1. Il modello bismarkiano
di Crispi
L'alleanza tra proprietari terrieri e industriali
- Negli anni della crisi agraria in Italia
si era venuto coagulando un nuovo ceto sociale in cui confluì la
borghesia industriale (arricchita con la promozione delle attività
industriali e i grandi proprietari terrieri di nord e sud (arricchiti col
protezionismo).
- Gli interessi di questo nuovo ceto
sociale presupponevano uno stato forte capace di difendere il mercato interno dalla concorrenza delle merci
straniere, proteggere
questa nuova classe dalla conflittualità sociale, promuovere l'acquisizione di nuovi
mercati esteri.
- L'uomo che espresse politicamente questo
nuovo blocco sociale fu Francesco Crispi (1818-l901) che era il leader
politico di pochi gruppi di imprenditori meridionali: Florio, Orlando, Borbonato, Woodhouse.
Le proteste dei lavoratori e la politica autoritaria
di Crispi
Giunto a capo del governo nel 1887 Crispi avviò una politica
autoritaria:
- Accentrò
su di se quasi tutti i poteri: oltre alla presidenza del consiglio infatti
tenne anche il ministero degli Interni e quello degli Esteri.
- Represse con
gran fermezza ogni movimento popolare che potesse minacciare l'equilibrio
sociale. Dal 1893 in
Sicilia i primi gruppi di operai urbani organizzati in Fasci di ispirazione
socialista iniziarono a organizzare una serie di tumulti e lotte.
- In
particolare in Sicilia represse con la forza questi movimenti: proclamò lo
stato d'assedio e nel 1894 sciolse i Fasci e ne arrestò i capi.
Nel 1893 inasprì la legislazione contro le organizzazioni operaie
compreso il partito socialista (fondato a Genova nel 1892 da Filippo
Turati, Andrea Costa, Leonida Bissolati e
Camillo Trampolini)
- Inasprì
il controllo sull'ordine pubblico con l'utilizzo dei prefetti
- Nel 1894
promulgò le cosiddette leggi antianarchiche
L'ingresso dei cattolici nella
vita politica e sociale
La politica repressiva di Crispi colpì non solo il movimento
socialista ma anche quello cattolico: nel decennio crispino
infatti si assistette al lento ingresso dei cattolici nella vita politica e
sociale italiana.
- Il divieto
papale non expedit
impediva ai cattolici di partecipare alla vita politica e l'azione dei
fedeli si sviluppò prevalentemente in campo sociale (questione
sociale, conflitto di classe, miseria del proletariato)
- Ma nel
1891papa Leone XIII nella sua enciclica Rerum Novarum fece capire che il
movimento cattolico aveva sviluppato un proprio coerente pensiero capace
di confrontarsi con quello socialista.
- In essa si
parlava di una più equa distribuzione della ricchezza e della
legittimità per i lavoratori di riunirsi e organizzare sindacati.
Dopo l'atteggiamento del papa si moltiplicarono gli organismi sindacali
tra i ceti poveri (che si basavano sulla struttura capillare delle parrocchie e
sul prestigio del basso clero sulle masse) tanto da poter rivaleggiare coi
sindacati socialisti.
Solo nel 1900 i cattolici avvertirono l'esigenza di fondare un loro partito che li
rappresentasse nel sistema politico italiano.
Una nuova fase della politica
coloniale
- Crispì
adotto inoltre una politica espansionistica aggressiva: c'era
bisogno di nuovi mercati e di nuove fonti di approvvigionamento di materie
prime.
- Egli non fece
altro che continuare la politica di Depretis:
intensificò il rapporto con la Germania di Bismarck;
riprese l'espansione in Abissinia.
- Tuttavia su
questo fronte ci furono risultati disastrosi: fu sconfitto ad Amba Alagi (1895), a
Macallè (1896) e ad Adua (1896)
- Di
conseguenza finì la seconda fase della politica coloniale italiana
e Crispi fu costretto alle dimissioni.
La fine della stagione Crispina coincise con l'apertura di una
gravissima crisi politica che toccò l'apice con l'uccisione
del re Umberto I da parte di Gaetano Bresci nel
Luglio del 1900.
2. La crisi di fine secolo
La crisi economica e il
fallimento degli istituti bancari
La crisi politica fu accentuate per il fatto che si svolse in un periodo
di crisi economica
- La produzione
cominciò a decrescere, gli investimenti a contrarsi, le
esportazioni a ridursi.
- A farne le
spese furono soprattutto le banche che erano molto esposte nei confronti
delle imprese e delle attività speculative
- In effetti
avvenne che i capitali posseduti dalle banche vennero investiti in
impieghi a LUNGA scadenza (costruzioni edilizie, crediti fondiari).
Salendo i prezzi industriali salgono anche i dividenti e viene alimentato
l'ottimismo.
- Contemporaneamente
aumentano i prezzi (per la diminuzione della produzione) e si corre a riaccaparrare i risparmi proprio mentre le banche
sono scoperte.
- Inizia
così il fallimento a catena degli istituti bancari.
Il salvataggio e il riordino
del sistema bancario
In questa situazione drammatica lo stato intervenne per salvare il
sistema bancario privato: ordinò di emettere liquidi privi di copertura
aurea (erano solitamente doppioni di altre banconote dunque con eguale numero
di serie) oppure assorbì i crediti scoperti degli istituti in
difficoltà. In altre parole chiamò le banche sane a sostenere
quelle in crisi.
Si cercò inoltre di riordinare il sistema bancario attraverso la
fondazione della Banca d'Italia che avrebbe dovuto regolare le dinamiche
monetarie e con il compito di istituto di emissione.
In questo periodo nacquero anche
le banche miste che non erano né finanziarie, né finalizzate all'acquisizione
di partecipazioni azionarie, né istituti di credito: erano solo banche di
deposito orientate al credito a breve, medio e lungo termine che però si
trasformarono presto in finanziatrici delle attività industriali.
Le ripercussioni sociali della
crisi
Il protrarsi della crisi aveva aggravato le condizioni di operai e
contadini.
- La politica
colonialista aveva ulteriormente inasprito il sistema fiscale soprattutto
a danno dei modesti guadagni dei lavoratori.
- Questo
portò nel 1897 a
una serie di agitazioni sindacali soprattutto a Ferrara, Modena e Bologna,
nelle quali si chiedeva un aumento
dei salari e garanzie contro la disoccupazione
- Nel 1898
scoppiarono nuove rivolte contro il rialzo del prezzo del pane: la
repressione fu durissima. Rudinì (che
aveva sostituito Crispi ordinò di sparare cannonate sulla folla in
tumulto a Milano al generale Bava Beccaris .
Inoltre si arrestarono i dirigenti socialisti e anche alcuni esponenti
cattolici.
- Nello stesso
periodo il nuovo ministro Pelloux (che aveva
sostituito Rudinì) aveva proposto un
decreto (accettato dai militari e dal re ma respinto al parlamento) che
avrebbe dovuto ridurre le libertà costituzionali. Questo lo fece
dimettere.
Le elezioni del 1900: la
sconfitta del fronte reazionario
Nel 1900 le elezioni portarono
alla sconfitta del fronte autoritario. Umberto I diede un mandato di formazione
del nuovo governo al liberale Giuseppe Saracco (si noti appunto l'apertura
verso il fronte liberale).
La tendenza all'apertura del fronte liberale non si fermo neanche nel
Luglio del 1900, quando l'anarchico Gaetano Bresci
assassinò il re Umberto I.
Il nuovo re (Vittorio Emanuele III) chiamò al governo Giuseppe Zanardelli che abolì subito le norme restrittive nei
confronti dei lavoratori e promosse un'organica legislazione sociale.