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LE SCOPERTE GEOGRAFICHE
Le scoperte geografiche
Il 12 ottobre de11492, le tre caravelle di Cristoforo Colombo approdavano in un'isola a nord - est di Cuba, che fu chiamata San Salvador: era la scoperta dell'America.
Questo fu il momento culminante di una complessa vicenda, risalente ai primi decenni del Quattrocento, quando navigatori genovesi, snoli e portoghesi iniziarono l'esplorazione di nuove rotte. Soprattutto dal Portogallo, erano partite spedizioni lungo le coste africane, mosse dalla speranza di raggiungere le Indie delle spezie, rendendo superflua la mediazione commerciale araba e veneziana.
I navigatori portoghesi si portarono sempre più a sud, oltrepassando il limite di Capo Bojador, fino a raggiungere le coste del Golfo di Guinea; essi cercavano anche l'oro, prodotto dall'Africa, l'avorio e gli schiavi.
Questi viaggi d'esplorazione furono favoriti dall'intraprendenza dei principi portoghesi, tra cui il principe Enrico il Navigatore, che fondò scuole, reclutò personale specializzato e fece stampare nuove sectiune nautiche.
L'esplorazione della costa africana riprese col regno di Giovanni II, con cui i Portoghesi doppiarono la punta meridionale dell'Africa ne11487, con Bartolomeo Diaz.
Dopo la conquista di Granada del 1492, che segnò l'espulsione dei musulmani dalla penisola iberica, anche i sovrani snoli avevano imboccato la via degli oceani. Fu un marinaio genovese, Cristoforo Colombo, a dare alla Sna le chiavi del Nuovo Mondo, dopo che il Portogallo aveva rifiutato di finanziare il suo progetto di raggiungere le Indie navigando verso ovest. In quegli anni, il Portogallo aveva comunque aperto la via delle Indie e non era interessato ad intraprendere una spedizione del genere; la Sna, invece, accolse la proposta di Colombo e gli fornì le risorse per tentare l'impresa.
Colombo poté salpare da Palos e compiere l'attraversata dell'Atlantico che lo portò nel nuovo continente. Non appena Colombo tornò in Europa, si aprì tra Sna e Portogallo un conflitto circa i diritti sulle terre scoperte: esso fu risolto, a favore della Sna, dall'arbitrato del pontefice Alessandro VI, con la Bolla Inter coetera del 1493, che fissò la raya come spartiacque tra la zona spettante alla Sna e quella spettante al Portogallo; l'accordo definitivo fu siglato con il trattato di Tordesillas nel 1494.
Il successo di Colombo incoraggiò nuove iniziative di esplorazione: nel 1497, Giovanni Caboto, al servizio dell'Inghilterra, raggiunse il litorale nordamericano; nel 1500, il portoghese Pedro Alvares Cabral toccò terra sulle coste del Brasile; nel 1501 - 1502, Amerigo Vespucci, al servizio del Portogallo, esplorò le coste sudamericane, chiarendo che non si trattava dell'Asia ma di un continente nuovo, l'America.
Nel 1513, Vasco Nuñes de Balboa avvistò il Pacifico e Ferdinando Magellano individuò lo stretto che porta il suo nome e raggiunse l'Asia al termine di una navigazione verso Occidente: era stato compiuto il primo periplo intorno al mondo.
Negli anni seguenti, anche Francia, Olanda e Inghilterra iniziarono i viaggi d'esplorazione, mossi da ambizioni di ricchezza e potenza e preoccupazioni religiose, che erano di due tipi:
o Il desiderio di diffondere il cristianesimo, sia per la maggior gloria di Dio, dia per salvare un maggior numero di anime;
o La volontà di combattere l'Islam, magari ricongiungendosi con il paese del Prete Gianni.
Il nuovo spirito umanistico, inoltre, animava gli uomini che si lanciavano ad infrangere la vecchia geografia medievale.
Fu l'insieme delle innovazioni introdotte nelle tecniche di costruzione degli scafi e nell'uso delle velature, nonché i progressi compiuti nella conoscenza dei venti e delle correnti, che rese possibile la conquista degli oceani.
Le navi impiegate sulle rotte oceaniche furono la caracca, il galeone e la caravella, un incrocio tra le navi mediterranee e nordeuropee; caratteristica delle navi oceaniche fu la presenza di pezzi d'artiglieria, che assicurò la supremazia bellica sui mari.
La bussola fu perfezionata e si risolse il problema della navigazione nell'Oceano Atlantico e nell'Oceano Indiano, sfruttando gli alisei e i monsoni.
Le civiltà precolombiane
Il Nuovo Mondo era la culla di tre grandi civiltà sviluppatesi nell'America Centrale e nella regione Andina: i Maya, gli Aztechi e gli Inca.
Questi popoli erano giunti dalle steppe della Siberia asiatica in successive migrazioni, attraversando lo stretto di Bering in epoche diverse; quando le acque degli oceani si ritirarono a causa della fine dell'ultima glaciazione, essi rimasero isolati nel continente americano, che percorsero lungo tre direzioni:
o i margini settentrionali dell'Alaska e del Canada;
o la costa del Pacifico;
o i corsi dello Yukon e del Mackenzie verso le pianure ad ovest delle Montagne Rocciose.
La trasformazione degli antichi cacciatori nomadi in pueblos, in popolazioni stanziali dedite all'agricoltura, si compì nel corso di millenni; già dal IV - III secolo a.C., esistevano città organizzate: le tre civiltà dei Maya, degli Aztechi e degli Inca nacquero dalle esperienze compiute dalle popolazioni vissute nelle rispettive aree di insediamento.
L'organizzazione politica delle civiltà precolombiane era quella di società gerarchiche e teocratiche, in cui esisteva una rigida distinzione tra le classi sociali. Il potere politico era strettamente connesso a quello religioso: una federazione di città - stato dominate da élites sacerdotali presso i Maya, un'aristocrazia guerriera presso gli Aztechi, un Impero accentrato presso gli Inca.
I Maya si stabilirono, verso la fine del IV millennio a.C., nella regione del Guatemala settentrionale e nella parte meridionale della penisola dello Yucatan, dove sorsero le città del periodo classico: erano città - tempio, prive di mura difensive, luoghi di culto caratterizzati da piramidi tronche.
I Maya non realizzarono uno stato accentrato, ma si organizzarono in città - stato; la guida politica della città era detenuta dalla classe sacerdotale e la religione era di tipo animistico. Usavano una scrittura geroglifica e, nel computo del tempo, i sacerdoti maya ottennero risultati sorprendenti; i calendari erano di tre tipi: lunare, civile e sacrale.
Nel X secolo d.C., il periodo classico di questa civiltà si interruppe e le popolazioni si trasferirono sull'altopiano settentrionale dello Yucatan; le città - tempio furono abbandonate, e sorsero città sotto forma di principati, segnando un cambiamento negli orientamenti politici, nel senso di un'emancipazione del potere civile da quello sacerdotale. Le nuove città erano dotate di mura difensive, ma il sistema delle città - stato rimase fragile e minato da continue rivalità; in questo clima di debolezza politica, sopraggiunsero gli Snoli.
Il centro dell'Impero azteco fu la valle intorno al lago Texcoco, in cui si era sviluppata, fin dal IX secolo, la civiltà di Teotihuacan; tra il IX e il X secolo, in quest'area si erano insediati i Toltechi.
Gli Aztechi giunsero da nord alla fine del XII secolo, riducendo sotto il loro controllo tutta la regione e mirando ad estendere il loro dominio verso sud. Quando, nel 1502, divenne sovrano Montezuma II, la capitale azteca, Tenochtitlan, era una città ricca, sede di un mercato fiorente. Il potere era in mano ai nobili di ascendenza guerriera ed era esercitato dal Consiglio dei Quattro.
La lingua usata era il nahuatl, il calendario e la numerazione erano comuni alle popolazioni dell'America centrale. Veneravano, come dio supremo, Huitzilopochtli, il conquistatore, e tra gli altri dei emergeva Quetzalcoatl, di cui si attendeva il ritorno.
All'epoca della massima espansione, sotto il regno di Huayna Capac, l'Impero inca si estendeva su una superficie di circa un milione di km2 ed era diviso in quattro regioni, con capitale Cuzco. Gli Inca conquistarono la costa centrale e meridionale del Perù, l'altopiano boliviano, l'Argentina nord - occidentale, il Cile settentrionale e centrale; alla vigilia dell'arrivo degli snoli, l'espansione era ancora in corso verso nord: Huayna Capac morì lontano da Cuzco, aprendo una contesa tra i due li, Huascar, sostenuto dalla nobiltà, e Atahualpa, appoggiato dagli organi periferici dello stato. Il problema politico fu risolto attraverso un accentramento del potere nelle mani dell'Inca Unico, rappresentazione terrena del dio Sole; alle unità composte erano preposti funzionari statali, chiamati curaca; alla base della piramide sociale stavano le comunità, ayllu, mentre al vertice stavano i governatori delle quattro province.
La struttura economica era basata su un sistema di rapporti di scambio, regolato dai principi di reciprocità e redistribuzione; nell'Impero inca esistevano produzioni diversificate, ma la patata costituiva il prodotto più diffuso. La proprietà della terra era divisa in tre parti:
o una spettava all'Inca Unico e serviva ai bisogni dello Stato;
o una spettava al dio Sole ed era utilizzata per l'esercizio del culto;
o la terza apparteneva, in forma collettiva, alle comunità.
Il tributo dovuto all'Inca era di tre tipi:
o il lavoro collettivo nelle terre che gli appartenevano;
o la mita, cioè il servizio dovuto per le necessità dell'esercito e per i lavori pubblici;
o la lavorazione delle fibre di lana e di cotone.
Il sistema della redistribuzione della ricchezza era ottenuto attraverso una rigida centralizzazione, presupponendo la stabilità del tributo e l'inamovibilità degli uomini nelle rispettive comunità.
La divinità suprema era il Sole, ed era venerato Viracocha, il dio legato alla terra, all'acqua e alle coste.
La conquista dell'America centrale e meridionale
All'arrivo degli Snoli, in Messico, Montezuma II, fuorviato dal mito di Quetzalcoatl, acconsentì ad essere fatto prigioniero da Cortes; in Perù, i seguaci di Atahualpa pensarono che a fianco dei sostenitori di Huascar si fossero schierati i li del dio Viracocha.
L'incertezza interpretativa si tradusse nell'incapacità di organizzare una difesa militare e psicologica: di ciò approfittarono Cortes e Pizzarro. Inoltre, gli Europei ebbero a loro favore la superiorità militare: armi da fuoco, cavalli e uso dell'acciaio; le loro vittorie furono facilitate anche dalle divisioni politiche ed etniche presenti negli imperi precolombiani.
Dalle Antille ebbe inizio l'esplorazione dell'America centrale e meridionale, condotta dagli hidalgos, membri della piccola nobiltà snola.
Il primo dei conquistadores fu Vasco Nuñes de Balboa, che avanzò sul territorio di Panama, creando un impero esteso, cui fu dato il nome di Castilla de oro; nel 1513, aprì la via d'accesso all'Oceano Pacifico, ma fu accusato di tradimento e morì decapitato nel 1517, ponendo fine alla politica di conciliazione con le popolazioni locali.
Da Cuba erano partite due spedizioni verso lo Yucatan meridionale e la terza spedizione fu affidata, nel 1519, a Hernan Cortes che, deciso a rompere con il governatore, fondò una nuova municipalità governata in nome del re di Sna. Egli raggiunse il cuore dell'Impero azteco e, sfruttando il mito di Quetzalcoatl, ordinò la prima strage, dopo aver preso in ostaggio Montezuma II; quando Cortes fu accusato di tradimento e dovette tornare verso la costa, la popolazione si era ribellata e la guarnigione snola era stata messa sotto assedio e costretta ad abbandonare la città.
La conquista del Messico doveva essere tentata una seconda volta: Cortes riorganizzò le sue forze ed ebbe un alleato nel vaiolo, che contribuì ad uccidere gli indios privi di difese immunitarie; alla fine, l'ultimo imperatore fu costretto alla resa.
Alla conquista del Messico seguì l'occupazione dei territori dei Maya; gli Snoli furono facilitati dalle fragili strutture delle città - principato; la conquista fu vissuta dai Maya come morte degli dei e fine del proprio mondo.
La conquista del Perù fu guidata da Francisco Pizzarro e Diego de Almagro e fu ottenuta grazie alle lacerazioni provocate dalla guerra civile ed alla capacità di colpire l'Impero inca nella persona dell'imperatore. Nel 1532, Pizzarro mosse verso l'altopiano e gli Snoli ebbero ragione di un Impero. Per Atahualpa fu chiesto un riscatto altissimo, ma l'imperatore non venne liberato, ma costretto alla conversione e poi trucidato; la conversione dell'Inca Unico fu concepita come mezzo per ottenere dai sudditi l'obbedienza alla nuova fede e al nuovo potere.
L'espansione coloniale snola nell'America meridionale
Nel Cinquecento si esaurì, nell'America del Sud, la fase più avventurosa della conquista; i termini "conquista" e "conquistatori" furono sostituiti con quelli di descubrimento e pobladores.
Il baricentro dei possedimenti snoli furono le terre degli altopiani, dove abitavano popolazioni di indios sedentari, adattabili alle esigenze della nuova dominazione.
Gli Snoli si preoccuparono di fondare nuove città, con l'intenzione di impedire l'eccessiva dispersione della popolazione, anche se lo sviluppo era pregiudicato dagli alti costi di trasporto; queste città svolsero funzioni di inquadramento militare ed amministrativo del territorio circostante.
La colonizzazione del Nord America procedette lentamente, poiché, per gli agricoltori di questa regione, gli indigeni furono un nemico da allontanare; invece, per gli avventurieri iberici, furono la mano d'opera in terre e miniere e, quando anch'essa era insufficiente, altra ne fu importata dall'Africa.
Si delineò un'America multirazziale, con ai vertici della società i rappresentanti del potere metropolitano e i discendenti dei primi conquistatori. La Sna favorì l'arrivo di nuclei familiari e di donne snole, così da popolare le nuove terre con coloni di razza snola; questi bianchi trapiantati in America, i creoli, furono i padroni delle haciendas agricole e costituirono l'élite culturale e sociale della popolazione americana.
Alla base della piramide sociale erano gli indios, utilizzati come lavoratori nei campi e nelle miniere. Di fronte alle stragi di indios della prima fase della conquista, la Sna emanò le Leggi di Burgos del 1518, con cui s'intendeva abolire la schiavitù e salvaguardare gli indigeni; ma le popolazioni indigene furono oggetto di uno sfruttamento che portò anche al calo demografico, cosicché si cominciarono ad importare schiavi neri dall'Africa.
Ai livelli intermedi della gerarchia etnico - sociale si trovavano i mulatti, nati da padre bianco e madre nera, e i meticci, nati da padre bianco e madre india.
Le Indie furono considerate come proprietà personale dei re di Castiglia e le colonie furono amministrate da alcuni organismi specifici: la Casa de Contratacion soprintendeva alle relazioni marittime e commerciali tra il Vecchio e il Nuovo Mondo; il Consiglio delle Indie era presieduto dal re e emanava le disposizioni da applicarsi nelle colonie.
In territorio americano, il potere del re era esercitato tramite le audiencias, che svolgevano funzioni giudiziarie e amministrative; esse si dividevano in distretti più piccoli, retti da corregidores e alcaldes. I viceré erano due, ma divennero poi quattro, duravano in carica tre anni, comandavano le truppe, vigilavano sulla politica verso gli indigeni e sulle questioni religiose e soprintendevano all'attività mineraria; alle loro dipendenze operavano i capitani generali, affiancati dalle audiencias locali.
Le città erano amministrate da un consiglio, detto cabildo, presieduto dall'alcalde mayor; nelle comunità indigene integrate nel sistema coloniale, continuarono a svolgere funzioni pubbliche elementi indios, col nome di cacicchi.
Queste limitazioni reciproche di competenze e poteri contribuì a rafforzare il peso decisionale della Corona Snola.
Il sistema coloniale si prefisse come scopo l'estrazione della maggiore ricchezza possibile a vantaggio della madrepatria. Le terre e le miniere conquistate dagli adelantados, ossia da conquistatori che operavano come agenti della Corona, erano assegnate dal re, con il nome di encomiendas, a chi le aveva occupate. La conquista e il sistema delle encomiendas portarono all'instaurarsi di un'aristocrazia latifondista che sfruttava il lavoro delle popolazioni soggette per appropriarsi delle ricchezze minerarie della regione; l'agricoltura approvvigionava i centri minerari, creando intorno ad essi dei sistemi di relazioni tra aree economiche diverse.
L'argento americano rappresentò la risorsa indispensabile alla politica condotta dalla Sna in Europa; per questo fu organizzato un sistema di convogli periodici, scortati da navi da guerra, per impedire le imprese dei pirati.
La Chiesa ebbe un ruolo decisivo nella costruzione dell'America snola; l'azione della Chiesa si basò sulla conversione degli indios al cattolicesimo. Nell'opera di conversione si distinsero soprattutto i Gesuiti, che studiarono la lingua e i costumi indigeni e si proposero come difensori delle popolazioni locali: i padri della comnia fondarono delle missioni in cui gli indios lavoravano la terra ed abitavano in piccoli centri.
L'espansione coloniale portoghese
L'Impero coloniale portoghese si costituì in tre diverse aree geografiche: in Africa, in Asia meridionale e in America meridionale; tutti i possedimenti portoghesi ebbero origine dalle esplorazioni avviate agli inizi del Quattrocento lungo le coste e le isole del continente africano, incoraggiate dal principe Enrico il Navigatore. Una volta raggiunta l'estremità meridionale dell'Africa, con Bartolomeo Diaz, il Portogallo organizzò una spedizione verso l'India, attuata da Vasco de Gama; nel 1500, partì Pedro Alvaro Cabral, che scoprì le coste del Brasile; nel 1505, partì Francisco de Almeida che sconfisse nell'Oceano Indiano il sultano d'Egitto e stabilì la supremazia portoghese. Alla fine del secondo decennio del Cinquecento, i Portoghesi avevano raggiunto le coste indonesiane, la Nuova Guinea e la Cina.
Il commercio delle spezie fu monopolizzato dai Portoghesi, che lo strapparono ad Arabi e Veneziani; l'Impero portoghese in Asia ebbe un carattere commerciale e fu imperniato sulla creazione di basi strategiche che assicuravano il controllo sulle vie di navigazione ed il commercio con le popolazioni locali.
Le ragioni del successo portoghese stanno nella superiorità assicurata dall'artiglieria navale sulle forze indigene, nella condizione di tranquillità interna goduta dal Portogallo e nelle divisioni che esistevano tra i potentati delle regioni intorno all'Oceano Indiano.
La decadenza dell'Impero Portoghese in Asia iniziò nella seconda metà del Cinquecento, poiché i Portoghesi non disponevano delle risorse economiche necessarie a difendere i loro stabilimenti e a far rispettare il monopolio commerciale che si erano attribuiti.
Il Portogallo non disponeva di una popolazione abbastanza numerosa da assicurare un flusso migratorio verso le regioni asiatiche; per questo motivo, in America, i Portoghesi incoraggiarono le unioni con le donne indigene: di qui la formazione di una popolazione di sangue misto, agendo con noncuranza per le differenze di razza. Il principio teorizzato da Albuquerque, secondo cui ciò che contava era l'obbedienza dei sudditi e non la razza, ispirò l'azione dei Portoghesi in Asia e fu una delle ragioni dello sgretolarsi della loro dominazione.
Causa del declino portoghese fu anche l'intensificazione delle minacce esterne, portate dagli Arabi, con l'appoggio di Venezia, dagli Olandesi e dagli Inglesi.
La seconda meta dell'espansione portoghese fu il Brasile, che disponeva di risorse naturali, tra cui il brazil. L'esplorazione e lo sfruttamento del territorio furono affidati a privati; l'assenza di un forte controllo politico e militare favorì il contrabbando francese, inglese e snolo: per farvi fronte, Giovanni II istituì il sistema delle donatarie.
La coltura più diffusa in Brasile era quella dello zucchero e, per questo, i Portoghesi tentarono la colonizzazione agricola del territorio, che pose il problema del reclutamento di manodopera. Inizialmente, furono impiegati gli indios, ridotti in schiavitù, che si dimostrarono inadeguati fisiologicamente e culturalmente; i Portoghesi ricorsero alla schiavitù dei neri africani, adatti al lavoro di piantagione: la tratta dei neri assunse dimensioni spaventose e le condizioni di lavoro degli schiavi furono disumane.
La terza area di insediamento fu l'Africa, dove i Portoghesi possedevano le Azzorre e l'isola di Madeira, ed estesero il loro controllo lungo le coste raggiunte nel corso della navigazione verso sud; questi stabilimenti portoghesi furono oggetto di attacchi da parte di Olandesi e Francesi. I Portoghesi si spinsero a sud del bacino del Congo, in Angola, da dove venivano gli schiavi da esportare, e in Mozambico, scalo per la navigazione verso le Indie.
Le conseguenze della conquista europea sulla cultura delle popolazioni americane
In America centrale e meridionale, gli Europei introdussero l'aratro, la ruota, l'arco a volta, la metallurgia del ferro, la moneta, la scrittura e una nuova religione: nei luoghi degli antichi templi ani sorsero le cattedrali cristiane; gli indios furono utilizzati nelle encomiendas e nacque il meticciato.
La concezione ciclica del tempo era tipica di tutte le civiltà centroamericane ed aveva favorito la disponibilità a pensare ai regni ed agli imperi sotto il profilo di una nascita, di uno sviluppo e di un termine. All'arrivo degli Snoli sembrò compiersi un destino atteso e scongiurato.
La seconda idea che agiva nella mentalità collettiva, quella del ritorno degli antichi dei, era alimentata dalla tradizione sacerdotale e riguardava il dio civilizzatore che in passato aveva assunto le sembianze umane di un re. Quando gli Snoli giunsero da dove si attendeva il mitico ritorno, il dubbio sulla loro natura divina paralizzò i popoli e i loro capi, inducendoli e sottovalutare e a fraintendere il pericolo che avevano di fronte. La conquista fu vissuta come un evento traumatico ed ebbe il significato di una perdita assoluta: morte degli dei, distruzione del senso di appartenenza, fine del proprio mondo; questo rese possibile il crollo demografico che si abbatté sull'America Latina; questo è imputabile anche alle stragi, alle guerre, alle conseguenze dei ritmi di lavoro imposti dagli Snoli, alle malattie.
Avvennero, inoltre, processi di acculturazione e destrutturazione: il modello più debole di civiltà si riorganizza nello scambio col modello più forte, ma questo processo fallisce, dato che gli elementi delle precedenti civiltà si mantengono nel successivo contesto.
In materia religiosa, tra le due culture, rimase una giustapposizione; l'integrazione si affermò con lo sviluppo del meticciato. Bartolomé de Las Casas si piegò sulle miserie dei vinti e parlò in loro difesa, accusando il comportamento degli Snoli; ma al tempo della conquista, lo spirito di crociata contro gli infedeli prevalse sull'evangelizzazione: per questo, il cristianesimo si presentò agli indios in forma aggressiva. I loro templi furono distrutti e le divinità soppresse e le antiche pratiche religiose furono proibite.
I Francescani praticarono grandi battesimi di massa, ma accanto al culto per il Signore Gesù rimase la venerazione per le divinità dei luoghi.
Le conseguenze della scoperta del Nuovo Mondo nel pensiero europeo
Degli abitanti del Nuovo Mondo nessun libro in Occidente, né sacro né profano, aveva mai parlato, neppure la Bibbia.
Le domande che si posero gli Europei riguardarono l'origine di queste popolazioni, la loro natura, gli usi e i costumi, le pratiche religiose e l'organizzazione politica; si interrogarono se essi discendessero da Adamo o fossero da considerare pre - adamitiche e come fossero state generate, se, non avendo conosciuto le verità delle rivelazione cristiana, potessero aspirare alla salvezza, se le loro forme di vita costituissero una conferma o una smentita dei valori cristiani.
Le risposte costituirono la trama di un dibattito che si sviluppò in Europa nel corso di tre secoli, dall'epoca della conquista, fino all'età dell'Illuminismo. Le notizie sugli Indiani d'America furono influenzate dal giudizio che essi davano sull'avvenuta conquista e rimasero condizionate dal tipo di contatto che i vari paesi occidentali stabilirono nel Nuovo Mondo; derivarono i miti opposti del "cattivo selvaggio" e del "buon selvaggio".
Per tentare di dirimere il contrasto tra le opinioni di Sepulveda, che sosteneva la tesi del "cattivo selvaggio", e di Las Casas, che sosteneva la tesi del "buon selvaggio", Carlo V nominò una commissione di teologi e di giuristi che si riunì a Valladolid nel 1550, ma che non riuscì a prendere nessuna decisione.
Anche le notizie sulla religione furono causa di dibattiti: la presenza di divinità e di riti fu interpretata come manifestazione del demonio dal gesuita José de Acosta, che riconfermò la validità della religione cristiana, ma anche come testimonianza di una religione naturale insita in tutti gli uomini.
Nel dibattito europeo, ebbero sviluppi teorici importanti anche le testimonianze sull'organizzazione politica: esse provenivano da Colombo, secondo cui gli indigeni vivevano sotto la guida di re, e da Vespucci, secondo cui essi mancavano di istituzioni politiche e di leggi.
Il rapporto società - stato era stato considerato inscindibile sulla base dell'universale consenso di tutte le genti conosciute; questa convinzione fu fatta cadere dalle descrizioni degli homines sylvestres, che vivevano in gruppi privi di istituzioni e di leggi.
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