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INTERVISTA AD UN ROMANO
Dopo anni di ricerca, l'inventore Hermann Schiller è riuscito a costruire la tanto sognata macchina del tempo. Noi abbiamo deciso di collaudarla, e approfittando di questa preziosa occasione per intraprendere un viaggio nell'antica Roma abbiamo indagato sulle abitudini alimentari dei romani.
'Atterrammo' nei pressi del foro: al primo impatto con la grandiosità delle costruzioni, ci sentimmo a disagio, nonostante portassimo ,come tutti, gli abiti in uso all'epoca. Però dovemmo metterci subito all' opera: per puro caso incontrammo Ovidio Pubblio Nasone, il grande poeta. Ci presentammo come grandi amici di Tito Livio, e gli chiedemmo se ci avesse potuto fare da guida nella città. Dopo un breve giro turistico del centro romano, dove potemmo anche ammirare la bellezza del Colosseo, del Circo Massimo e della Basilica di Costantino, fu molto felice di ospitarci a casa sua per la cena (anche se erano solo le tre del pomeriggio).
Fummo accolti nella sala da pranzo, chiamata 'triclinium', nome che deriva dai tre letti collocati attorno al tavolo (mensa) sui quali più commensali si stendevano per mangiare, secondo un'usanza importata dalla Grecia. Sul pavimento di marmo poggiavano tavoli di legno con gambe d'avorio, intorno ad essi divani decorati di madre perla.
Prima di accomodarci gli schiavi ci offrirono un bagno caldo e profumato e un pediluvio; fummo poi annunciati da uno schiavo, che ci indicò il nostro posto: il padrone di casa ci aveva riservato il letto d'onore, quello al centro (lectus medius). Sulla tavola vasellame e vivande erano già pronte con cura. Osservando gli altri commensali, notammo che bisognava lavare le mani in un'apposita bacinella in mano agli schiavi, e che il cibo si prendeva direttamente con le dita della mano destra, mentre con la sinistra si reggeva il piatto, di cristallo. I bicchieri, di cristallo, erano molto lussuosi e si usavano sia per l'acqua sia per il vino, che veniva miscelato con acqua nel cratere dal servo il quale attingeva col cyathus, un bicchiere dal lungo manico. Per servire gli schiavi dovevano portare lunghi capelli per permettere ai commensali di pulirsi le mani, inoltre era necessario che fossero di bell'aspetto e si sapessero comportare bene.
La nostra cena era suddivisa principalmente in tre fasi, chiamate dal nostro ospite gustus, prima mensa, e secunda mensa. Il gustus, cioè l'antipasto, si prendeva prima di cena: ci servirono melone, lattuga, tonno, polpette e pesce salato, tutti cibi adatti a stimolare l'appetito. Bevemmo anche il mulsum, una bevanda di vino e miele. Durante la mensa, invece, furono serviti portate (feculae) a base di carne e di pesce (particolarmente gradito ai romani), tutti cucinati in modo raffinato e annaffiati da molto vino. L'ultimo piatto era la secunda mensa, costituita da frutta, dolci, datteri e uva passa.
Fummo straniti dal fatto che i commensali gettavano tranquillamente sui preziosi pavimenti di mosaico i rifiuti del cibo, mentre rimanemmo colpiti dagli spettacoli organizzati dall'anfitrione , si esibirono comici, suonatori di cetra, lottatori di versi, ballerini, buffoni e nani che prendevano il posto dell'odierna televisione.
Concludemmo la cena con un brindisi dedicato agli dei, ai quali chiedemmo di proteggere tutti i commensali, l'imperatore e la patria. Seguì il comissatio, cioè una conversazione, che per noi si protrasse fino all'alba.
Approfittammo del momento per porgere alcune domande a Nasone e, dopo esserci congratulati con lui per il sontuoso banchetto , gli chiedemmo se ogni sua cena fosse così sfarzosa. Il poeta ci rispose:' No, Abitualmente, la cena è aperta solo ai membri della famiglia e le portate principali prevedono lattuga, uova sode, porri, semolino e fagioli con pancetta magra mentre per il dessert si portano in tavola uva, pere e, durante la stagione delle castagne, caldarroste. Solo per gli ospiti uso questi riguardi: stendo personalmente la tovaglia, sfoggio il vasellame più pregiato, faccio servire cibi esotici e raffinati e sfoggio i servi più belli e capaci (servus ad pedem)'
'Mentre gli schiavi più brutti?'
'Quelli si occupano dei servigi più umili e grossolani, per esempio gli scoparii che hanno il compito dopo la cena di spargere segatura sotto la mensa e, con scope e strofinacci spazzar via tutto; infatti loro si distinguono dai servi più belli dal fatto che vestono tuniche di panno grezzo ed hanno i capelli rasati, mentre, come hai potuto notare, gli schiavi che servono a tavola indossano tuniche dai vivaci colori e portano lunghi capelli inanellati.'
'Ma comunque sono plebei e non mangiano come voi, vero?'
'Sì, certo, non possono permettersi certi lussi, la plebe dei quartieri popolari consuma i pasti stando seduti su rozzi sgabelli intorno alla tavola di legno comune; il vasellame è di coccio e la cena è semplice e frugale: minestra di verdura e cereali, pesce, qualche volta carne , molti legumi, formaggio, frutta (specialmente quella secca, come le noci di cui fanno largo consumo) , non possono certo permettersi i fagiani della Guinea, i galli della Persia, i pavoni dell'India, i caprioli dell'Ambracia, i tonni di Calcedonia, le ostriche e le vongole di Taranto, le cozze dell'Attica o i tordi di Dafni! Anzi, a causa della loro condizione precaria, per molti la sopravvivenza è garantita solo grazie alle elargizioni di grano, le frumentationes'
' E' un'opera di beneficenza?'
'Assolutamente no! Queste distribuzioni, hanno il fine di ottenere il consenso delle masse e di mantenere sotto controllo una situazione sociale potenzialmente esplosiva, impedendo eventuali rivolte. Questa tuguria non merita nemmeno di abitare nei piani alti delle insulae o delle tabernae: i più fortunati vivevano in baracche ai margini della città, mentre quelli ancora più poveri si accontentano di ripararsi sotto ponti, porticati o scale.'
'Da chi sono state ideate queste frumentationes?'
'Bè . Fu Caio Gracco per primo a imporre un prezzo politico del grano più basso di quello del mercato per sottolineare il principio che i beni provenienti dalle province erano proprietà di tutti i cittadini che dovevano perciò beneficiarne concretamente. Col tempo si passò a elargizioni gratuite, a volte anche di denaro, che divennero un modo per sostenere questa massa di indigenti che popolano Roma.'
Ci coricammo al sorgere del sole, ma purtroppo ci svegliammo solo poche ore più tardi per la colazione (ientaculum), un pasto molto leggero. Essendo sconosciuti tè, caffè e zucchero, la colazione consisteva di pane, ne esistevano tre tipi (candidus, secondarius, plebeius), intinto nel vino oppure accomnato da cacio, uova, frutta, miele.
Anche il pranzo (prandium), che ha luogo verso mezzogiorno, fu rapido e sobrio: uova, pesce, un po' di verdura, frutta e, da bere, acqua o vino allungato.
Al termine di questo pasto, essendo già le due del pomeriggio, dovemmo ritornare al nostro presente, senza però rinunciare ad una sosta alle terme per un bagno rilassante.
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