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L'Italia Giolittiana

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L'Italia Giolittiana


Crisi: negli ultimi anni dell'800, l'Italia fu teatro di una crisi politico-istituzionale. La posta in gioco era l'evoluzione del regime liberale verso forme di più avanzata democrazia. Lo scontro si concluse con un'affermazione delle forze progressiste. La caduta di Crispi nel marzo del 1896, determinata dagli insuccessi coloniali e dall'opposizione dell'estrema sinistra, non pose fine ai tentativi di risolvere le tensioni politiche-sociali con una restrizione delle libertà.

Rudini: il ritorno al potere di Rudini, delineò la tendenza a ricomporre un fronte comune contro i nemici delle istituzioni (socialisti, repubblicani, clericali). Questa tendenza esprimeva:

il tentativo di tornare a una interpretazione restrittiva dello Statuto che, rendesse il governo responsabile di fronte al sovrano, lasciando alle Camere i soli compiti legislativi. (proposta di Sidney Sonnino).



una ripresa dei metodo crispini in materia di ordine pubblico, volti a colpire ogni forma di protesta sociale.

Moti per il pane: la tensione esplose nel 1898, quando un improvviso aumento del prezzo del pane (a causa di un cattivo raccolto e del blocco delle importazioni), fece scoppiare in tutto il paese una serie di manifestazioni popolari. La risposta del governo fu durissima, Rudini adoperò massicci interventi delle forze di polizia e successivamente proclamò lo stato d'assedio. La repressione raggiunse il culmine a Milano, l'8-9 maggio, quando le truppe del generale Bava Beccarsi fecero uso dell'artiglieria contro la folla. Capi socialisti, radicali e repubblicani furono arrestati e condannati a pene severissime sotto la falsa accusa di aver organizzato le agitazioni.

Luigi Pelloux: una volta riportato l'ordine nel paese, i gruppi moderati e conservatori, cercarono di dare una base legislativa all'azione repressiva dei poteri pubblici. Caduto il progetto presentato da Rudini, il tentativo fu ripreso dal successore Luigi Pelloux (generale piemontese). Ma alla presentazione di un pacchetto di provvedimenti che limitavano il diritto di sciopero e le libertà di stampa e di associazione, i gruppi di estrema sinistra (socialisti, repubblicani e radicali), risposero con la tecnica dell'ostruzionismo (promulgare all'infinito le discussioni paralizzando così l'azione della maggioranza). La lotta ostruzionistica si protrasse per quasi un anno. Incapace di venire a capo dell'ostruzionismo e indebolito dall'opposizione dei gruppi liberali-progressisti (Giuseppe Zanardelli e Giovanni Giolitti), Pelloux decise di sciogliere la Camera.

Elezioni 1900: La successione fu affidata a Giuseppe Saracco, un moderato ritenuto al di sopra delle parti. Un mese dopo, e precisamente il 29 Luglio, il re Umberto I cadde vittima di un attentato, per mano di un anarchico, Gaetano Bresci, venuto dagli Stati Uniti per vendicare le vittime del '98.

Governo Saracco: inaugurò una fase d'estensione nella vita politica italiana, favorita dal buon andamento dell'economia. Il nuovo re Vittorio Emanuele II, si mostrò inoltre assai propenso ad assecondare l'affermazione delle forze progressiste. Il governo Saracco fu costretto a dimettersi per il comportamento contraddittorio tenuto durante uno sciopero generale.

Governo Zanardelli-Giolitti (1901-03): il re chiamò alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli, che affidò il ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Questo ultimo aveva formulato la teoria secondo la quale: lo Stato liberale non aveva nulla da temere dallo sviluppo delle organizzazioni operaie e nulla da guadagnare da una repressione indiscriminata delle loro attività.

Riforme di Zanardelli:

Furono estese le norme che limitavano il lavoro minorile e femminile nell'industria.

Fu migliorata la legislazione relativa alle assicurazioni per la vecchiaia (volontarie) e a quelle per gli infortuni sul lavoro(obbligatorie).

Fu istituito un Consiglio superiore del lavoro (organo consultivo per la legislazione sociale, composto dai funzionari e dai rappresentanti delle categorie economiche).

Fu proclamata la municipalizzazione (autorizzazione dei comuni) di servizi pubblici come l'elettricità, il gas e i trasporti.

Fu mantenuta una linea di rigorosa neutralità nei conflitti di lavoro, purché non degenerassero in manifestazioni violente.

Conseguenze:

Le organizzazioni sindacali, operaie e contadine, si svilupparono rapidamente.

In quasi tutte le maggiori città del Centro-Nord si costituirono le Camere del lavoro.

Crescevano anche le organizzazioni di categoria.

Le leghe rosse si riunirono nella Federterra ( federazione italiana dei lavoratori della terra). Obbiettivo era la socializzazione della terra, l'aumento dei salari, la riduzione degli orari di lavoro, l'istituzione di uffici di collocamento.

Lo sviluppo delle organizzazioni sindacali portò ad una impennata degli scioperi, ne derivò un rialzo dei salari.

Progressi: la costruzione di una rete ferroviaria, avviata negli anni della Destra, aveva favorito i processi di commercializzazione dell'economia.

La scelta protezionistica del 1887, aveva reso possibile la creazione di una moderna industria siderurgica.

Il riordinamento del sistema bancario, aveva creato una struttura finanziaria abbastanza solida ed efficiente.

Banche: particolare importanza ebbe la costruzione di due nuovi istituti di credito; la Banca commerciale e il Credito italiano. Le nuove banche svolsero una funzione decisiva nel facilitare l'afflusso del risparmio privato verso gli investimenti industriali.

Decollo industriale

Siderurgia = vide la creazione di numerosi nuovi impianti (Savoia, Piombino, Bagnoli ecc . ).

Industria tessile = restava il settore più importante. I maggiori progressi si ebbero nell'industria cotoniera.

Non erano favoriti dalle tariffe doganali

 
Settore agro-alimentare = si assisté alla crescita di un'altra industria protetta, quella dello zucchero.

Chimica = si ebbero importanti sviluppi, soprattutto nella produzione della gomma (es:Pirelli a Milano).

Meccanica si giovò dell'accresciuta richiesta di materiale ferroviario, di navi e armamenti, ma soprattutto di automobili (es: Fiat a Torino).

Miglioramento del tenore di vita: Il decollo industriale dell'inizio del '900 fece sentire i suoi effetti anche sul tenore di vita della popolazione. Il reddito pro-capite aumentò del 30% circa. Questo aumento consentì a molti cittadini da destinare una quota crescente dei bilancia famigliari alla casa, ai trasporti, all'istruzione, alle attività creative e all'acquisto di beni durevoli.

I segni di questo mutamento erano visibili soprattutto nelle città, con lo sviluppo dei servizi pubblici (illuminazione, trasporti, gas domestico, acqua corrente) gestiti spesso dagli stessi comuni. Le condizioni abitative dei lavoratori restavano però ancora precarie, nonostante le iniziative di edilizia popolare. La diffusione dell'acqua corrente nelle case e il miglioramento delle reti fognarie contribuirono alla forte diminuzione della mortalità da malattie infettive. Anche la mortalità infantile diminuì notevolmente.

Divario tra l'Italia e gli altri Stati: era ancora molto ampio

L'analfabetismo era ancora molto elevato.

La quota della popolazione attiva impiegata nelle camne era ancora troppo alta.

L'emigrazione verso l'estero, invece di diminuire, aumentò, soprattutto nel Mezzogiorno (indirizzato verso il Nord America e di carattere permanente).Dal punto di vista economico ebbe alcuni effetti positivi come:

Allentò la pressione demografica

Le rimesse degli emigrati (risparmi inviati in patria alle famiglie), alleviarono il disagio delle zone più depresse.


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