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L'agricoltura
L'Europa non fu uno dei centri originari d'irradiamento dell'agricoltura. L'arte di procurarsi il cibo mediante la coltivazione della terra e l'allevamento degli animali fu importata dall'Oriente. Attorno al 1500 a.C., l'economia agricola si diffuse in tutta l'Europa e solo nelle regioni nordiche persistevano comunità umane che vivevano di caccia, pesca, erba e frutti selvatici. Gli elementi basilari dell'alimentazione furono introdotti dall'esterno: il grano dall'India, il riso dalla Cina, gli agrumi dall'India e dopo il mais, la patata e il pomodoro. Dall'Asia furono portati i bovini, la pecora, la capra, il maiale, il cavallo e importanti tecniche agricole. L'agricoltura europea è dunque il risultato di lunghe esperienze in cui si sono intrecciati porti esterni e sforzi di adattamento delle condizioni naturali e climatiche. Lungo l'arco di molti secoli, l'economia agricola progredì lentamente e si trasformarono i paesaggi dell'Europa.
Le condizioni ambientali e climatiche dell'Europa, portarono alla formazione di aree agricole con caratteri e produzioni peculiari. ½ era l'area mediterranea, quella dove l'agricoltura era penetrata prima: le coltivazioni erano di cereali, viti, alberi da frutto, ulivi, ecc . . Si allevavano ovini, caprini e suini, ecc . . A nord dell'area mediterranea, cioè dalla Francia alla Polonia, prevalevano il grano, avena e orzo nelle zone intermedie. La segale era invece più adatta ai climi rigidi settentrionali, dove l'allevamento era concentrato sui bovini. Una zona particolarmente favorevole era la fascia atlantica. Meno propizie all'agricoltura erano le zone continentali. Ma a partire dalla fine del '700, ebbe fine in Europa una progressiva trasformazione dell'agricoltura, provocata dalla rivoluzione industriale e dall'inurbamento di una parte via via crescente della popolazione rurale.
I maggiori cambiamenti avvennero nelle zone a più densa popolazione e dove era più fitta la rete urbana: Inghilterra, Paesi Bassi, Pianura Padana, ecc . . Qui si creava una domanda di prodotti alimentari e fornivano contemporaneamente strumenti più progrediti per le coltivazioni della terra. Queste zone erano inoltre favorite dalla presenza di una rete di trasporti fluviali, che rendeva più rapida la commercializzazione di prodotti facilmente reperibile. Per allargare lo spazio agricolo si procedette a lavori di bonifica, sistemazione del suolo e furono estese le opere di canalizzazione e irrigazione. Vennero inoltre diffuse nuove colture: patata, mais, materie prime per l'industria dello zucchero . . In prossimità delle città vennero formandosi aree di coltivazione intensiva di prodotti ortofrutticoli. S'introdussero nuove colture anche a latitudini relativamente elevate, adottando il sistema delle coltivazioni in serra. La distribuzione spaziale dell'agricoltura, non subì rapidi e radicali cambiamenti, poiché rimaneva condizionata dai fattori climatici e naturali. Inoltre, le innovazioni seguirono un ritmo lento perché i contadini non disponevano di molte risorse da investire.
Contemporaneamente all'intensificazione dell'agricoltura, si accentuava la tendenza alla specializzazione. Nella fascia centro-settentrionale, venne formandosi un'area casearia ad alta produttività che si estese a nord fino ad includere i paesi Scandinavi. L'area mediterranea, intensificava da un lato la produzione di cereali, dall'altro si concentrava con l'ausilio dell'irrigazione nelle produzioni ortofrutticole tipiche della zona. Sul versante orientale dell'Europa, venne sviluppandosi nella zona delle steppe una fascia cerealicola estensiva. La distribuzione spaziale era sottoposta a continue variazioni a causa di diversi fattori: le condizioni climatiche, la pressione demografica, le malattie delle piante, ecc . . Nel corso dei secoli XIX e XX, è aumentata la domanda dei beni alimentari, si è allargato il mercato dei prodotti agricoli assumendo dimensioni sempre più internazionali.
Prima che si arrivasse alle grandi trasformazioni del '900, si compiva il lungo processo e mutamento dell'assetto fondiario che poneva fine alle grandi proprietà terriere di origine feudale e inaugurava l'epoca della proprietà contadina. L'emancipazione dei contadini segue vari percorsi: riforme promosse dal potere politico, pressioni sociali e popolari. Essa rispondeva alla necessità d'istituire un assetto fondiario più adeguato alle esigenze della moderna società industriale che si stava formando. Si formarono aziende contadine di piccole e medie dimensioni, che potevano anche divenire relativamente prospere, ma molti contadini restarono senza terre e dovettero spesso emigrare oltre mare. Oggi i grandi problemi del passato, cioè il sovrappopolamento delle camne e la pressione demografica sulla terra sono stati superati. In quasi tutta l'Europa Occidentale, la produttività dell'agricoltura è fortemente aumentata.
Nella parte d'Europa dove vi era un sistema economico socialista, vennero create grandi imprese gestite direttamente dallo stato, oppure aziende cooperative, sottoposte a rigidi vincoli amministrativi: ai coltivatori veniva concesso solo un piccolo podere per l'autoconsumo o per un limitato commercio nei mercati urbani. Solo dopo il 1989 è stata avviata la privatizzazione delle imprese agricole. Più contrastato fu invece il processo di privatizzazione in Russia, Ucraina, Romania o Bulgaria, dove maggiore è la resistenza politica al cambiamento.
L'introduzione di macchinari, di recente, anche di tecnologie elettroniche, informatiche e biologiche, ha ridato fortemente il numero dei lavoratori agricoli. Oggi gli addetti all'agricoltura costituiscono circa il 2% degli occupati del Regno Unito e in Belgio, il 3% in Germania, il 3,6% in Sa, il 4,5% in Danimarca, il 4,9%nei Paesi Bassi, il 5,1% in Francia, il 7,4% in Italia. Queste percentuali tendono ad aumentare quando si passa ai paesi dell'Europa Meridionale più arretrata: 10,1% in Sna, 21% in Portogallo, 22,3% in Grecia. L'Italia presenta un basso numero di addetti all'agricoltura perché si tratta di una media fra aree agricole molto diverse. Un altro insieme di dati significativi è rappresentato dalla parte che la produzione agricola occupa nella formazione dell'intero prodotto nazionale lordo degli stati europei. E' una parte piuttosto bassa negli stati dell'Europa Occidentale. Ancora si producono in Europa 13 delle patate e poco meno di 16 dello zucchero di barbabietola.
La crescente modernizzazione dell'agricoltura europea occidentale è anche il risultato della politica agricola condotta nell'ambito della C.E.E., oggi Unione Europea. Il coordinamento dell'agricoltura dei paesi comunitari è stato un processo lungo e laborioso, poiché occorreva armonizzare interessi spesso competitivi e superare le tendenze protezionistiche presenti in ciascun paese. L'Europa comunitaria è oggi autosufficiente per la maggior parte dei beni alimentari di base, e si colloca tra i principali esportatori di prodotti agricoli. L'integrazione agricola comunitaria, dovrà in futuro adeguarsi al previsto allargamento dell'Unione Europea ai paesi dell'Europa Centro Orientale.
A partire dal 1958, con la conferenza di Stresa, venne avviata una politica agricola comune tra gli stati membri. Essa si fondava su tre principi fondamentali:
Allo scopo di realizzare questi obiettivi, venne creato nel 1962 il F.E.O.G.A., Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricola. Nel 1968 vennero aumentati i finanziamenti alle aziende più grandi ed efficienti. Questa politica ottenne indubbiamente alcuni risultati positivi che si accomnarono ad una serie di elementi negativi che tutt'oggi non sono stati superati.
Quando si verifica una crisi di sovrapproduzione, il F.O.E.G.A. si incarica di acquistare dai produttori le eccedenze invendute sul mercato. Le accumula, quindi in giganteschi magazzini frigorifero di costosissima manutenzione e poi li utilizza in vari modi: come le riserve, ecc . .
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