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LA RISTRUTTURAZIONE INDUSTRIALE
Di pari passo alla riorganizzazione dell'apparato politico
militare, la ristrutturazione dell'apparato economico marcia sulla strategia
dei grandi gruppi multinazionali che hanno come obbiettivo primo quello di
riassestare i meccanismi di accumulazione del capitale ormai entrati
profondamente in crisi, aumentare i propri profitti, instaurare nuovi livelli
di sfruttamento e di controllo sulla classe operaia e nuove forme di dominio
sui popoli dei paesi in via di sviluppo, porre il socialimperialismo in
posizione di inferiorità e di debolezza.
Per ottenere ciò le multinazionali sono oggi costrette al disperato
tentativo di sviluppare i propri mezzi di produzione e la propria base
produttiva in due modi principali: il primo è quello di sviluppare su
basi tecnologiche più avanzate i propri sistemi di produzione e le
produzioni stesse (quindi quelle ad alta intensità di capitale); ciò
che dovrebbe permettere loro di ridurre i costi di produzione ed elevare i
profitti ed instaurare nuove forme di controllo sulla classe operaia, tende ad
approfondire del capitalismo multinazionale, proprio perché in tal modo, nelle
metropoli industriali, le forze produttive vengono costantemente compresse. In
sostanza, il dilagare della disoccupazione, che è la conseguenza prima
della crisi economica è ormai diventato un dato strutturale e
progressivo, sia perché la crisi economica tende sempre più ad aggravarsi
e si continua ad assistere alla costante chiusura di interi stabilimenti, sia
perché l'aggiornamento tecnologico e la riorganizzazione del ciclo produttivo
dentro le fabbriche non porta allo sviluppo di nuova occupazione, ma ad un
aumento dello sfruttamento e all'espulsione costante e progressiva di operai.
Proprio per queste ragioni, la contraddizione tra proletariato metropolitano e
borghesia imperialista tende ad acutizzarsi e maturano sempre più le
condizioni di sviluppo della guerra civile.
Il secondo modo che è conseguente al primo, è quello
dell'esportazione delle tecnologie e delle produzioni più arretrate (che
sono per lo più ad alta intensità di manodopera) nei paesi in via
di sviluppo dove ancora sono convenienti, perché qui le multinazionali trovano
ancora forza-lavoro a basso costo; se ciò è un mezzo che dovrebbe
tendere ad accrescere i profitti delle multinazionali e rappresentare lo
strumento fondamentale per la penetrazione e per la costruzione del dominio
imperialista sui popoli del terzo mondo, porta con sé il suo aspetto
contraddittorio, infatti esso si scontra con le lotte di liberazione dei popoli
che sempre più riducono la possibilità delle multinazionali di
spadroneggiare tranquillamente nei vari paesi, aumentando dunque l'estensione
delle contraddizioni che attanagliano in crisi mortale la borghesia
imperialista.
Anche nel nostro paese, dunque, la ristrutturazione economica avviene
all'interno della rigida divisione delle aree di produzione e di mercato,
attuata a livello internazionale dalle centrali imperialiste, sotto le
direttrici e il controllo degli organi sovranazionali (in specifico il FMI, la
CEE).
Essa marcia su quattro direttrici principali!
- Sviluppo e ristrutturazione prioritaria dei nuovi settori trainanti a
tecnologia più avanzata e cioè, secondo i piani di settore della
CEE e in base a quanto stabilito nella 'legge di riconversione
industriale' essi sono: il nucleare nel campo energetico; gli acciai
speciali nel campo siderurgico; l'informatica nel campo dell'elettronica, e
ancora la chimica, la cantieristica, le fibre.
- In tutti gli altri settori si ha un generale adeguamento tecnologico,
soprattutto attraverso lo sviluppo delle lavorazioni a più alta
intensità di capitale: ciò avviene con il massiccio insediamento
di sistemi di produzione con macchine superautomatizzate, con l'uso dei robot,
con l'enorme utilizzo dell'elettronica (macchine a controllo numerico, cervelli
elettronici) nel programmare e controllare automaticamente interi processi
produttivi che prima richiedevano decine di operai.
- Sviluppo del settore bellico nel quale in termini strategici, la produzione
si espanderà sempre più (il che non vuol dire nuova occupazione),
poiché come abbiamo già detto l'imperialismo da un lato si sta preparando
alla terza guerra mondiale e dall'altro si trova già impegnato
nell'affrontare lo scontro di classe che sempre più si intensifica e si
estende nelle sue metropoli. Per questo tutte le fabbriche di produzione
bellica hanno una prospettiva di sicura espansione sia per quanto riguarda le
produzioni pesanti (aerei, navi da guerra, ecc.), sia per quelle produzioni in
funzioni di antiguerriglia: dalle armi, alle molteplici e sofisticate
attrezzature elettroniche (cervelli elettronici per l'immagazzinamento dei
dati; nuovi sistemi di trasmissione per CC e PS, sistemi di controllo con
fotocellule, tv a circuito chiuso, ecc.), alle jeep, ai mezzi blindati.
- Riconversione di tutta la piccola e media industria in funzione delle
multinazionali e addirittura aggregazione di più fabbriche che vanno a
formare interi settori produttivi dei grandi gruppi industriali. Gli esempi
sono molti: la Fiat, quando ha iniziato la sua ristrutturazione e selezione
alle fabbriche e fabbrichette che lavorano per lei; d'altro canto la stessa
holding delle macchine utensili della Fiat (CO.MA.U.) è stata costituita
centralizzando sotto un'unica direzione le migliori piccole e medie fabbriche
che producono nel settore.
Su questa linea di ristrutturazione i grandi gruppi multinazionali (siano essi
con base nazionale che straniera) tendono a superare le proprie contraddizioni
politiche e ad accordarsi nella spartizione dei profitti derivanti dai vari
settori di produzione. E' ovvio che gli sconti per accaparrarsi il controllo di
maggiori quantità di settori produttivi non verranno mai eliminati, ma
si tratta, almeno in questa fase, di contraddizioni secondarie unificate su un
unico progetto strategico: quello imperialista.
Non ha più senso dunque parlare di contraddizioni di fondo tra l'industria
privata e quella pubblica (PP SS) come blaterano il PCI e i sindacati per
imbastire le loro demagogiche strategie economiche. L'esempio più
limpido di ciò si è avuto con la spartizione della torta nucleare
che ha fatto definire 'pace nucleare' l'accordo raggiunto tra Fiat e
Finmeccanica. Infatti il confronto si pone oggi tra multinazionali che hanno
gli stessi interessi, sia economici che politici, poiché tanto per le fabbriche
private che per quelle a Partecipazione Statale, gli obbiettivi della ristrutturazione,
sia tattici che strategici sono i medesimi.
La disoccupazione, la mobilità forsennata della manodopera non
specializzata, l'aumento della produttività e quindi dello sfruttamento,
la militarizzazione delle fabbriche sono le conseguenze logiche di questo
criminale progetto che vengono fatte pesantemente are alla classe operaia.
Le strutture che nel nostro paese hanno il compito di dirigere e di gestire il
progetto di ristrutturazione dell'apparato economico sono l'esecutivo
attraverso il CIPI (Comitato Interministeriale per la Politica Industriale) e
la Confindustria.
Nel CIPI sono presenti i ministeri economici (Industria, PP SS, Tesoro,
Finanze, Cassa del Mezzogiorno) e il presidente della Banca d'Italia. Questo
organismo riconferma una delle tendenze fondamentali nella ristrutturazione
imperialista dello Stato, cioè quella della massima unificazione dei
centri di direzione del potere; questa tendenza punta ad evitare le
contraddizioni, per quanto secondarie, che spesso si verificano tra i vari
ministeri, e dare quindi all'esecutivo più compattezza e più
decisione nello svolgere la sua funzione a servizio delle multinazionali. Il
CIPI ha quindi il compito di dirigere e applicare a livello nazionale le linee
della ristrutturazione economica decise dagli organi di dominio sovranazionale,
sintetizzando ad un livello superiore i poteri decisionali oggi spezzettati tra
i vari ministeri del governo.
La Confindustria, come l'esecutivo, è una diretta articolazione degli
organi dell'imperialismo però con una funzione diversa: mentre
l'esecutivo applica le linee di ristrutturazione economica decise dalle
centrali imperialiste, la Confindustria è diventata di fatto centro di
iniziativa padronale che elabora le linee politiche della ristrutturazione imperialista
nel settore economico per poi proporle al governo e ai sindacati. Per questo
essa rappresenta la mente tecnica e il garante politico al servizio delle
multinazionali.
Per adeguarsi alle nuove esigenze poste dallo sviluppo dell'imperialismo, la
Confindustria ha iniziato da tempo una profonda ristrutturazione sia politica
che organizzativa che ha avuto come tappa fondamentale quella della costruzione
al suo interno di una unità politica sulla linea della borghesia
multinazionale, questo obbiettivo, lanciato nel '70 con il famoso rapporto
Pirelli, è stato sancito nel '74 con la presidenza Agnelli ed ha trovato
la sua continuità con l'attuale presidenza Carli. Quest'ultimo, pochi
mesi dopo il suo insediamento, ha prontamente proposto di unificare la
Confindustria con l'Intersind (che rappresenta le PP SS) e la Confapi (che
rappresenta una parte delle piccole imprese) proprio perché 'non esistono
più fondamentali contraddizioni politiche che giustifichino questa
divisione' tra padroni; un primo passo su questa strada è
già stato fatto: Confindustria e Intersind tratteranno coi sindacato
allo stesso tavolo il problema delle festività infrasettimanali abolite
con l'accordo del gennaio '77.
Su questa linea la Conf. ha superato il suo vecchio ruolo di 'sindacato
dei padroni privati' per diventare la struttura che, articolando le
direttrici di politica economica delle multinazionali, è capace di
unificare sotto di sé le divisioni tra piccoli e grandi padroni, tra industria
pubblica e privata, nella programmazione dell'economia sul terreno nazionale in
tutti i suoi settori. Essa è infatti la struttura che ha il compito di
fare proposte e programmi su tutti i principali problemi di ristrutturazione
economica e politica. L'altra funzione fondamentale che la Conf. ha all'interno
dello Stato imperialista delle multinazionali è quella di procedere alla
costruzione del personale dirigente adeguato a gestire la ristrutturazione del
processo produttivo. Rispetto a ciò la Conf. sta sviluppando intensamente
la formazione quadri a tutti i livelli attraverso apposite scuole e corsi di
formazione, e in parallelo sta procedendo alla attivizzazione di uffici e
centri studi vecchi e nuovi; l'obbiettivo è quello di omogeneizzare
tutto il personale dirigente sulla linea politica delle multinazionali,
trasformare tutti i padroni e i dirigenti delle industrie in managers che
facciano propri i valori dell'efficientismo e dell'imprenditorialità,
fornire loro strumenti politici e tecnici per essere preparati a gestire
adeguatamente la ristrutturazione economica dello Stato Imperialista delle
Multinazionali.
Se la DC è l'asse portante dell'iniziativa globale dell'imperialismo del
nostro paese, la Confindustria rappresenta l'asse portante dell'iniziativa
imperialista nella ristrutturazione dell'apparato economico.
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