storia |
|
|||||
La donna egizia
Posizione sociale della donna
La donna egizia godeva della stessa posizione
giuridica dell'uomo. Tuttavia, erano gli uomini a ricoprire quasi tutte le
cariche pubbliche. La donna esercitava le sue principali attività nella
sfera privata, come 'signora della casa'. Si può parlare di
una certa divisione del lavoro in base al sesso.
L'uguaglianza teorica tra uomini e donne trovava una traduzione pratica solo
nelle classi elevate della società egizia. Cinque o sei donne arrivarono
a detenere il potere supremo. Alcune regine collaborarono attivamente nella
politica seguita dai loro mariti. Anche le lie dei faraoni godevano di una
posizione invidiabile. Nella Bassa Epoca, una di loro arrivò a ricoprire
la carica di 'Divina Adoratrice': il suo potere divenne maggiore di
quello del sommo sacerdote di Amon. Le donne nobili avevano titoli religiosi e
civili, disponevano di proprietà, che amministravano da sé e che
potevano trasmettere ai loro eredi. Sembra che nell'Antico Regno alcune donne
abbiano svolto compiti amministrativi in case private. Durante l'Antico Regno,
la donna raggiunse l'apice nella vita istituzionale e pubblica. In seguito,
soprattutto durante il Nuovo Regno, la menzione di titoli amministrativi femminili se quasi del
tutto.
Il tipo di lavoro svolto da una donna
dipendeva dalla posizione sociale occupata da lei o dal marito. Le principali
attività conosciute attraverso le fonti archeologiche o scritte indicano
che nell'Egitto antico esisteva una divisione del lavoro in base al sesso. I
servitori maschi si occupavano di solito della cura degli uomini, mentre le
domestiche di quella delle signore. Gli impiegati e le impiegate delle grandi
tenute dei nobili o dei templi partecipavano insieme alla lavorazione del pane
e della birra, mentre nel resto delle attività era evidente una
preponderanza maschile, con l'eccezione dell'industria tessile, in cui
lavorarono per lo più donne fino al Nuovo Regno. Tra le domestiche sono
state distinte, in base ai documenti, le fornaie, le birraie, le mugnaie, le
giardiniere, le musiciste, le ballerine e le cantanti, oltre alle tessitrici e
alle filatrici. Le donne svolgevano anche compiti molto specializzati, come
quello di nutrice; nel caso dei li del re, soltanto donne appartenenti alla
classe nobile potevano esercitare questa funzione). Per quanto riguarda le
contadine, pur non partecipando alla maggior parte delle attività
agricole e pastorizie, collaboravano nella raccolta del grano. Solo molto
più tardi la donna tornò a essere così importante.
La posizione sociale della donna egizia era molto più invidiabile di
quella della maggior parte delle sue contemporanee di altre civiltà. I
viaggiatori greci, come Erodoto, restavano meravigliati per la libertà
di azione di cui godevano le egizie. Dalle fonti, sappiamo che le donne erano
proprietarie terriere, che partecipavano a transazioni mercantili senza l'aiuto
di uomini e che potevano ereditare e lasciare in eredità a loro
piacimento. Quando si sposavano, continuavano a disporre dei loro beni, che
riacquistavano in caso di divorzio. La loro uguaglianza davanti alla legge
comportava che potessero presentarsi davanti ai tribunali in qualità di
querelanti, difensori o testimoni, esattamente come gli uomini. Non avevano
bisogno di un tutore per partecipare agli affari pubblici. Erano responsabili
delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e punite con la stessa
severità prevista per gli uomini. La condizione normale della donna era
quella di sposa. La famiglia monogama era dunque il nucleo della società
egizia. Le rafurazioni di coppie, da sole o con i li, indicano,
dall'Antico Regno, l'importanza che la famiglia aveva per gli egizi. Raramente
è rafurata una donna sola sulle stele o sulle pareti delle tombe
dell'antico Egitto. In realtà, la donna nubile non rientrava nell'ideale
egizio, per cui non sono giunti fino ai nostri giorni molti dati riguardanti
questa condizione sociale. Invece, esistono molte informazioni su quella della
vedova. Se il marito moriva, la mancanza di entrate poteva causare alla sua
vedova gravi contrattempi. Dal Medio Regno, la vedova appare come uno dei
personaggi derelitti della società egizia, che riceveva l'aiuto dei
funzionari, secondo quanto raccontano le loro stele votive.
Bes, dio protettore della gravidanza
Nell'antico Egitto il dio Bes era rappresentato come un nano deforme e barbuto. Era una divinità del focolare, legata alla protezione della donna incinta e del neonato. La sua ura fu utilizzata in diversi talismani che allontanavano le influenze nefaste e il malocchio. L'ideale egizio era avere molti li, perciò la fecondità era una delle principali preoccupazioni della donna. I papiri di medicina indicano rimedi per favorire la gravidanza ed evitare il pericolo di aborto spontaneo. ½ erano però anche prescrizioni per abortire e rimedi per favorire la contraccezione, come rivelano le stesse fonti mediche.
Il matrimonio
L'ideale di ogni egizio era sposarsi e formare
una famiglia. I matrimoni erano di solito monogamici, ma il faraone praticava
la poligamia e il 'matrimonio incestuoso'.
In Egitto il matrimonio apparteneva alla sfera privata. Non veniva sancito
dallo Stato e nemmeno dal clero. Aveva anche una funzione economica, poiché
fissava diritti e doveri tra le famiglie degli sposi. L'età per
contrarre matrimonio era l'inizio della pubertà. Il fatto di vivere
sotto lo stesso tetto sembra che fosse sufficiente per considerare una coppia
unita in matrimonio. Di solito la donna si trasferiva a casa del marito. Le
fonti parlano di un atto formale pubblico, davanti al consiglio locale. Le
cause del divorzio invece potevano essere svariate: sterilità della
donna, adulterio, reciproco accordo. Se non era lei stessa la causa della
separazione, la sposa riceveva dal marito un indennizzo, oltre a recuperare la
dote e i propri beni, più un terzo delle proprietà in comune.
Sappiamo che il ripudio era più frequente da parte degli uomini che non
delle donne. Rotto il matrimonio, il marito non manteneva più la moglie
ed entrambi erano liberi di risposarsi. Il matrimonio legittimava tanto la
filiazione come i diritti dei li all'eredità. Questi ultimi, maschi e
femmine, ereditavano i beni mobili e immobili in parti uguali. Sia il marito
sia la moglie potevano diseredare alcuni li e beneficiarne altri.
Nell'antico Egitto essa era consentita, ma le testimonianze rimaste indicano
che si trattava di matrimoni successivi (per divorzio o morte della sposa)
più che di poligamia vera e propria. Il marito aveva diritto a due terzi
delle proprietà in comune, mentre la moglie a uno; quelle ricevute in
eredità o prima del matrimonio non rientravano nella comunione. La
moglie disponeva liberamente della propria parte, mentre il marito
l'amministrava. La donna non ne perdeva mai la titolarità. Esistono testimonianze
di 'contratti matrimoniali' dall'epoca ramesside. Più che
contratti di matrimonio sono disposizioni in caso di divorzio e per assicurare
l'eredità ai li. Grazie a essi la sposa poteva recuperare la dote e
un terzo dei beni in comune. Lo scriba che redigeva i contratti e i testimoni
che firmavano facevano fede.
Il faraone poteva avere molte mogli e concubine. La 'sposa principale del re' gli dava, in teoria, l'erede legittimo al trono. Le altre mogli vivevano nei cosiddetti 'harem'. Questi istituti, che godevano di una propria autonomia, erano presenti in diverse città e ne esisteva un altro itinerante, sempre al seguito della corte del faraone. Per quanto riguarda i matrimoni diplomatici con principesse straniere, bisogna sottolineare la loro funzione politica, consistente nello stabilire e mantenere alleanze con le potenze del Vicino Oriente. La moglie proveniva sempre da paesi stranieri, poiché il faraone si rifiutava di far sposare le proprie lie fuori della 'terra nera'. Questi matrimoni non avevano solo un valore di prestigio ma si trasformavano anche in affari commerciali. Il padre della sposa portava una grande dote, ricambiata dal faraone con un generoso 'prezzo per la sposa'. Questi amenti avvenivano anche tra la popolazione comune egiziana. Questo non è l'unico caso conosciuto, e dimostra l'inconsistenza della cosiddetta 'teoria dell'erede', secondo la quale il diritto al trono veniva trasmesso in linea femminile all'interno della stessa famiglia reale. Però, di certo, molti re si sposarono con proprie sorelle o sorellastre, forse per evitare l'ascesa al potere di altre famiglie aristocratiche. Come gli dei, anche i faraoni praticavano con naturalezza questo tipo di relazioni, senza significato 'incestuoso'.
Il matrimonio nell'ambito divino
Niente proibiva l'esistenza della poligamia in Egitto, una pratica seguita
dagli strati più elevati dell'aristocrazia e dallo stesso faraone.
Alcune spose del sovrano erano sue sorelle e persino sue lie. La
consumazione di questo tipo di matrimonio non aveva il significato di
'incesto' che possiede nella nostra civiltà occidentale.
Infatti nella mitologia egizia sono noti matrimoni tra dei fratelli. Durante il
Nuovo Regno (1552-
La danza
Dall'inizio dell'umanità la danza è servita per esprimere i sentimenti. Nelle cerimonie religiose, nei funerali e nelle feste popolari anche gli antichi egiziani ballavano a tempo di musica per manifestare in tal modo il proprio stato d'animo.
La forma più spettacolare di danza era quella delle ballerine professioniste, costituita da esercizi acrobatici. Le loro gambe muscolose indicano che esse si dedicavano a tale professione; vengono descritte come 'ben nutrite e amichevoli'. Si ballava in gruppo o a coppie (mai di sesso diverso); in genere danzavano le donne. Durante l'Antico Regno le ballerine indossavano gonne corte. Sulla testa alcune di esse portavano un berretto con una treccia terminante in un disco. Danzavano con le braccia in alto e una di loro teneva il ritmo con le mani. Spesso nelle processioni e nelle feste danzavano delle acrobate. Accomnate dalla musica, compivano esercizi da contorsionisti, in attesa dell'arrivo della barca sacra.
La danza nell'ambito religioso
Hathor e Bes erano i protettori della danza e della musica, e molte ballerine portavano sulla gamba un tatuaggio rafurante Bes. Le professioniste facevano parte del personale aggiunto al tempio. Nelle feste di Hathor o di Bastet i balli erano molto importanti. Si danzava anche nelle cerimonie di una certa rilevanza, a cui partecipava il faraone.
I capelli e le parrucche
Gli egizi, sia uomini sia donne, curavano molto il loro aspetto fisico. Questo faceva sì che si preoccupassero anche dei capelli. Le pettinature e le parrucche aiutavano a mettere in risalto i gioielli e i vestiti, completando l'abbellimento del corpo.
Le bambine portavano di solito i capelli
corti, sebbene nel Nuovo Regno appaiano usanze differenti. Le donne seguivano
la moda e, sebbene nell'Antico Regno si osservi una predilezione per i capelli
corti o di lunghezza media, col passar del tempo aumentarono le chiome lunghe
raccolte in treccine sottili. I testi parlano del lavaggio dei capelli come di
una pratica essenziale. Sappiamo che venivano usati oli e profumi per la
cura dei capelli e tinture per nascondere i capelli bianchi.
Le parrucche
La caduta dei capelli era un male di cui si soffriva anche in Egitto. La parrucca era un elemento basilare sia per le donne sia per gli uomini nei diversi momenti della vita sociale. Le donne dell'Antico Regno usavano frequentemente. Venivano fabbricate da artigiani specializzati o da barbieri che lavoravano in botteghe destinate a questo scopo specifico. Come supporto venivano utilizzate teste di fango. Le parrucche indicavano la posizione sociale di chi le portava. Erano usate durante cerimonie e banchetti, e per proteggere la testa dal sole.
La gravidanza e il parto
Gli egiziani adoravano i bambini e fonte di gioia era ogni nascita, specialmente se si trattava di un maschietto. La gravidanza era vissuta dalla donna con grande senso di responsabilità, si preparava seguendo una determinata alimentazione, si ungeva il ventre con olii per mantenere la pelle elastica ed era protetta dalla dea Tuaret insieme al dio Bes. La dea Heqet, rappresentata come una rana, era la protettrice della nuova vita, infatti le donne in gravidanza solevano portare amuleti rafuranti una rana. Quando iniziava il travaglio, la gestante, si recava in un edificio detto 'Mammisi' (Luogo della nascita) che era annesso al tempio dove la partoriente era assistita da donne esperte della sua stessa famiglia e da un'ostetrica. L'ideogramma che rappresenta il verbo partorire (mesi) viene rappresentato da una donna accovacciata con un bambino che nasce.
Come partoriva la donna egizia? Seduta su di una sedia forata, oppure accovacciata con i piedi appoggiati su dei mattoni, mentre l'ostetrica si inginocchiava pronta a prendere il bambino, non erano presenti medici e non venivano usati strumenti chirurgici a parte un coltello di ossidiana per tagliare il cordone ombelicale. Purtroppo c'era un alto rischio di mortalità e per questo il parto veniva accomnato da formule magiche, riti, invocazioni agli dei affinchè attenuassero i dolori del travaglio e allontanassero possibili complicazioni. Le divinità che presenziavano alla nascita erano molteplici: Iside e Nefti proteggevano la partoriente, Meskhenet si occupava di dare un nome al neonato, Khnum modellava le membra e offriva al corpo la salute. Intorno al culla c'erano anche le sette Hathor che facevano i loro doni, positivi o negativi, al piccolo.
Dopo il parte la donna seguiva per quattordici giorni un rito di purificazione e poi riprendeva la sua vita nella comunità.
Il divorzio
La questione del divorzio non è molto conosciuta nelle epoche antiche. Sembra, comunque, che l'adulterio non fosse considerato motivo di divorzio. L'uomo aveva infatti il diritto di condurre nella propria casa delle concubine, ma per la donna non era la stessa cosa.
Tuttavia quando nel Medio regno apparve una
forma di proprietà, la preservazione dei beni e dell' eredità
spettanti ai li resero necessario l'intervento della legge negli affari di
divorzio. Il diritto legale non interveniva nella regolazione di questo genere
di affari privati, che venivano affidati invece al semplice diritto
contrattuale. Dunque i tribunali non avevano altro compito che quello di far
rispettare le clausole dei liberi contratti che i coniugi stipulavano all'atto
del matrimonio.
Dall'epoca saitica sino alla metà del periodo di dominazione del Lagidi,
il divorzio non era consentito che al marito e la donna poteva solo
salvaguardare i propri diritti mediante contratti che rendevano
l'eventualità del divorzio fortemente svantaggiosa per l'uomo; per
esempio poteva farsi approntare una dote fittizia che il marito, in caso di
divorzio, sarebbe stato tenuto a renderle unitamente ad uno speciale vitalizio
previsto dalle norme matrimoniali. Inoltre all'uomo poteva venire inflitta
un'ammenda e i suoi beni potevano venire ipotecati per la somma che la donna
stabiliva e per l'ammontare dell'ammenda, anch'essa fissata da contratto.
Infine il marito era obbligato a disinvestire i suoi beni a favore del lio
maggiore, in modo che si potesse garantire la certezza dell'annuale versamento
del vitalizio dovuto alla donna. Anche nell'epoca successiva sono state
riscontrate analoghe disposizioni contrattuali, la sola differenza sostanziale
è che ora è la donna a riservarsi il diritto al divorzio. Di
conseguenza le formule in calce ai contratti cambiano e al posto del superato:
' Se io ti disprezzo, se prendo un'altra donna, io ti darò
' si trova:
'A partire da oggi solo tu potrai
andartene. Io ti darò '.
Dall'eccesso che sembra aver caratterizzato la punizione delle adultere
nell'età classica, si è caduti in un eccesso contrario, ma
ugualmente deplorevole.
La storia di Cleopatra
Cleopatra, nata ad Alessandria nel
Privacy
|
© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta