La fine della Iugoslavia e la
nascita delle nuove Repubbliche balcaniche
La Iugoslavia (il cui nome significa "paese degli Slavi del Sud")
è nata come monarchia unitaria nel 1919, alla fine della prima guerra
mondiale, dalla disgregazione degli Imperi austro-ungarico e ottomano, Al primo
appartenevano la Slovenia, la Croazia e la parte settentrionale della Serbia,
al secondo la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, la Macedonia e la parte
meridionale della Serbia (il Kosovo). Era uno Stato "artificiale", molto vario
dal punto di vista ambientale (dalle coste adriatiche, alle montagne
dell'interno, alle pianure nord-orientali) e delle popolazioni vi convivevano,
infatti, sei popoli diversi per stirpe e religione (Serbi, Croati, Sloveni,
Montenegrini, Musulmani, Bosniaci) e un grande numero di gruppi etnici minori
(Italiani, Albanesi, Ungheresi, Bulgari, Rumeni, ecc.). Si parlavano tre lingue
ufficiali (serbo-croato, sloveno e macedone) e si usavano due alfabeti (latino
e cirillico); si praticavano tre religioni (cattolica, ortodossa e musulmana).
Josip Broz, il maresciallo Tito, fondò la Iugoslavia nel 1946 Scelse per
il Paese, una "via nazionale" al socialismo, rifiutando il modello economico
sovietico e puntando sull'autogestione a livello locale delle singole imprese:
erano gli stessi lavoratori a gestire fabbriche e aziende. Nel campo della
politica internazionale, la Iugoslavia si era distinta, dal 1948, per la sua
posizione di indipendenza nei confronti dell'URSS e aveva promosso, anche in
altri continenti, il movimento dei Paesi "non allineati", Paesi cioè che
non si riconoscevano né nell'area di influenza sovietica, né in quella di
influenza americana. La morte di Tito nel 1980, la disastrosa situazione
economica dovuta al fallimento della politica dell'autogestione, la caduta dei
regimi comunisti dell'Est europeo sono i fattori che hanno frantumato
l'apparente coesione della federazione e dato vita a gravi conflitti etnici. e
prime repubbliche ad opporsi all'ordinamento federale sono state la Slovenia e
la Croazia, le regioni più ricche e sviluppate della confederazione Nel
1991, in seguito a referendum, esse si proclamarono unilateralmente repubbliche
sovrane e indipendenti, passando dal sistema politico a partito unico al
sistema pluripartitico. L'esempio della Slovenia e della Croazia fu seguito
anche dalla Bosnia-Erzegovina e dalla Macedonia che, con referendum, si
pronunciarono per l'indipendenza dal governo centrale. Solo il Montenegro
decise di rimanere unito alla Serbia come Stato federato. Dopo un tentativo di
repressione, l'esercito federale lasciò libera la Slovenia, ma
intervenne in Croazia a sostegno delle milizie armate della forte minoranza
serba che si erano opposte alla proclamazione dell'indipendenza. L'esercito
federale bombardò le principali città della Croazia e
avanzò fin sulle coste del Mar Adriatico. Nel 1992, grazie alla
mediazione dell'Unione Europea e dell'ONU che inviarono dei propri osservatori,
si giunse al «cessate il fuoco». Il dramma della Croazia si ripropose però
presto anche nella Bosnia-Erzegovina. Qui, dopo la proclamazione
dell'indipendenza, iniziò una sanguinosa guerra civile fra le sue
componenti etniche e religiose: i Musulmani, i Croati e i serbi. Questi ultimi
non riconobbero l'indipendenza e, sostenuti dalle truppe di Belgrado,
proclamarono una propria repubblica autonoma, combattendo aspramente i Croati e
i Musulmani. La guerra terminò nel 1996, grazie all'intervento della
diplomazia internazionale: la pace è garantita dalla presenza di una
forza multinazionale che comprende anche un contingente di truppe italiane. La
Bosnia-Erzegovina si divide oggi in due distinte entità: una Repubblica
Serba, con il controllo del 49% del territorio, e una Federazione
Croato-Musulmana, che governa il restante 51% e al cui interno è compresa
la capitale, Sarajevo.
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