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La cistellaria è una commedia di Plauto,scritta negli ultimi anni della guerra annibalica,forse nel 202 a.c. é importante perchè contiene una battuta assai significativa:il servo Lampadione riferendosi alla protagonista femminile, la bella Silenia,afferma di essersi adoperato in tutti i modi perchè non fosse costretta "come le etrusche" a procacciarsi la dote vendendo il proprio corpo.Questo sembra riassumere in sè quel giudizio morale negativo che il mondo latino e greco ha sempre espresso sulla donna etrusca. Le donne etrusche, la cui libertà, l'ascendente politico, il ruolo non subordinato nel ruolo sociale erano esempi in negativo,modelli da rifiutare e da additare al pubblico disprezzo. Infatti per i romani, sono viste in sintonia con la complessiva immagine che gli autori latini e greci ci hanno tramandato degli etruschi: 'diversi', "gli altri",in una parola "i nemici".
Una vera e propria miniera di maldicenza e informazioni tendenziose è il passo di Teopompo, storico greco egli dice che presso i tirreni le donne sono tenute in comune,che hanno molta cura del loro corpo e che spesso si presentano nude. Stanno a tavola vicino al primo venuto dei presenti e brindano alla salute di chi vogliono. Sono molto belle e forti bevitrici. I tirreni allevano tutti i bambini ignorando chi sia il padre di ciascuno di essi.
É da un'interpretazione errata di fonti come questa che, alla metà del secolo scorso, si propose addiritura l'idea di un vero e proprio matriarcato nell'etruria arcaica. In realtà una "tirannide delle donne" non sembra stata mai possibile in etruria dove,evidentemente, la notevole dimensione sociale di queste non è mai stata serenamente valutata dai moralisti di tutte le epoche.
La grande autorità morale e l'ascendente politico delle donne etrusche è fuori da ogni discussione. La differenza in termini di dimensione sociale è evidentissima nel confronto con le donne greche chiuse nell'opprimente ambiente del gineceo o le matrone romane cui era destinato un ruolo subordinato legato essenzialmente alla cura dei li e della casa. Il giudizio degli storici romani di fronte a tanta importanza e libertà fu notevolmente severo.
Un esempio può essere un brano di Livio,istruttivo al riguardo:
Trovatisi a festeggiare la vittoria presso Sesto Tarquinio, il discorso venne a cadere sulle loro mogli;accesasi una disputa Collatino disse che non c'era bisogno di tante parole perche la sua Lucrezia era migliore di tutte le altre. Decisero così di recarsi a casa di Collatino per cogliere la moglie di sorpresa, eccitati dal vino. Giuntivi verso l'imbrunire, non trovarono Lucrezia a spassarsela in sontuosi banchetti insieme alle comne,ma seduta in mezzo all'atrio,benchè fosse notte inoltrata, intenta alle sue lane. La vittoria in quella gara muliebre toccò a Lucrezia. Ivi Sesto Tarquinio è preso dal capriccio di far violenza a Lucrezia; lo invogliano non solo la sua bellezza, ma anche la sua specchiata onestà.
L'aneddoto contrappone alla dissolutezza delle etrusche la virtù delle donne romane delle quali Lucrezia incarna il modello. Questo "racconto morale" divenuto quasi proverbiale nello stesso mondo antico ha, per Livio, il senso di un vero e proprio esempio che compendia la sua concezione moralistica della storia. L'archeologia è una fonte di straordinaria importanza per determinare il ruolo e la funzione della donna etrusca, specie tramite i materiali rinvenuti in sepolture femminili e le rappresentazioni urate su vasi, pitture o sculture. É presumibilmente durante la fase cosiddetta "villanoviana" che riteniamo debba essersi codificato il ruolo della donna nella società etrusca: tecipe a pieno titolo della vita comunitaria, ma fondamentalmente subalterna.
Un indizio rivelatore dell'altissimo grado della dimensione della donna etrusca è costituito dall'onomastica.
Lo studio dei nomi, ovvero del modo nel quale un individuo veniva riconosciuto all'interno di un gruppo,è molto importante dal punto di vista sociale.
Innanzitutto un elemento che emerge come fondamentale è il fatto che le donne etrusche avevano un prenome, ovvero un corrispondente del nostro nome personale.
Nelle formule onomastiche latine i prenomi femminili sono tabù: la madre di Tiberio e Caio Gracco era solo una Cornelia e le due sorelle di Augusto si chiamavano semplicemente Octavia (Maggiore e Minore, per distinguerle).
In etruria le donne aggiungevano il prenome anche il gentilizio,o nome di famiglia, una specie di nostro cognome. Questo rimaneva anche dopo il matrimonio.
Addirittura gli uomini -caso veramente particolare per il mondo antico- aggiungevano nella formula onomastica che li designava, il matronimico, cioè il nome della madre, che seguiva, di norma, quello del padre.
Questa è un'ulteriore testimonianza della particolare considerazione della donna tra gli esponenti delle classi sociali aristocratiche.
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