L'ITALIA DALLA
NEUTRALITA' ALL'INTERVENTO
Dato che l'accordo
con Austria-Ungheria prevedeva intervento solo in caso di attacco e visto che
Vienna non ascolta le richieste italiane, il governo di Salandra il 3 agosto
'14 dichiara la neutralità dell'Italia. Per l'entrata in guerra vi è un
acceso dibattito, durante il quale si creano 2 schieramenti: neutralisti
(socialisti, liberali giolittiani, cattolici) e interventisti (repubblicani,
radicali, socialisti rivoluzionari, nazionalisti, e una parte di liberali), in
ogni schieramento i vari appartenenti avevano le proprie posizioni. Nei
neutralisti vi erano : I socialisti: il PSI condanna duramente la guerra
e vuole il neutralismo assoluto in coerenza con gli ideali e le tesi ribadite a
Bruxelles dal Bureau dell'internazionale socialista, con lo scoppio delle
ostilità sia la parte riformista che quella intransigente si trovano
d'accordo;solo che i socialisti francesi, belga, tedesco e austriaco si alleano
con le linee dei propri governi indebolendo così il PSI; questo
isolamento politico inducono alcuni esponenti, come Mussolini, a proporre il
neutralismo attivo e operante. I liberali giolittiani, invece, volevano
la neutralità per motivi di moralità internazionale, visto che
l'Italia non era in grado di sostenere economicamente i costi di una guerra, e
inoltre l'Italia avrebbe potuto avere molto anche in caso di neutralità.
I cattolici: vi era una comune ispirazione religiosa anche se vi erano
vari aspetti, primo di tutto si temeva uno scontro con una cattolicissima
nazione come l'Austria, vi erano invece coloro che avevano aderito al patto
gentiloni e infine i cattolici rurali che erano per antonomasia ostili alla
guerra e estranei allo Stato. Negli interventisti i democratici furono i primi
a chiedere l'intervento dell'Italia, perché vedevano questa guerra come se
fosse di indipendenza, inoltre per loro la sconfitta degli imperi centrali
avrebbe permesso di istaurare un novo ordine internazionale fondato su diritti
fondamentali dell'uomo. I rivoluzionari: vedevano nella guerra la
possibilità di un rilancio dell'iniziativa delle masse, nella speranza
di arrivare all'abbattimento dell'ordine borghese; quanto a Mussolini passo
dalla neutralismo attivo operante all'interventismo più radicato, e per
questo nel novembre fu espulso dal PSI. I nazionalisti: per loro il vero
nemico da battere era il neutralismo, questo perché la neutralità non
avrebbe permesso di avere un tornaconto e svolgere a fine guerra un ruolo di
potenza, inoltre per loro la guerra avrebbe temprato il popolo italiano
rendendolo migliore. I liberali: uno dei maggiore esponenti fu Alberini
che sosteneva che il neutralismo avrebbe indebolito la posizione dell'Italia
nei confronto del resto dell'Europa, sperava che con la guerra l'Italia potesse
soddisfare le sue esigenze di sicurezza ed espansione, condividevano queste
idee Salandra e Sonnino. Abbandonata all'inizio del conflitto la Triplice
Alleanza, l'Italia entra in guerra a fianco dell'Intesa il 23 maggio del 15. Un
patto segreto, firmato a Londra in aprile dal governo Salandra, promette
all'Italia in caso di vittoria, il Trentino e il Sud-Tirolo, l'Istria, la
Dalmazia e la baia di Valona in Albania, l'Italia doveva entrare in guerra
entro un mese. Si ha un periodo detto "radiose giornate di maggio" in cui si
hanno vari episodi di spirito interventista, e patriottismo.