furono uccise con le
modalità più atroci. Le vittime erano poste sull'orlo di una
foiba e legate di spalle a due a due con filo di ferro; poi si sparava al primo
cosicché, cadendo, avrebbe trascinato con se pure il secondo, spesso sottoposto
ad un'agonia terribile se i ripetuti colpi contro le pareti rocciose dalla
foiba non fossero stati sufficienti a procurargli presto la morte. Nella sola
foiba artificiale di Basovizza, profonda 256 m, è stato fatto un tragico calcolo:
considerando la profondità del pozzo prima e dopo la strage, si è
rilevata una differenza di una trentina di metri, 300m3 riempiti con
circa 2000 cadaveri. Ma l'"infoibamento", seppure il metodo più
conosciuto, non fu l'unica modalità per sradicare l'italianità
dall'Istria e dalla Dalmazia: campi di concentramento situati a Borovnica,
Maribor, Aidussina e in molte altre zone dell'ex-Jugoslavia diedero il loro
macabro contributo. A far riscoprire questo stralcio di storia dimenticata
hanno contribuito in modo più efficace che mai gli appuntamenti
televisivi di questi giorni in vista della "Giornata del Ricordo" (10 febbraio):
dal puntualissimo "Porta a Porta" sino al film "Il cuore nel pozzo". Sorge
tuttavia spontanea una considerazione: possibile che solo ora, dopo 60anni,
possiamo sentirci soddisfatti per l'uscita del primo film sulle stragi di cui
gli Italiani stessi furono vittime? Certo la cinematografia non ha atteso
altrettanto per film sulla Shoah -ad esempio-, ma per quale motivo? Probabilmente
perchè le Foibe non sono ancora entrate nella cosiddetta "memoria
condivisa", se ne ha una preoccupante conferma tuttora; il ministro degli
esteri sloveno Vajgl ha dichiarato la sua preoccupazione perché non approva che
"in un'istituzione parastatale, come la
RAI, venga prodotto un film che è una provocazione e
un'offesa per il popolo sloveno" nonché un "falso storico, che trasforma in
colpevole un popolo che per tutta la sua storia è stato invece
sottoposto all'aggressività dei popoli vicini". D'altronde di che
possiamo lamentarci se neppure noi Italiani abbiamo mai preteso seriamente il
riconoscimento di questi crimini? Come possiamo criticare un ministro degli
esteri sloveno se un nostro presidente della repubblica (Pertini) ha reso omaggio
alla tomba del maresciallo Tito? Sembra impossibile che dopo tanti anni ancora
non siano stati aperti completamente gli archivi di Lubiana, che intere ine
di storia manchino all'appello nei testi scolastici. Tutto ciò con il
solo scopo di profondere una conoscenza parziale se non addirittura di
seppellire definitivamente la questione "Foibe": anche il governo italiano,
d'altra parte, non fu poi tanto solidale facendo viaggiare parte dei 350000
profughi via treno senza neppure concedere soste, rinchiudendoli poi in campi
di accoglienza dove rimasero per anni e sui quali molto ci sarebbe da dire in
quanto a condizioni di vita; ma quelli erano profughi e vittime scomode, meno
se ne sapeva e meglio sarebbe stato. Vittime colpevoli solo d'essere Italiane e
a cui non è stata fatta giustizia, criminali di guerra mai perseguiti
spacciati dalla storia come fantomatici combattenti per la libertà. Non
è forse giunta l'ora, dopo 50anni, di chiarire se si vuole fare la
storia o la politica? Se si vuole scrivere la storia, è ora di
riscoprire fatti su cui si è volutamente e vergognosamente taciuto;
perché la storia fatta di omissioni e strumentalizzazioni politiche non
è maestra di vita.