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I Cartaginesi in Sna e la preparazione della guerra
Mentre i Romani erano impegnati nelle lotte contro gli Illiri e i Galli, i Cartaginesi progettavano una rivincita affidando la gestione dei progetti ad Amilcare Barca e poi al genero Asdrubale, affiancato da Annibale, i quali escogitavano la conquista delle zone interne della Sna. Per dar vita a valide truppe era indispensabile la disponibilità di denaro, rinvenuto dallo sfruttamento dell'argento delle miniere di Sierra Morena.
Il governo romano fu inquietato dai successi di Asdrubale, e quindi costretto a stipulare un accordo: il trattato dell'Ebro, secondo il quale i cartaginesi non avrebbero dovuto estendere i propri disegni egemonici oltre il fiume Ebro.
Alla morte di Asdrubale la conduzione delle missioni di conquista fu affidata ad Annibale, capo dell'esercito punico. Quest' ultimo diede vita ad una vera e propria pianificazione, secondo la quale i Cartaginesi avrebbero dovuto valicare le Alpi, redigere l'alleanza con i Galli, gliEtruschi e i Sanniti per chiudere Roma in un cerchio di nemici.
Annibale dunque desiderava suscitare nei Romani una reazione, attaccando una sua alleata: Sagunto. Roma considerò quest'incursione un atto volutamente ostile contro di essa e perciò, dopo aver ricevuto il rifiuto della consegna di Annibale, gli dichiarò guerra.
Le vittorie di Annibale in Italia
Annibale, dopo aver assoggettato Sagunto, iniziò la concretizzazione del suo progetto, marciando oltre l'Ebro, valicando le Alpi e raggiungendo la pianura padana. Qui ottenne l'alleanza dei Galli, grazie ai quali poté riorganizzare l'esercito, decimato durante il viaggio. Con i Galli Cartagine sconfisse Roma lungo il Trebbia ed il Ticino. Cercando di frenare l'avanzata punica i romani ancora una volta vennero sconfitti sul Lago Trasimeno. Annibale continuò la sua marcia per l'Italia attraverso il Mezzogiorno, sperando nella coalizione delle popolazioni locali. Nel frattempo a Roma venne eletto un dittatore: Quinto Fabio Massimo, il quale suggeriva una tattica di logoramento, organizzata mediante attacchi improvvisi. La sua permanenza, però, fu breve; e la conduzione delle lotte fu affidata a due consoli: Emilio Paolo e Terenzio Varrone, i quali subirono la sconfitta a Canne. I deceduti romani furono tantissimi, compreso Paolo e altri senatori. Gli ufficiali di Annibale desideravano condursi sul Campidoglio per i festeggiamenti, ma il generale ne fu contrario, aspirando alla distruzione totale di Cartagine.
La situazione dopo la battagli di Canne
Molte città dell'Italia meridionale, vista l'abilità dei Cartaginesi, si allearono ad Annibale. Nonostante ciò, quest'ultimo restava comunque troppo lontano dai territori cartaginesi e privo di mezzi adatti per assediare Roma; la quale, contrariamente, allestiva un esercito valoroso sostenuto dagli aumenti fiscali.
Il primato di forze disponibili, quindi, stava per subire una conversione importante, poiché Annibale restava lontano dal ricevere rinforzi.
I nuovi teatri di guerra e la prima guerra macedone
I siracusani seguirono anch'essi l'esempio di alcune popolazioni dell'Italia meridionale, alleandosi con Cartagine. Il senato romano, però, la occupò inviando il proconsole Marcello, che la sottomise.
Alle gravi condizioni di Cartagine si aggiunse il tradimento di Filippo V (re macedone), che non accorse in suo aiuto e fu obbligato a trattare la pace con i Romani, ricevendo parte del territorio illirico in segno di riconoscenza.
Il proconsole romano Publio Cornelio Scipione annientò i Cartaginesi a Metauro, compreso il generale Asdrubale a Maturo, istigando Annibale al ripiegamento.
La vittoria romana a Zama
Precedentemente Scipione volle trasferire le operazioni militari in Africa per allontanare Annibale dall'Italia. Egli s'alleò con Massinissa, re della Numidia. Dopo innumerevoli annientamenti Annibale, dopo essere ritornato in patria, riuscì ad mettere a punto un nuovo esercito, il quale affrontò Scipione a Zama, dove però subì una disfatta, con il conseguente rifugio presso il re Antioco III, la consegna della flotta cartaginese, amento di cinquant'anni dei danni di guerra e riconoscimento dell'indipendenza della Numidia. Inoltre Cartagine era obbligata a invocare a Roma il permesso di scesa in guerra contro popolazioni contigue.
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