L'assolutismo monarchico nell' Europa del
Seicento:
il Traguardo della Francia
L'assolutismo monarchico è un
fenomeno che trova nel seicento il suo più ampio consenso per quanto
riguarda i progetti politici dei sovrani dell'epoca. Usciti dal periodo della
guerra dei trent'anni che aveva flagellato quasi tutti gli stati europei, i
sovrani si ritrovano con dei paesi con una burocrazia, derivante dalla nascita
dello stato moderno cinquecentesco, abbastanza potente per potersi tradurre in
una forza contrastante con l'autorità regia ma insufficientemente
competente per organizzare e tenere sotto controllo le regioni di loro
competenza. Alla fame di potere assoluto del re, quindi, si viene a contrastare
la voglia di mantenere quei privilegi che la nobiltà di spada
(l'aristocrazia) e la nobiltà di toga (i funzionari della burocrazia)
avevano potuto conquistare nel periodo di debolezza del sovrano causato dalla
guerra precedente. In che modo cercano allora i sovrani di riacquisire i loro
poteri? Il caso più riuscito di stato assoluto si ha nella Francia di
Luigi XIV. Luigi XIV mette in atto fin dall'inizio del suo regno una politica
accentratrice al vertice della gerarchia piramidale che vede lui come unico
detentore di ogni potere. Dal punto di vista religioso, il re si pone, secondo
un'antica consuetudine di origine carolingia, come delegato di Dio a
rappresentanza del potere temporale in terra; quindi dal re emana ogni singolo
potere e la sua volontà è la legge divina che regola il buon
andamento della società. Il sovrano, per cui, diventa infallibile perché
guidato da Dio e intoccabile perché ogni attentato al suo potere o alla sua
persona sarebbe un attentato al volere di Dio. Il re seicentesco è "nato
per esserlo", è l' "unto dal Signore" e per governare non deve fare
altro che "lasciare agire il buon senso"; queste le convinzioni proprie di
Luigi XIV riportate nelle sue memorie. Da questa concezione nasce la tesi
dell'estraneità del potere regio da quello della Santa Sede che viene
visto infatti unicamente come spirituale e con i "Quattro articoli del
gallicanesimo" ideate dal vescovo J. B. Bossuet si arriva alla definitiva
sconfitta della tesi papale che voleva il suo potere come generante di ogni
altro ed alla nazionalizzazione della chiesa francese. Grazie a questa
legittimazione dell'istituzione regia, il sovrano procede ad ammansire le
ingombranti nobiltà di spada e di toga; le prime invitandole alla sua
sfarzosa corte in cambio di favori e le seconde nominando dei consiglieri
fidati che blocchino ogni tentativo di sopruso di potere nei confronti del re.
Soprattutto, per riuscire a controllare la nobiltà di toga, il re di
Francia decide di sopprimere ogni organo di governo compreso il primo ministro
dotandosi di un consiglio di ministri fedeli alla corona ed al suo ideale. Cosa
mancava a tutto ciò? Mancava quel particolare che fa di uno stato un
regno potente ed al riparo da guerre civili: uno esercito stabile e
direttamente controllato dal potere regio. Ecco quindi che la Francia si dota
del più grande, potente e costoso esercito stabile del seicento che
rappresenterà per gli altri stati un elemento di rispettabilità e
per la Francia un elemento (ingombrante) di stabilità istituzionale. A
questo punto, creati cioè i presupposti per un regno incontrastato, Luigi
XIV si impegnò per governare con quei concetti che costituiscono un po'
la summa del pensiero dello stato assolutistico: 1) l'annullamento dei poteri
delle piccole assemblee regionali; 2) la nazionalizzazione della chiesa e 3) il
potenziamento economico secondo la filosofia mercantilistica del protezionismo.
Risultato? Esteriormente la Francia come modello ideale al quale protendere per
gli altri stati europei ed interiormente come stato di privilegi aristocratici
e di vessazioni del "terzo stato" mai viste prima. Tutto ciò per
arrivare all'apice dell'assolutismo che porterà però nel secolo
successivo all'apice delle rivolte antimonarchiche con la decapitazione proprio
dell' "unto dal Signore".