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LA RESTAURAZIONE IN EUROPA
Dal congresso di Vienna, uscì un'Europa politicamente equilibrata, che visse un lungo periodo di pace e stabilità. La Gran Bretagna ebbe il predominio sui mari; la Francia nel cuore dell'Europa, riportata ai vecchi confini, venne circondata da stati cuscinetto, quali i Paesi Bassi, il regno di Sardegna, la Svizzera neutrale; la confederazione di Germania divenne abbastanza forte da far paura, ma non tanto da poter predominare sugli altri. All'Austria fu data la presidenza della confederazione, nella persona dell'imperatore Francesco I di Asburgo, oltre al controllo del lombardo-veneto e una forte influenza sulla penisola italiana. Alla Russia fu assegnato il regno di Polonia.
Un po' ovunque si tornò all'assolutismo monarchico, perché i sovrani non erano favorevoli a concedere la costituzione. Più precisamente, nei paesi che non avevano subito la dominazione napoleonica, poiché più arretrati, vi fu una restaurazione più pronunciata. L'assolutismo monarchico tornò in Russia con Alessandro I° (1801-25), ma anche in Prussia con Federico Guglielmo III° (1797-l840), e in Austria.
Il ritorno all'assolutismo fu impossibile in Europa occidentale, anche se Ferdinando VII di Borbone (1814-33), ci provò annullando la costituzione e reintroducendo il tribunale dell'inquisizione.
In Francia, in base al principio di legittimità, il trono fu restituito a Luigi XVIII, ma Tayllerand lo spinse a concedere una costituzione bicamerale, sul genere di quella inglese, oltre che a mantenere la legislazione civile e penale napoleonica. Il risultato fu quello di avere una monarchia costituzionale "concessa", in quanto fu il re a darla. Anche Sa, Paesi bassi, Baviera e alcuni stati tedeschi avevano monarchie costituzionali. La svizzera era una repubblica, mentre la Gran Bretagna e l'Irlanda avevano monarchia parlamentare.
Nell'intento di mantenere la pace nazionale e internazionale, lo zar di Russia Alessandro I°, nel 1815 propose di formare la SANTA ALLEANZA, che doveva unire, nel nome della religione cristiana, i sovrani nel patto di reciproco aiuto contro le eventuali aggressioni. Aderirono lo zar russo di religione ORTODOSSA, l'imperatore d'Austria CATTOLICO, l'imperatore di Prussia LUTERANO. Proprio per la presenza di sovrani non cattolici il papa non volle farne parte. In seguito aderì anche la Francia, mentre la Gran Bretagna ritenne la cosa un'idiozia. L'alleanza per tutto il 1800, mediò positivamente nei vari conflitti, ma frenava le spinte di emancipazione dei singoli stati frenandone il progresso.
L'Italia era una realtà solo di tipo geografico, non aveva nessuna unità politica, perciò uscì penalizzata dal congresso di Vienna. Secondo il PRINCIPIO DI LEGITTIMITA' infatti, i territori dovevano tornare alle dinastie che ne avevano sempre avuto il controllo prima di Napoleone, spezzettandola come in passato; secondo il PRINCIPIO DELL'EQUILIBRIO fra le varie potenze, invece, il dominio sull'Italia fu concessa all'Austria, che ne controllava la politica in modo diretto o tramite rapporti di parentela o trattati. Tutto ciò che riguardava l'Italia era di fatto deciso a Vienna. Tornare completamente al passato però non fu possibile, le riforme del 1700, e lo stato amministrativo portato da Napoleone, dove il potere era centralizzato e gestito tramite funzionari stipendiati, avevano portato al livellamento giuridico, alla divisione della proprietà terriera e alla crescita del ceto dei funzionari borghesi. Le spese necessarie a mantenere uno stato di questo tipo, non permettevano di restituire a clero e nobiltà i vecchi privilegi fiscali, ne di sostituirli ai borghesi inseriti nella burocrazia. La continuità con l'età napoleonica fu rappresentata dal mantenimento dei codici NAPOLEONICI, ma comunque non veniva concesso nulla sul piano costituzionale, anzi veniva sfruttato il sistema accentrato per imporre meglio l'assolutismo autoritario. La situazione italiana era molto differenziata: nel regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I° (1802-21) fu quello che più di tutti tornò al passato: annullò per decreto il CODICE NAPOLEONICO, facendo perdere ai cittadini l'uguaglianza davanti alla legge, e restaurò il vecchio codice, per fortuna non reintrodusse il feudalesimo e mantenne il sistema fiscale napoleonico. Tentò anche di sostituire i funzionari borghesi con gli aristocratici, (per principio di legittimità) ma non ne furono all'altezza e nel 1817 dovette reinserire il personale borghese.
Nello stato pontificio, papa Pio VII (1800-23) e i cardinali tradizionalisti, detti ZELANTI, soppressero il codice napoleonico e ripristinarono i ghetti per gli ebrei.
Nelle province emiliano-romagnole, più ricche ed evolute, il segretario di stato, cardinale ERCOLE CONSALVI (1757-l824), riuscì ad imporre le riforme dei codici e del catasto, ma non poté impedire il monopolio della chiesa nelle nomine delle cariche politiche e pubbliche, causa dell'inefficienza dello stato pontificio.
Francesco IV d'Amburgo - Este (1814-46), a Modena ristabilì la legislazione del 1770.
In Toscana, Ferdinando III d'Asburgo - Lorena (1814-24) mantenne la legislazione napoleonica o in alcuni posti tornò alla precedente che era già moderna.
A Parma, Maria Luisa d'Asburgo (1814-47) soppresse il codice napoleonico, inserendone però uno altrettanto moderno che escludeva il divorzio.
Nel Regno delle due Sicilie fu mantenuto il codice napoleonico, eliminando il divorzio e confermando la legge contro il feudalesimo. Ferdinando I di Borbone (1815-25) non lo fece per apertura, ma per necessità e per rispettare gli accordi presi nel 1815 con Metternich e l'Inghilterra, che gli imponevano di evitare problemi col regime passato. Ferdinando non fece nessuna concessione di tipo costituzionale, diede il controllo della polizia al reazionario principe di CANOSA, e si accordò col papa per ristabilire il foro ecclesiastico e la censura religiosa, restituì agli enti ecclesiastici il diritto di possedere beni, arretrando veramente molto.
Anche nel lombardo-veneto, la restaurazione non fu semplice, se è vero che quella zona godeva di autonomia di diritto, infatti in realtà era sottomessa al controllo di Vienna, tanto che gli austriaci consideravano quella zona come loro dominio, tanto che portarono all'abolizione giuridica del feudalesimo. Garantirono l'efficienza amministrativa e l'istruzione pubblica, mantenendo il personale napoleonico, e diversamente da altre zone lo stato mantenne anche il controllo sulla chiesa. Il controllo austriaco permise lo sviluppo della società e dell'economia, diede buon governo e buona amministrazione, ma esercitava una forte pressione fiscale che gli mise contro la borghesia degli affari e la nobiltà più aperta, e che li portò ad allontanarsi da Vienna.
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