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Il feudalesimo è un fenomeno politico, economico e sociale tipico del Medioevo. Troviamo protomi del feudalesimo anche nelle ville romane del III e IV secolo, che dominavano i territori circostanti grazie alla sempre minore autorità dell'impero di Roma. Questa organizzazione si rafforzò in alcune zone con la caduta dell'impero romano. In Italia, ad esempio, le ville romane vennero per così dire prese in gestione dai longobardi invasori.
Con Carlo Magno si ha l'inizio del feudalesimo vero e proprio, perché lui
organizza il suo impero spartendolo tra i suoi comni di guerra. Il Sacro
Romano Impero era diviso in contee e marche, ognuna rispettivamente donata a
conti e marchesi. Queste persone avevano ricevuto questo beneficio dal sovrano,
ovvero potevano sfruttare quelle terre in cambio di fedeltà e appoggio
militare in caso di guerra. Questo beneficio era però revocabile, quindi
alla morte dei feudatari il feudo tornava nelle mani di chi lo aveva concesso.
Questa era la teoria, in pratica andò molto diversamente, perché finché
ci fu Carlo Magno la sua autorità teneva legati al potere centrale i
feudatari, ma con i suoi successori e la divisione dell'impero i grandi
feudatari ottennero un potere sempre maggiore e cominciarono a trasmettere i loro
possedimenti ereditariamente. Allo stesso momento essi cominciarono a
suddividere i loro feudi dando il beneficio ad altri, i vassalli che a loro
volta se il feudo era abbastanza grande lo concedevano ai valvassori, e questi
ai valvassini. Nell'877 con il modulare di Quierzy i feudi
maggiori divennero ereditari, seguiti da quelli minori nel 1037 con la Constitutio
de feudis. Quindi ci fu una suddivisione notevole del potere, che rese
ancora più statica e frastagliata questa società. Le invasioni
barbariche peggiorarono la situazione: infatti per difendersi i signori
costruirono castelli sempre più simili a fortezze e organizzarono
possenti eserciti (questo fenomeno viene chiamato incastellamento). Ma
per affermare anche il loro potere su un altro feudatario, essi non esitavano a
muovere guerra, che in genere si concludeva con un assedio, distruggendo il
contado del feudo e quindi la sua economia. Quindi guerre interne, invasioni
esterne e frammentazione del potere concorsero a formare la società
feudale come la conosciamo, che toccherà il suo apice dopo l'anno mille.
Nella parte più bassa di questa piramide troviamo i poveri, che erano oggetto delle elemosine che si dovevano prestare nel Medioevo. Nella rappresentazione del mito del buon governo, all'immagine di nobili e ricchi borghesi si contrappone quella dei nulla tenenti al bordo della strada.
I servitori anche erano nella stessa infima condizione dei servi, con l'unica differenza che il loro duro lavoro non era poi ricompensato da una a equa, per cui erano ridotti quasi nella stessa condizione dei poveri.
I servi della gleba erano dei contadini che erano legati a vita al lavoro della terra e i loro li erano costretti a praticare il loro stesso mestiere. Questa norma era stata istituita per la mancanza di manodopera terriera, per cui i signori avevano sentito il bisogno di tutelarsi e di impedire ogni qualsiasi fuga da questa infima categoria. Infatti questi non si potevano affrancare, la terra che coltivavano era di proprietà del signore, era costretti a lavorare un certo numero di giorni presso le terre direttamente gestite dal feudatario (corvées) e spesso la scarsità del raccolto e le tasse da versare al signore (le decima del raccolto e così via).
I pochi uomini liberi era costituita da quei piccoli artigiani, molto ricercati dai signori, che lavoravano presso il castello nel feudo per renderlo indipendente, infatti esso disponeva delle materie prime ma non di chi potesse lavorarla. Perciò i feudatari gli diedero la possibilità di lavorare all'interno del castello e di vivere nel borgo attorno al castello in cambio di protezione. Questi piccoli artigiani commerciavano sia con il basso, ovvero con in servi della gleba oppure con il feudatario, sicuramente con lui barattavano appunto la protezione in cambio di lavoro.
I piccoli feudatari a questa categoria appartenevano tutti i feudatari minori che godevano dei privilegi feudali ma erano sottoposti all'autorità di quelli maggiori.
I grandi feudatari erano quei signori che possedevano feudi tanto grandi che a volte erano per estensione più importanti rispetto a quelli posseduti dal re stesso. A loro volta essi concedevano queste terre in "subappalto" a vassalli/valvassori/valvassini, ai piccoli feudatari, ricreando spesso una situazione interna al feudo simile a quella della nazione, con un potere centrale poco ascoltato e tanti feudatari che operano a loro piacimento. In alcuni casi (guarda i feudatari di Baviera e Sassonia nel Sacro Romano Impero di nazione germanica) questi così potenti da poter influenzare la scelta del sovrano e da legittimare il suo potere
Il Clero gentilizio era formato dagli alti quadri della Chiesa che avevano associati dei feudi. Ad ogni diocesi o ad alcuni importanti monasteri erano assoggettate delle terre. Per questo motivo la carriera ecclesiastica era molto, perché permetteva di vivere da nobili senza esserlo.
Il papa era quella persona che era a capo della Chiesa e che quindi aveva a disposizione sia il potere spirituale, visto il suo ruolo di capo della comunità dei Cristiani, sia quello temporale, visti gli enormi possedimenti della Chiesa e uno stato di cui era al comando, formato dai territori dell'Italia centrale.
L'imperatore o il re erano i capi politici di una nazione e per questo motivo essi avevano bisogno di legittimare il loro potere, perché da che mondo è mondo chi comanda ha bisogno comunque di una qualsiasi motivazione per giustificare il suo comando. Mentre oggi tale legittimazione avviene con i voti del popolo per quanto riguarda i capi degli stati democratici, allora non era propriamente così.
Il problema della legittimazione: i capi politici, infatti, potevano giustificare il loro potere solamente ricorrendo a Dio, dato che nel Medioevo la religione era il motivo dominante della vita di ogni persona e ogni qualsiasi altra forma di legittimazione sarebbe stata poco robusta. Ricorrere invece a Dio era un sistema che permetteva la legittimazione senza ombra di dubbio o contestazione. Allora di diceva: "A deo rex, a rege lex", cioè da Dio il potere del re, dal re poi le leggi. Quindi il potere politico aveva un carattere teocratico, cioè veniva da Dio (theos = dio + kratia = forza). Ma non era Dio che concedeva questo privilegio o che legittimava il re o l'imperatore, ma il Papa, cioè il suo rappresentante sulla terra. Quindi gli imperatori o i re potevano fregiarsi dell'approvazione divina solo se incoronati dal Papa. Fu così anche per Carlo Magno, che venne incoronato imperatore nella notte di Natale dell'800 da Papa Leone III. La sua famiglia, quella carolingia, non era una dinastia regnante da sempre, ma si era impossessata del potere per meriti militari scalzando i Merovingi, quindi avevano bisogno più che mai dell'approvazione papale per giustificare il loro potere. Da allora la chiesa ebbe sempre maggiori ingerenze nelle sfere del potere temporale, oltrepassando quello spirituale che gli era di competenza. Ottone I di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero di nazione germanica, nel 962 istituì il Privilegio Ottoniano, che sanciva che il Papa doveva prestare fedeltà all'imperatore e che egli aveva diritto di veto sull'elezione del pontefice. Ma con la sua morte i papi presero sempre più potere finché Gregorio VII nel 1075 emanò il Dictatus papae, con il quale dichiarava l'infallibilità del Papa e la superiorità rispetto al potere temporale, causando poi alla guerra con l'imperatore Enrico IV di Franconia. Nel 1302 Bonifacio VIII in Una Sanctam, sosteneva che i poteri spirituali e temporali venivano da Dio affidati al Papa, che a sua volta delegava l'imperatore all'amministrazione dei beni. Nel XVI secolo la Chiesa rinunciò all'applicazione del potere teocratico temporale, optando per la possibilità di dare direttive all'autorità imperiale. Però per altri secoli i regnanti europei si serviranno della teocrazia per legittimare la loro sovranità.
La società di questo periodo è arretrata dal punto di vista del commercio, infatti il denaro è un bene mobile scarsamente utilizzato, al suo posto negli scambi si ricorre al baratto, dato che i commerci avevano una gittata limitata visto che le strade erano insicure oltre che mal mantenute e il feudo aveva un'economia chiusa e autarchica, perciò gli scambi semmai avvenivano all'interno del feudo stesso. È una società la cui base economica è l'agricoltura, che ha uno scarso rendimento a causa dell'arretratezza tecnologica dei mezzi e delle tecniche utilizzate.
La struttura piramidale che organizzava le condizioni sociali era pressoché statica, tanto che Adalberone di Laon, un vescovo francese, diceva che le classi sociali erano tre, oratores, il clero, bellatores, i cavalieri, e i laboratores, cioè servi della gleba e servi presso le corti signorili. Non si potevano formare nuove classi e neanche si poteva elevare la propria posizione sociale, visto che ciò era visto come un affronto alla perfezione con cui Dio aveva organizzato quella società (tre erano le classi come tre era il numero delle persone della Trinità). C'era cioè chi doveva combattere, chi si occupava delle faccende spirituali, e la stragrande maggioranza della gente che doveva lavorare anche per questi altri due gruppi.
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